Capitolo 35
Amare una persona complicata è un vero casino.
Non parlo di una storia difficile, con mille ostacoli, o di due persone che si amano incredibilmente ma di una storia dove entrambi sono troppo complessi. Così complessi da non riuscire a stare insieme come avrebbero desiderato o meritato.
E fa male, fa male amare qualcuno che sai non sarà mai destinato a te, il fato ti è contro e forse va bene rischiare, fino ad un certo punto.
Bucky aveva corso innumerevoli rischi, ancora prima di diventare il Soldato d'Inverno. Ma anche dopo i rischi non erano per la sua vita, sapeva sempre cosa sarebbe successo, avrebbe eseguito gli ordini e sarebbe stato congelato.
Poi lo avevano assegnato ad una base in Russia, una base che ospitava il famigerato programma delle Vedove Nere.
Aveva eseguito gli ordini per anni, allenare e mentire, rendere la sua alunna una perfetta spia e assassina, farle il lavaggio del cervello, insegnarle che le emozioni sono una debolezza e ci era riuscito, almeno per la metà. Il problema era che in realtà sapeva di aver fallito, perché seppur lui dovesse far sì che ella si fidasse era stato lui la vittima di quel rapporto, era stato lui a cambiare. Si era ritrovato a non sapere più nulla, a non voler seguire gli ordini perché l'amava.
Un uomo che non conosceva ricordi o sentimenti aveva perso la testa per la sua pupilla, una pupilla estremamente pericolosa, eppure si era ritrovato a rischiare e a non riuscire a smettere di farlo. La amava ancora.
Bucky dormiva e nei suoi incubi c'erano sempre le sue vittime, vittime innocenti e che l'Hydra gli aveva messo in testa fossero colpevoli, così come avevano fatto a Josie, solo che lei ci credeva tutt'ora e lui no. Ma i suoi sogni orribili erano alternati da momenti di pace, sogni che riguardavano la sua Josephine, l'unica cosa positiva di tutti quegli anni, ma che riusciva a torturarlo ancora.
James camminava in un lungo corridoio, le porte erano troppe per contarle e le luci a neon erano fredde, non riusciva a capire dove fosse. Sul legno delle porte erano incisi numeri, date e nomi, i nomi dei suoi obiettivi e da ognuna di essere udiva le urla delle sue vittime. Svoltò in un'altra galleria e vide qualcosa di diverso, una ragazza correva tra le varie assi, non la vide in faccia ma aveva una chioma ramata.
<<Josephine? Josephine! Aspetta!>> esclamò.
Il soldato iniziò a correre buttando a terra gli occhialini, la inseguì per corsie e sembrò durare un'infinità. Ogni volta che la vedeva era diversa, i capelli erano corti, lunghi, intrecciati o l'età cambiava, ma era sempre lei, era la stessa ragazza.
Poi egli si fermò, esausto e cadde a terra, mise le mani tra i capelli lunghi e cercò di scacciare via le lacrime per la frustrazione. Non sarebbe mai stata sua, perché il destino non era stato dalla loro parte all'epoca.
Ad un tratto sentì una pressione sulle proprie dita di metallo, alzò il viso e si paralizzò quando vide la bellissima donna davanti a sé. Josephine aveva gli occhi azzurri che parevano essere pieni di ribellione, svegli e attenti, i capelli rossi erano mossi sulle spalle e le labbra erano incurvate in un sorriso furbo.
<<Ti arrendi già, J? Non combatti per me?>>
<<Non sono quello di cui hai bisogno>>
<<Ti sbagli, io sceglierò sempre di avere bisogno di te. Non ti ricordi?>> sussurrò dolcemente mettendogli una ciocca dietro la maschera.<<Io sono la tua casa e tu la mia>>
Lo fece alzare e James guardò cosa indossava, era un abito rosso di pizzo, le maniche erano trasparenti se non fosse per i fiori ricamati, la scollatura era profonda tra i seni ma non c'era niente di volgare in essa, la gonna era così leggera da vedere la mutanda alta. Gli strinse la mano di carne, sentire il suo tocco lo face calmare.
<<Dove mi porti?>>
<<A toccare le stelle>>rise.
Entrarono in una stanza e per un secondo il soldato non volle farlo, temendo che fosse un mezzo per arrivare ad una vittima, ma la porta era bianca, mentre tutte le altre era nere. Alla fine acconsentì ed entrò con lei, sentiva il suo tocco e si fidò di questo, però dentro era buio e quel contatto sparì.
<<Josephine! Dove sei?>>
Improvvisamente due occhi rossi apparvero dal nulla, egli indietreggiò e finì per sbattere contro la porta, una porta che era diventato un muro di marmo. Le luci si accesero, ma erano rosse, riconobbe la doccia della sua vecchia stanza in Russia, quando alzò gli occhi un soffione si aprì e l'acqua bollente piombò su di lui.
<<Sono proprio qui>>
Egli si voltò e Josie sorrise alzando solo un lato delle labbra, si avvicinò vorticosamente e finì sotto il getto, l'acqua la bagnò ma Bucky non sentiva il rumore di essa con il pavimento. La ragazza allungò le dita con lo smalto nero e gli tolse la maschera, inizialmente pensò di fermarla ma ne era dipendente, tutto ciò che faceva lo affascinava. Poi gli tirò indietro i capelli fradici e aprì il giubbotto antiproiettile, lo tolse lentamente e infine sfiorò le vene che uscivano dal braccio di metallo.
Come a disarmarlo da ogni protezione, perché con lei niente poteva fare male.
Barnes provò ad abbassare la temperatura dell'acqua troppo calda ma ella lo fermò<<No, non farlo. Non trovi che sia piacevole il calore sulla propria pelle?>>
<<Fa male>>
<<L'amore fa più male, J. Sei disposto a bruciare per me? A soffrire un poco per me?>>
Quegli occhi, quella voce, quel corpo magnetico, ne era soggiogato. Annuì e appoggiò le mani sulla sua vita ancora coperta dal pizzo rosso, ma bagnata<<Per tutta la vita.Io ti amo.>>
Era pronto a baciarla, era a pochi millimetri di distanza quando ella appoggiò un dito tra di loro, indietreggiò confuso ed lei non sorrise più, il trucco colava. Abbassò gli occhi e quando li rialzò era rossi, tristi<<Perché non lo hai detto quando era il momento?>>
Bucky si svegliò di soprassalto nel suo appartamento, respirò a fondo e si guardò intorno, gli mancava il respiro, dormiva sul pavimento. Si alzò e andò a lavarsi il viso, aveva ancora la sensazione di stare in quel sogno e si odiò maggiormente per quello. Decise di vestirsi, mise un cappellino di baseball e si preparò ad uscire, doveva fare qualche passo e cercare di nascondersi allo stesso tempo.
Uscire non era una buona idea probabilmente, il mondo lo cercava e l'ordine era di sparare a vista ma non era stato lui a far saltare quella bomba. Quando aveva visto chi ci fosse dentro quella conferenza per poco non distrusse tutto in quel monolocale. Bucharest era una città che aveva scelto per un semplice motivo, a Josephine era piaciuta quando c'era stata con le Vedove. Stava per uscire quando, alle sue spalle, sentì un impercettibile rumore, qualcuno era sul tetto.
Si voltò e alzò gli occhi sul balcone aperto, fu in quel momento che atterrò l'ultima persona che si aspettava vedere.
Captain America lo aveva trovato e non ne fu felice.
Steve aveva un buco allo stomaco da giorni e quando lo vide si sentì come se niente fosse cambiato, come se fosse ancora il suo migliore amico, l'espressione non era più inumana, senza emozioni come aveva visto anche in Josie.
<<Mi conosci?>>chiese cauto Rogers.
<<Sei Steve>>riuscì a dire<<Ho letto di te in un museo, tempo fa>>
All'orecchio di Cap, Sam e Yelena parlavano, gli dicevano che la polizia tedesca stava arrivando, non erano gli unici ad averlo trovato<<Lo so che sei nervoso, hai tutte le ragioni per esserlo ma non mentire>>
<<Io non ero a Vienna, non faccio più quelle cose. Ero qui, a guardare>>
<<A guardare cosa?>>si avvicinò. Bucky abbassò il viso e Rogers sospirò nella sua tuta. La risposta la ebbe da solo<<La conferenza in tv. Allora è vero, speravo tanto non lo fosse. Tu e lei...è reale>>
<<Aspetta, Josephine si ricorda di me?!>> tornò a guardarlo.
Grant vide la luce nei suoi occhi ghiaccio e ne fu sorpreso. Non gli avrebbe detto di Pietro, anche se non era sicuro sul rapporto tra l'amico e la compagna.
<<Durante la guerra in Sokovia si è ricordata tutto, credo, ci ha parlato di un certo J. Ci ha detto che l'ha allenata, formata e che le ha insegnato a ballare lo swing>>fece un piccolo sorriso.
Quindi non ricordava tutto tutto, si disse Buck<<Ma sa chi sono davvero?>>
Era difficile parlarne perché era difficile immaginare che proprio il suo Buck fosse stato presente durante i momenti peggiori di Josie<<Due giorni fa è tornata da Vienna, lei ti ha visto sul notiziario e..>>
<<Che cosa?>>avanzò<<Dimmi che sta bene, anche se mi odia>>
<<Tu la conosci meglio di me, perciò no, non credo stia bene. Josie è come esplosa, ha iniziato a piangere e gridare, poteva ucciderci. Abbiamo dovuto farla addormentare ma ora va meglio, è insieme a sua sorella, Natasha, alla base ma non vuole parlarne. Non vuole parlare di te>>
James era sorpreso e spaventato, il fatto che fosse così emotiva era un brutto segnale<<Non sono stato io, non farei mai saltare nessun palazzo, figuriamoci con lei dentro>>
Rogers appoggiò una mano sul suo orecchio, Yelena disse di aver visto la polizia entrare, era troppo tardi. <<Persone che ritengono il contrario stanno venendo qui e non intendono portarti via vivo>>
<<Sono intelligenti, ottima strategia>>mormorò alzando gli occhi sul soffitto, c'erano altri rumori.
<<Tu parli come lei, allucinante>>disse togliendosi i guanti.<<Ma non deve finire con uno scontro, Buck>>
<<Perché siamo uguali e sappiamo che finisce sempre con uno scontro>>
E Bucky aveva ragione, sarebbe andata proprio così, ci sarebbe stato uno scontro ma non come se lo sarebbe aspettato.
Josephine non riusciva a pensare lucidamente, era annebbiata da emozioni nuove e cercava in tutti i modi di essere razionale ma non poteva esserlo.
Quando quella mattina, appena sveglia, ricevette il messaggio da parte di Helmut ,sull'incontro e la città, non ci pensò due volte.
Guardò Pietro addormentato di fianco a lei e gli sfiorò i capelli.
Pensò al giorno precedente, quando si era svegliata dopo che Wanda l'aveva fatta svenire, si era sentita amareggiata, non aveva voluto alzarsi dal lett. Tutti gli Avengers erano andati a farle visita, Steve non aveva niente, le aveva stretto solo la mano e l'aveva guardata negli occhi, dopotutto Josie non aveva detto una parola a nessuno. Era rimasta immersa nella sua testa.
Pietro era rimasto per la notte e le dispiaceva scappare ma non poteva rimanere lì, non poteva semplicemente autocommiserarsi come lui avrebbe voluto.
Lasciò un biglietto "Mi dispiace".
Ma per cosa è un mistero, forse per tutto o forse per il futuro.
Indossò dei jeans neri aderenti, dentro una canotta grigia scollata e sopra un golfino dello stesso colore corto, infine degli stivaletti neri. Pettinò i capelli all'indietro, prese una giacca lunga fino alle ginocchia e uscì dalla stanza.
Non le importò di essere vista dalle telecamere, ma prima di entrare nel capannone con le navicelle vide che già una era stata presa, lesse le informazioni e capì. Steve, Sam e Yelena avevano trovato J, ma era davvero così che doveva chiamarlo?
No, non ci voleva pensare.
Aveva creduto di averlo perso, invece era vivo e si sentiva in colpa per averci creduto, per non averlo cercato, per essersi lasciata trasportare da Pietro. Ma era anche furiosa, perché lui l'aveva lasciata, l'aveva abbandonata lì.
Non registrò niente e prese il mezzo più piccolo, attivò la schermatura e il codice fantasma, per non essere trovata. Poi aprì il garage e usò il pilota automatico per arrivare a Berlino, precisamente la meta era un hotel.
Si domandò perché Helmut stesse lì se era così ricco.
Dopo quattro ore di volo atterrò sul tetto e contò i vari piani, Helmut aveva parlato di un quarto piano, così si buttò nel vuoto e si aggrappò al balcone giusto. Calò con la delicatezza di un gatto e guardò dentro la camera, seduto ad una scrivania pareva esserci proprio lui. Fece un respiro profondo, di quelli che la vecchia Josie non avrebbe mai fatto e poi alzò le mano, fuse la serratura ed entrò cauta.
Improvvisamente l'uomo si alzò e puntò la pistola verso di lei, solo quando la riconobbe l'abbassò, fece una smorfia mortificata.
<<Bussare, no?>>disse sarcastico.
<<Non chiedo più il permesso>>
Helmut nascose il quaderno rosso in un cassetto e sospirò, la ragazza si sedette a peso morto sul letto matrimoniale, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e le mani sugli occhi e lui la guardò, non la vedeva più come quando l'aveva conosciuta. Sembrava così diversa e questo gli provocava una strana preoccupazione emotiva, come se fosse una figlia per lui.
<<Che cosa c'è?>>
<<Da dove inizio? La mia vita è una serie infinta di bugie, di uomini che prendono decisioni per me, di esperimenti, torture, uccisioni, di abbandoni e ho creduto per tutto questo tempo di meritarlo per via del mio potere, ma non era così. Credo sia il mio diritto di nascita e non capisco, non capisco se è reale, perché se lo fosse cambierebbe tutto e io sto già mutando. Non riesco a capire che cosa mi succede>>la voce le tremava.
<<Josephine..>>
<<Non ho finito>>mormorò alzando il viso e fissando il muro color cannella davanti a lei, i suoi occhi erano lucidi, spezzati<<Ho affrontato situazione davvero buie, ho lottato contro ogni tipo di nemico e non ho mai posto domande. Ho trascorso la mia vita cercando di essere due persone. Entrambe forti, la prima troppo giovane e spesso ribelle, la seconda potente, malvagia eppure ubbidiente. Ma nessuna delle due era Josephine, perché non sapevo chi ero, non per via dei ricordi ma per via di quello che ho sempre pensato di me stessa. Mi hanno insegnato che l'amore è una reazione chimica, l'affetto è un illusione, il dovere è al di sopra di tutto, la purezza è verità ma non una purezza di cuore ma di potere. Un potere che ho sempre ripudiato, anche quando ero dell'Hydra e mi definivo una minaccia, perché lo sono sempre stata per qualcuno, come diceva Ultron. Di mia madre, di Ivan, della Stanza Rossa, dell'Hydra. Ho detto a me stessa, per così tanto tempo da crederci, che mia madre mi aveva abbandonata per darmi una vita migliore. Ma la mia vita non è stata migliore!>>disse amara, un sorriso disperato sul volto<<Mi hanno tolto ogni parte di anima e l'hanno modellata come desideravano. Ognuno di loro mi ha guardata come se fossi solo una donna da governare, da sottomettere e ho lasciato che lo facessero perché era più facile. E quando ho trovato la mia stabilità con un uomo che mi ha sempre vista per quello che ero... io l'ho amato. Ho amato un uomo che chiamavo J e a quanto pare oggi è il Soldato d'Inverno, è Bucky Barnes. L'ho amato da impazzire, anche quando era duro con me agli allenamenti. L'ho amato anche quando gli ho promesso che non lo avrai mai detto, perché amare ti rende vulnerabile e non lo sono mai stata, non sono mai stata debole e non ho mai permesso a nessuno di avvicinarsi tanto da farmi capire che esisteva una Josephine. Una Josephine che non ho mai conosciuto o incontrato, non conoscevo neanche la sua esistenza e un anno fa l'avrei guardata con disgusto, vedendola come un inetto, una fallita, un peso. Non ho mai desiderato essere un peso per nessuno ma è ciò che oggi sono e questa me, questa nuova Josephine la odio. La odio così tanto. Vorrei urlare ma non ci riesco, eppure dentro di me non faccio altro e nessuno, nessuno riesce a vedere come mi sto frantumando, nessuno ne capisce il motivo e io vorrei tanto dirlo...ma se lo dicessi allora dovrei cercare ancora la verità, dovrei trovare altre prove. Ho bisogno che non sia vero, ho bisogno di sapere che è solo nella mia testa e così smetterò di essere Josephine. Perché lei vuole solo una cosa : J e non posso amare qualcuno che mi ha abbandonata e non posso tradire la fiducia di Pietro. Non posso essere una mina vagante, una bomba nucleare vivente>>si girò, i suoi occhi erano pieni di lacrime e la sua voce ancora di più era traballante<<Quando perdo il controllo capitano delle cose, cose orribili, faccio del male agli innocenti e la parte peggiore è che mi sento meglio. Voglio solo che tutto smetta di essere così pesante, così doloroso, così spaventoso. Non sono una che prega ma ti prego, ti prego, ho bisogno che mi aiuti, ho bisogno che mi aggiusti.>>
Helmut era commosso, allungò un braccio e la tirò verso di sé, Josie si lasciò andare contro il suo petto e scoppiò a piangere silenziosamente, tanto che gli occhi le si arrossarono ancora. Le strinse dolcemente, la cullò, perché ne aveva bisogno e questo complicava il suo piano ma non gli importava. Gli importava di lei. Questa non è la Josie che abbiamo conosciuto a Sokovia.
<<Io non credo tu sia debole. Credo che proprio perché mi stai chiedendo aiuto dimostra quanto tu sia forte, più di chiunque ti abbia fatto questo. Ora devi prendere una decisione, Josie. Non per gli altri, per te stessa>>fu la prima volta che la chiamò così<<Devi scegliere se fermarti ora, dimenticare e andare avanti, magari riusciresti a guarire o lottare ancora. Lottare nonostante la paura e non permettere alla tua nuova te di fermarti dall'avere un posto nel mondo. Combatti per arrivare alla verità e non fermarti mai.>>
<<Non voglio fermarmi>>sussurrò alzandosi dal suo petto e pulendosi il mascara colato<<Voglio avere un posto nel mondo>>
Lui sorrise<<Va bene, io sarei stato con te in ogni caso.>>
<<Perché?>>
<<So cosa vuol dire perdere il controllo perché non si ha più niente, nessuna certezza>>mormorò sincero.<<Ora devi dirmi tutto quello che hai scoperto e insieme troveremo i responsabili, scopriremo tutto e riavrai il controllo, te lo prometto. Avrai tutto>>
Ella annuì, era pronta, pronta per spiegarlo a modo suo quando i suoi occhi si fermarono sulla televisione dietro di lui. Lesse la scritta del notiziario tedesco e scattò in piedi, anche egli si voltò e vide qualcosa di sorprendente.
Yelena, Sam e Steve erano stati arrestati e non erano soli, c'era T'Challa e...lo avevano preso, Bucky Barnes era in custodia proprio a Berlino. Le mani le tremarono, doveva andare da lui, doveva salvarlo. Questo sentì dentro di sé ma era giusto?
<<Li hanno catturati due ore fa>>alzò il volume lui, ebbe un colpo di genio.
Josie indietreggiò e sospirò profondamente<<Che cosa... che cosa devo fare? Non posso agire come vorrei>>
Egli si girò e fece una smorfia<<Hai detto di non volerti fermare, non permettere che lo faccino, nessuno ha il diritto di fermarti dalla verità. Vai lì, vai alla base e fatti sentire>>
Josie si pulì le guance bagnate ed annuì, il suo sguardo era diverso. Era risoluto, determinato, forte.
Avrebbe fatto più casino che poteva.
ANGOLO AUTRICE
Piano piano state vedendo il piano generale, anche se questo non è chissà quale capitolo emozionante, mi spiace ma i prossimi saranno più forti.
Spero che il video vi sia piaciuto, ce ne sono di più belli, giuro! Questo è quello in cui vengono svelate meno cose, è più sensuale rispetto gli altri.
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Un bacio, Peperoncini!
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