Capitolo 41
Padre.
Mi sono spesso interrogata sul ruolo effettivo di un padre. Secondo lo Stato ha perlopiù doveri giuridici e si, deve sostenere le ambizioni, le inclinazioni della progenie ma onestamente, parliamo di realtà, cosa deve fare un padre?
Ho un'unica, semplice, esaustiva, contorta risposta : Un padre deve amare il proprio figlio.
Quindi in pratica non solo un padre biologico può essere padre, anzi, secondo me è qui che si dimostra che non è reamente il genitore. Un uomo può crescerti, darti una casa, mandarti a scuola e comprarti vestiti ma questo lo rende davvero tuo padre se non fa altro che minimizzarti? Se non sceglie mai te, è violento, non ti ascolta, ignora i tuoi desideri, ti impone chi devi essere?
Un padre che ti ama, un vero padre, non ti rompe in milioni di pezzi, non ha il diritto di cambiarti, anche se ti ha dato la vita.
Josie era sicura che Ivan le avesse dato la vita ma era anche certa che non era suo padre, perché un padre vero non le avrebbe fatto cose simili. Potremmo dire che anche sua madre non si è mai dimostrata amorevole ma ella l'avrebbe sempre giustificata, soprattutto ora che sapeva la verità. Strucker aveva ragione su una cosa, non era più la persona di un tempo, ora a governare il suo potere c'era il potere stesso, perché vi era solo la disperazione, il dolore, la rabbia.
Per tutto il viaggio verso la Stanza Rossa ella non aprì bocca, era immobile, non piangeva, pareva non respirare.
Dopotutto credeva di non meritare di farlo, perché rubare aria ad altri? Perché viveva al posto di qualcun altro?
Essere tradita dalla sua squadra era stato un bel colpo, da Pietro, da Bucky e sapeva che aveva perso già da molto le proprie sorelle.
Ma alla fine non se ne dispiaceva così tanto, credeva di meritarlo. Vestiva ancora sporca di sangue, Erik le aveva pulito le mani e aveva provato anche con gli schizzi sul viso, provava compassione verso di lei, forse perché credeva fossero simili e Zemo si sentiva in colpa, non voleva arrivare a tanto per farle capire la verità.
Tornare dove le torture erano iniziate non era semplice ma cosa mai lo era stato nella sua vita? L'aveva spesa ad essere qualcuno che gli altri avevano costruito, un'assassina, una spia, una ballerina, una sorella, un abominio, un'arma, un amante ma chi era davvero Josephine Helion?
<<Josie, siamo arrivati. Sei ancora sicura di non voler aspettare?>>domandò Erik inginocchiandosi davanti a lei, ella alzò lo sguardo e si immerse negli suoi occhi cioccolato.<<Potremmo ancora ripensarci, hai bisogno di tempo per metabolizzare ciò che hai scoperto>>
<<Non ho bisogno di tempo, ma del suo sangue. Avranno già bypassato i codici e io non posso fermarmi, loro cercheranno di farlo sempre>>sembrò che lo dicesse più a se stessa che a lui, infatti fu così. Se non si fosse costretta a credere di poter essere più forte di così allora avrebbe mollato, per la prima volta nella sua vita.
<<E dopo questo lo farai? Dopo quello che ho visto sulle Alpi ho capito molto di più>>
<<Su di me?>>
<<Più su me stesso>>rispose onesto<<Ho ucciso colpevoli ed innocenti, questo non mi ha mai fermato dal prendere quello che volevo ma ho perso anche molte persone nello stesso momento. Vivo di vendetta fin da bambino, ti consuma e lo sta facendo anche con te>>
<<Ti importa?>>
<<Si, l'ho capito dal primo momento in cui hai scatenato quella tempesta. Uccidere non ti farà stare meglio, non funziona così. Ti fa sentire potente ma non dura abbastanza, non sei Dio>>
<<Sono nata dal male, Erik, io sono il male e lui deve essere punito per quello che ha fatto. Deve morire nei peggiori dei modi, deve sentire tutto ciò che ho sentito io>>
Toccò la propria collana e per un secondo fu come se vibrasse, pensò di averlo solo immaginato e così si alzò. Andò dal pilota e guardò dai vetri lo stesso posto in cui era cresciuta, un'accademia privata nascosta in un'immensa foresta, ordinata quasi quanto un glaciale giardino dei ricordi. Non era cambiata così tanto, o forse si era dimenticata di molti dettagli. C'era un luogo viale da percorrere per poter accedere alla grade struttura, c'erano nuove telecamere, molte guardie e sicuramente molto era cambiato per alzare lo stato dall'allerta. Ivan sapeva che stava arrivando, doveva sapere chi era già morto e sapeva di essere il prossimo.
<<Per ora non ci vedono con questa tecnologia, sei sicura di voler condurre una carneficina? Quelle ragazze alla fine sono state ingannate, potrebbero esserci delle bambine>>parlò Zemo.
<<Quelle che non lotteranno contro di me potranno scappare, ma chi cercherà di nascondere Ivan morirà per mano mia>>
<<Sono state cresciute in modo che combattano, non si arrenderanno mai a te>>
<<Anche tu hai ucciso degli innocenti, te lo ricordi? Hai ucciso molti soldati Hydra, anche loro sono stati manipolati>>ribatté.
<<Dico solo che hai una scelta>>
Sospirò tirandosi indietro i lunghi capelli rossi<<No, non ce l'ho>>
<<Lo sai che il tuo piano è sempre e solo improvvisare? >>domandò Erik sistemando dei coltelli, c'era una nota di divertimento nella sua voce.
<<Lo so>>annuì.
Josie si tolse la giacca rimanendo con il lungo cardigan grigio, prese le poche armi disponibili e fece un respiro. Era a caccia e questa volta tutto sarebbe finito, non le importava di essere una ricercata, o essere vista come folle, come la cattiva, contava solo prendere la vita dell'uomo che aveva fatto una cosa simile a sua madre, a lei.
Quello che sarebbe accaduto dopo non le importava minimamente.
E poi Zemo lo fece, disattivò la schermatura, in Wakanda avrebbero saputo dov'erano ma anche i loro nemici, dopotutto gli Avengers stavano già arrivando. Ella fece aprire il portellone e poi prese la rincorsa, Erik ebbe i brividi quando vide la sua estrema eleganza e forza che usò per lanciarsi nel vuoto, la videro atterrare sulle lunghe tegole, scivolare giù con fretta.
Le ragazze armate sparavano verso di lei, erano di turno.
Josephine si gettò giù dal tetto con una capriola, atterrò perfettamente e attivò le sue pupille arancioni. Non conosceva quelle reclute ma conosceva le loro tute nere, si fissarono e poi iniziarono a lottare. I due sulla navicella parcheggiarono proprio sul tetto per elicotteri ed entrarono così per primi nella struttura, erano armati e alla ricerca di Ivan.
Quando sentirono un tonfo, giù per le scale videro la ragazza rossa entrare e lo sentirono dal calore, era come se lo emanasse involontariamente. Di fatto Josie non si sarebbe fermata, anche se era come stare in un incubo, o nella sua stessa mente. Dovette lottare con una decina di altre spie grandi, avvertì loro che potevano scappare e alcune bambine lo fecero, fu un combattimento mai alla parti. Perché qui usava i suoi poteri, non le sue capacità fisiche, come aveva fatto un anno prima con Nat.
Giocava sporco, forse perché non era più un gioco per lei.
Aggredì alcuni insegnanti nuovi e colpì delle vedove che conosceva già di vista, durò troppo per lei ma lo fece provando sofferenza. Era come fare del male a una parte di sé, perciò uccise chi l'attaccava e non guardò l'età, il volto o il modo, lo fece solo.
Poi ci fu solo calma, si voltò e vide nel corridoio appena percorso i cadaveri o le ceneri di chi l'aveva aggredita.
Il suo super udito le fece sentire qualcosa.
Ella salì le scale inquieta, le stesse scale che aveva percorso migliaia di volte.
Non c'erano più le stanze di una volta, era tutto molto nuovo e scuro, entrò in una, da dove sentiva più rumore.
Era il battito di un cuore.
Entrò piano, quasi fosse ancora la vedova di una volta ma davanti non apparve una solita sala di allenamento.
Questa era sul serio la Stanza Rossa.
Era buia, c'erano troppi tappetini robusti e le luci a neon erano rosse, era quasi la camera del terrore.
<<Josephine>>
La voce di Ivan pareva senza alcun tipo di terrore, così come il suo cuore calmo, non aveva paura di lei e questo la sorprese.
Era lì, davanti alla classe vuota, invecchiato appena per via del vaccino contro l'invecchiamento creato da Rosaline Webber.
Non lo guardava come una volta, come si guarda un insegnante, un macellaio di anime, non lo guardò come se fosse il suo stesso torturatore.
Si domandò se assomigliasse a quello stupratore, perché era quello che era. Sapeva che il suo DNA era stato modificato, che di fatto l'aveva solo concepita e i suoi geni, i suoi dati genetici non erano in lei, erano stati sostituti da un alieno.
Perciò non era sul serio suo padre, lo era qualcun altro ma alla fine non aveva mai avuto un padre. Era una figlia senza genitori, nessuno le aveva insegnato cos'era giusto, nessuno l'aveva amata o messa a letto come solo un genitore fa. Lui era stato il suo insegnante per quanto riguarda uccidere, come farlo, quando e dove. Le aveva insegnato disciplina violenta, quando ella sbagliava a ballare o era troppo delicata veniva picchiata.
Si era sentita come un'orfana anche quando stava con sua madre, anche se l'amore di una bambina supera il male che le fai. Continuerà ad amarti anche mentre la rovini.
Ma Josie non teneva certo a quell'uomo, lo aveva solo rispettato come suo superiore.
Egli aveva vissuto nei suoi incubi, ed era stata grata, per pochi istanti, di essere finita con l'Hydra quando aveva ricordato tutto, perché così era lontana da quel mostro. Strucker, Pierce non erano per niente come lui. In confronto erano dei bambini.
Perciò rimase lì, ferma, in quella stanza inquietante, quasi fosse stata costruita proprio per lei.
<<Non dici niente?>>continuò lui, era come se avesse ancora potere su di lei e non se ne vergognava, se ne vantava. Si credeva inattaccabile.
Josie si accorse che era vero, era corsa lì e non aveva pensato a cosa gridargli addosso, come ucciderlo, solo di farlo. Le emozioni l'avevano spinta fino ad un precipizio, non era più la Josephine che conosciamo, determinata, sarcastica, intrepida, era come se fosse ancora una sottomessa.
Lui l'aveva sempre fatta sentire come se non fosse abbastanza, abbastanza potente, abbastanza forte, decisa, bella, femmina, autorevole, crudele. Quante cose non era mai stata abbastanza?
Quante volte, persino da bambina, lui l'aveva riempita di schiaffi e di calci facendole capire che sua madre non la voleva.
I suoi occhi si spensero, i capelli non fluttuarono più.
Era lì come umana, come persona spezzata.
<<Come pensavo>>fece un passo in avanti parlando in russo<<Sei debole, come sempre. Fai tanto rumore, fai tanto fumo ma alla fine? Alla fine non fai niente, fai tutto per arrivare al niente. Non sono molto sorpreso, torni sempre ad essere quello che sei >>
<<E che cosa sono?>>sussurrò con gli occhi lucidi, in russo.
<<Immagino sia la domanda che ti poni da sempre, per questo ci sono io a dirti cosa sei. Non hai scelto il fuoco, sei stata influenzata a crederlo. Perché credi di essere forte proprio quando sei solo una ragazzina terrorizzata, ora? Una donna instabile, che vuole il controllo. Puoi averlo, puoi inginocchiarti davanti a me, puoi cancellare tutto questo>>
<<Credi che io voglia questo? Ti sbagli>>
<<Davvero? Non mi sono mai sbagliato. Avevo detto a Pierce che non eri pronta per scappare da qui, ma lui credeva fossi abbastanza sottomessa alla causa. Ma non era vero, il tuo J..>>
<<Non osare nominarlo!>>fece un passo in avanti con fare ferito.
<<Il tuo soldato>>continuò<<Ti ha indebolita. Il tuo sentimento femminile ti ha distorto dalla realtà e cancellarti la memoria? A cosa è servito? Per anni hai ubbidito ma poi? Poi è bastato quell'idiota di Strucker, non è riuscito a tenerti al guinzaglio. Nessuno di loro ci è mai riuscito, solo io. Ti abbiamo detto che eri una Vedova Nera e ci hai creduto, ti abbiamo detto di essere l'Agente Molov dell'Hydra e ci hai creduto, ti hanno detto che eri un Avengers, come ti chiama la gente? Fiamma? E tu? Tu ci sei cascata. Ti aspetti che tutti ti dicano cosa essere e ora sei qui facendo finta di essere tu la buona e noi i cattivi. Ma sai che non è verità. Non sei nessuna di quelle, figuriamoci un eroe.>>
<<Non ho mai chiesto di essere un eroe, mai. Io non ho mai chiesto niente, eravate voi a farlo, anche se chiedere è una parola troppo gentile. Voi prendevate ed io non fallivo mai>>
<<Quando ero io a tenerti per il collo, poi sei diventata un fallimento. Cosa ci si poteva aspettare da una femmina? Sei fuggita da Strucker, esattamente come quella puttana di tua madre è fuggita da qui>>ella chiuse gli occhi a questo<<Che cosa ti aspettavi che succedesse oggi? Credevi che sarebbe stato semplice, un normale omicidio, un altro gioco per la tua mente malata?>>
<<No..>>
<<Che cosa ti aspettavi?! Eh?! Dillo!>>iniziò ad urlare, ella sussultò, proprio come faceva quando era bambina. Ella mise le dita ai lati della fronte e respirò a fondo<<Debole! Sei debole!>>
<<Io non sono debole!>>gridò ad un tratto, una forte scarica colpì la stanza ma, senza preavviso, quella tornò indietro.
Josie cadde a terra per il dolore, mise le mani sul pavimento per alzarsi e vide le luci rosse tremolare. Capì che era una trappola, quella stanza era stata costruita per tenerla dentro. Si girò e vide Ivan camminare verso di lei, si sentì terrorizzata ed iniziò a strisciare per terra.
Poi si girò su un muro, sedendosi e lo fissò, era come un topo che si nascondeva dal gatto, pronto a mangiarla. Era qualcosa di molto lontano dalla Josie di sempre.
Lui era il suo incubo, la sua più grande paura, era lo squalo che appena sentiva l'odore del suo sangue le strappava un pezzo d'anima. Chiuse gli occhi pieni di lacrime.
<<Solo io posso dirti che cosa sei, perché io ti ho messa al mondo. Tu sei viva grazia a me, tu mi devi tutto. Tua madre, me la ricordo come fosse ieri, ricordo come ti ho presa da lei. Era felice di vederti andare via ed io credevo fossi perfetta per quello che ti sarebbe accaduto, eri già stata spezzata da lei. E ricordo ancora...>>fece un ghigno fiero<<Ricordo quando sei stata concepita. Oh, si, ricordo le sue urla, come piangeva sotto di me ma non lottò più di tanto, ricordo le mie mani sul suo corpo. Perché anche Victoria era una debole, tale madre, tale figlia. Non lo capisci? Tu sei solo quello che ti dico io di essere e non sei niente>>
Qualcosa cambiò, una certezza, un dolore, non saprei dirvi che cosa accadde nella sua mente ma so che quel potere decise per lei. Josephine aprì gli occhi rivelando il colore arancione intenso, alzò il mento respirando l'aria calda della stanza, l'uomo indietreggiò.
Fuori la neve si sciolse e ad accorgersene fu proprio Erik, il vento aumentò con furia, con ardore e le reclute che sparavano contro di loro vennero sbalzate vie gridavano ancora. I muri si riempivano di crepe, le fondamenta iniziarono a tremare con decisione, con sgomento e il cielo si tinse per miglia di rosso. Sopra la struttura però iniziò ad esistere qualcosa di nuovo, erano lampi di fuoco, l'aria si concentrò in un vortice, era come se avessero sopra un buco ed esso scorticava ciò che era una minaccia per Josie.
<<Che cosa stai facendo?!>>mormorò Ivan<<Questa stanza ti proibisce di poter usare il tuo potere, reindirizza tutto su di te>>
Josephine di alzò lentamente e poi aprì leggermente le braccia verso il basso. Respirò a fondo, si concentro sulla meccanica della trappola e il suo potere ne fu compiaciuto. Il vento bollente aumentò tanto da scoperchiare l'intera accademia, il tetto venne lanciato a kilometri di distanza e Ivan guardò intorno a sé, era l'inferno in terra. L'aveva sottovalutata, brutto sbaglio.
<<Ti sbagli su di me, io non sono quello che tu decidi che sono e hai sbagliato a parlare di mia madre. Tu mi hai dato dolore, rabbia ed io ho trasformato questo in potere, potere che nessuno di voi uomini può gestire e tu non puoi più gestire me. Non potete controllarmi, sono io che decido chi vive e chi muore, tu morirai. Morirai per aver osato dirmi chi sono, morirai per ciò che hai fatto a mia madre e il mondo saprà che non deve mai sfidare il mio potere>>
Le crepe sul suo viso aumentarono, erano come scaglie d'oro, come se mostrassero qualcosa di angelico sotto o magari qualcosa di demoniaco. Ivan guardava ciò che aveva creato in così poco e si sentì proprio come coloro che venerano, negli anni 40', la Morte di Fuoco. Il potere che lui credeva non esistesse a causa della sua sessualità era sempre stato lì, nascosto.
Improvvisamente esso, che dilagava tra la foresta russa, tra la neve, trovò un soggetto estraneo.
Josie si girò di scatto, in modo abbastanza inquietante e lo vide, vide il quinjet degli Avengers. Erano appena arrivati e a bordo tutti la guardavano dal vetro, almeno la metà dei Vendicatori che volevano salvarla, gli altri come Bruce non erano stati invitati. Diciamo così.
Pietro posò una mano sulle labbra guardando tutto quello, quella non era la donna che amava e avrebbe fatto di tutto per riportarla indietro.
Il punto era, Josie voleva tornare indietro?
ANGOLO AUTRICE.
Okay, non p un capitolo lunghissimo ma questo perché il prossimo è davvero molto lungo e sarà anche molto sanguinoso, combattivo. Spero che vi sia piaciuto il modo in cui ho parlato di Ivan, lo odio da sempre e Josie merita di avere la sua vendetta ma è giusto?
Cosa ne pensate del suo comportamento?
Sta sbagliando a voler uccidere tutti loro?
Cosa faranno gli Avengers contro di lei?! Sarà eccitante.
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Vi amo 3000, Peperoncini miei.
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