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Capitolo 13

Ricordate quella sensazione di quando sei un bambino e le cose di cui ti importa sono poche ma sono anche così importanti?
Ogni cosa diventa un valore emotivo, non vuoi mai buttare una bambola, una macchinina, però dopo averci giocato ti annoi e la lasci in disparte. Che cosa ti lega ancora quel giocattolo per non buttarlo via se non lo usi?
Semplice, il ricordo.
Josie si sentiva come se avesse chiuso in un baule tutti i suoi giocattoli, tutti i ricordi erano nascosti perché non usati ed ora lo scrigno era aperto e ciò che vedeva fu come se lo vivesse per la prima volta.
Nella sua mente era come se stesse vivendo ma all'esterno, davanti agli occhi delle persone che la conoscevano vedevano soltanto il corpo a terra di una ragazza che pareva morta.
Pietro si sentiva così impotente come Clint, Thor urlò quanto Tony e Steve cercava di muoversi ma senza risultati. Non potevano comprendere quanto ella ne avesse bisogno.
Quello che non sapevano è ella che era chiusa nella sua mente per ricordare ogni istante.
Improvvisamente Josie alzò il petto e riprese a respirare, gli altri videro le sue pupille rosse occupate a guardare il soffitto, ma non stava guardando affatto quello ma una raffica di piccoli frammenti di ricordi.

<<Lasciatela!>>urlò Clint.

<<Vuole ricordare! Ne ha il diritto>>esclamò Wanda mentre bloccava Banner.

<<Josie!>>la chiamò Steve.

C'era una bambina, aveva poche lentiggini sul naso e aveva due grandi occhi blu tra la pelle chiara. Aveva solo cinque anni.
Camminava avanti e indietro nella sua stanza fredda, viveva in un piccolo cottage nascosto in una fitta foresta, lontana chilometri da una città russa.
I muri erano di legno scuro, dormiva in una camera con molte finestre, così che potesse guardare fuori, era l'unica cosa che poteva fare.
La madre andava via molto presto al mattino, poi arrivava una giovane donna e le insegnava quello che poteva, rimaneva sola qualche ora prima di rivedere l'unica persona che poteva chiamare famiglia.
Quella sera, seppur così piccola, aveva preso una decisione, parlare con la mamma. Dirle di voler uscire nel mondo civile, il suo quoziente intellettivo era così alto che la sua maestra privata le insegnava le cose delle medie.

<<Mamy>>uscì dalla stanza<<Sei tornata?>>

Quando si guardò intorno però vide qualcos'altro, c'era un uomo alto e giovane, sulla trentina. Aveva i capelli corti, gli occhi gialli, indossava una tuta aderente, il suo aspetto era solo metà umano ma la bambina non ne aveva la minima idea. Perché non aveva mai visto dal vivo un uomo, solo in quella piccola televisione degli anni 50, che dava tutto ancora in bianco e in nero.

<<Non sono la tua mamma>>rispose egli piano, pareva commosso.

La guardava con un sorriso nervoso, come se stesse guardando qualcosa che voleva tanto. La bambina camminò ancora, per nulla intimorita. Era davvero coraggiosa.

<<Chi sei?>>

<<Non ti hanno detto di non essere confidente con gli sconosciuti?>>

<<Io non ho paura di te>>

Egli sorrise ancora, osservò i capelli ramati corti e come si sedette sul divano vecchio e logoro, solo due persone ci stavano.

<<Tua madre?>>

<<È al lavoro>>

<<Ma tu..non dovresti essere sola>>disse dopo qualche istante. Si sedette affondando nel tessuto e infatti fece una smorfia infastidita.

<<Che cosa vuoi dalla mia mamma?>>

<<Parlare, sono un vecchio amico>>

Era così gentile, nessuno lo era mai stato per davvero con lei. Si sentì legata a lui, pur non conoscendolo e questo l'ammirava. Per lei la normalità non era l'amore.

<<Vecchio? Tu non sei vecchio>>sorrise gentile con i suoi grandi occhi blu.

<<Ho più anni di quanti immagini, tu hai cinque anni, eh? Sei grande. Devi avere molti amici>>

<<Adelaida è mia amica, però lei dice di avere l'età di mamma. Sai, lei non cambia mai>>

Corrugò la fronte girandosi di più<<Tu non esci?>>

<<Non sono mai uscita, mamma dice che non vuole che i mostri vengano a prendermi, fuori dalla foresta. Qui sono al sicuro>>

<<Mostri?>>

<<Si, non chiedermelo>>sbuffò alzando gli occhi al cielo, era buffa<<Non la capisco>>

<<Sai, ho una cosa per te>>tirò fuori una scatolina, gliela stava per dare.

L'uomo la guardava meravigliato, ad un tratto si sentì un rumore e apparve una donna dalla porta. Aveva i capelli rossi, lunghi e dimostrava una quarantina di anni, indossava un lungo cappotto beige di seconda mano e quando vide i due si fermò sul posto. Non era felice.

<<Che ci fai tu qui?!>>

<<Mamma...>>

<<Vattene in camera, Phine>>la chiamava così, immaginiamo la pronuncia e si capisce molto sul loro rapporto.<<Subito!>>

La bambina ubbidì mentre l'uomo la guardava ancora con il regalo in mano, si chiuse e poi appoggiò l'orecchio al legno. Era sempre stata molto curiosa e furba, voleva parlare ancora con quell'uomo, le piaceva.

<<Non trattarla così, è solo una bambina>>

<<Dovevi starle alla larga! S.I. non vuole che tu sia qui>>commentò in inglese, la piccola non capì neanche una parola, ma ora ricordando si. Era fortuna.

<<Non posso, volevo solo vederla e sapere perché la stai richiudendo come una prigioniera>>

<<È viva almeno>>

<<Viva? Questa la chiami vita? Stai uccidendo il suo potenziale. L'abbandoni ogni giorno, che madre sei?>>

<<Madre? Io non la volevo, perché non te porti via con te?! È qui solo perché mio padre me lo ha chiesto in una fottuta lettera>>

<<Perché non posso, nessuno deve sapere e per questo te l'ho lasciata così che quei bastardi non la trovassero. Ha cinque anni, Victoria, amala>>

<<Io odio te e odio lui, quasi quanto odio me stessa e lo Shield. Ma quando la guardo vedo solo quello che è successo>>

<<Tornerò tra tre anni, la prenderò io>>aprì la porta.<<Merita molto di più di quello che le dai>>

<<Bene, o lascerò ai russi, diventerà ciò che vogliono. Sarà il mio biglietto di uscita all'inferno, ti avviso>>

La scena cambiò, Josie vide molte scene veloci, come sua madre urlasse, ogni ricordo fino agli otto anni quando venne l'abbandonata senza neanche un abbraccio. Vide Ivan, un uomo che la prese e la introdusse dentro la Vedove Nere, vide come conobbe Yelena e Natalia, le altre ragazzine. Vide le torture psicologiche, le bugie, il fuoco, le botte, gli esperimenti, l'incontro con il mentore, le risate. Gli anni passarono in secondi davanti ai suoi occhi. La sua prima vittima, le ragazze morte, le prime missioni, i ricordi più nitidi delle sue urla.
Vide un bambino sgozzato in una missione, il suo ricovero, le somministrazioni e poi tutto rallentò. Aveva diciassette anni, ma il suo fisico raccontava un età diversa, pareva molto più grande, almeno una ventina.
Era in una stanza verde, intima ed era attaccata ad un vetro opaco, si vedeva a malapena qualcosa ma pensava sempre fossero degli alberi. Era così in tutta la struttura, come ad illudere di poter sognare. Era un'altra tortura psicologica.

<<Che cosa ci fai qui?>>

Ella si girò e apparve un ragazzo, giovane e molto bello. Gli occhi ghiaccio, le labbra rosee ed indossava dei jeans militari lasciando il petto perfetto in mostra.
Era muscoloso, guardò la forma delle vene che uscivano per fondarsi con la pelle lucente, trattenne il respiro per quella sua bellezza.
L'allenatore si girò e prese una maglia, le diede la schiena, la ragazza avanzò ancora coraggiosa guardando le cicatrici.

<<Mi hanno insegnato come entrare>>

<<Lo so, che cosa succede? Le tue sorelle sono partite per una missione, devono uccidere il senatore e sei gelosa?>>

<<Gelosa? No, non è nel mio stile>>mormorò avvicinandosi così tanto da appoggiare una mano sulla sua pelle<<Tra due mesi dovrò fare l'operazione, quando tu te ne andrai>>

<<Sai già tutto>>commentò dopo un secondo, trattenne il respiro ma senza spostarsi. Gli piaceva quel tocco.

<<Pensi che sarà più facile dopo? Vivere?>>

<<Non è mai facile>>

<<Potrebbe esserlo>>

<<Che cosa stai facendo?>>si girò di scatto, la mano cadde.

<<Non lo so>>ammise tirando indietro i capelli.<<Voglio essere insieme alle mie sorelle ma voglio anche andare via, con te>>

<<Io sono il tuo mentore>>

<<No, lo eri stamani. Ma ora è finita, non lo sei più e tra molto poco tornerai in Siberia, dall'Hydra e dagli altri come te. Sei stato scongelato tre mesi fa, ti hanno dato cinque mesi con me, per l'ultima volta e non mi pare giusto>>disse.

<<Io..non posso comunque>>

Per Josie fu più che una risposta, semplicemente non la voleva. Questo la ferì ma le era stato insegnato a non dimostrare i suoi pensieri, quindi fece proprio così.<<Non ti importa di me>>annuì indietreggiando.

<<Non ho detto questo>>

Lei fece una smorfia, guardandolo come se lui fosse un'ipocrita e lei un stupida, andò verso la porta ma l'uomo si sentì improvvisamente pentito, non seppe perché agì. La prese per un polso, per poi spingerla contro la porta, entrambi erano molto vicini, erano stati già in quella posizione ma solo per combattere. Sentiva le ginocchia di lui sfiorarle la gonna di velluto. Era più di alto di Josie e questo compiaceva entrambi, anche lei era alta, più di Yelena all'epoca.
I loro respiri erano sincronizzati.

<<Vuoi che qualcuno ti voglia, vero? Non devi sentirti così per tua madre>>

Nel test psicologico le avevano mostrato proprio lei, era un test dove le inducevano un sogno lucido e Josie non aveva fatto altro che urlare il nome di sua madre.

<<Non è vero!>>esclamò, avrebbe voluto colpirlo per come le aveva parlato, per aver toccato un tasto tanto dolente.

<<Si, vuoi sentirti desiderata. Ma lo sei già, hai le tue sorelle e hai me>>disse tutto d'un fiato.

Josie non ci penso due volte e lo baciò, si lasciarono andare come se nulla contasse, come se fossero consumati dal tormento. Finirono su un'altra parete e il ragazzo si tolse la maglia di nuovo, era come se andasse a fuoco.
Non si era mai sentito cosi.
Finirono sulla scrivania, che con un pugno che egli diede, troppo eccitato, la ruppe in due, sollevandola prima che potessero crollare.
Finirono sul letto e i baci divennero passionali, lungo il collo, gli addominali, non c'era un ordine o imbarazzo. Era qualcosa che aspettavano da mesi, da quando lui era tornato dopo l'ibernamento e l'aveva vista diventare una vera donna.
Ella gemette per quel sentimento sconosciuto, non comprendendo che cosa le stesse succedendo, non si era mai sentita tanto viva.
Continuarono fino a quando furono nudi e anche quando egli si bloccò, per paura di farle del male, ella scosse la testa.

<<Mi fido di te>>ansimò con gli occhi scintilanti.

Il ricordo andò svelto, vide le notti dopo ma poi tutto si fermò su Josie con indosso una parrucca bionda, degli abiti eleganti, era sotto copertura per una missione da Vedova Nera. Teneva una pistola in mano su una donna incinta, ella aveva i capelli castani e la carnagione scura, era molto bella.

<<Non posso farlo>>

<<Devi>>disse la compagna russa al suo fianco.<<Devi farlo tu, è un ordine che ci hanno dato>>

<<È incinta, non era l'ordine uccidere un bambino>>

<<È una ex spia, è scappata prima della cerimonia per poi tradirci. Non è certo un innocente! Ha detto tutto allo Shield, è colpa sua se Seline è morta>>

Le vedove nere non sapevano davvero come era morta Seline, solo che in un attacco esterno era rimasta vittima. Erano arrabbiate, vendicative.

<<Ma non del bambino>>

<<Josephine, se non la uccidi non potrai fare la cerimonia tra due mesi. Ti uccideranno per questo>>ringhiò, stava già con J.

<<Uccidimi, dai, sapete fare solo questo. Non volete essere più di questo. No?>> parlò la giovane con coraggio, non temeva la mostra.<<Dimostra quello che sei>>

<<Che cosa sono?>>

<<Una Vedova Nera>>

<<Si, sono una Vedova Nera>>

Josie sparò alla testa della donna, che cadde all'indietro. Poi mise una mano sull'orecchio, sull'auricolare<<Prendete il bambino, salvatelo>>

L'altra vedova si fermò sorpresa, Josie girò le spalle e rimise la pistola al suo fianco, pronta ad andarsene. Altre Vedove arrivarono.
Lo stesso giorno tornò al Quartier Generale, compilò il rapporto in modo perfetto, come le era stato insegnato. Sentì una mano prenderla per un polso quando si alzò. Si spaventò ma non mostrò i suoi occhi da Diavolo.

<<J, sei tu>>disse facendo un respiro di sollievo.

<<Ho saputo della missione, ben fatto. Il feto è una femmina, diventerà una Vedova Nera.>>

Josie si sentì stranamente in colpa, era meglio la morte probabilmente. Erano soli, totalmente<<Come l'hanno chiamata?>>

<<Come te, dopotutto l'hai salvata. Josephine>>

Ella si sorprese, cercò di respirare ma le parole di quella ex spia le ritornavano in mente. Voleva essere qualcosa di più? Stava facendo quello per il suo paese<<Sono stanca, vorrei andare al dormitorio>>

<<Negativo>>

La tirò verso il corridoio del piano si sopra, proibito alle reclute e aprì la sua piccola stanza, la baciò con un sorriso stampato sul volto.
Erano entrambi divertiti da quel rapporto, era così che si sfogavano ma c'era di più, più di quanto immaginassero o capissero. Erano ancora all'inizio, era tutto nuovo nei primi giorni.

<<Aspetta..>>

<<Ho fatto qualcosa?>>

<<No, è solo che quella donna, continuo a pensarci. Sua figlia ha il nome dell'assassina di sua madre>>

Il soldato le accarezzò il viso, la guardò trattenere il respiro come se ne fosse dipendente. <<Hai fatto il tuo dovere, come tutti noi. Era una traditrice>>

<<È vero che non ricordi niente di prima dell'Hydra ma hai delle emozioni ora?>>

Egli sospirò a disagio<<Quando ti ho conosciuta ero sotto il loro controllo, ci sono voluti anni per riuscire a ragionare da solo senza che se ne accorgessero, ogni volta che mi scongelano per farmi ritornare da te fingo di non ricordare. Ora provo qualcosa ma..>>

<<Ma tornerai all'Hydra dopo che mi sarò diplomata, tra due mesi, niente ricordi o emozioni>>

<<Non mi scorderò di te>>sussurrò.

<<Lo farai, J. Non te ne do una colpa, è solo che vorrei tanto fare qualcosa di buono, come aiutarti>>

<<A ricordare?>>si raddrizzò, non era bravo a parlare in quel modo, non lo faceva da quando ne aveva ricordo.

<<Ricordi solo che la tua iniziale è la J, non vuoi essere di più?>>

<<Non può mancarti qualcosa che non hai>>

Ella annuì, sapeva di essere condannata e mentire alle sue sorelle era terribile ma lo faceva da sei anni, era brava a farlo. E forse le andava bene se aveva lui.
Si fidava dell'uomo forse più di chiunque altro, perché la conosceva per quella che era, soprattutto la sua parte peggiore e non ne aveva paura. Non cercava di cambiarla davvero.

<<E uno che cosa fa?>>

<<Va avanti, Josephine>>

La ragazza prese le sua mano coperta da un guanto e la baciò, le sfiorò le forme del seno, fino a toccare il laccio della gonna rossa. Josie non poté più aspettate e così si allungò per baciarlo, lo spinse sopra il materasso e gli si mise sopra.

Le immagini avanzarono, c'era Yelena che rideva, Nat che uccideva, le feste, le missioni, il sangue, l'ultima volta che vide Natasha ridere.
Andò avanti ad una missione, erano in Italia, in una villa e insieme a Josie c'era Yelena con altri due vedove.
Davanti ad ella un uomo in ginocchio, c'era anche un anziano che guardava le donne con odio puro.

<<Uccidetemi, che state aspettando?>>

<<Ho i file>>commentò Natasha arrivando da un corridoio<<Uccidi lui e diamo il siero al vecchio, non si ricorderà di niente>>

<<Ci penso io>>commentò Yelena.

<<No, tocca a me. Ivan si incazza se scopre che non sono stata io>>mormorò Josie.<<Sei pronto a morire?>>

<<È inutile che ci giochi, sorella>>

<<Fottiti>>disse la vittima.

<<Che brutte come ultime parole>>

Sparò con il silenziatore al centro della testa dell'uomo bianco, cadde a terra con un tonfo e l'anziano tirò un urlo inginocchiandosi. Non provava senso di colpa quando vedeva un colpevole, un peccatore.

<<Mio figlio, sporca puttana russa! Il mio povero ragazzo!>>

<<Sento dell'odio verso la mia nazione>>

<<Ho ucciso molti della tua razza!>>

<<Un nazista, pensavo fossi un mafioso>>

<<Farei le stesse scelte, ucciderei ogni schifoso soldato dell'Alleanza o ebreo, omosessuale, ogni debole>>

<<Ora sei tu quello debole, usiamo la tua legge. Morirai>>

<<Non è il piano>>commentò Natasha.<<È protetto dall'Hydra, Ivan ci punirà>>

<<Non saprà com'è andata, diremo che ha attaccato per il figlio. Odio i razzisti>>rivelò, odiava l'Hydra ma aveva permesso loro di farle di tutto<<Odio chi pensa di essere superiore>>

Sparò ancora, egli crollò in una distesa di sangue e Yelena sbuffò e si voltò. Aveva ucciso quell'uomo immaginando fosse la faccia degli scienziati, di tutti coloro che odiava.
Poi tutto si paralizzò, in una nuova scena, e vide Josie con una lunga treccia, indossava un top bianco e delle mutande a vita alta nere, sotto delle colante.
La musica dell'opera finì e improvvisamente dallo specchio presente nella stanza vide un riflesso, si girò improvvisamente lanciando una lama nascosta nel fianco. Era sempre armata.
Il coltello finì esattamente nel muro, di fianco a qualcuno, c'era il suo ex mentore, indossava una giacca pesante e si muoveva silenzioso.

<<Potevo ucciderti>>sbuffò.

<<Mi sono spostato>>commentò neutro, si spostò dalla porta a vetro, chiudendola e si avvicinò a lei.<<Sono stato chiamato da Ivan, stasera partirò per la base Hydra>>

<<Pensavo mancassero tre giorni. Questi due mesi insieme sono volati>>

<<Hanno pensato di velocizzare il tutto>>

Ella gli diede le spalle togliendosi le scarpe da ballerina, il ragazzo si fermò ad ammirare il corpo perfetto, l'eleganza, l'autorità, era estremamente sexy, per questo si morse un labbro. Nessuna ragazza era cosi, era vera, era magnetica.
Ella poi andò dietro il divisorio, per cambiarsi e per nascondere i suoi pensieri. Ora tra i due le cose si erano fatte molto più profonde.

<<Perché sei qui? Ti potrebbero vedere>>

Il soldato andò dietro il paravento, guardò la schiena perfetta nuda, posò sopra la mano di carne e poi l'altra fredda l'appoggiò sulla pancia della ragazza. Josie tirò indietro la testa, eccitata come al solito, bastava il suo tocco per farle sentire qualsiasi emozione. J era i suo più grande punto debole.

<<Mi basta che sia tu a vedermi>>

<<Che cosa devi dirmi?>>cercò di essere professionale, oserei dire dura.

<<Scappiamo>>

<<Cosa?>>si girò di scatto posando il braccio sui suoi seni. Per quanto aveva desiderato che lui lo dicesse?

<<Stasera, quando sarà buio, scappa da Yelena>>

<<Ne abbiamo già parlato, J. Non posso scappare sempre nella tua...>>

<<Non andiamo in camera mia.>>la fermò facendola appoggiare al muro<<Ti porto fuori di qui, nella foresta per una passeggiata>>

<<Il mese scorso mi hai detto di no, hai detto che non c'è futuro. E ora si? Hai bevuta della vodka?>>

Egli rise togliendosi la giacca, quella atterrò in un tonfo<<Sono lucido, sveglio>>

Le labbra del ragazzo non finirono sulle sue ma scesero sul suo collo, poi le mani le toccarono il sedere alzandola da terra, le cosce si strinsero sui suoi fianchi. Gli tolse la maglia mentre i seni aderivano ai pettorali, era eccitante nascondersi in quel modo, era già successo a Madripoor.

<<Mi farai impazzire>>

<<Il gioco di ieri con la corda ti ha fatto impazzire? Potremmo rifarlo>>ridacchiò seducente.

Ella rise in estasi, il ricordo di lei legata al letto fu elettrizzante. Non voleva dirgli addio, più i giorni passavano e più era spaventata. Avrebbe dovuto lasciarlo andare, come era stata addestrata a fare ma loro due erano reali.
La porta si spalancò proprio in quel momento.

<<Josie, muoviti a cambiarti. Natalia ci sta aspettando!>>

Era la voce di Yelena, i due amanti si paralizzarono, la bocca dell'uomo si fermò sul suo collo e Josephine tirò su la testa sbuffando. Non poteva credere a quanta sfortuna avessero.

<<Va bene, arrivo. Tu vai>>ansimò.

<<No, ti aspetto. Hai il fiatone, stai bene?>>

<<Ho ballato>>mentì, ovviamente.

<<Devo anche parlarti>>

Il soldato alzò gli occhi al cielo e la rimise a terra, la ragazza prese una maglia blu e la indossò di fretta uscendo appena. Senza neanche guardarla sul serio.

<<Che succede?>>

<<Ma di chi è quella maglietta?>>

Yelena aveva i capelli biondi corti, i lineamenti belli e vestiva di nero, gli occhi azzurri. Josie si tolse la treccia e fece una smorfia, era la maglia di J, l'aveva messa senza guardare. Dentro di sé imprecò.

<<Ho preso una taglia sbagliata>>

<<Ma è da uomo>>

<<Siamo in una base femminile, non dire stupidaggini. Che succede?>>

<<Tra tre giorni dovrai diplomarti, Natalia pensa che non devi avere paura ma io ne ho avuta, lei anche. Perciò voglio dirti che andrà tutto bene e che..>>

<<Non ho bisogno di rassicurazioni>> la fermò.

Yelena notò come erano rosse le labbra, persino il collo pareva esser stato morso. Ebbe una strana sensazione ma non poteva immaginare la verità<<Cosa mi stai nascondendo?>>

<<Niente, voglio solo dire che non voglio parlarne. Perché parlare non aiuta>>

<<Va bene, lo capisco>>alzò le mani<<Sei ancora sicura?>>

<<Sono una Vedova Nera>>

Yelena la guardò delusa, poi annuì ed uscì dalla stanza a lunghe falcate, avrebbe voluto dirle di più ma non ci era riuscita. Josie rimase sul posto, sentì due mani toccarle i fianchi e delle labbra posarsi sui suoi capelli. Sentì ancora di essere in pace, per pochi secondi.

<<Non sentirti in colpa, loro non possono capirti>>

Josie si girò sulle punte e poi appoggiò le mani sul petto nudo del ragazzo. Nascose le sue emozioni con la strategia, poi allungò le dita verso i jeans dell'uomo ridacchiando.

<<Allora tu fammi dimenticare>>

<<Ricevuto, Signora>>rise.

Le scene si velocizzarono, erano frammenti taglienti e affilati, arrivò a lei stessa che correva nelle neve con un camice, scappando dalla sua vita. Proprio come quella ex spia aveva fatto, era diventata una traditrice.
Sentiva delle voci, "Non sei niente senza di noi", "Uccidere prima di essere uccisi", "Non sei nessuno", "Hai un dovere verso la tua natura", "Non hai un posto nel mondo", "Nessuno ti amerà mai".
Vide J prenderla in braccio tra la neve e portarla all'Hydra dopo giorni di viaggio priva di sensi, un posto scuro, dei soldati, nessuna donna tranne lei. Non ne aveva mai visti così tanti.
Poi tutto rallentò, Josie urlava di non voler cancellare i suoi ricordi.

<<J, non farglielo fare>>tremava Josie attaccata ad una macchina<<Dovevamo scappare, stare insieme!>>

<<Non possiamo scappare da quello che siamo>>disse un uomo sulla quarantina<<Sono Alexander Pierce, ci prenderemo cura di te e tu farai una cosa per noi. Abbiamo bisogno di te>>

<<Volete togliermi i ricordi!>>urlò dimenandosi dalla sedia.<<Loro mi cercheranno!>>

<<La Stanza Rossa sa che sei nostra>>

<<Le mie sorelle! Loro vi uccideranno tutti, hai capito?>>

<<Non credo proprio, per quanto sanno tu sei morta durante l'operazione>>

Josie attivò le sue pupille<<Vi uccido>>

<<Soldato>>disse soltanto, la ragazza vide il mentore puntarsi la pistola alla tempie<<Tu ti ribelli e noi lo uccidiamo>>

<<Stai bleffando, lui conta troppo per voi>>

<<Tu di più, sei la nostra arma e inizieranno presto le altre somministrazioni>>

<<No..>>

<<Credevi avessimo finito con te, eh? Ti sbagli, abbiamo solo iniziato. Preparala, cancellate ogni cosa>>

L'uomo le diede spalle e Josie vide una macchina muoversi verso la sua testa, c'erano degli aghi, guardò il mentore ancora intendo a spararsi. Spense le sue pupille ed egli tolse la pistola, non c'era niente nei suoi occhi, nessuna emozione o ricordo. Non lo aveva mai visto così.

<<Ti prego, non farglielo fare. Ti prego, J. Ho paura! Ho paura>>

Poi sentì un dolore intenso alla testa, degli aghi che entravano, Josie iniziò a urlare in modo disumano dal dolore, piangeva disperata e non lasciò andare i suoi poteri, si trattenne. Quella sensazione, seppur estremamente dolorosa, le era anche familiare, come se ne fosse già stata vittima.
Urlò per l'ultima volta un nome.

<<J!>>

Nella realtà urlava davvero, tutte quelle vittime, quelle botte, quegli uomini, la madre, tutti andò svelto nella sua mente e le emozioni riaffioravano come un getto.
Poi Visione indietreggiò e Wanda mollò la presa su tutti loro.
Josie tornò a respirare mettendosi a pancia in giù, gli occhi pieni di lacrime e aveva il sangue che le colava dalle orecchie. Dove toccava comparvero delle bruciature, macchiando il pavimento di marmo.
Pietro si lanciò al suo fianco in automatico, posò una mano sulla sua schiena mentre gli altri si alzavano, era preoccupato, non aveva mai visto una cosa simile.

<<È tutto okay, Josie>>

Lei cercava di respirare affaticata e tossiva, le guance bagnate, scosse la testa rilasciando un singhiozzo pieno di dolore.

<<Come hai potuto farle questo?!>> urlò Banner.

<<È sconvolta!>>concordò Thor rialzandosi.

<<Doveva sapere>>parlò Visione<<Sapere qual è il suo retaggio>>

<<Non così, non dovevi fare cosi>>insistette Tony<<Merda>>

Ella singhiozzava, per la prima volta davanti a qualcuno e stringeva gli occhi. Il sangue scendeva a fiumi dal naso, era esausta e terrorizzata. Sarebbe stato meglio non ricordare che cosa le aveva fatto quella tremenda macchina. Ora sapeva chi le mancava.

<<Josie>>si inginocchiò Steve con un tonfo, le prese una mano.<<Respira, siamo qui>>

<<Che cos'hai visto, Peperoncino?>>le accarezzò i capelli Tony.

I suoi occhi si fecero duri, facendo scomparire le lacrime<<Mi ricordo tutto>>

ANGOLO AUTRICE.

Svelata la metà del passato di Josie, vi aspettavate tutto questo? Dal prossimo capitolo inizierà la battaglia contro Ultron, preparatevi a grandi cambiamenti.
Avete nuove teorie? Non immagino neanche quante! Spero che vi sia piaciuto il mio modo di raccontare queste vicende, vi ho dato più indizi che ho potuto sul futuro, su quello che accadrà ed è solo l'inizio. Molti legami si stanno rafforzando, le cose si faranno chiare con il tempo e arriveranno altri protagonisti che adoro e che non hanno avuto giustizia nei film.
Sono curiosa di sapere che cosa ne pensate di J e dell'uomo misterioso nella baita? La madre tornerà molto più avanti, si sentirà parlare di lei ancora, come degli altri due.
Volevo anche farvi una domanda, vorrei trovare un nome per voi, i miei lettori, qualcosa di nostro. Avete idee?
Vi amo 3000.

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