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𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑶𝑳𝑶 𝑸𝑼𝑨𝑹𝑻𝑶 .

𝐂𝐀𝐒𝐒𝐀𝐍𝐃𝐑𝐀 ── .✦

Quando aveva iniziato a leggere le carte, aveva capito di essere una campionessa anche con le persone. Sapere il futuro di qualcuno, di conseguenza portava un po' a capire il tipo di persona che si aveva di fronte: era facile comprendere i suoi atteggiamenti, e le scelte sbagliate o giuste che essa era portata a compiere nelle varie situazioni in precedenza affrontate, e quindi anche quelle ancora da affrontare.

Certo, nel suo caso anche il suo dono l'aiutava molto, nell'individuare, gli avvenimenti futuri che le erano richiesti. Aveva relativamente pochi clienti, e nessuno le offriva dei soldi per ciò che faceva. Onestamente a lei stava bene così, preferiva che la voce non si diffondesse troppo, con il rischio che la sua identità venisse rivelata, e chissà poi che cosa le avrebbero fatto. Mai sottovalutare le superstizioni, era una cosa che sua madre le aveva sempre ripetuto.

E lei non lo stava assolutamente facendo, non voleva rischiare, nonostante sapesse perfettamente che, fuori dalla sua magione, o meglio dalla magione della sua famiglia, c'erano chissà quante persone che avrebbero pagato somme esorbitanti per sapere il proprio futuro.

" Per cambiarlo, sicuramente. " pensò la giovane donna, avvolta nella sua mantellina in pelle di ermellino - quei poveri animali! -, sbuffando: il futuro non si poteva cambiare, se era già scritto ( e lei ne sapeva qualcosa, di quell'entità che controllava le loro vite, se una ne esisteva, e che si assicurava che esso fosse il più crudele possibile ), al massimo si potevano cambiare le scelte che avrebbero portato ad esso, ma il risultato sarebbe sempre stato solo e soltanto uno.

Quello che lei vedeva.

« Signorina Eleonor! » la voce di un maggiordomo la sollevò da quei pensieri. La giovane voltò il capo verso l'uomo che l'attendeva all'entrata del terrazzo: era un uomo sulla sessantina, abbastanza alto, e magro come un chiodo.due baffoni marroni e striati di grigio, antiquati persino per lei, che di quel tipo di cose era una vera appassionata. L'uomo era al servizio della sua famiglia da relativamente poco - circa una ventina d'anni -, ma era molto fedele.

Era una cosa molto apprezzata dalla famiglia Harrington, la fedeltà. E anche da lei, che aveva bisogno di qualcuno che mantesse i suoi segreti; già, ne aveva più di uno.
« Si, François? » gli domandò lei non muovendosi nemmeno di un millimetro.
« È arrivata una carrozza, signorina. »
« Oh, davvero? Mi fa piacere, ma non credo sia di mio interesse, François. »
« Mi duole contraddirvi, signorina cara, ma credo proprio sia di vostro interesse invece. »
« Non capisco, io non attendevo nessuno. »
« Lo so, signorina. E il signor Eolo si scusa terribilmente per l'arrivo improvviso, ma- »
« Aspetta, aspetta. Hai detto Eolo? »
« Si, così almeno si è presentato a me, quando sono andato ai cancelli ad accoglierlo. »

Eleonor stette in silenzio per qualche secondo dopo quella rivelazione: lei e Eolo su erano conosciuti solo pochi mesi prima, quando quest'ultimo le era piombato in casa di punto in bianco. Le era preso un bel colpo, quando se l'era trovato davanti, con quel sorriso innocente di bambino e i capelli biondi pettinati dal vento. E no, il termine non era sbagliato: il vento era come un animale domestico per quell'uomo poco più grande di lei.

Passò per la sua camera giusto per recuperare il suo mazzo di carte e controllare che il suo abito e i suoi capelli fossero apposto. Una volta constatato ciò, raggiunse l'uscita: su fermò però proprio sull'uscio, mormorando al maggiordomo, che l'aveva seguita fino a lì « Non tornerò prima di stasera, e se i miei fratelli ti domandano qualcosa, dì loro che sono a casa del mio promesso. »
« Si, signorina. » le rispose l'uomo, facendo un lieve inchino, prima di parlare ancora, in un tono poco più alto di un mormorio « Fate attenzione, ve ne prego. »

« Sarà fatto. Anche se dubito che Eolo mi farà alcun male. » rispose lei, che l'aveva udito, e un po' si era commossa, dopotutto quella era una delle poche dimostrazioni lampanti di affetto che il maggiordomo le avesse riservato.
Prese un lungo sospirò, mentre raggiungeva i cancelli: oltrepassati quelli, una volta salita su quella carrozza, avrebbe perso la sua identità; non sarebbe più stata Lady Eleonor Harrington, rampolla di una ricca famiglia di origini inglesi, ma Cassandra, una dei due profeti di Parigi.

Un qualcosa su cui i Protettori avevano subito messo sopra le loro mani: buffo nome, per degli egoisti tanto ipocriti che ben sapevano di essere l'unico porto sicuro per persone come lei in un mondo che ancora faticava ad accettare ciò che non riusciva a spiegarsi. Eolo, quando si erano conosciuti, le aveva spiegato perché avessero mandato proprio lui, a prenderla e portarla da loro. Era una specie di guida, e presto l'avrebbe portata alla casa, quando essa sarebbe stata pronta.

Però lui non era mai tornato a prenderla. Fino a quel momento, almeno; e Cassandra aveva proprio voglia di dargliene quattro. Erano diventati amici, e proprio per questo, non avrebbero dovuto mentirei a vicenda! Gonfiò, le guance, non sapendo come esprimere in modo più delicato la sua rabbia.

« State bene, signora Cassandra? » le chiese il cocchiere, che nel frattempo era sceso dalla carrozza, per aprire la portiera e porgendole una mano per aiutarla a salire.

Lei alzò il capo stizzita, ritrovando la compostezza dell'ambiente in cui era cresciuta, e disse soltanto:
« Sto bene, grazie. Non vedo il motivo dietro un arrivo così improvviso in un giorno così freddo! » esclamò, alzando il mento in un gesto che poteva sembrare di disprezzo, ma che era semplicemente causato dal fastidio.
L'altro chinò il capo imbarazzato, come a dire " io non so nulla più di voi. ", ma la ragazza era più che sicura che sapesse più di quanti voleva dare a vedere. Troppo sospetto.

Ma prese comunque la mano dell'uomo, dandosi poi la spinta per entrare nel mezzo. Lì, seduto scomposto, c'era Eolo in carne ed ossa. E nonostante fosse estremamente arrabbiata, la profetessa non potè non sentirsi un po' più felice.
« Cassandra cara! » esclamò il biondo in tono amabile, mettendosi a sedere dritto, e cercando di sistemarsi i capelli. La giovane sorrise, e una risatina le sfuggì, ma tornò seria un attimo dopo.

« Molto gentile da parte tua, presentarti solo ora. Mi hai lasciato per mesi senza una notizia, dopo avermi raccontato tutto di un'organizzazione non portandomi nemmeno una prova della sua esistenza! Mi avevi promesso che sarei stata utile a qualcuno, oltre che i miei amici e parenti! » sputò velenosa, anche se non con l'intenzione di sembrare cattiva, eppure non riuscendo a controllarsi.

« Calma, Cass, calma! Ogni cosa a suo tempo... » Eolo mise le mani avanti, segno che stava per giustificarsi con lei « Non volevo assolutamente lasciarti così, e nemmeno i piani alti volevano. Ma è successa una cosa... Veramente orribile, e tutto si è arrestato. Stiamo iniziando a cercare nuovi membri solo ora. » spiegò, ma ancora, la profetessa capì che c'era ancora qualcosa che non le era stato detto.

« Capisco, e mi dispiace. Ma se continui a nascondermi le cose, io non potrò aiutarvi... E continuerò a domandare, fino a che non cederai, e tu dovrai dirmi tutto, e poi i " piani alti " ti puniranno. » sentenziò lei, anche se non era sicura di riuscire a convincerlo. Ma a quanto pare, ci riuscì eccome, dato che il dio del Vento era già abbastanza agitato, come si poteva dedurre dall'ambiente al di fuori della carrozza.

« Davvero, davvero! Non... non posso dirti niente, ma ti giuro che quando arriveremo alla Casa, saprai tutto, non sto mentendo! » balbettò, grattandosi la nuca, nervoso. E allora, la giovane sbuffò, passandosi una mano sul viso, e portando anche l'altra a reggere il capo.
« Perché diavolo deve essere tutto così complicato, Eolo? Tutti questi segreti non portano a nulla! » si lamentò.

« Portano a qualcosa invece! Danno a noi Dotati la possibilità di vivere una vita tranquilla. » provò a rassicurarla il ragazzo. « Prima o poi capirai perché, Cassandra. Questa qui, è uns promessa, una vera. »

Lei annuì, per quanto non fosse per nulla convinta; il messaggio dopotutto le era arrivato forte e chiaro: non avrebbe ottenuto altre informazioni, e per quel momento avrebbe dovuto farsele bastare. Incrociò le braccia, e per il resto del tragitto non spiccicò più nemmeno una parola, a discapito del povero Eolo che cercava continuamente di fare conversazione, per cercare di annullare quel silenzio carico di tensione.

Ci volle relativamente poco per arrivare alla famosa Casa, una villa abbandonata che i piani alti avevano deciso di occupare e ristrutturato, le spiegò Eolo. Nel complesso era davvero graziosa, a Cassandra piaceva soprattutto il colore delle pareti esterne, un bellissimo viola scuro.
Era felice che i Protettori avessero scelto proprio quel luogo, lontano dal caos insopportabile di Parigi e soprattutto da occhi indiscreti.

Quando la carrozza si fermò, Eolo scese per primo, o meglio balzò giù, poi le offrì la mano per aiutarla a scendere: lei la prese senza fiatare, e notò perfettamente come il dio del Vento fosse lievemente dispiaciuto dal suo mantenere un'espressione neutra. Lei invece si ritenne soddisfatta: era ancora arrabbiata con lui, e non le sarebbe passata facilmente.

« Entriamo? » le chiese il ragazzo.
« Entriamo. » ripeté lei, affermativa.

All'interno della Casa, il via vai era a dir poco da capogiro: c'era talmente tanta gente, e un vociare così fitto che sembrava di essere ad una festa dell'aristocrazia. Tuttavia si poteva perfettamente capire quanto tale affermazione fosse scorretta. C'era un qualcosa che appesantito l'aria, e lei più di tutti poteva capirlo: era successo qualcosa di veramente grosso, capace di di distruggere quell'equilibrio che il dio del Vento le aveva tanto decantato come indistruttibile, la prima volta che si erano incontrati.

« Tutto bene, Cass? » le domandò proprio quest'ultimo, piuttosto preoccupato.

« Io sto benissimo, Eolo. Dubito invece che la gente qui sia calma. Guardali comd discutono. Quello lì » e indicò un uomo voltato di spalle, vestito con una camicia bianca « Sta battendo il piede destro per terra ad una velocità troppo alta perché sia semplicemente stanco di stare in piedi, o stia tenendo il tempo di qualche canzone, » poi indicò un altro uomo, dall'altra parte della stanza « Quello invece si sta aggiustando i polsini in continuazione, nonostante siano perfettamente in ordine, come il resto della sua persona. » gli fece notare.

« Oh, andiamo, profetessa! Calmati, magari sta cercando di nascondere una macchia, e quell'altro signore sta tenendo il tempo di qualche... del tip tap, che ne puoi sapere!? »
Ma Cassandra non aveva intenzione di mollare, almeno non finché Eolo avrebbe dato ragione a lei.
« E per finire, tu, mio caro, sbruffone, dio del Vento, hai un tono decisamente sospetto, e quando non parli ti mordi il labbro con tanta insistenza da farlo sanguinare! » esclamò lei, indicando il labbro del biondo, dove un rivolo di sangue rosso acceso stava colando.

Eolo si affrettò ad asciugarlo con il dorso della mano, per poi sbuffare.
« Sei un ottima osservatrice, Cass. Confermi, come sempre, che i piani alti ci hanno visto giusto. » ridacchiò, prima di continuare « Peccato, o in questo caso, per fortuna, non possiedi il dono dell'Onniscienza... »

Si era interrotto, come se volesse continuare la frase, ma si fosse reso conto di non poter andare oltre. Di nuovo, sospetto, troppo sospetto.
Stava per aggiungere qualcosa, quando una serva si avvicinò a loro.
« Signorina Cassandra, finalmente siete arrivata! Il viaggio fin qui è stato gradevole? » le chiese, con un sorriso quasi materno.
« Oh, si si! È stato gradevolissimo. » la rassicurò.
La donna le sorrise, ma rivolse uno sguardo sospettoso ad Eolo.
« Sono lieta che la tua guida non ti abbia importunato troppo. In ogni caso, il signor Prometeo ti aspetta nel suo studio. Lascia che ti accompagni. »

Ma quando anche Eolo si mosse per seguirle, la serva lo fermò.
« No, non tu, Eolo. Il signore ha richiesto espressamente la presenza della sola Cassandra. »
Eleonor a quel punto non potè che gongolare, mentre veniva condotta nello studio di questo " Prometeo. ".

Beh, chiamarlo studio era riduttivo. Era una stanza enorme! E lei misurò ogni passo prima di arrivare e sedere alla scrivania.
« Signorina Cassandra, eccovi. » le sorrise « Dovete perdonarmi, non vi avrei convocato qui così all'improvviso, ma ci stismo riprendendo solo ora da un evento terribile. »
« Non dovete preoccuparvi, signore. Solo una cosa mi turba però: il vostro continuo nascondermi la verità. » il suo tono si fece duro.
« Ho capito, voi siete come me. Non vi si può nascondere nulla per troppo. Ebbene, vi dirò tutto. Il nostro profeta, Tiresia, l'unico Dotato a possedere l'abilità dell'Onniscienza, è stato ucciso, proprio stanotte. »

Il respiro le si mozzò, e le mani presero a tremarle; quindi per questo l'avevano chiamata lì? Per sostituire un uomo morto!? Era a dir poco inquietante. Era come darle un biglietto con su scritto " Ehi, potresti morire! ". Deglutì a vuoto.
« E da chi è stato ucciso, se posso chiedere? »
Prometeo esitò, stringendo le mani in un pugno. Poi però ispirò, con forza, e confessò.

« Dal mio pupillo, il mio fiore all'occhiello. Il sangue del mio sangue... se solo avessi capito prima... »
« Signore? »
« Il suo nome, è Lucien. »

𝐆𝐀𝐍𝐈𝐌𝐄𝐃𝐄 ── .✦

Erano successe tante cose in poco tempo. La casa del signor Verne, che prima sembrava vuota, si era riempita all'improvviso di tanta gente diversa, con cui Francesco ancora si vergognava di parlare, poi il cambio di nomi, in quelli di divinità greche, per evitare di venire scoperti. Da chi, il ragazzino ancora non capiva.

Si guardò intorno, cercando tracce di una possibile minaccia all'interno di quelle mura, trovando solo il bianco - dorato anonimo delle pareti della sala. Sospirò, avvicinandosi al gruppo di persone radunate alla base delle scale. Da quando, solo il giorno prima, Poseidone era stato ridotto in punto di morte da quella Chimera, c'era sempre un momento della giornata, incastrato tra i preparativi per il viaggio, in cui tutti cercavano di intrufolarsi nella stanza del dio del Mare per vedere come stesse.

Ovviamente Afrodite vietava a tutti loro di avvicinarsi, non sia mai disturbassero il ferito!
Lui invece in quella stanza ci andava spesso, per aiutare la donna con le medicazioni. Anche se gli era capitato più volte di correre nel bagno privato della camera, e dare di stomaco, tanto brutte erano le ferite.
Ma forse aveva iniziato ad abituarsi a quella vista, dato che non sentiva subito risalirgli in gola qualsiasi cosa avesse mangiato.

Un'altra cosa che aveva notato, era che Ares non aveva mai provato ad entrare, e non stava mai alla base delle scale come gli altri: stava per lo più con Zeus, che gli parlava di chissà cosa in segreto. Cesco era un po' geloso dell'uomo, insomma era lui quello con cui il dio del Cielo si confidava, prima che arrivassero loro. E che tutto diventasse più complicato.

« Oh, Ganimede! Ciao piccolo! » la voce di Artemide lo risvegliò da quei pensieri, e gli fece spuntare un sorriso.
« Ho solo tre anni in meno di voi, signorina Artemide! Non vi sembra un po' esagerato chiamarmi piccolo? » le domandò, mantenendo un tono scherzoso.
« Sono comunque tre lunghi anni! » ripeté lei, convinta, prima di ridacchiare, quando il ragazzo le si avvicinò con un espressione di finta offesa in viso.
« Mi chiedo quando la smetterete di comportarvi come dei bambini di tre anni. » sbottò Dioniso. A quanto pare, quel tizio non sapeva fare altro che commentare in modo cattivo ogni gesto di chi lo circondava, pensò Ganimede.

Gli fece una linguaccia, e l'altro rispose con quello stesso gesto.

« Nemmeno questo è un gesto molto maturo, Niso. » gli fece notare Apollo, informando gli occhiali da sole, per darsi l'aria di uno che della vita sapeva già tutto.
« Ah sì? Beh, vaffanculo! » esclamò il dio del Vino, evitando di aggiungere altro, probabilmente se l'avesse fatto avrebbe fatto scattare una rissa. Non necessariamente a parole.

« Oh, Ganimede, ecco cosa dovevo dirti! » parlò a quel punto Ermes, schioccando le dita, come ad accendere una lampadina immaginaria che solo lui poteva vedere.
« Zeus mi ha chiesto di dirti, appena ti fossi liberato, se potessi recuperare dei libri dalla biblioteca qui vicino. » gli spiegò.

« Oh, capisco... » rispose il Coppiere, piuttosto deluso: pensava che finalmente Verne gli avesse chiesto do passare del tempo insieme, ed invece era l'ennesima commissione noiosa.

Ma in quel momento, una figura scese dalle scale. Era Ares, e aveva un'espressione ancora più truce del solito in viso. Però, appena mise un piede sull'ultimo gradino fu subito assalito da tutti, come un buffet durante una festa.

« Ares, bentornato tra noi, eh. Sei stato da Poseidone per tutto questo tempo? Come sta quel biondino? »
« Sai se potrà partire con noi? La dua abilità è la più utile quando si tratta di questi vaggi...»
Furono le uniche cose che Francesco fu in grado di capire, prima che le voci si sovrastassero l'un l'altra, e Ares non zittì tutti.

« No, non sono stato da Poseidone: lui ha già Afrodite a prendersi cura di lui. » affermò, e Ganimede potè percepire una punta di risentimento nella sua voce « Sono stato nello studio di Zeus. E lui mi ha chiesto di accompagnare Ganimede durante la sua commissione. Quindi adesso potete anche farmi passare. » sentenziò, e le sue parole furono subito assecondate, complice anche la delusione.

« Quindi vieni anche tu? » chiese Ganimede all'uomo, una volta che gli fu accanto « Non sai quanto mi fa piacere! Mi annoio sempre un sacco ad andare in giro da solo!- » Fu interrotto però dall'altro.
« Tieni a freno la lingua, ragazzino. Questa è una commissione, non una passeggiata di piacere. Dobbiamo muoverci il prima possibile. » il dio della Guerra scandì ogni parola, come in un ordine.
« Signorsì, signore! » esclamò il ragazzo, facendo il saluto militare, prima di riprendere a camminare.

Non erano neanche usciti dai cancelli, però, che il coppiere riprese a parlare;
« Quindi non sei andato nemmeno una volta da Poseidone? » gli domandò.
« No, neanche una. » rispose freddo l'altro.
« Che peccato sai? Il sognor Poseidone chiede sempre di te, e una volta gli ho sentito dire che avrebbe preferito che ad accudirlo ci fossi tu. » raccontò.

Si rese conto che Ares si era fermato solo quando andò a sbattere contro la sua schiena.
« Stai dicendo stronzate. »
« No, lo giuro sul muo onore! Poseidone vorrebbe avere te come... dottore personale. ».

« Tsk, che stronzata. »

Il resto del tragitto fino alla biblioteca avvenne in religioso silenzio, ma Cesco avrebbe potuto giurare di aver sentito più volte mormorare " unmöglich " al dio della Guerra, ma si antenne dal chiedere che cosa significasse. Non voleva metterlo ancora più in imbarazzo di quanto già non fosse.

Ares tornò a dargli un minimo di attenzione quando gli passò un foglietto. « Questa è la lista di libri che dovrai prendere. Li prenderai tutti a nome di Zeus, chiaro? »
« Chiarissimo, signore! » annuì il ragazzino, prima di prebdere il foglietto ed entrare. Ares lo seguì poco dopo.
Probabilmente il signor Verne gli aveva chiesto di tenerlo d'occhio.

Come se fosse davvero un bambino di tre anni e potesse perdersi! Ah, avrebbe dovuto lamentarsi con lui al suo ritorno.

Sul foglietto erano scritti i nomi di alcune tragedie greche, e Ganimede ringraziò mentalmente che Zeus gli avesse lasciato scritti i nomi, o probabilmente non se li sarebbe nemmeno ricordati.

« Ehi, ragazzino, hai bisogno di aiuto? » quella voce lo colse alla sprovvista.
« No, signore, non ho bisogno si nessun aiuto- » provò a dire.

« Cosa ci fa,qui da solo un ragazzino come te? Non hai genitori, o qualcuno che può accompagnarti? Di quesrti tempi è pericoloso star fuori. » parlò ancora la voce, che apparteneva ad un uomo abbastanza giovane.

Doveva essere sulla quarantina, e non doveva essere molto ricco, insomma, gli abiti erano abbastanza diversi da quelli di Zeus, e degli altri. Tranne beh, Efesto, ma lui... beh Ganimede ormai la considerava una scelta.

« Beh, sono qui per una commissione per conto del signor- »
« Ah, ho capito! Aristocratici dei miei stivali, per niente diversi da quei nobili... Tu sei solo un ragazzino! Non dovresti nemmeno pensare a questo tipo di cose! Ah, che- »
« Sognore, la prego di smettere. »

Il tono di Ares era glaciale, ma il suo sguardo bruciava più del fuoco.

« E tu chi diavolo sei, scusa? »
« Io sono l'accompagnatore di questo ragazzino. » sentenziò.
« Almeno, si è degnato di mandare un servo adulto ad aiutarti... »
« Servo!? Servo!? Perdonami, ma non sono assolutamente un servo. »
« E quindi tu cosa diavolo saresti, nordico? »
« Sono un amico dell'uomo che l'ha mandato qui. »

Il ragazzino sospirò, provando ad allontanarsi dallo sguardo dei due uomini, ma prima che potesse riuscirci, fu trascinato dentro la conversazione una seconda volta dallo sconosciuto, che lo prese letteralmente per un braccio, tirandolo a sé e avvolgendolo con una delicatezza che fino a quel momento non sembrava possedere.

« Beh, io darei a questo giovanotto una vacanza permanente, se fossi nel tuo amico, caro il mio nordico. Magari in Bulgaria! Potrei portarlo con me, quando tornerò alla mia terra natia. » sentenziò, scuotendo leggermente il povero Francesco, che era completamente rosso dell'imbarazzo per quella situazione assurda.
« No, non se ne parla assolutamente! Il ragazzino deve venire con noi in viaggio, la sua presenza è necessaria. »

In realtà, Ganimede sapeva che quella era una bugia bella e buona: Zeus non aveva alcuna intenzione di portarlo con sé, temeva potesse succedergli qualcosa di grave, e il ragazzo gli dava perfettamente ragione. Più volte era stato messo in guardia nei confronti di Crono e dei suoi seguaci dal dio del Tuono.

« È necessaria perché? Sulla nave non avete forse abbastanza servi a portarvi da mangiare e accudirvi come dei bamboccioni, eh!? Luridi ricconi che non siete altro! »
« Negativo. Se lui non partisse con noi, rimarrebbe da solo a Parigi, e chissa che altro gli potrebbe capitare. Nessuno di noi è pronto a prebdersi un rischio del genere. » e poi, vedendo che il bulgaro stava per ribattere « E questo comprende affidarlo a sconosciuti come te. »

« Ma veramente- » provò a dire Ganimede.
« Fai silenzio ragazzino. O potrei seriamente rivalutare l'idea di metterti a tacere io stesso. »
« Che modi! È così che si tratta un ragazzo, dico io?! »

E giù con insulti in lingue che Cesco neanche comprendeva, in tono sempre più alto, non curanti che... beh, fossero in una biblioteca, in quel momento, e che dovessero anche sbrigarsi.
« POTETE FARE SILENZIO!? » un coro di voci da ogni parte della sala gridava un'unica richiesta. Il Coppiere abbassò il capo, profondamente mortificato, mentre i due adulti tornarono immediatamente in silenzio e presero a guardarsi in cagnesco.

« Bene... Ora possiamo prendere i libri della lista? » mormorò Ganimede, cercando di mantenere un tono calmo più basso, ma allo stesso tempo udibile possibile. I due uominiannuirono, e presero a camminare dietro di lui, come guardie del corpo, che però potevano tranquillamente saltarsi addosso da un momento all'altro se non tenuti sotto controllo.

Non ci misero molto poi, a cercare e a trovare i libri giusti. Più che altro per il titolo più che riconoscibile in mezzo a quegli autori dai nomi più moderni.
Li prese con molta velocità e si avviò verso l'uscita; il signore bulgaro avrebbe tanto voluto seguirli anche fino alla casa di Zeus - e scambiare due parole con lui, in modo amichevole, sia chiaro - ma Ares aveva strettamente proibito all'uomo di farlo.

« Mi chiamo Radko, comunque. » erano le parole con cui l'aveva salutato il bulgaro.

Radko. Che nome buffo. Se l'era fatto scivolare costantemente sulla lingua durante il ritorno, ed era sicuro che il dio della Guerra l'avesse preso per pazzo ormai. Anche lui d'altronde, se l'altro avesse iniziato a ripetere un nome all'infinito, avrebbe chiamato qualcuno per assicurarsi che stesse bene.

« Per questo odio uscire in luoghi pubblici. » era la frase con cui l'uomo era rientrato nella casa, e a grosse falcate era risalito verso lo studio di Verne, con i libri che avevano preso sottobraccio.

« Ma che ha passato quello? » gli aveva chiesto Dioniso con il suo solito tatto.
« Storia lunga. » aveva risposto lui scrollando le spalle, poi si era allontanato, accompagnato dai mormorii degli altri, che erano perlopiù incentrati su Ares e i suoi modi odiabili.

Lui invece si mise nuovamente da parte, a rimuginare sulla richiesta di quello strano individuo. Gli aveva chiesto di partire verso la Bulgaria, una terra straniera in cui lui non aveva mai messo piede, e di cui non parlava la lingua.

Ne parlava in modo sicuro, come se fosse convinto che quello non fosse il suo posto. Ma Ganimede era più che sicuro che si sbagliasse: un posto ce l'aveva eccome, ed era lì, accanto a Zeus.

ANGOLO AUTORE .
SONO VIVOOOOO‼️‼️
È stato un vero e proprio parto questo capitolo, soprattutto la prima parte, ma slla fine posso dire che quest'ultima è proprio quella che preferisco di questo capitolo. Da notare come entrambi i pov siano finiti con il nome del nostro caro dio del Tuono...
Spero che, nonostante tutto, vi piaccia come sempre.
In ogni caso, il prossimo capitolo sarà l'ultimo del primo atto, e di conseguenza, l'ultimo ambientato in Francia! ( PER ORA )
Ce la faranno i nostri eroi a raggiungere sani e salvi la Sicilia?
Incontreranno Crono?
Salveranno il mondo dall'Apocalisse?
Quando la smetterà il nostro caro Zeus di essere sus?
Sono tutte domande interessanti, a cui spero di riuscire a rispondere nel migliore dei modi!
Al prossimo capitolo!!! 🥹👋🎀

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