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Capitolo 30

Verità.
La verità ha un brutto effetto sulle persone, soprattutto quando fanno di tutto per non vederla, per non accettarla, perché se ammettessero di provare qualcosa andrebbero in frantumi, esploderebbero e onestamente non so se il problema sarebbe per loro o per quelli che hanno intorno.
Pietro era seduto di fianco a Josie, che pilotava in silenzio osservando il paesaggio innevato. Egli teneva sulle gambe il foglio rubato ma la sua mente viaggiava ormai da ore su quello che avevano detto gli altri Avengers. Avrebbe voluto dirle tutto ma se avesse scoperto che le mentivano sarebbe andata fuori di testa, questo era certo ma poteva cercare di aiutarla.
Sapere cosa aveva fatto Victoria l'aveva fatto innervosire, aveva venduto sua figlia alle Vedove Nere, a un uomo che aveva fatto esperimenti sulla sua bambina e per cosa? Perché era stanca di fuggire? Non riusciva a capacitarsi del perché tante persone avevano fatto del male alla ragazza di cui era innamorato, perdutamente aggiungerei. 
Si girò e la guardò, osservò la forma perfetta del suo viso pensando che solo una bellezza simile poteva essere metà umana, di fatto pensò di stare insieme a un'aliena ma la cosa non gli importava. Osservò i capelli ramati, di un bronzo più intenso e più arancione di quello della madre. Ella vestiva con dei jeans grigi a vita alta e sopra un maglione bianco che lasciava una spalla nuda, sotto degli stivaletti, era certo che avesse nascosto coltelli da qualche parte. Josie si girò appena e fece un sorriso che lo fece rilassare, divertito e normale.

<<Perché mi fissi?>>

Avrebbe voluto dirle la verità e anche lei avrebbe voluto ammettere che era agitata  ma non lo sapeva, lo stava totalmente negando a se stessa. <<Stavo rileggendo i tuoi appunti sul diario e ho pensato che non viene mai detto il tuo secondo nome>>

<<Beh, mio nonno non poteva prevederlo>>

Si irrigidì<<Ma se ci pensi nessuno al mondo si chiama Helion, non sembra neanche un nome, magari tuo padre c'entra>>

<<Non ho mai conosciuto mio padre e prima di J non ho avuto nessuna figura maschile nella mia vita. Devo ringraziare mia madre per questo>>commentò ironica.

<<Tua madre era americana, come mai Molov come cognome?>>domandò, voleva metterle dei dubbi così da trovare le risposte che lui già possedeva.

<<Non lo so, forse per Adelaida, era la mia maestra da bambina e aveva un cognome che si pronunciava come il mio. Però non sono esistita davvero fino al programma della Stanza Rossa, non ero registrata all'anagrafe e non ero mai uscita dal bosco. Ancora grazie, mamma>>

Pietro sollevò il labbro a sinistra, un mezzo sorriso e capì che era meglio evitare di continuare il discorso, c'era troppa carne al fuoco.
Egli si alzò e le andò vicino, si inginocchiò con agilità e Josie sorrise confusa per il gesto.

<<Non sono un fan di tua madre, per niente. Ma le sono grato per te, di questo, dobbiamo sul serio ringraziarla>>

<<Stai diventato smielato, Saetta>>lo prese in giro.

<<È quello che accade in una relazione, si dicono tante stronzate e si ha un sorriso da idioti sul viso>>alzò le spalle facendola ridere.

<<Hai sempre avuto un sorriso da idiota, anche prima di me>>

Lui spalancò la bocca divertito<<Cos'hai detto?!>>

Ella inserì il pilota automatico e scoppiò a ridere, lo fece tirando indietro la testa e sarebbe bello dirvi che non fu l'ultima volta in cui si sentì come niente potesse distruggere la sua felicità con Pietro, ma non fu così.
Ella si girò, assaporando lo sguardo che aveva su di lei, a volte lo beccava osservarla come incantato e anche in questa occasione la guardava così.

<<Lo stai facendo di nuovo, Pietro. Mi guardi in quel modo ambiguo>>socchiuse le labbra carnose, girando il proprio corpo verso di lui.<<Ho qualcosa che non va?>>

Per un secondo egli pensò che la domanda era a trabocchetto, quasi volesse parlare di qualcos altro. Poi ella alzò le unghie argentate e le appoggiò ai lati del suo viso, amava sfiorarlo con delicatezza.

<<Ora dirò una cosa che per te sarà probabilmente la cosa più sdolcinata dell'intero universo e probabilmente me lo rinfaccerai per sempre>>alzò le sopracciglia<<Ma in te non c'è niente che non va, Josie. Forse sei un po' pazza, ossessionata dai particolari, forse hai anche il difetto di volerti mangiare tutti i ghiaccioli più buoni prima degli altri o di rubare interi sacchetti di biscotti appena comprati..>>

<<Stupido>>

<<Scherzavo. Intendo dire che sì, non sei perfetta per niente, hai tanti grandi difetti ma ce li hanno tutti, solo che tu non li nascondi per niente, neanche ci provi!>> sorrise per poi abbassare le mani sotto le sue cosce<<Ma Josie, questo non ti rende sbagliata, ti rende speciale>>

<<Speciale?>>sussurrò<<Da dove vengo speciale non vuol dire mai una cosa buona>>

<<Hai incontrato solo coglioni>>la fece ridere<<Ma io non smetterò mai di vederti come la donna più pazza dell'intero universo>>

<<È una grande bella promessa, credi di poterci riuscire a mantenerla?>>sorrise.

<<Croce sul cuore>>

La ragazza lo baciò, un bacio lento e dolce.
Avrebbero voluto avere la possibilità di rimane soli per più di due giorni, avrebbero voluto credere che il mondo permettesse di avere molto più di piccoli attimi di contentezza. Se avessero potuto far una lista di desideri, la loro prima richiesta sarebbe stata di vivere in un mondo senza uragani di dolore.
Quei due avevano speso così tanto tempo a discutere e a trovare mille ragioni per cui non stare insieme che non avevano capito che ne bastava una per dividerli sul serio.
Scattò un allarme, erano arrivati.
Pietro si staccò dalle sue labbra contrariato, alzò gli occhi al cielo e Josie riaprì gli occhi ridacchiando.

<<Che tempismo>>

<<Abbiamo tempo, Saetta>>sussurrò avvicinandosi ancora.

<<Cercherò di essere paziente, solo per te>> commentò dandole un bacio sulla fronte e alzandosi.

Ella sorrise appena e tornò a guidare con serietà, riuscì a vedere la casa e per un secondo ebbe dei brividi freddi lungo la schiena, ma tenne fede a ciò che era diventata, qualcuno che non si fida delle emozioni.
Atterrarono nella foresta e Josie si alzò dopo un bel respiro profondo, mise la giacca verde militare e si armò come al solito, insieme al fidanzato.
Poi aprì il portellone e il freddo li investì, egli rabbrividì e la guardò fissare la neve dura, dura come lo era stato il fato con loro. Scesero piano, le pistole puntate ma secondo il regolatore di movimento era totalmente soli.
Ed eccola, la baita era lì, chiusa e non più curata, l'erba era alta tra la neve profonda, le scale per la veranda erano scricchiolanti e umide.
Sembrava che da più di dieci anni nessuno ci mettesse piede.
Salirono le scale piano, ella davanti e lui dietro, in realtà teneva più gli occhi più sulla sua partner che sul luogo, aveva l'impressione che ci fosse qualcosa che non andava ma che Josie fingesse di non vedere, il suo non provare emozioni a volte era estenuante.
C'era ancora lo stesso vecchio zerbino sporco, sopra erano incise della parole ed ella abbassò l'arma inginocchiandosi. 

<<Che cosa c'è scritto?>>sussurrò lui rimettendo la pistola dietro nei jeans.

<<судьба, vuol dire destino. Mia madre diceva che tutti quelli che entravano in questa casa avevano il permesso del destino>>sussurrò, lo sollevò e fu sorpresa di vedere che la chiave era proprio li. Come una volta.

<<Tua madre era proprio americana per nascondere le chiavi così>>

Ella annuì rialzandosi, inserì le chiavi e poi non aspettò, non ebbe esitazione o emozione ad intralciarla.
La casa era buia, fredda e triste, persino Pietro si domandò come potesse una  bambina crescere così.
Josie alzò una mano formando una fiamma e illuminò il salotto, le poche finestre erano coperte la lunghe tende panna che sfioravano il parquet scuro, anche i muri erano di legno.
Tutti i mobili, i due divani e la cucina erano coperti da teli bianchi, le tre porte per le due stanze e il bagno erano chiuse.
Josie si attaccò allo stipite della porta e realizzò di essere tornata a casa dopo tanti anni, così tanti da pensare che non avrebbe mai più sentito l'odore della legna bagnata, il rumore del pavimento o la porta circolante del frigo.
Pietro entrò guardandosi intorno grazia alla luce e si girò verso la ragazza, pareva non respirare.
Appoggiò un piede dentro e poi fece un altro passo, un altro ancora ma la sensazione che qualcuno le stesse dando un'accoltellata non scomparve.
Lanciò la fiamma nel camino e improvvisamente tutto si riempì di calore, di ricordi, di ombre.
Chiuse la porta e Pietro si occupò di togliere ogni telo pieno di polvere, si guardò in giro e notò che poteva essere un posto caloroso se sistemato sul serio. C'erano molte librerie colme di libri ma neanche una foto, un disegno o qualcosa che facesse capire che una famiglia ci vivesse.
Josie camminò piano verso la sua stanza, quasi fosse sola, appoggiò le dita calde sulla manopola e desiderò al suo fianco di avere J, lui l'avrebbe capita davvero.
Aprì la porta e fu come se per un istante di fianco se sentisse una presenza, come se la sua sé bambina fossi lì con lei.
La sua stanza non era grande quanto quella della madre, aveva un letto più piccolo e non c'erano giochi, c'era una grande scrivania con dei libri di algebra sopra, il letto era disfatto. Niente era coperto, era come ae sua madre avesse pensato che se non fosse entrata allora non sarebbe esistita.
Appoggiò le mani alla ringhiera del letto e chiuse gli occhi.
Vide una piccola bambina di otto anni che veniva tirata da un uomo, da Ivan.

<<Mamma!>>

La donna dai capelli rossi era ferma sulle scale di casa mentre la figlia scappò dalla presa dello sconosciuto per correre ad abbracciarla.
Strinse le braccia intorno alla vita di Victoria, piangeva disperata singhiozzando e la stringeva con tutta la forza che aveva.

<<Phine, devi andare>>

<<Mamma, no, ti prego! Scusa, scusa, prometto che sarò più brava. Scusa>>

Il russo tornò a prenderla senza curarsi di farle del male, lei gridava ancora e ancora ma la donna si scansò con fare deciso.
Ivan la tirò in braccio, stringendola da dietro mentre Josie osservava la madre seria, sembrava non importarle neanche.
Fu quello il momento in cui ella smise di essere una bambina.
Josie aprì gli occhi lucidi e notò di aver scaldato il metallo per sbaglio, indietreggiò e alzò lo sguardo sulla finestra dietro il letto.
Il suo riflesso era così cambiato, non c'era speranza, innocenza e dolcezza.
C'era una bambina che non riusciva ad essere amata da nessuno.
Poi vide qualcosa, in quel riflesso distorto e sporco tra la neve vide un simbolo. Non veniva da fuori.
Con orrore si girò lentamente e solo quando vide la parete si sentì davvero spaventata, forse per la prima volta da tanti anni.
Mise le mani sul cuore e spalancò la bocca scioccata.
La lunga parete era di legno, certo, ma era intagliata in simboli identici, inquietanti, cerchi incompleti. Sembravano migliaia.

<<Oh mio Dio!>>urlò.

Pietro corse da dov'era, cioè in camera di sua madre e si fermò sulla porta. Non l'aveva mai vista così spaventata, la prese per le spalle e seguì il suo sguardo fisso altrove.
Quando vide la parete sentì i brividi stringergli l'anima, non aveva mai visto niente di più inquietante.

<<Com'è possibile che tu abbia disegnato la runa di tuo nonno?>>

<<Non sono stata io, me lo ricorderei>>sussurrò<<Non posso averlo fatto io>>

Sapeva che questo non era normale e da come lo guardava sentiva che non se ne sarebbe dimenticata presto, ma anche lui aveva una novità<<Torniamo di là, credo di aver trovato qualcosa anch'io>>

Le prese una mano e Josie cercò di essere nuovamente la donna che le avevano imposto di essere, nessuna emozione, nessun dolore o distrazione.
Uscirono e quando arrivarono davanti alla camera ella si stoppò.

<<Cosa c'è?>>le domandò ancora.

<<Questa stanza mi è proibita. Mia madre non mi ha mai fatto entrare>>

Lui inclinò la testa<<Tua madre non è qui, Josie. Non può più controllarti>>

Troppe persone avevano provato a controllarla, così tante da perdere il conto ma la prima era stata sua madre da quando ne aveva memoria.
Si morse un labbro e lo seguì, mollò la presa e lo guardò inginocchiarsi sul pavimento.

<<La vedi?>>

<<Vedo cosa?>>Pietro premette sull'asse<<È uno scompartimento?>>

<<Non riesco ad aprirlo. Tocca a te>>

<<Okay>>si schiarì la voce.

Ella si inginocchiò con leggerezza, posò la mano sopra e da essa uscì un calore forte, tanto da bruciare e incenerire il legno. Quando la tolse fu quasi sorpresa di vedere con quale semplicità il suo potere aveva fatto una cosa così, era come se stesse migliorando. 
Lui soffiò sopra alla cenere nera e ancora calda, inserì la mano nel nascondiglio segreto, era freddo. Tirò fuori tutto ciò che riuscì ad afferrare e lo rigettò sul pavimento.
C'era una scatolina di velluto e due buste ingiallite, niente di più. 

<<Ammetto di essere un po' deluso, mi aspettavo qualcosa di più bollente>>sdrammatizzò utilizzando un gioco di parole.

Tolse dai propri occhi il ciuffo argentato e vide la ragazza allungare le dita verso il pacchetto, lo pulì dalla polvere e notò che il tessuto non era come sembrava, era una stoffa che pareva invece una lega metallica, era rinforzata.
Appoggiò il pollice sotto e improvvisamente si sentì un rumore, essa si spalancò di botto, come se avesse letto l'impronta.
Pietro si spostò per guardare il contenuto e insieme osservarono una catenina d'oro bianco con un pendente.
Era una forma inconsueta, sembrava una specie di stella polare allungata, uno stemma che avevano già visto nel diario. 

<<E' bellissima>>sussurrò.

<<L'hai mai vista?>>

<<Ricordo l'uomo che venne qui, l'unico a parte Ivan. Disse che aveva un regalo ma mia madre prese questa confezione prima di me>>mormorò<<Era un tipo strano, non ricordo altro, avevo cinque anni ma aveva questo blasone sulla tuta verde>>

Josie non ne aveva mai parlato con nessuno di questo, a parte J, e decise di non dirle neanche il fatto che avesse sentito durante l'esplosione di Sokovia il suo ex.
Pensava che l'avrebbe presa per pazza e Wanda avrebbe voluto entrarle nella testa e non lo avrebbe permesso. Nessuno avrebbe camminato nuovamente in quel tornado di pensieri masochisti, in quella foresta di alberi portentosi e sadici.
La sollevò e sfiorò i brillanti neri sopra, ad un tratto essi divennero bianchi. <<Non è sicuramente un regalo normale, dici che è una collana dell'umore o termologica?>>

<<Non ne ho la minima idea>>

Fu come un istinto primario, scelse di indossarla e quando sfiorò la sua pelle si sentì finalmente come se avesse qualcosa di materiale a cui tenere.
Sua madre non le aveva mai fatto un regalo, le diceva che già darle la vita lo era stato ma ogni giorno si sentiva come se fosse stato un modo per punirla. 
Improvvisamente il telefono di Pietro squillò e vide che sul display c'era il nome di Wanda, c'erano sei chiamate perse. Sbuffò<<Che cosa succede ora?>>

<<Rispondi, prima che impazzisca>>alzò le spalle Josephine.

<<Sei sicura? Siamo qui per te...>>

<<Pietro, non sono più la bambina che viveva qui, posso benissimo cavarmela da sola>>mormorò seria, voleva davvero che se ne andasse.

<<Va bene. Esco di qui, non c'è campo>>

<<Lo so, non dovevamo essere raggiungibili>>confessò alzando le sopracciglia.

In un secondo egli scomparì dalla sua vista e Josie si sedette sul letto con le due lettere, che cos'altro nascondeva sua madre?
Allo stesso tempo anche Pietro si domandava che cosa volesse sua sorella in un momento tanto importante, si avvicinò alla navicella e finalmente riuscì a sentire la voce di Wanda chiamarlo a ripetizione. 

<<Oddio, finalmente! E' la sesta volta che ti chiamo!>>sbraitò.

<<Calmati, qui non c'è molto campo>>sospirò.

<<Qui dove? Anzi, no, non voglio saperlo. Josie è vicina?>>

Lui si guardò in giro, verso la porta della casa chiusa e sorrise<<Mi sta aspettando nel bagno turco, è tutto un fuoco per me e sto sprecando tempo. Siamo vivi, va tutto bene, possiamo finirla qui?>>

<<Si, voi la finite qui. Dille di vestirsi, dove essere qui per domani mattina e tu per stasera>>

<<Di che stai parlando? Torniamo domani sera>>aggiunse categorico.

<<No, Pietro. Devi tornare subito>>

<<Che cos'è successo? Perché sei così allarmata?>>domandò confuso.

<<Non volevo dirtelo così al telefono..>>

<<Dimmelo, Wanda>>disse duro.

<<La notizia cattivissima o quella cattiva?>>

<<Wanda, per l'amor della mia relazione, che cazzo è successo?>>

<<La cattiva notizia è che l'Hydra non si è fermata, vuole attirare l'attenzione con un'arma biologica a Lagos. Fury è venuto a dirci che c'è una missione che necessita di tutti gli Avengers, a parte Tony, Thor e Bruce che rimangono qui per Josie>>

<<Sorella, se non fate partecipare Josie lo sai che che andrà fuori di testa>>

<<No, non intendevo che resteranno alla base per tenerla occupata ma per studiare, in realtà serve che sia impegnata. Ecco la notizia cattivissima...io- cazzo..>>

<<Mi stai preoccupando>>

<<Pietro, avevo ragione! Avevo ragione sul fatto che è nata coi poteri ma credevo che fosse finita lì, che il resto dei file fossero solo nomi di famigliari e di missioni, magari del suo allenatore. Nessuno di noi era allarmato dopo aver scoperto della madre, del cognome ma c'è altro. Ora siamo al 64% dei dati bypassati e sono riuscita a creare delle illusioni, per mostrare Josie pattinare o davanti alla tv, ma gli altri sono preoccupati. Fury nasconderà quello che ti sto per dire.>>rivelò<<Abbiamo scoperto che secondo i pareri psichici i ricordi le sono stati tolti non perché non volesse restare all'Hydra. Hanno seguito la documentazione di una dottoressa degli anni 40', Anna Freud. Secondo lei la prescelta  avrebbe avuto seri problemi psichici e tutto ciò che designato è stato verificato dall'Hydra e dalla Stanza Rossa. Josie non deve avere legami stretti perché causano emozioni e le emozioni scatenano un soggetto instabile, pericoloso. Si parla di ribellioni, blackout emotivi, rabbia improvvisa, iperattività. Le hanno tolto i ricordi per toglierle i sentimenti, questo ha creato...>>

<<Cosa?>>sussurrò.

<<Hanno creato in lei, togliendogli ciò, una seconda personalità. E' bipolare! Ha una parte sadica, Pietro, l'hanno usata negli ultimi anni per cancellare la debolezza della sua umanità. Se Josie iniziasse a provare alcune cose nuove, cose sconosciute, come rivivere un trauma o averne uno nuovo diventerebbe nociva, una bomba orologeria>>

Pietro si girò verso la casa, non poteva credere che Josie avesse un tale disturbo<<Non è detto che accadrà, Josie ha il controllo>>

<<Forse no, forse è un illusione. La notizia peggiore non è finita>>mormorò con tono amareggiato, era in difficoltà.

<<Cosa cazzo può esserci di peggiore?>>

<<Hai notato alcune cose strane in lei? Tipo azioni che poi dimentica?>>notando lo strano silenzio decise di svuotare il sacco<<Nei file c'è scritto che Josie fa delle cose involontarie, cose inconsce a tal punto da rimuoverle. Da bambina riusciva poco a gestire questi momenti, così sua madre le faceva fare calcoli matematici per tenerla occupata. Ma Josie ha dei disturbi, delle vere ossessioni. Ha il complesso del punitore, vuole sempre punire le persone per i loro sbagli, le dà piacere fare del male agli altri ma anche a sè stessa. Lei...cazzo, lei si mordeva. Ci sono delle foto, risalgono ai suoi otto o nove anni, morsi profondi o tagli. Ma nonostante non lo abbia fatto ci sono altre cose che non sono riusciti a fermare, una cosa.>>

Lui chiuse gli occhi<<Che.. che cosa?>>

<<Incide un simbolo. Le foto che abbiamo visto sono assuede, Pietro, sono spaventose. La sua camera, nella Stanza Rossa aveva dei simboli sul pavimento, sotto il letto, sotto la scrivania ma lei non si ricordava di averli fatti. Sono dei strani cerchi incompleti. Così, Bruce ha voluto andare in camera sua un'ora fa e ho detto che tanto era con te, perciò siamo entrati. Non penso tu lo abbia visto, ma credo stia peggiorando. Il materasso, sotto...Josie è tornata ad inciderli, li ha fatti dietro la libreria, sotto la scrivania. Sono migliaia e migliaia, gli altri non sanno che fare.>>

Il ragazzo non riuscì a dire niente, nella sua mente apparve il muro della stanza che aveva appena visto. Forse le cose non andavano bene come immaginava.

Josie si era ripetuta questo per tanto tempo, cioè che non serve stare bene ma solo essere operativa. Essere in grado di rialzarsi è più importante che parlare di un cuore spezzato, tanto quello resta rotto per sempre. Aveva tra le mani entrambe le lettere e non riusciva a decidersi su quale leggere prima. Scelse quella che pareva molto più vecchia.
C'era un solo foglio ma la scrittura era decisamente quella di suo nonno, non c'era data ma la lingua era tedesca. 

Victoria, figlia mia.
Quando leggerai queste parole io non ci sarò più, rimarranno ossa di me ma la mia eredità continuerà con te. Ho bisogno che tu sappia da me quello che ti accadrà, voglio che tu sappia che ciò che ho fatto l'ho fatto perché il destino sa essere inevitabile e molto crudele ma non per questo non dobbiamo fidarci di esso. 
Alcune persone nascono per cambiare l'universo, altre per far si che lo facciano.
Noi due, con tua madre, siamo nati per uno scopo superiore, per far sì che il fuoco eterno torni ad illuminare ogni cosa. Il prezzo da pagare è alto ma dovrai pagarlo.
Il tuo erede, il tuo primogenito, che sia maschio o femmina avrà la precedenza su ogni aspetto, avrà la precedenza sulla tua vita, perché la tua vita sarà sua, tu non ne avrai una, vivrai per proteggerlo, per istruirlo a farlo da solo. 
Tua madre ha creato il siero per allungare la vita, vivrai più di quanto una vita desidera e il aspetto cambierà lentamente, sarà immutabile.
Questo è stato fatto per permettere che tu possa esserci nella giusta data per partorire la luce di cui necessitiamo.
Il Dragone ha bisogno di te, del tuo buon cuore e delle tue braccia per sorreggersi. Dovrai prometterti di continuare quello che io e tua madre abbiamo fatto, se questo ti condurrà alla morte allora morirai, il sacrificio non è sbagliato.
Saremo di nuovo insieme.
Ho fatto di tutto per proteggere lo Stagno di Fuoco, ora tocca a te, non lasciarlo mai o temo che il destino cambierà, temo che la sua ira nei tuoi confronti sarà ineluttabile e potrebbe provocare il Ragnarok.
La fine di tutto.
Ricorda queste parole, abbi fede nel suo potere e aiutalo a risplendere di luce dell'empireo o sarà una luce dedita ad erebo. 

Josie sospirò, quello che aveva appena letto le fece capire perché la madre fosse tanto contraria, non aveva potuto avere una vita per colpa sua, non aveva avuto niente per darle tutto ma quel tutto cos'era?
Decise di concedersi di provare qualcosa, mise una mano sul petto e fece una seria di respiri profondi ma sentiva come se qualcosa stesse per scoppiare.
Si alzò per calmarsi e aprì la seconda lettera con foga, quasi scottasse. 

8 gennaio 1995

Indirizzata all'orfanotrofio
di Stalingrado

Signora Retaloff,
Due giorni fa sono venuta a chiedere informazioni, avevo preso la mia scelta migliore, una scelta che salverebbe la mia stessa vita e mi permetterebbe di dimenticare.
Mi ha domandato perché non ho abortito e ho pensato di farlo troppe volte ma ho fatto una promessa, ho promesso a mio padre che avrei tenuto questa creatura.
So che non lo capisce, so che vorreste prenderla voi e solo Dio sa quanto vorrei sbarazzarmene, ma non lo faccio per me, neanche per lei ma solo per il mio dovere come figlia.
Si, lei aveva ragione, ogni volta che guardo questi giganteschi occhi blu rivivo ciò che mi è stato fatto, rivivo ciò che lui mi ha fatto, rivivo le mie urla e la sensazione che mi pervaderà per sempre.
Sono stata violata, sono stata usata come se fossi un contenitore, mi hanno fatto esperimenti per rendere l'essere come mio padre voleva: onnipotente. 
Non importa quanto io disapprovi, quanto mi faccia male o quanto vorrei cancellare  ogni mio ricordo. Avevo una vita mesi fa, avevo un lavoro che amavo e amavo la mia nazione, avevo conosciuto un uomo ma il destino mi ha catturata, mi ha profanata contro il mio volere.
Lei non leggerà mai questa lettera, perché saprebbe dove mi trovo, in una casa che odio, in una casa dove il mio fratellastro ha ucciso i miei genitori, che si sono sacrificati per niente, per la stessa creatura che da otto giorni piange incessantemente.
Quasi dovesse essere lei quella triste, quella arrabbiata col mondo.
Mio padre è stato quel destino che odio, lui ha permesso questo, anche da morto non fa che manovrare i fili perché lui ama sua nipote, ama quell'essere ma non ama me.
Sa, signora, quanto sia logorante sapere che la tua vita vale così poco da scriverti una struggente lettera dove ti obbliga ad amare un mostro? Dove ti dice che non avrai una vita, non che avesse tutti i torti, se fosse stata mia allora il fato non mi avrebbe imprigionata tra le grinfie del mio aguzzino.
Non ti darò lei, non perché Occhi Gialli mi ucciderebbe, non perché ho paura di lui, non perché voglio tenerla. Non lo faccio perché se lei è quello che hanno profetizzato che sarà allora farà del male ad altre persone, mi basta perdere la mia vita per adesso. 

Josie alzò gli occhi dal foglio e la lettera cadde nel buco, di nuovo al buio. Fu come se avesse perso il contatto con il mondo, si sentì come non si era mai sentita. Tutta l'aria iniziò ad essere risucchiata verso di lei, i rumori erano affilati come coltelli e la sua mente parve realizzare cose che non aveva mai dovuto affrontare.
Non cose ma emozioni.
Le parve di star per morire, non riusciva a respirare, il cuore le batteva forte e la vista le si fece ovattata. Stava avendo quello che Wanda aveva definito blackout emotivo, la mente fornì una sola informazione.
Era nata da uno stupro.
Josie crollò a terra, quasi a rallentatore, nel momento in cui le sua mani sfiorarono il legno l'aria tornò fuori con furia, tanto da far scoppiare tutte le finestre.
Pietro fuori tirò un urlo quando una raffica di vento lo fece cadere sulla neve, perse il cellulare e alzò gli occhi sulla casa, vide i vetri infranti e corse dentro con la sua velocità.

<<Josie!>>si lanciò a terra, la girò a pancia in su scuotendola ma ella era svenuta.<<Josie, che ti sta succedendo?>>

ANGOLO AUTRICE

Colpo di scena, direi.
Nel prossimo capitolo ci sarà molta azione e molto dolore, ahimè.
Josie ha appena scoperto una delle cose più traumatiche che ci possano essere, riuscirà a fare chiarezza?
Cosa ne pensate delle suo disturbo bipolare? Lo avevate notato?
Cosa ne pensate in generale di ciò che ha scoperto Wanda?
SOPRATUTTO COSA NE PENSATE DEL TRAILER?! CI SONO MOLTI SPOILER MA VANNO INTERPRETATI BENE, ci sono delle parti che ho messo per farvi uscire di strada!
Fatemi sapere!
Un bacio, miei Peperoncini.

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