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#One-shot

«Non posso credere che non mi abbia aspettato!», Arion Evans si cambiò velocemente con dei vestiti trovati alla rinfusa. Nathan non potè fare a meno di sorridere: con quelle girelle "suo figlio" sembrava ancora un bambino.
«Te l'ho detto, doveva incontrare la squadra, lo hanno avvisato solo ieri sera», il turchese evitò un rarissimo esemplare di ciabatta blu volante. «Sì ma avrebbe potuto avvertirmi, è il mio primo giorno alla Raimon!», sbuffò il castano, «insomma...non si vergogna di me, giusto?». Nathan gli si avvicinò e gli sistemò la giacca dell'uniforme. Era proprio uguale a un bambino. «Lo sai che Gabi ti adora, ti adoriamo tutti» disse, poi stampò un bacio sulla fronte del figlio. Ed eccolo lì, il sorriso che tanto amava, lo stesso sorriso di suo marito.

«Arion tutto ok? È successo qualcosa?»
Eccolo...per Nathan vedere Mark appena sveglio era una visione a dir poco perfetta. Sì, aveva sempre avuto gusti strani. Ma i capelli spettinati del suo ex capitano, i suoi grandi occhi scuri assonati e le sue guance leggermente arrossate lo facevano sciogliere ogni mattina.
«Buongiorno bell'addormentato, ultime notizie: a quanto pare, secondo Arion, Gabi è il fratello maggiore peggiore del mondo, un vero cafone. Chissà da chi avrà preso», disse il turchese, avvicinandosi a Mark per abbracciarlo. 
«Non ho mai detto questo, Nath! Ora è meglio che vada» Arion prese le sue cose e si apprestò a scendere al piano di sotto.

«Manca un'ora e mezza all'inizio delle lezioni, no?» gli chiese Mark, mezzo addormentato sulla spalla di Nathan. Suo figlio, al contrario, sembrava pieno di energia. «Magari se arrivo prima troverò Gabi. E se troverò Gabi incontrerò la squadra. E se incONTRERÒ LA SQUADRA-!» «Arion, non hanno bisogno di sentirti fino ad Okinawa!».
La girella rise sotto lo sguardo fintamente severo di Nathan, «Scusami, è che sono elettrizzato! Ciao, ci vediamo più tardi!» e corse giù per le scale. Era un ragazzino decisamente troppo vivace.
«Fai attenzione, Arion!»
«A dopo, tesoro»

Quando sentì la porta di casa chiudersi, Nathan lasciò andare un sospiro di sollievo. «Massì, andrà tutto bene, se la caverà. Vero Mark? Mark?» il castano, però, si era addormentato sulla spalla di Nathan, che lo guardò intenerito. «Forza, andiamo», gli cinse la vita con un braccio e l'altro lo passò sulle sue spalle e lo riaccompagnò nella loro camera. «Mh, scusa Nathy» disse Mark dispiaciuto, quando l'altro lo adagiò sul letto. «Va tutto bene, tranquillo. Ti spengo la luce?», Nathan fece per allontanarsi, ma si bloccò all'istante quando sentì Mark afferrarlo per il lembo della maglia. «Resti un po' con me? Xav mica si arrabbia se per una volta non vai a lavoro». Il turchese lo guardò dolcemente. Come diamine riusciva quello sguardo a renderlo facilmente vulnerabile? Mark era sempre stato molto affettuoso nei suoi confronti, ma Nathan aveva notato che nell'ultimo periodo stava cercando di attirare sempre di più la sua attenzione (come se non ne avesse già abbastanza).

«Va bene, mando un messaggio a Jordan e arrivo. Ma rimango solo per poco, ok?». Un adorabile sorriso sostituì l'espressione stanca di Mark, che annuì contento. Quando Nathan ebbe avvisato i suoi amici e colleghi, si infilò sotto le coperte, appoggiando la testa sul petto di Mark. «Ho caldo» bofonchiò Nathan, ma Mark non gli permise di cambiare posizione, anzi lo strinse ancora di più.
«Notte Nathy»
«Mark, è giorno», sorrise divertito il turchese. 
«Allora nottorno, piccolo»
Nathan rise per la terribile parola appena inventata dal suo compagno. «Perché sto ancora con te?» chiese retoricamente. Poi, finalmente, si addormentarono entrambi, uno tra le braccia dell'altro.

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