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Capitolo 38

A volte rimanere aggrappati a qualcosa, a qualcuno, fa molto più male di lasciare la presa, di permettere di scivolare giù. 
Immagina di essere attaccato ad un baratro di vetro, guardi su e cerchi di arrampicarti, quel vetro però è pieno di schegge, di pezzi e ogni volta che ti muovi ne rimani ferito.
Ma non molli la presa, non ti permetti di abbassare gli occhi sul tuo riflesso, perché sai che il motivo per cui sei lì è che non vuoi ammettere una verità più grande di te.
Se ti guardassi non vedresti il tuo reale aspetto, vedresti tutto ciò che disapprovi o che gli altri temerebbero.
Ma se guardi giù? C'è solo l'oscurità, la disperazione, qualcosa di troppo sconosciuto per affrontarlo.
Quel muro a cui ti tieni così saldamente è pieno di negazione, di scuse, di razionalità costretta, ti impartisce regole a cui vuoi sottostare a tutti i costi.
Perché cosa accadrebbe se quella parete si rompesse insieme a te?
Non avresti più niente, se cadi almeno puoi arrampicarti ancora, ma se non hai qualcosa a cui fare ritorno non ti resta niente, solo te stessa.
Non puoi controllare quello che non può essere controllato, non puoi cambiare ciò che è già accaduto, non puoi modificare ciò che  sei realmente. Ci proviamo, ancora e ancora, troviamo scuse, ci aggrappiamo tormentati a dei vetri ma non ci guardiamo, pensiamo solo a non a cadere.
Josie era da svariate ore in Wakanda, il dolore era così nitido che non le permetteva di reagire, il corpo era fermo, il respiro spezzato.
Non era del tutto cosciente, i rumori erano troppo forti per distinguerli, la vista era troppo confusa e quando venne collegata a dei cavi non poté difendersi, non poté dire "no".
Non le stava venendo data una scelta, proprio come sempre.
Shuri, la sorella minore di Re T'Challa, era il capo del dipartimento tecnologie e ricerca del regno. Non riusciva ad aiutarla, così pensò di indurle uno stato di sonno, se avesse dormito non avrebbe sentito niente, visto il calore emanato dalla ragazza la misero sopra a del ghiaccio.
Molov si addormentò a fatica e invece di sognare finì nel suo inferno personale, il proprio inconscio.

Indossava un abito aderente che avrebbe riconosciuto ovunque, la divisa di danza dalla Stanza Rossa. La gonna arrivava a malapena alle cosce e i capelli rossi erano raccolti stretti, così stretti da farle male alla testa. Scese giù per delle scale e arrivò ad un pavimento di marmo a scacchi, era li che era morta Seline.
Le stanze con le porte a metà di vetro mostravano le alunne danzare dinanzi al loro grande ospite: Dreykov.
Quando si voltò vide che non era davvero il posto in cui era cresciuta, c'era un lungo corridoio e troppe porte di strane tonalità di marrone. Avanzò piano e notò con sorpresa che ognuna aveva il simbolo del cerchio che conosceva, ne aprì una e vide delle scale, una portava su e l'altra giù.
Fu attratta da quella bassa e così ci appoggiò una ballerina ed improvvisamente si sentì trasportata.
Si guardò in giro e si ritrovò in un aula di danza, si paralizzò quando vide due figure formarsi dal nulla e prendere forma da della cenere. Riconobbe quel momento, era un ricordo, era prigioniera nel suo inconscio.
J indossava la sua solita divisa e il braccio di vibranio senza alcuna  la stella , la bambina al suo fianco era la sua sé a dodici anni. Portava i capelli rossi in due trecce ed era abbigliata di nero.

<<Che cosa vedi?>>domandò in russo J.

<<Una sedia>>

Effettivamente era proprio una sedia di legno e Josie si avvicinò, guardò i due con malinconia, non perché volesse tornare indietro, ma perché avrebbe voluto che le cose fossero andate meglio. <<Una sedia? No, può esserlo per una persona qualunque ma tu non sei chiunque, tu sei potente>>

<<Potente? Ho dato fuoco per sbaglio ai capelli di una mia compagna settimana scorsa, a Eda, sono molto potente>> ironizzò<<Tu che cosa vedi?>>

Nessuno si era mai interessato al suo pensiero e gli piaceva che lei gli chiedesse sempre cosa pensasse. Nonostante si vedessero ogni tot anni. Si inginocchiò alla sua destra guardandola<<Non tentare di cambiare argomento, resta concentrata. Tu sei potente, sei forte e non importa se tutti gli altri ti diranno che sei solo una donna, non è così. Ora, non sono gli altri a dirti che cosa sei, sei tu a dimostrarlo, non con le parole, coi fatti, Josephine. Perciò, ora che cosa vedi?>>

Gli occhi della ragazzina divennero rossi e fece un sorriso furbo<<Un trono, vedo un trono>>

Josie venne trasportata nuovamente fuori e cadde all'indietro, sbatté la schiena su un muro. Imprecò sbuffando e poi camminò di nuovo nel corridoio infinito.
Era così che immagazzinava i ricordi, dunque, quelli che preferiva non ricordare troppo. Notò che più camminava più le luci a neon sfarfallavano, faceva più freddo. C'era una porta, una da dove veniva una musica che conosceva, l'aprì ma non c'erano scale questa volta. Davanti a sé c'era la sua sé sedicenne, ballava da ore ed era sudata ma ancora bellissima. Ivan la fissava con una mano tra i capelli mentre fumava con l'altra, la fissava senza alcuna ammirazione. 

<<Basta! Basta! Sei pessima, basta>>fermò il giradischi l'uomo.

Josie appoggiò le mani sulle ginocchia e respirò a fondo<<Che cosa ho sbagliato, Signore? Sono quattro ore che non mi fermo>>

<<Non usare quel tono con me. Perché non puoi semplicemente essere come Natalia? Questa coreografia non richiede emozioni o sentimento, è solo una sequenza, nessuna espressione facciale ma tu la esegui con debolezza, senza alcuna sicurezza. Ti è richiesta forza, devi essere decisa ma tu non lo fai!>>

Lui si avvicinò verso di lei<<Chiedo perdono, proverò a migliorare, mi allenerò ancora. Sto facendo del mio meglio, Signore>>

<<Il tuo meglio non basta! E' vergognoso come lo Stagno di Fuoco sia una femmina, dovevi essere maschio! Sei già un fallimento!>> urlò e la colpì con una sonora sberla, le sue mani erano pesanti e la fece cadere a terra.

Josie corse a terra dalla sua versione passata e poi sentì la porta spalancarsi, J avanzò deciso e si fermò solo quando la sedicenne alzò lo sguardo.
Aveva gli occhi rossi e del sangue colava dal labbro rotto, il suo sguardo era così penetrante che improvvisamente Ivan volò contro il muro. Sbatté così forte che i muri iniziarono a creparsi.

<<Josephine!>>J si accovacciò davanti a lei, la prese per le spalle scuotendola<<Controllati, controlla i tuoi sentimenti e il potere. Se usi le tue emozioni sarà come averlo fatto vincere, tu sei più forte di così. Dimostrargli che si sbaglia, Josephine, perché non devi mai chiedere scusa a nessuno di ciò che sei, mai. Dimostrargli che essere donna non vuol dire essere debole ma poter essere il Diavolo>>

Quello fu un momento molto importante per Josie, un ricordo in cui lei non si era più dispiaciuta di essere donna, ed era stato grazie a J.
Josie, quella del presente, si mosse verso l'uomo, provò a sfiorargli il viso ma egli scomparve in un cumolo di cenere, urlò e si ritrovò di nuovo sul marmo, si strinse e rilasciò un solo un singhiozzo. Lo rivoleva, voleva solo J in quel momento, perché si sentiva sola al mondo.

<<Fatemi uscire!>>urlò, ma nessuno poteva sentirla.<<J! Vienimi a prendere!>>

Fuori, nella realtà, Shuri osservava gli schermi sull'attività celebrale<<Non ha senso, che le sta capitando? Dovrebbe solo dormire>>

T'Challa entrò nella stanza<<Abbiamo trovato Zemo..Sta dormendo, no? Non vuol dire che sogna?>>

<<Non ne sono sicura, il suo cuore batte troppo veloce, la temperatura aumenta>>

Josie si alzò dal pavimento freddo e iniziò a correre, cercava una via d'uscita ma le porte erano infinite, così finì per inginocchiarsi e urlare. Dall'uscio di fianco a sé sentì una voce russa con un accento americano, era quella di sua madre.
Perciò si rialzò e appoggiò la mano sulla manopola dorata, il posto in cui si ritrovò le spezzò il cuore, anche se non aveva memoria di quel momento, era come se lo avesse rimosso perché troppo pesante.
Si chiama Rimozione, ne parlò Freud nei primi del 900'.
Josephine aveva solo sette anni ed era seduta nel bagno della baita, le spalle appoggiate al legno, sulle gambe aveva una bacinella verde e sopra teneva un polso, l'altra mano era occupata da una lametta sottile.
Aveva solo sette anni ma la sua intelligenza, seppur migliore dei suoi coetanei, non poteva evolversi molto senza stimoli e quello stimolo era proprio della madre.
Quest'ultima aveva svitato una lametta da un rasoio e lo aveva lasciato apposta sul lavandino.
La piccola era pronta, fa così male dirlo, era pronta a morire.
Solo sette anni e sapeva che l'unico modo per rendere fiera la madre era farla finita, è sorprendente come sapesse di star per morire e, per non dare fastidio alla donna, si preoccupava di non sporcare, per questo teneva il catino.
Era lì da così tanto tempo che parve un'eternità ma non ci riusciva, era troppo difficile, era troppo spaventoso. Le sue guance erano umide per le lacrime versate. Si alzò da terra e rimise tutto al proprio posto, fingendo di nascondere le prove.
Aveva un fottuto desiderio di morire ma qualcosa la obbligava a vivere, qualcosa di sconosciuto. 
Aprì la porta e la vide, la madre aveva i capelli rossi sporchi e teneva una sigaretta tra le labbra, le schiuse e la guardò con orrore. Si sollevò dal divano e andò verso di lei, per un secondo la bambina pensò stupidamente che volesse abbracciarla ma invece la colpì in pieno viso con una sberla.

<<Hai fallito!>>urlò.

La bambina scoppiò in lacrime, si vergognò incredibilmente. Victoria la prese bruscamente per un braccio, la fece sbattere contro un mobile, la mollò solo per qualche secondo, giusto per prendere una sedia e poi la obbligò a sedersi. 

<<Mamma, mi stai spaventando>>

<<Tu sei quella spaventata, tu?!>>gridò prendendo una corda, si avvicinò e iniziò a legargliela intorno, era stretta ed ella tremava singhiozzando.<<Tu sei... Mio Dio, tu sei un fallimento unico. Avevi tutto, tutto! Era semplice, e non sei neanche riuscita a farla finita! Ogni volta torni a tormentarmi!>>

<<Mamma, scusa, lasciami andare>>

<<Scusa? Tu credi davvero che questo basti?!>> continuò sputandogli contro. Josie, quella grande, finì in ginocchio vedendo quel momento.<<Tu sei un abominio, lo capisci?! Sei un parassita, ti prendi tutto e non dai niente, niente in cambio! Niente! Vorrei poterlo fare io ma non posso, se si sapesse mi ucciderebbero! Mi hai rovinato la vita e a te non importa, perché sei così egoista. Io esisto solo per colpa tua, non ho una vita, mio padre mi ha procreata solo perché tu saresti nata! Perché lui amava te, nessuno ha amato me. Ma non temere, accadrà anche a te, nessuno ti amerà mai>>disse stringendole il mento con forza, durò poco ma le fece male<<E poi sei anche femmina>>

<<Non posso cambiare ciò che sono, scusa>>

La donna si inginocchiò davanti a lei, gli occhi venati di sangue e sussurrò una risposta<<Si che puoi>> Allungò la sigaretta sulla polso della bambina e premette, ma ella non si mosse neanche, non sentiva nessun dolore dal fuoco e questo la fece infuriare.<<Io ti odio, Phine! Tu sei la mia fine!>>

La colpì sul viso tre volte mentre ella urlava piangendo e Josie a quel punto non ce la fece più, faceva troppo male. Tirò un urlo, un altro ancora e appoggiò le mani sui capelli lunghi. Vedere se stessa nel passato la stava uccidendo. Sua madre era il suo grande punto debole.

<<Basta! Esci dalla mia testa!>>

Una scarica di energia fuoriuscì dal  suo corpo e quando aprì gli occhi si ritrovò in un laboratorio. Gli occhi erano arancioni, i capelli fluttuavano e delle strane crepe luccicavano sulla sua pelle.
Quella scarica non fu la solita energia rilasciata, fu così potente da far scoppiare il macchinario a cui era attaccata e far tremare la terra in modo irruento, aveva appena provocato un enorme terremoto. Era potente e in futuro lo sarebbe stata molto di più.
I vetri scoppiarono e tutti nella stanza vennero scaraventati lontano da lei, con violenza.
Non era più in sé.
T'Challa si alzò nello stesso momento in cui a vide scendere dal lettino, il ghiaccio era evaporato e creava come del fumo dietro di lei. Egli era ferito, aveva un bel taglio profondo sulla fronte e sulla spalla. Quello che stava vedendo era inquietante, inattaccabile, disarmante.

<<Josie, va tutto bene, volevamo aiutarti>>provò a dire affaticato.

<<Dove sono?>>chiese tornando umana. Si guardò in giro e mise una mano sul cuore in panico, il suo cuore andava a mille<<Che cosa ho fatto? Non volevo, mi dispiace>>

Le guerriere senza capelli si alzarono ed aiutare anche chi era ferito, molte apparecchiature ancora facevano scintille. Shuri si pulì dal sangue dal naso, si guardò intorno frustata.
Lui fece un passo in avanti<<Lo sappiamo, non è colpa tua. Sei al sicuro, in Wakanda. Barnes... scusa, J ti ha somministrato un siero molto potente. Stavamo cercando di aiutarti con il dolore>>

Ella chiuse gli occhi, i ricordi delle ore precedenti piombarono come proiettili. Si sentì furiosa<<Helmut, lui mi ha tradita.  Deve pagare per ciò che ha fatto>>

<<Lo farà, lo abbiamo già trovato, stavo per andarci di persona, ora che so che avevi ragione, è stato lui ad uccidere mio padre. Helmut Zemo è in Siberia, in una base Hydra abbandonata.>>alzò una mano<<Ma ora devi calmarti, Ross ti ha messo una taglia sulla testa e sei ricercata con J, perciò devi rimanere qui, al sicuro>>

Josie sapeva esattamente dov'era quella base, ci era andata troppe volte con James, per il siero.<<No, questa non è più una questione di verità. È personale, si parla di vendetta>>

<<Prima è meglio se chiamiamo le tue sorelle, gli Avengers e Pietro>>

<<Pietro>>assaporò quel nome con gli occhi lucidi<<Gli sto facendo del male stando con lui.>>

<<Andrà tutto bene, devi solo riposare>>disse Shuri.

Ella attivò i suoi occhi arancioni e allungò una mano, si lasciò andare al potere<<Siete voi a dover riposare>>

Entrò in ogni apparato cardiaco e diminuì i loro battiti del cuore, si concentrò e quel senso di calma invase tutti, era orribile, oscuro e fu come morire lentamente. Una cosa che Banner aveva già vissuto purtroppo.

<<Fermati!>>provò a dire T'Challa.

<<Fermarmi? Non posso fermarmi ora, perché nessuno si è mai fermato quando li ho supplicati di farlo>>

Tutti svennero a terra e improvvisamente scattò un allarme, era stata Shuri, aveva un telecomando  in mano. Così ella si ritrovò a prendere la sua giacca appesa e a correre fuori, vide arrivare delle guerriere e capì che erano troppe, avrebbe perso tempo e non voleva ucciderle.
Così puntò le mani sui vetri, sotto c'era un dirupo infinito dove veniva trasportato il vibranio. Riuscì  a romperle e poi si lanciò prima di essere colpita dalle lance, si concentrò e volò nonostante il poco controllo che aveva su se stessa.
Salì velocemente e arrivò su una piattaforma, c'era un incantevole distesa di verde ma il terremoto aveva fatto crollare delle case nella grande città. Le luci erano spente, degli alberi e le cascate avevano inondato alcune vie, alcuni alberi andavano a fuoco.
Si voltò verso la pista di volo e notò che alcune navicelle erano cadute dal piano ed erano finite più avanti, fu una cosa positiva, perché poche erano ancora funzionanti.
Corse vero una di esse e ci entrò rapidamente, chiuse il portellone e cercò di capire velocemente la tecnologia avanzata, decise di partire subito e occuparsi dopo di non essere trovata.
Si alzò da terra con indecisione e, quando vide dei rinoceronti con degli uomini sopra, capì che doveva andarsene velocemente. Puntò una mano e fece esplodere altre due navicelle, questo spaventò gli animali. Partì alla svelta, prima che la barriera si chiudesse e ci riuscì per miracolo. 
Una volta sorvolata la foresta poté calmarsi  e tornare umana, grazie alla sua spiccata intelligenza riuscì a capire come inserire il pilota automatico per la Siberia, ruppe il localizzatore e inserì la schermatura invisibile. Era salva, o forse credeva di esserlo.
Ci vollero cinque ore per arrivare, nonostante la grande velocità dell'avanguardia wakandiana.
Conosceva il piano di volo e la posizione, arrivò davanti ad un'infinita distesa di ghiaccio  e poi vide la struttura di metallo nascosta. Atterrò con diligenza, il freddo era terribile ma su di lei non aveva effetto, vide un mezzo abbandonato e la porta tra le rocce aperte. Non aveva armi con sé, a parte la vendetta. 
Entrò, attivò solo i propri occhi e notò che riusciva a vedere nel buio, aveva la vista notturna e  ne sorprese. Scese con l'elevatore, non sapeva esattamente dove stava andando, si fidava del suo istinto e fu una buona idea.
Le porte si aprirono in una stanza che conosceva molto bene, camminò lentamente e vide cinque teche di vibranio vuote, le fu familiare ma non riuscì a ricordare che cosa ci fosse dentro.
Ci provò ma niente, era senza risposta e poi eccolo, il macchinario dove la facevano sedere per il siero e anche quello dove le avevano tolto la memoria. Odiava quel posto.

<<Vorrei non averti condotta fino a qui, so che questo posto rappresenta una sofferenza>>

Ella si voltò di scatto e allungò una mano con una fiamma sopra. Helmut Zemo era in piedi, non era armato, indossava abiti pesanti invernali ma la sua espressione era terribilmente sincera. 

<<Tu non sai un cazzo di me e morirai per avermi sfidata>>

<<Sfidata, Josie? Non l'ho mai fatto. Se ti avessi sfidata ora avrei una pistola in mano>>

Ella alzò il mento<<Mi hai tradita, neghi anche questo?>>

<<A volte dobbiamo fare cose terribili per una causa più grande e ciò che ho fatto a Berlino l'ho fatto per te>>

<<Davvero? E Vienna?>>avanzò con tono arrogante.

<<Voglio dirti la verità, se non mi fidassi di te non avrei permesso che il Wakanda mi trovasse, non trovi? Sapevo che eri con loro e che mi avresti trovato. Non ti sto chiedendo scusa, perché lo rifarei>>mormorò alzando le mani<<L'ho fatto per la mia famiglia>>

Josephine si fermò sul posto ed inclinò la testa<<Hai cinque minuti per convincermi a non ucciderti>>una volta non l'avrebbe neanche ascoltato.

<<Non ti ho mentito sulla mia vita nelle forze armate militari, questo mi ha permesso di essere il migliore del mio battaglione, un combattente. Non ho pensato a nient'altro per un anno, ti ho studiata come non mai. Ho trovato le tue imperfezioni non come lottatrice, come essere umano e ho sempre amato le imperfezioni.>>

<<Quattro minuti. Hai detto di essere di Sokovia un anno fa, lo stai facendo perché l'ho fatta esplodere?>>

<<La Sokovia era uno stato fallito molto prima che Strucker ti portasse lì. Non stavo cercando vendetta contro di te, almeno, forse si all'inizio. Ti vedevo come la bomba da far esplodere e ti chiedo scusa per questo. Ma come ho anche detto, io avevo una famiglia, una famiglia che amavo con tutto me stesso. Un figlio, una moglie e un padre. Mio padre viveva fuori città, pensavo che saremmo stati al sicuro lì. Mio figlio era eccitato, avrebbe visto Iron-man dal finestrino ma mia moglie era spaventata, così le dissi "Non preoccuparti, stanno combattendo in città, siamo lontani dal pericolo". Ci credette e anch'io lo feci, non dubitavo della vostra vittoria.>>raccontò con gli occhi lucidi.

<<Che cos'è capitato?>>Sussurrò abbassando la mano.

<<Solo quando la cenere si assestò e le grida si fermarono... ci vollero due giorni prima che io trovassi i loro corpi. Mio padre ancora stringeva mia moglie e mio figlio tra le braccia e gli Avengers? Tornati a casa. Ho sempre saputo di non poterli uccidere, uomini più potenti di me ci avevano provato ma mai una donna. Non volevo fare del male a Re T'Chaka ma sapevo che tu saresti sopravvissuta, ne ero sicuro. E' stato dopo quella telefonata che ho cambiato piano, quando ti ho visto distrutta ho capito che avevo perso tutto e così anche tu, ma avevo qualcosa di nuovo, noi due>>

<<Mi hai usata, questo non lo puoi cambiare e lo hai fatto per uccidere la mia famiglia!>>ringhiò.

<<Loro non sono la tua famiglia!>>urlò.<<Tu credi che sia così perché ti sei fatta influenzare, da tutti loro, ma non sono così veri come pensi>>

<<Tu scegli ogni parola con cura, questo lo so, perciò se mi nascondi altro dimmelo e basta.>>

<<Sei sicura? Perché ho scelto di confessare sapendo che avresti potuto uccidermi, mi sono fidato della persona che stamattina è venuta in hotel e ti ho trattata come se fossi mia figlia>>

<<E' proprio per quello che sei ancora vivo>>

<<Va bene, quello che ho fatto oggi è stato improvvisato. Avevo rubato la fiala per somministrartela di persona, per dirti di farlo ma non c'era tempo e quando ti ho vista piangere stamani mi sono infuriato ancora di più con loro, con Barnes. Avevo già pensato di farlo arrestare e ho capito che dovevo arrivare a lui per te, perciò ho ucciso il vero dottore e gli ho ordinato di somministrarti tutto. Volevo che fosse lui a farlo perché così si sarebbe odiato.>>

<<Perché?>>

<<Oh, lo saprai e non ti piacerà. Vedi, il mio piano è cambiato, la mia vendetta era per loro perché avevano creato Ultron e prima che tu dica che c'era il tuo DNA ti rispondo che non è stata colpa tua, Stark te l'ha rubato. Tu hai fermato Ultron e l'esplosione? Secondo i miei calcoli hai salvato il mondo ed è sorprendente visto che eri ferita. La mia famiglia non è morta perché tu hai fatto esplodere Sokovia, la cenere non li ha uccisi, è stato Ultron che voleva vendicarsi degli Avengers. Perciò, quando ti ho dato il diario volevo assicurarmi che prendessi la cosa con emotività e sono riuscito a bypassare le telecamere ma non come volevo. Non so se sia stato un segno del destino ma sono finito per vedere in diretta le registrazioni del laboratorio Stark al terzo piano.>>

<<Non stanno creando un Ultron 2.0, te lo assicuro>>

<<Lo so>>rispose indietreggiando, andò al sistema controllo e attivò la cassetta che aveva registrato, su uno schermo improvvisamente apparve un immagine.

Per tutto il tempo Josie rimase immobile, le pupille di nuovo umane e gli occhi pieni di lacrime, ascoltò ogni parola delle riunioni, vide ogni volto e capì che le sorelle non c'erano ma gli altri sì, vide Wanda, Steve, Tony...tutti e Pietro. Pietro sapeva tutto da mesi e lei si era fidata, gli aveva parlato del diario, gli aveva detto tutto.
E lui le aveva mentito guardandola negli occhi, l'aveva tradita nei peggiori dei modi.
Quando ebbe ascoltato tutto, come la storia delle sue ossessioni, dei simboli, della baita, di sua madre e del suo lavoro, del rapimento, ascoltò attentamente sulla storia di un suo padre genetico alieno.
Ascoltò mordendosi le labbra la storia sul suo cognome, su Adelaida, sul parto, sui blackout emotivi e furono davvero troppe cose da digerire. Il fatto che la sua "Famiglia" le avesse mentito la fece sentire come se fosse stato tutto una menzogna, non era stato reale. 
Chiuse gli occhi finalmente e sentì le mani tramare.
Egli si avvicinò con fare protettivo.

<<Josie, va bene, va bene soffrire, va bene crollare ogni tanto. Questo non ti rende affatto debole>>la prese per le spalle, il suo accento sokoviano era forte.

Lei non si lasciò andare ma alzò gli occhi pieni lacrime <<Mi hanno mentito per tutto questo tempo? Tutti loro?>>

<<Si, Josie>>ammise, una risposta reale, nitida, senza giri di parole.

<<Perché hanno paura di me?>>sussurrò.

<<Si, ti temono>>

<<No, non può essere.>>sbatté gli occhi per mandare via le lacrime.

<<Perché? Perché li credi migliori di te? Ti sbagli, Josie. Non sono migliori di te solo perché non hanno fatto le cose che tu hai fatto. Gli eroi non dovrebbero esistere. Potranno giudicarti solo quando avranno messo le tue scarpe e vissuto la tua vita, non prima e quello lo stanno facendo  proprio per escluderti, manovrarti perché vogliono controllarti. Come tua madre, tuo nonno, la Stanza Rossa e l'Hydra, come J>>

Mise una mano nei capelli cercando aria, si spostò dalla sua presa e si guardò intorno<<No, J non era lucido. Quando era con me lo era ma quando mi hanno tolto la memoria non mi ha neanche riconosciuta, non è colpa sua. Lui mi amava per come poteva>>

<<Mi spieghi perché quando lui sbaglia tu lo giustifichi? Se uccide dici che non erano innocenti e pensi la stessa cosa delle tue vittime. Hai ucciso degli innocenti ma per te non lo erano, semplicemente perché ti avevano detto così. E' un super soldato. Ti sbagli ancora, lui non è l'eccezione. >>sbatté le mani sui fianchi<<Questo posto, questi contenitori non ti dicono niente? Non vuoi sapere come mai improvvisamente uccidere ti è iniziato a piacere? Così dal nulla sei diventata sadica>>

Lo fissò e sentì la sua rabbia scomparire del tutto per lui, era ovvio ormai che non lo avrebbe ucciso.<<Non siamo qui perché hai scelto un posto a caso>>

<<Qui c'è un intero magazzino dedicato al Soldato d'Inverno, così chiamato grazie a te sembra. Tu sei il fuoco ma solo lui riusciva a spegnerti. Quello che riguarda lui spesso riguarda te, la tua sezione è spaventosa e anche quella di quelli che erano rinchiusi dentro queste teche>>

L'uomo si affrettò a mettere la seconda cassetta e fu allora che il suo inconscio le fece rivivere tutto durante le immagini.
Josie era agitata e insieme a lei c'era J, non era nervosa perché non sapeva cosa l'aspettava ma perché sapeva esattamente cosa le avrebbero fatto.
Quando entrò nella stanza di metallo, con il macchinario tra i contenitori notò che erano aperti, lo erano sempre quando le facevano l'iniezione, come se temessero qualcosa.
Guardò i soldati fermi, tra di loro c'era una donna muscolosa e che aveva molta meno umanità di J. Ella aveva solo sedici anni ufficialmente, lei e J non stavano ancora insieme, mancava un mese a quello.

<<Dov'è Pierce?>>domandò in russo J.

<<È impegnato con lo Shield>>rispose un uomo<<Prendo le sue veci qui come colonnello Vasilij Karpov>>

Quest'ultimo era stato ucciso da Zemo pochi giorni prima. Josie si guardò intorno e vide che c'erano più soldati nella struttura del solito, si avvicinò d'istinto al mentore<<Ricevuto, Molov è pronta>>

J la prese per un braccio e la portò davanti alla sedia di cuoio nero. Come al solito ella tolse gli indumenti superiori davanti a tutti, questo quando era piccola la imbarazzava, i dottori si avvicinarono e la voce di Zola diede i solidi ordini.
La fecero sedere e J le si mise di fianco, non avevano ancora iniziato alcuna storia clandestina ma era ovvio che tra di loro ormai c'era già qualcosa. Gli occhi parlano.

<<Devi calmarti, Agente Molov>>parlò un uomo attaccandola a dei fili.<<Il tuo battito è elevato. È ovvio che siamo già al limite di tempo, dovevi portarla qui molto tempo fa, Soldato>>

<<È riuscita a nascondere le fasi>>rispose lui.

<<Se si agita le conseguenze sono disastrose, lo sai. Calmala, questa è la penultima somministrazione>>

Lui annuì meccanicamente, si accovacciò di fianco a lei, le prese una mano d'istinto <<Non devi essere nervosa, lo sai. Non cambia niente dall'ultima volta>>

<<L'ultima volta ho creduto di morire, sono stata ferma per due settimane>>

<<Josephine, non puoi più scappare. Respira, fai quello che ti ho insegnato ma prendi questo con uno stato mentale tranquillo. Pensa a qualcosa che ti fa sentire bene>>

Ella annuì piano, chiuse gli occhi e respirò a fondo, poi li riaprì piano e guardò J, era lui la cosa che la faceva sentire meglio.
Il dottore prese la siringa di vibranio, ormai da tre anni non la mettevano più in una teca per controllarla.
Fu in quel momento che le fasi, ormai troppo avanzate, le proibirono di essere ancora sotto il loro controllo.
Le emozioni presero il sopravvento, fu la prima volta e anche l'ultima.
Quando vide come si avvicinava al cuore tirò un urlo, tutti voltarono all'indietro e i suoi occhi divennero per la prima volta arancioni, non rossi.
Si alzò in piedi, la pelle aveva delle rifiniture brillanti e i capelli fluttuavano.
J si voltò ma rimase a terra, quello che avrebbe visto lo avrebbe tormentato per sempre.
La ragazza allungò una mano verso il colonnello e con il solo espandersi del suo pensiero gli ruppe il collo.
I dottori cercarono di scappare dietro ai cinque soldati e agli altri volontari ma ella creò un muro di fuoco davanti a loro.
Non c'era niente di malvagio o di divertimento nei suoi movimenti, era solo semplice potere, qualcosa di superiore.
Poi però quel potere venne indirizzato verso le nuove emozioni che ella stava vivendo.
La paura, l'odio, la rabbia, il dolore, la confusione crearono qualcosa di terribile.
I volontari iniziarono a sparare e per lo spavento mise le mani davanti a sé, senza accorgersene scatenò un'onda di calore ed essi si sciolsero come lava sul cemento.

<<State lontani da me!>>

Il metallo dei muri alle sue spalle si piegarono per via del calore e trafissero i nemici, c'era sangue dappertutto ma non li fermò del tutto.
Si alzò appena da terra e si concentrò questa volta, permise al potere di comandare.
La temperatura aumentò dentro il luogo ed entrò dentro i suoi nemici, sentì i loro cuori battere e scelse di provocargli un infarto.
Furono minuti interminabili, ella uccise tutti i  volontari che le si avvicinarono, rese cenere i dottori e poi toccò ai cinque soldati.
Ella li fissò come se cercasse ancora di proteggersi, J non disse una parola ma si nascose dietro una teca. Non per paura, ma per guardare.
Fu come una scarica di adrenalina, loro corsero e lei allungò le mani fermandoli.

<<In ginocchio>>

Loro ubbidirono senza controllarsi, poi lei allargò le braccia, dovettero per forza guardarla, era magnetica, una sirena.
Morte di Fuoco urlò e coloro a cui mirava ne furono invasi, il suo corpo divenne fuoco puro intorno a lei, quasi diventasse più grande di ciò che era.
Il fuoco era molto più che un elemento naturale, era impregnato di potere e col suo sguardo i suoi nemici bruciarono.
Le loro grida risuonarono e lo spettacolo fu raccapricciante. Solo quando non si sentì niente lei aprì gli occhi e quello che vide la paralizzò.
Tornò umana e crollò di colpo sul pavimento, iniziò a tossire nero e si girò sul fianco, fu in quel momento che sentì una mano di vibranio sfiorarla. Non si sentì spaventata.
J la chiamò per assicurarsi che stesse bene. Ella si mise a pancia in giù per respirare meglio e notò quello che aveva fatto.
Una distesa di cadaveri, di cenere e cinque corpi carbonizzati che ancora fumavano.
Tirò un urlo di dolore, non di potere.

<<Che cosa ho fatto?!>>

J la prese tra la braccia ed ella lo respinse, si alzò affaticata e scosse la testa. Spaventata che potesse ucciderlo<<Non mi faresti mai del male, lo so>>

<<Non lo sai. Io...J, ho perso il controllo>>trovò una scusa<<Li ho uccisi tutti, quei soldati erano come te>>

<<Respira>>

<<No, sono un mostro!>>singhiozzò disperata<<Devono uccidermi ora>>

<<Nessuno lo farà, te lo prometto>>

<<No, sono una minaccia per il mondo. Sono io la cattiva, sono io il mostro, la guerra! Uccidimi, ti prego, prima che che sia troppo tardi. Non posso vivere sapendo quello che ho fatto, che posso fare davvero. La prossima volta chi sarà? Civili? Bambini?>>

J non poteva vederla così, gli faceva male. I suoi occhi finirono sulla macchina dove era stata sdraiata e un'idea gli passò davanti.
Era una scelta dura ma dopo quello che era successo non c'era sul serio una scelta.
Si avvicinò e la prese per le spalle, la strinse a se con forza decisiva e la fece indietreggiare fino a farla sedere nuovamente.

<<Cosa stai facendo?>>

<<Rimaniamo aggrappati, così staremo insieme e avrai il controllo di nuovo>>

Le legò i polsi prima che potesse notarlo, <<Come?>>

Lui indietreggiò e attivò il macchinario<<Niente ti farà male dopo questo, te lo prometto. Non proverai dolore pensando a quello che hai fatto e tornerai un perfetto soldato, niente emozioni. Non ricorderai di oggi>>

<<J.. >>sussurrò vedendo gli aghi.

<<Ti fidi me?>>

<<Sempre>>annuì.

Degli aghi entrarono nella sua testa, poi iniziò ad urlare, urlava disumanamente e continuò per molto fino a perdere i sensi.
J si girò per non guardarla e si odiò, alzò gli occhi verso la telecamera. Prese una radio e l'avvicinò alle labbra.

<<Signore, Molov è di nuovo operativa.>>

<<Vittime?>>domandò la voce americana di Pierce.

<<Nessun sopravvissuto tranne noi, Signore. La sua presenza è richiesta per darle la dose, la sveglierò al suo arrivo e sarà perfetta>>

<<Ottimo lavoro, Soldato>>

Josie indietreggiò dallo schermo, scosse la testa e guardò il pavimento. C'erano ancora delle bruciature e del metallo fuso, era stata lei, aveva ucciso tutte quelle persone perché aveva avuto paura.

<<Mi dispiace tanto, ma se permetti ai ricordi di controllarti allora perderai e non avrai risposte>>

Lei alzò lo sguardo<<Come sono cambiata?! Dimmelo!>>

<<Quando J ti ha tolto la memoria non sapeva che aveva tolto anche la tua crisi emotiva, la prima volta che hai sentito vere e proprie emozioni. Ha scatenato una fase nuova, tra cui gli occhi arancioni. Ha cancellato tutto per sbaglio e di conseguenza la tua mente ha sostituito la disperazione, il dispiacere, il senso di colpa, il mancato controllo con altro. Uccidere così tanti, anche persone che erano stati esperimenti come te, ti aveva fatto capire che avevi già eliminato persone innocenti, solo che non lo sapevi. Ti ha distrutta, sapere che eri stata usata, che avevano programmato tutto. Hai eliminato ciò che ti rende umana e l'hai sostituito con il contrario, il piacere di uccidere, avere il potere di piegare, non hai più provato niente quando dovevi compiere un lavoro. Sei diventata come speravano>>

Provò orrore e le pupille si illuminarono<<È stato tutto una bugia! Tutti loro mi hanno usata! Tutti!>>

<<Si ma non sai ancora tutto>>mormorò inclinando la testa.

<<Cosa?!>>

<<Devi sapere la verità su come sei nata, ricordi? Ed io so precisamente come farai a punire tutti loro>>

Josie si pulì la lacrime<<Parla>>

<<Se vogliamo il fuoco dobbiamo raccogliere tanta legna, no? Iniziamo dal bastoncino più piccolo, dobbiamo avere le risposte da Strucker perciò usiamo l'uomo con cui commercia>>

La sua espressione di indurì, piena di rabbia e determinazione<<Ulysess>>

ANGOLO AUTRICE.

Capitolo traumatico e molto lungo, lo so! Abbiamo appena scoperto un bel po' di cose ma non è ancora finita, il ricordo dove uccide con i suoi poteri non è del tutto completo. Se ne parlerà ancora perché Zemo ha capito solo metà di quello che è successo. Diventerà tutto molto cruento!
Spero vi piaccia e vi aspetta molto altro, si piangerà tanto e vedremo diversi rapporti crearsi, distruggersi! 
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Un bacio enorme, miei Peperoncini!

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