𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑶𝑳𝑶 𝑺𝑬𝑪𝑶𝑵𝑫𝑶 .
𝐀𝐑𝐄𝐒 ── .✦
« Io potrei guidarvi tutti in modo decisamente migliore. » la voce di Poseidone era un concentrato di veleno che Ares preferiva lasciarsi scivolare addosso. Le sue mani correvano sul fucile a doppia canna che aveva scelto. Non era assolutamente sicuro che avrebbe funzionato, anzi era più propenso a credere che la bestia non sarebbe rimasta ferita da alcuno dei suoi colpi.
Era più probabile che sarebbe stato Poseidone, quello ad ucciderla. Con tutte le fontane che c'erano, aveva acqua a sufficienza per usare al meglio i suoi poteri. Beh, come tutti loro. Quella villa sembrava fatta apposta per permettere loro di allenare le loro peculiarità. Zeus aveva do certo pensato a tutto.
Se non fosse stato per l'aspetto pittoresco, le risate e la piena libertà di decidere quando allenarsi o no, gli avrebbe quasi ricordato un campo di addestramento. Scosse la testa, non doveva pensare a quello, non era assolutamente necessario e l'avrebbe solo distratto. E in quel caso, la distrazione significava una cosa soltanto, morte certa.
Sua, e dopo anche dei suoi... compagni. Si, quello era il termine esatto.
« Sei inquietante quando ti perdi nei tuoi pensieri. » gli disse Poseidone, che si era avvicinato troppo per i suoi gusti. Johan lo guardò schifato, girando il viso. Poi, abbassò lo sguardo, notando come il fucile, che stringeva tra le mani come se fosse pronto a sparare, spingeva contro l'addome di Poseidone.
« Io eviterei di star così vicino alla canna del fucile, se fossi in te. Non sia mai dovesse partirmi un colpo, non vorrei che questo bel giardino si macchiasse do altre budella oltre a quelle della Chimera, e poi, per quanto Zeus ti odi, dubito che ti voglia morto, non ora almeno. Gli servi vivo. »
« Sono così sicuro da mettermi davanti alla canna perché so che non mi spareresti mai, dopotutto Monsieur Fulmini e Saette ci ha espressamente richiesto di non ammazzarci a vicenda. E tu non disubidiresti mai al tuo capo, vero, amico mio? »
Ti sta solo stuzzicando. È solo un idiota che non ha nient'altro da fare se non infastidirti, non devi reagire. Mantieni la calma. Si disse lui, fissandolo con uno sguardo più che truce. Sarà, ma almeno io mi impegno veramente per il bene della missione, a differenza di qualcun altro qui presente. ribatté.
« Oh! Non ti facevo capace di lanciare frecciatine... » l'altro ridacchiò, come se avesse detto una cosa intelligente, e ovviamente, non aveva fatto ciò. «Ho solo detto la verità. E poi, cos'è una frecciatina?» gli domandò, genuinamente curioso.
L'altro scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con la mano « Nulla! Assolutamente nulla! Solo un innocuo modo di dire, tutto qui amico mio... »
« La smetti di chiamarmi così? Noi non siamo amici! Semmai siamo compagni, il che è ben diverso. Insomma, è così complicato da comprendere per te? »
« Ovviamente no, ma immaginavo che ormai ti fossi messo l'anima in pace. Dobbiamo convivere ancora un anno insieme caro mio! E se già la prendi così, come possiamo andare avanti senza problemi? Un po' di buon senso, Ares! »
« Ugh, muoviamoci invece di chiacchierare come due stupide ragazzine! » ordinò, freddo.
« Agli ordini, comandante! » rispose l'altro facendo il saluto militare, e sorridendogli strafottente.
L'idea di passare dal retro era stata di Ares, obbiettivamente molto molto meglio di quello di Poseidone, che consisteva nell'attaccare la bestia frontalmente, e sicuramente farsi ammazzare. Si vedeva che le strategie non erano un qualcosa che gli riusciva bene.
Gli aveva tenuto il broncio come un bambino piccolo per tutto il tempo in cui aveva cercato delle armi, solo perché aveva osato dirgli che si sarebbe fatto sbranare immediatamente se avesse tentato di farlo. Poteva essere più potente, l'altro, ma era sicuramente più infantile e meno efficace di uno come lui.
Un comportamento molto adulto. Si era astenuto dal fargli i complimenti. Che razza di soggetto, non poteva proprio farcela con lui. Capiva perfettamente Zeus: Poseidone non sarebbe mai stato in grado di guidarli con successo alla fine della missione. Ma ovviamente si era risparmiato da rivelargli quel pensiero, altrimenti oltre alla Chimera avrebbe affogato anche lui, quel permaloso.
I loro passi non erano molto udibili, almeno non ad orecchio umano, complice probabilmente l'erba morbida tagliata quasi completamente. Il retro della struttura tuttavia aveva un non so che di inquietante. A parte l'erba infatti nulla era curato come la parte anteriore. Gli alberi sembravano morti o malati, e alcuni addirittura spezzati, come parte delle statue e delle fontane.
Non ci voleva un genio per capire che era lì che si allenava Zeus. Ovviamente, aveva bisogno di uno spazio abbastanza grande per poter colpire i bersagli senza danneggiare la villa. Il dio del Cielo aveva un talento innaturale, ed Ares spesso si era ritrovato a domandarsi a come avesse fatto.
Molti dei membri dell'Olympe ci avevano sicuramente anni prima di padroneggiare a dovere le proprie abilità, lui compreso. Invece Zeus sembra a sempre sicuro di quello che faceva. Lo era sembrato anche poco prima, quando aveva detto loro dell'imminente partenza. Era di certo questo il motivo per era un ottimo leader.
A differenza di ciò che affermava Poseidone. Prima o poi glielo avrebbe detto, anche se avrebbe significato inimicarselo e rischiare di essere buttato nella Senna. Dopotutto la verità è ciò che ci aiuta a cresere e a migliorare, vero?
Sì, era decisamente così. Soprattutto con qualcuno come il dio del Mare.
Si fermò. La bestia era lì, gli artigli grattavano sul ferro del cancello sfondato, creando un forte stridio, capace di assordare. Poseidone portò le mani a coprirsi le orecchie, stringendo i denti. Lui invece, puntò il fucile al muso caprino della bestia.
Non sapeva veramente quale fosse il cervello " dominante " dei tre, quindi avrebbe dovuto sparare a tutte, per capirlo. Le mani non tremavano, avevano smesso di farlo da tempo ormai, eppure qualcosa lo fermava dalla sparare.
Forse perché in tanti anni non l'avevano mai preparato ad a combattere contro una creatura mitologica? Probabilmente. O forse era anche la paura di morire, dopotutto la Chimera non avrebbe nemmeno faticato tanto a finirlo. Brutalmente.
Premette ugualmente il grilletto. Il proiettile arrivò velocemente a colpire il muso caprino, perforandolo. Doveva avergli fatto a malapena il solletico, ma quell'essere si girò ugualmente verso di loro. I loro versi, uditi insieme creavano una specie di grido misto tra il disperato e il minaccioso. Insomma, qualcosa che era sicuramente capace di causare incubi.
Lui ricaricò il fucile, e con la coda dell'occhio vide Poseidone concentrarsi, e sentì la terra tremare. Probabilmente l'acqua nelle tubature stava venendo richiamata, e infatti il terreno ci mise poco a creparsi, e l'acqua uscì zampillante, quasi creando dei piccoli lacci che miravano a intrappolare la Chimera, che puntualmente riusciva a schivarli.
« Ares, aiutami, non posso combatterlo da solo, cazzo! » urlò il dio del Mare, sembrava già molto affaticato, e aveva appena iniziato ad usare o propri poteri!
« Ci provo, ci provo! » gli rispose lui, sparando un altro colpo, stavolta diretto alla testa centrale. E quando la colpì, la bestia si bloccò per un attimo, e stava quasi per accasciarsi, quando riprese conoscenza.
Quindi era quella, la testa centrale. Buono a sapersi.
« Poseidone, cerca di soffocare le altre due teste prima! Poi, mi occuperò di quella centrale! »
« Cosa? » Poseidone si voltò verso di lui. E così, non vide la zampa della bestia - o meglio, gli artigli - che lo colpirono in pieno viso.
« POSEIDONE! » urlò Johan, mentre lo vedeva cadere a terra, il viso una macchia di rosso. Ma prima che perdesse conoscenza, un fiotti d'acqua gli strappò il fucile dalle mani facendolo finire dritto nella gola della testa centrale. E come se il metallo l'avesse strozzata, la Chimera morì.
Ma a lui non sarebbe potuto importar di meno. Si fiondò al fianco dell'altro uomo, sollevandogli delicatamente il capo. Il viso era orribilmente sfregiato.
Lo squarcio dell'artiglio arrivava da un'estremità del viso all'altra, e in alcuni punti la ferit era talmente profonda che si poteva scorgere l'osso aldisotto di essa. Un occhio mancava.
Non ricordava di aver mai visto ferite così; imprecò sollevando il corpo che sperava fosse soltanto privo di coscienza. Avevano battuto la bestia per pura fortuna, o meglio resistenza di Poseidone ad un colpo del genere, altrimenti sarebbe morto anche lui.
Con il corpo stretto tra le mani, si avvicinò al portone principale spalancandolo con un calcio.
Nella sala calò il silenzio. Tutti si voltarono verso di lui, o meglio, verso il corpo. Zeus però non c'era: probabilmente era con Artemide, Afrodite e quella ragazza... Iris, se ricordava bene.
La prima ad avvicinarglisi fu Atena.
« È vivo... » constatò.
Johan tirò un sospiro di sollievo. Strano. Improvvisamente si rese conto che gli importava molto di Poseidone. Moltissimo.
No. Non poteva assolutamente permettere che accadesse di nuovo. Sicuramente non era amore, si conoscevano da troppo poco tempo.
Era di certo solo un sentimento passeggero.
« Dovresti portarlo da Afrodite, si sta già prendendo cura della ragazza nuova, non sarà un problema per lei prendersi cura anche di Posy. » suggerì Apollo, che non si era avvicinato solo perché le condizioni di Poseidone dovevano metterlo in soggezione.
« Posy? » Dioniso ridacchiò
« È un soprannome! Poseidone è troppo lungo da dire ogni volta, lo sai? »
« Non fa una piega, ma comunque ti fa sembrare un bambino piccolo, questo lo sai? »
« Dioniso, lasciagli usare i soprannomi che vuole, non sta facendo del male a nessuno. » ribatté Ade.
Era una delle poche volte che Johan l'aveva sentito parlare. La sua voce era bassa, e un po' rauca, si vedeva che non parlava spesso. Lui apprezzava il suo silenzio, anche se a volte non era esattamente la cosa migliore.
Si avviò verso le scale, evitando di conversare ulteriormente, sapeva che altrimenti Dioniso lo avrebbe coinvolto in un dibattito sui soprannomi a cui lui non teneva affatto a partecipare. E poi, Poseidone sarebbe potuto morire da un momento all'altro. Lo guardò.
Il petto si abbassava e si alzava, anche se molto debolmente. È ancora con noi. Resisti, Poseidone. Ti prego.
Accelerò il passo, fino a raggiungere le stanze private. La camera di Afrodite era facilmente riconoscibile grazie alle targhette che qualcuno - sempre Zeus, sicuramente - aveva avuto l'ottima idea di affissare alle porte.
Questa in particolare era già socchiusa, e delle voci erano udibili dall'interno. La spinse solo con il piede, e quella sì apri. La stanza che si trovò davanti era di una femminilità straordinaria: le pareti di rosa antico, e i motivi fioreali bianchi. Un'intera parte era dedicata ad una toeletta enorme, con innumerevoli scompartimenti.
Nell'angolo adibito a salottino - quello c'era anche nella sua di stanza, quindi immaginò che ci fosse in tutte le stanze - prendevano il tè Afrodite, Iris, Artemide e Zeus. E per un attimo, si sentì fuori posto. Poi si ricordò della gravità della situazione e si schiarì la gola. Tutti i presenti si voltarono verso di lui.
Ci fu qualche attimo di silenzio, poi interrotto dal rumore di una tazzina che si rompeva a terra. Artemide l'aveva lasciata cadere a terra.
« Che è successo?! » la voce di Zeus era stranamente ferma, quasi adirata.
Abbiamo ucciso la Chimera, signore... Ma... Questo è il risultato. gli spiegò il dio della Guerra, il capo chinò in segno di rispetto.
« Va bene. Vado a dire agli altri di aiutarmi a eliminare il cadavere. Iris, vieni anche tu? » chiese alla giovane.
Lei esitò, guardando prima Afrodite, e poi Artemide, cetcando il consenso che ottene.
« Va bene, verrò anche io. » e si alzò, lasciando la stanza insieme all'uomo, che chiuse la porta dietro di sé.
« Mettilo sul letto. » gli ordinò poi la dea dell'Amore, e lui obbedì, mentre la donna si avvicinava alla toeletta, aprendo una serie du cassetti e tirando fuori vario materiale per medicare la ferita.
« Da quando lo fai? » gli chiese.
« Cosa? » domandò lei di rimando.
« Da quando curi ferite del genere? »
« Non ho mai curato una ferita del genere, e in realtà non ha mai curato nessuno, fino ad ora. Ma Zeus sembra convinto che io sia la persona più adatta per questo ruolo. » gli spiegò.
Ares annuì. Di solito quando Zeus assegnava i ruoli, ciò che facevano aveva sempre successo.
𝐏𝐎𝐒𝐄𝐈𝐃𝐎𝐍𝐄 ── .✦
Il mare era agitato, e la barca veniva sballottata avanti e indietro. Lui però so sentiva stranamente calmo, a differenza di Zeus probabilmente, dato che il cielo era in tempesta. I fulmini squarciavano il cielo, e la pioggia batteva così forte sul vetro che sembrava potesse frantumarlo.
Antoine era l'unico lì, non c'era nessun degli altri dei.
O almeno così sembrava, mentre si muoveva piano per i corridoi, e le porte aperte davano sulle stanze buie, e vuote. Tranne la sua, dovela luce era accesa. Entrò, e per poco non rimise tutto quello che nemmeno aveva mangiato. Le pareti erano coperte di sangue e squarciate.
Al posto dell'oblò, un gigantesco occhio, dello stesso colore dei suoi, lo fissava minaccioso. Spostò lo sguardo, e vide il suddetto occhio guardare dove guardava lui. Si passò una mano sul viso, e fu solo in quel momento che si accorse che era terribilmente sfregiato.
Passò le dirà sulle ferite, guardandosi intorno. Le ferite corrispondevano ai segni sulla parete. E una consapevolezza cominciò a farsi presente in lui. L'occhio che lo fissava dall'oblò era il suo. Non era possibile. Eppure era così, e quindi, lui doveva trovarsi in un sogno, per quanto fosse abbastanza inquietante.
Non ricordava cosa fosse successo prima di addormentarsi, e sperò che qualcuno avesse potuto raccontarglielo una volta cge si sarebbe svegliato. Nel frattempo, conveniva continuare ad esplorare. Riprese a camminare, ma dovette fermarsi presto, perché dopo un po' di passi il buio era tale da impedirgli di camminare senza inciampare. Pensò quindi di dirigersi sul ponte, e così fece.
Stranamente, più andava avanti, più la luce aumentava. Era un arancio strano, quasi ci fosse un'eclissi. Sul ponte, c'erano gli altri. Aveva controllato prima, appena arrivato lì, e non c'erano. Era un altro scherzo del sogno, sicuramente. Si avvicinò a loro, e potè notare che tutti guardavano in su, verso il sole, un sole nero.
Così alzò lo sguardo anche lui. E se ne pentì subito. Al centro della palla scura, si vedevano i contorni di una figura vestita solo di un telo, a quanto sembrava.
« Dovevamo saperlo! » sentì Efesto urlare, la voce ovattata. L'uomo indicava proprio la figura.
« Non ci si poteva fidare di Zeus! Ne sono sempre stato sicuro io! » Dioniso. E il tono sembrava instabile, tremolante, come se avesse paura, o più probabilmente, fosse pazzo. Come faceva ad essere sicuro di ciò!? Probabilmente era solo spaventato.
Ma qualcosa gli diceva che non era così, e che il giovane era decisamente impazzito. Quel sogno era fin troppo strano per i suoi gusti. E se si fosse trattato di una specie di visione? Come diamine l'avrebbe dovuta prendere? Significava forse che il loro viaggio avrebbe portato ad una fine orribilie? Almeno l'avrebbero fermata l'apocalisse?
Troppe domande gli stavano turbinando in testa, e il mare rispose ai suoi pensieri, con le onde che raggiungevano altezze spaventose, e la barca che miracolosamente resisteva. Stessa cosa non si poteva dire di loro, dato che Apollo fu sbalzato in acqua.
Dioniso stava per buttarsi in acqua per tentare di salvarlo, ma lui fu più veloce. Uno dei raggi del sole lo illuminava, e un altro illuminava Apollo, quasi volesse aiutarlo a salvare il ragazzo. Ringraziò i suoi poteri, così utili in situazioni del genere. Stava per raggiungerlo, quando un fulmine per poco non lo colpì. Zeus? In effetti, poteva essere, dalle parole di Dioniso ed Egesto, e dal fatto che lui era l'unico a mancare lì.
Si sentì sicuro come non mai: quella figura scura, al centro dell'eclissi, era Zeus. Ovviamente, chi altri poteva essere quello che li avrebbe condannati a morire, se non Mister Fulmini e Saette, dall'alto del suo egocentrismo.
E se il suo fatidico amico non fosse mai esistito, e se tutto ciò fosse solo una scusa per attivarli lì e ucciderli?! Doveva dirlo agli altri, doveva svegliarsi. E dove a farlo in quel momento.
E l'unico modo per farlo era di certo farsi colpire da un fulmine. Apollo ormai era annegato, e non gli restava altro che tornare sulla nave. Le correnti gli diedero la giusta spinta per farlo.
« Sono qui, razza di egoista! » urlò all'entità, la quale senza emettere un suono, si girò verso di lui, e in un attimo gli fu davanti.
« Eccomi qui per te, stronzo. Uccidimi pure. » e il desiderio gli fu esaudito. Un fulmine lo prese in pieno.
Si svegliò con un dolore alla testa non da poco, e la sensazione di un tessuto che gli avvolgeva tutto il viso. Le cicatrici del sogno... Ce le aveva davvero. Con un dito, premette contro ile proprie orbite. Una era... Beh... Piena. Ma l'altra no. Quindi il sogno era in parte vero. Allarmante, come cosa.
« È sveglio! È sveglio! » la voce di Artemide, cristallina e felicissima, risuonava per tutta la stanza.
Davvero? quella invece, era di Ares.
Quindi è ancora vivo, buono a sapersi.
Se avesse avuto abbastanza forze, avrebbe riso. Il dio della Guerra era sempre così serio...
Beh, ora non ci resta altro che aspettare che le ferite guariscano, e sperare che non si infettino nel mentre.
« Ascol... Ascoltatemi.... » provò a dire, e Artemide doveva averlo sentito, dato che gli rispose.
« Si, Poseidone? Hai bisogno di qualcosa?... Senti troppo dolore? »
No, Antoine non sentiva dolore, o almeno lo sentiva meno di quanto lo avrebbe normalmente fatto.
« No... No... Voi... Voi... Dovete stare attenti! Zeus... Zeus ci ucciderà tutti! Lui... Lui è il Sole Nero! »
Silenzio tombale.
« Il Sole Nero? » gli chiese Artemide.
« Si! Si... È una... Una strana entità, che ci vuole uccidere! »
Seguì la risata di Afrodite, e poi, Ares parlò.
Credo che tu stia confondendo il sogno con la realtà, Poseidone.
« No, non lo sto facendo, siete voi che... » tossì.
« Non mi credete! Ma dovete farlo, vi prego... È una questione di vita o di morte! »
Di nuovo silenzio, poi, venne spinto di nuovo a sdraiarsi - senza nemmeno rendersene conto so era seduto probabilmente - da Artemide, che evidentemente gli stava a fianco.
« Sei stanco, Poseidone.
Ti prego, riposa. »
« No, sto bene! Sto... » non fece in tempo a finire la frase, che si addormentò nuovamente.
Il secondo sogno, iniziò in modo decisamente più calmo dell'altro. Dato che lui non partecipava attivamente ad esso, ma era più come una specie di spettatore, che vedeva altri muoversi. Altri letteralmente, dato che erano persone che non conosceva. Le contò: erano nove. Ed erano vestite in modo decisamente strano.
Stranamente, capiva ciò che dicevano, nonostante fosse ben consapevole che la lingua che stavano parlando non era il francese, ma pareva a tutti gli effetti l'italiano, la lingua madre di Efesto. E oh! Uno, anzi due di loro parlavano un'altra lingua... Forse era inglese? Non se ne intendeva moltissimo.
Stavano parlando di... un dovere urgente, che non potevano ritardare, pena l'arrivo dell'apocalisse. Apocalisse? Per caso anche quelle persone stavano cercando di fermare la fine del mondo? Per un attimo, pensò che quello fosse il gruppo di amici tanto decantato da Zeus, ma stentava a crederci: erano troppo pochi!
« ... Da quello che mi ricordo, si dice che l'uomo che diede vita al Tribunale avesse un amico... di nome Zeus. Dovremmo provarci. »
Provare a fare cosa?! Non stavano mica pensando di... raggiungerlo. Chissà cosa avrebbe potuto fare loro! E se li avesse ridotti a ciò che erano destinati a diventare loro? Avrebbe voluto fare qualcosa, ma ciò gli era impossibile, o almeno lo era in quel momento. Tuttavia, fu più forte di lui urlare...
« Non possiamo fidarci di Zeus! »
« Non possiamo fidarci di Zeus! » come se fosse stata un eco, la voce di uno di loro risuonò con la stessa potenza.
« Che cosa hai detto, Augusto? » la donna che prima aveva parlato di quel Tribunale si rivolse a lui stavolta.
« Non... Non lo so-... » parlò di nuovo quello che era Augusto.
E proprio mentre l'altro parlava, Antoine so sentì scuotere brutalmente, fino a che non aprì il suo unico occhio.
Si mise a sedere nuovamente.
« Ah, è vivo davvero, quindi. » disse Efesto, fin troppo sarcastico.
« Si è vivo, e tu l'hai svegliato di nuovo, si può sapere perché? »
« Beh, mi sembrava strano. Da come era conciato quando l'ho visto qualche ora fa sembrava un cadavere in decomposizione, Afrodite. »
« Ma lo sai che dovresti lasciarlo riposare vero!? Il dolore sarà insopportabile, poverino! »
Effettivamente, ora il dolore lo sentiva eccome. Tutto il viso era come in fiamme, e le bende umide di sangue grattavano sulla carne squarciata.
« Fa... male! »
« Wow, non l'avrei mai detto,
caro Posy. »
« Dioniso, per piacere, non cominciare anche tu. »
« Senti, ho appena finito di aiutare a nascondere un cadavere gigante! Non ho diritto ad un po' du divertimento? »
« Si, ma magari non prendendo in giro proprio Poseidone! È già abbastanza scosso di suo... »
« Esatto, dovevi sentire di cosa farneticava... Parlava di una cosa strana... il Sole Nero, l'ha chiamato... »
« Il Sole Nero? »
« Si, proprio così, e sembrava fermamente convinto fossi tu Zeus, e che ci volessi uccidere tutti. »
« Capisco. Tenetelo d'occhio per favore, ci serve vivo, lui. »
Eccolo, il segno di cedimento! S'era resi conto si essere stato scoperto, chiaramente! Ed ora, nel tentativo di non farsi scoprire raccomandava che lui venisse tenuto d'occhio. Che codardo senza pari.
« Quindi non hai proprio intenzione di dormire un altro po, vero? Così ci farai finire tutte le riserve di antidolorifici, Poseidone. »
« Non credo che potremo aumentare le dosi, a meno che tu non voglia rotrovarti un Poseidone drogato. »
« Eh? In che senso? »
« Non lo sai? La morfina causa dipendenza, Apollo. E dover badare a qualcuno dipendente da sostanze non è una bella cosa. Sembra di badare ad un bambino di cinque anni. »
« Ma tu come lo sai, Efesto? »
« Fidati, non lo vuoi sapere. »
« E invece lo voglio sapere! »
« E lui non vuole dircelo. Non comportarti da bambino, Apollo. »
« Non mi sto comportando da
bambino! Sono solo curioso! »
« Curioso come un bambino di cinque anni che sta iniziando a scoprire il mondo intorno a sé, sì. »
« Sei cattivo, Ares! »
« Me lo dicono in molti. »
« Mi chiedo come faccia Poseidone a sopportare voi e il dolore. »
« Andiamo era, stiamo solo parlando, mica facendo casino! »
« State parlando a voce alta. Molto alta. E questo basta per disturbare il ferito. »
« O forse sei tu abituato a parlare sussurrando, Ade. »
« No, ha ragione lui. »
« Uscite tutti, forza. Questa è in primis la mia stanza, e in secondo luogo, ora è anche un'infermeria. Perciò portate i vostri germi fuori da qui, su! »
« Va bene, va bene, signora
infermiera! »
Antoine udì il rumore di vari passi allontanarsi. Stare bendato era una cosa che odiava, il dover solo immaginare i visi degli altri... Ma dall'altra parte, gli dava la possibilità si concentrarsi sulle parole. E in particolare sui toni, quelli si che dicevano la verità.
« Devo scusarmi con te. Avrei chiuso la porta a chiave se avessi saputo che avrebbero fatto tutta questa confusione.
« Non... Non fa niente, Afrodite. »
« Sicuro? Ti sentirai la testa scoppiare ormai... »
« Non... Non è così brutto, anzi. Mi hanno fatto ridere. »
« Beh, fanno un po' ridere si, soprattutto Apollo. »
« Lo so. Ma non credo che sia così tanto strano che faccia molte domande, insomma è ancora un ragazzino. »
« Non ti do torto, Ares dovrebbe imparare ad ammorbidirsi con chi non ha fatto il soldato come lui. »
« Beh, un po' di disciplina non fa mai male, però si, sembra proprio uno con un palo infilato su per il culo! »
« Poseidone! » la donna ridacchiò.
« Che c'è, ho solo detto le cose come stanno! »
« È vero, ma ti prego, cerca di tenere a freno la lingua con quella testa calda, non sia mai ti cavasse anche l'ultimo occhio che ti rimane. »
« Farò attenzione, parola mia! E poi posso sempre annegarlo, tra i due sono io quello con più possibilità di
vittoria. »
« Ne sono consapevole. Ares ed Efesto sono quelli più simili ai non Dotati, tra di noi. Spero che ciò non li renda bersagli più facili... »
« Beh... Ares l'ho salvato io, quindi immagino che preso da solo non sia poi tanto diverso da un uomo normale. Non so cosa pensare di Efesto. »
« Nemmeno io. »
« Ci dimostrerà il suo valore, o almeno, lo spero. »
« Lo spero anche io. »
ANGOLO AUTORE
Ehilà!!
Eccomi qui con il secondo capitolo. Scusate se ci ho messo tanto, ma sapete meglio di me come Wattbug sia...
Va be', in ogni caso... se questo capitolo vi piace meno del primo, non incolpate me, ma la febbre! E anche un po' la fretta... Spero come sempre di aver trattato bene tutti i personaggi, specialmente nelle interazioni.
P.S. Da qui iniziano a vedersi i primi collegamenti con VABIP. E spero che quello che ho detto basti, soprattutto per chi rischiava di impazzire per colpa degli spoiler. 👀
Comunque voglio sperare che questo capitolo vi piaccia. Ci vediamo al terzo, dove le cose continueranno ad essere movimentate. 👋 🤭
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