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𝑪𝑨𝑷𝑰𝑻𝑶𝑳𝑶 𝑷𝑹𝑰𝑴𝑶 .

𝐙𝐄𝐔𝐒 ── .

" Chère Zeus,
mi sorprende vedere come tu sia riuscito effettivamente a radunare altre undici persone, pur di non presentarti al nostro incontro da solo. Una mossa abbastanza codarda, oserei dirti. Come l'idea di poter fermare l'apocalisse con il loro aiuto, caro vecchio amico, se amici è quello che ci possiamo definire. In ogni caso, anche io ho radunato alcuni miei vecchi conoscenti, che mi auguro di poterti presentare quando ci rivedremo, il prima possibile. Ti invito pertanto a raggiungermi, ad Ortigia, in Sicilia. Una volta arrivato, domanda agli abitanti la strada per il Palazzo Rubino. È la mia residenza. Lì ti dirò di più.

Con rispetto, Crono. "

Zeus si rigirò più volte il foglio tra le mani, alla ricerca di qualche informazione in più, ma niente. Da quando, quella mattina, era arrivato all'Olympe, e aveva trovato quella macchia nerastra sul pavimento, nella sala principale, aveva capito che i loro tempi si stavano velocemente accorciando.

Quella lettera, poi, che chiedeva di incontrarsi di persona a differenza di tutte le precedenti che erano state sempre molto fredde e che facevano intuire che quello era l'unico contatto che si sarebbe mai avuto tra il mittente e il ricevente, era abbastanza sconvolgente.

Così come era scocciante, l'idea di dover partire, quando aveva sperato di poter risolvere tutto da Parigi.
E convincere gli altri, quella sì che sarebbe stata una vera faticaccia.

Mormorò un'imprecazione a denti stretti, passandosi una mano sul viso. Più andava avanti, più fermare la fine del mondo sembrava un'impresa impossibile anche per dei dotati potenti come loro.

Non avrebbe potuto chiedere a nessuna autorità, quelle erano già impegnate con i " disastri naturali " e con delle sparizioni alquanto sospette.

Già, tra tutte le altre cose, aveva iniziato a sparire anche parecchia gente. Il governo aveva dato la colpa ai criminali, uno dopo l'altro, ma ormai erano talmente tante che i più avevano cominciato a darsi alle superstizioni.

L'uomo onestamente non poteva biasimarli, in un momento di disperazione del genere anche lui avrebbe dato di matto, cosa che non stava facendo solo perché aveva un gruppo da guidare, e soprattutto ora, che dovevano mettersi in viaggio non poteva permettersi alcun segno di debolezza.

Sospirò: l'idea di rinunciare in quel momento era proprio allettante... Ma il solo pensiero di farlo era come blasfemia, per lui, perciò non gli diede peso.
Si decise finalmente ad uscire dallo studio dove si era rintanato poco dopo gli eventi di qualche ora prima, per riflettere. Poi vi aveva trovato quella lettera.

I passi risuonavano lenti nel corridoio. La zona privata era probabilmente l'unica dove si poteva trovare un po' di silenzio. Per il resto, le voci giungevano sempre seppur flebilmente, in quello spazio limitato.

Aveva pensato a ciò non tanto perché volesse origliare le conversazioni altrui, ma più che altro perché così, se qualcuno fosse entrato, sarebbe stato subito scoperto. O almeno quello era ciò che su augurava che accadesse.

Arrivato alle scale, appoggiò il palmo sul corrimano, per aiutarsi a scendere. Man mano che si avvicinava al piano inferiore, sempre più voci si potevano distinguere. L'idea che stessero discorrendo lo rassicurata, era comunque un segno che riuscissero ad andare d'accordo senza scannarsi.

« Ah, eccolo qui, il signor capo. » l'accento di Efesto era inconfondibile. Nonostante parlasse fluentemente il francese, alcune volte sembrava quasi facesse fatica a tirare fuori le parole.
E doveva essere anche vero, in parte, dato che condiva le sue frasi con termini italiani che tutti lì faticavano a capire.

Tranne Era. Con lei l'uomo sembrava intrattenere tranquillamente conversazioni intere in quella che era la sua lingua madre. Beh, meglio per lui, aver trovato qualcuno con cui parlare.
E in quel preciso istante, l'uomo stava conversando con la donna.

L'unico che sembrava non trovare interessante nessuno degli argomenti di cui i presenti stavano discutendo era Poseidone il quale aveva immediatamente storto il naso, non appena l'aveva visto. Quella di non saper nascondere il suo astio nei confronti del proprio rivale era uno dei tanti motivi per cui Zeus non lo sopportava.

« Onestamente, sono sorpreso che sia riemerso dal suo " studio " tanto presto. » un risatina lasciò le labbra di colui che aveva parlato, ovvero Dioniso, il quale aveva le gambe sul tavolo e le braccia conserte, ed ovviamente il suo sorrisino strafottente stampato in viso.

Zeus mantenne un sorriso calmo. Aveva rinunciato ad arrabbiarsi con lui, dato che il più delle volte finiva a parlare inutilmente. Raggiunse il proprio posto, proprio tra Poseidone e Ade. Quest'ultimo era fermo, e li osservava.

La sua freddezza era un qualcosa che aveva sempre dato una brutta sensazione a Lucien. Probabilmente era l'unico di cui aveva veramente paura. Per qualche secondo si guardarono negli occhi, poi il dio del cielo spostò lo sguardo davanti a sé, e si schiarì la gola.

« Dobbiamo partire. » disse senza troppi giri di parole. Cercare di addolcire il tutto non sarebbe servito assolutamente a niente, sarebbe stato soltanto una perdita di tempo.
Calò un silenzio che duro per cinque minuti buoni, in cui si poteva benissimo sentire la tensione che scorreva tra tutti loro.

« E quale sarebbe l'utilità di questo viaggio, quando il mondo sta per finire? Non avevi per caso detto che saremo dovuti rimanere qui per prevenire l'apocalisse il prima possibile? » disse Afrodite, la voce cristallina nascondeva una minuscola nota di sarcasmo.
« Esatto. » rispose Efesto, con un tono decisamente più infastidito. « Perdere tempo in viaggi inutili proprio adesso, sarebbe decisamente da evitare, Zeus. » sentenziò, mantenendo quel tono astioso.

« Dai ragazzi, sono sicura che Zeus sappia perfettamente ciò che fa, e che questo viaggio ci permetterà di capire l'origine di tutto quello che sta succedendo! » provò a dire Artemide, sicuramente con l'intento di tirar su i loro animi. Zeus la ringraziò mentalmente per ciò che aveva detto.

Tuttavia, c'era ancora qualcuno che non era esattamente convinto. Atena per esempio, la quale stava sorseggiando del tè. La giovane lo studiava, gli occhi ridotti a fessure, come una civetta che osserva la sua preda. E il paragone era anche giusto, dato la divinità di cui portava il nome.

« Mettiamo che sia così. Una volta arrivati, che cosa dovremmo fare? Andare lì completamente disorganizzati? Da come l'hai detto, non mi sembra proprio ci sia molto tempo per preparare soltanto
noi stessi, figuriamoci un piano! » disse, alzando la voce mentre pronunciava le ultime parole.

Non aveva tutti i torti: Verne non aveva tempo, loro non avevano tempo per prepararsi a dovere, nel caso in cui avrebbero dovuto combattere. Crono non era uno stupido, questo l'aveva capito a sue spese, ed era molto probabile che il loro incontro non avrebbe portato assolutamente nulla di buono, non per loro almeno.
Se lui era riuscito a radunare tutti quei Dotati da capacità notevoli, probabilmente anche il suo vecchio amico c'era riuscito, e sicuramente con molto più anticipo di lui.

« Sinceramente, Zeus, quando ti è venuta questa brillante idea di fare una gita? » domandò Dioniso, che non si era mosso nemmeno di un centimetro dalla posizione iniziale. L'unica cosa a farlo sembrare umano, e non una statua erano gli occhi, che si spostavano attenti verso la persona che in quel momento stava parlando. E quindi, in quel momento, su di lui.

« Non si tratterà di un viaggio lungo, probabilmente staremo lì solo una mezza giornata. » lì rassicurò.

« E allora che ci stiamo andando a fare, Zeus? » chiese Apollo, che era rimasto stranamente silenzioso durante tutto quel tempo. Era intendo a ritirarsi tra le mani i suoi occhiali scuri dato che all'interno non servivano.
« Beh, dovete sapere, che dove andremo potremo trovare un valido alleato, che ci aiuterà a fermare tutto que- »
Fu interrotto dal fischio di Poseidone, un fischio di disapprovazione. " Fuori luogo, decisamente fuori luogo. " gli venne da pensare, mentre stringeva i pugni, e sospirava, cercando in tutti i modi di non perdere la pazienza.

« Punto primo. Secondo me, ti stai inventando tutto sul momento, per giustificare una qualche tua mancanza importante, oppure un qualcosa che riguarda te e soltanto te, Zeus. E, punto secondo, se anche fosse vero e veramente, dovunque dovessi andare, ci fosse un fantomatico alleato per aiutarci ad evitare di vedere tutto il nostro mondo ridursi in cenere, vorrebbe dire che noi non siamo abbastanza? Che tu, carissimo il mio Monsieur Fulmini e Saette, ci hai trascinato in questa missione suicida ben consapevole che non ce l'avremmo fatta comunque? »

Zeus strinse gli occhi per tutto quel, seppur breve, periodo di tempo in cui Poseidone parlò. Poteva sentire la delusione, la rabbia, e anche capirle, fino ad un certo punto. Se soltanto Crono avesse inviato quella lettera prima, a quest'ora sarebbero già tornati con degli alleati in più, e forse, avrebbero già salvato il mondo.

« Non ci hai ancora detto la nostra destinazione, però... » mormorò Artemide, quasi impaurita, dallo sguardo truce che non era indirizzato a lei, ma bensì a quel grandissimo stronzo che era il dio del mare.

« Giusto, grazie di avermelo ricordato, Artemide. » le rispose, addolcendo sua il tono che lo sguardo.
« Bene... Il viaggio che dovremo fare non sarà molto lungo, si tratta solo di pochi giorni. La nostra destinazione è Ortigia, in Sicilia. » rivelò finalmente, sentendo come un peso venir sollevato dalle sue spalle.

Il resto dei dodici non ebbe una reazione esagerata, e lui fu grato di ciò. L'unico segno che tale rivelazione avesse avuto un effetto su di loro, era il viso di Efesto, non più corrucciato, o almeno, leggermente più rilassato rispetto a poco prima.

L'avevano presa abbastanza bene. Era positiva, la cosa. E se, per caso andando avanti qualcosa sarebbe anche potuto peggiorare, contava sull'appoggio di Ares, il quale onestamente era l'unico di tutti i presenti in quella stanza di cui poteva dire di fidarsi davvero.

« E siamo sicuri che non sia una trappola?... » domando nuovamente Atena. « Dal tono con cui parli di questo fantomatico alleato sembra che nemmeno tu lo conosca poi tanto bene, o mi sbaglio? » picchiettò con il cucchiaio sul bordo della tazzina, per poi aggiungere. « Per quanto ne sappiamo, potrebbe anche, non so, volerla, l'apocalisse? E ha architettato tutto questo per neutralizzare noi altri dotati che invece la fine del mondo la vogliamo evitare? »

" Non si sbaglia poi tanto, lo sai. " mormorò una vocina nella testa di Lucien: Crono alla fine era stato sempre così, sfuggente, bugiardo, doppiogiochista e approfittatore. E di questo, la colpa era anche un po' sua. Ma non era quello il momento per rimpiangere i propri errori. « Forse neanche io lo conosco così bene, hai ragione, cara Atena. Ma al momento lui è l'unica occasione per far sì che tutti, tutti, in questa stanza, tornino vivi alle loro vite di prima.
Non possiamo fare altro che fidarci per ora. »

La giovane non era affatto convinta di tale affermazione. Verne sbuffò. Avrebbe potuto tranquillamente lasciare che gli leggesse il pensiero, ma aveva fatto promettere, a lei, e agli altri, do non usare i loro poteri per nuocersi a vicenda, e in particolare, non farlo contro di lui fino a che non l'avrebbe permesso di sua spontanea volontà.

" Cioè mai. " aveva sentito mormorare da un Apollo che c'era rimasto piuttosto male. Non era sicuro del motivo per cui Poseidone ancora non avesse infranto quella regola, quando, conoscendolo avrebbe potuto infischiarsene. Uno dei tanti misteri del suo rivale, evidentemente. Oppure si trattava di un po' di buon senso. In quel caso, gli faceva piacere sapere che ne aveva ancora un po'.

Atena stava per aggiungere qualcosa quando, in quel momento, un suono sospetto, come di vetro spaccato, si udì dauna delle stanze secondarie. « Cosa cazzo- » la voce di Poseidone era molto più flebile di prima, probabilmente perché anche lui era intenzionato a capire l'origine del suono. Se qualcuno era entrato spaccando un vetro, ciò significava che non era qualcuno di autorizzato ad entrare. Un nemico.

La loro attenzione si concentrò su un altro suono, che si udì in quell'attimo esatto. Molto simile al ruggito d'un leone, e i passi di suddetto animale. Che sta succedendo!? domandò Efesto, il tono a metà tra l'innervosito e lo spaventato. Zeus invece, strinse i pugni, e i denti.

Doveva succedere tutto proprio quando dovevano mettersi in viaggio?

𝐈𝐑𝐈𝐒 ── .✦

Rubare non era mai stata davvero una scelta per lei. Era sempre stata una necessità. Ma con il tempo, di quella necessità era riuscita a farne tesoro. Togliere ai ricchi per dare ai poveri, come una novella Robin Hood. Usare l'astuzia per evitare guai più grandi di lei. Questo era Iris. Una ladra scaltra per i più benestanti, una salvatrice pet chi, purtroppo, faticava a portare il cibo in tavola.

Tutto ciò che lei faceva era calcolato, non un errore, non un gesto di troppo. Aveva una padronanza della sua peculiarità straordinaria, per la sua età, che niente aveva da invidiare ad altri dotati, anche più grandi di lei. Era proprio grazie a ciò che era riuscita a non farsi prendere durante tutto quel tempo.

E allora perché, in quel momento, stava correndo come una forsennata, nel bel mezzo della strada, con tutto il rischio di essere presa ed arrestata? Beh, probabilmente la risposta era quella grossa bestia che le correva dietro, talmente grossa che le sembrava che il terreno tremasse, sotto a quelle zampacce.

Ma bisogna fare un piccolo passo indietro, per capire meglio la situazione. Quella mattina stava girovagando per i bassifondi di Parigi, suo " territorio natale ", cercando di evitare la polizia, e al tempo stesso distribuendo la refurtiva a chi ne aveva bisogno.

Quando, all'improvviso, aveva visto una carrozza enorme, e da ciò che riusciva a vedere doveva contenere un animale, date le finestre estremamente piccole. Che razza di animale era così grande però? Non le risultava che ci fosse un circo, anche se sicuramente non sarebbe lì, ma nella zona più agiata della città, dove solo la gente più fortunata poteva godere di quella magia.

Aveva stretto i denti. Era curiosa di vedere quella fantomatica bestia, nasconda in quel mezzo, ma aveva anche paura di ciò che essa avrebbe potuto farle. Aveva esitato per qualche attimo, ma alla fine la curiosità aveva avuto la meglio ed aveva seguito la carrozza, usando la sua abilità per non farsi vedere.

Le cose iniziarono a farsi sospette quando la carrozza uscì dalla strada principale, e prese una stradina secondaria, che portava ad una casa in un parchetto abbandonato. La dea sapeva dell'esistenza di tale luogo poiché a volte, alcuni dei suoi conoscenti s'erano rifugiati lì per sfuggire ai controlli delle autorità, me quali non osavano avvicinarsi a quella zona.

Dicevano che fosse infestato da spiriti pagani. La giovane aveva sempre riso ogni volta che l'aveva sentito dire dai suoi compagni. Degli sbirri, gente dell'alta borghesia, che si spaventavano di fare il loro dovere perché " quello è un luogo infestato ". Era divertente vederli così terrorizzati per un qualcosa di oggettivamente stupido.

Con il senso di poi, si era sbagliata completamente su ciò. Ma non l'aveva capito fino a poco dopo. Man mano che s'avvicinavano al maniero abbandonato, Iris doveva usar sempre più spesso i propri poteri, dato che arrampicarsi sugli alberi non era un talento che possedeva, purtroppo per lei. La carrozza invece, nonostante il terreno fosse malcelato, scosceso e pieno di erbacce, si muoveva con un'agilità sorprendente.

" Ma come diavolo ci riesce!? " pensò lei, abituata a mezzi lenti e pesanti, facili da derubare. Certo era una novità per lei vedere cotanta velocità. E forse anche per questo, che non osava aggrapparsi a quella tanto invitante maniglia posteriore, che pareva fatta apposta per lei. Meglio era non rischiare, però.

Una volta davanti alla villetta, rimase a bocca aperta. O chi gliene aveva parlato prima le aveva mentito spudoratamente, oppure quel luogo era stregato veramente: i muri esterni, che lei s'immaginava fatiscenti, crepat, coperte di piante rampicanti erano in realtà di un violaceo scuro, come un'ametista. Le finestre erano di un marrone scuro, non rovinato ma bensì nuovo di zecca, e con delle rifiniture dorate. All'interno si potevano notare salotti e camere, e qualche figura sfuggente, do un cameriere o di una domestica. Il giardino intorno era curato splendidamente, e statue e fontane, insieme a piante rare l'abbellivano, facendolo sembrare quasi un luogo fatato.

Iris sospirò, probabilmente qualche borghesotto da quattro soldi l'aveva comprata, e l'aveva riportata al suo sfarzo originale. Un po' le dispiaceva, scompariva nelle mani dei ricchi un altro luogo dove loro, gente dei bassifondi, poteva trovare rifugio e compagnia. Strinse i pugni. Era ingiusto. E come a dar voce alla sua rabbia, un ruggito era risuonano nell'aria, un ringhio, misto ad un sibilo di serpente.

Guardò in quella direzione, giusto in tempo per studiare l'animale. Aveva un corpo di leone, zoccoli caprini e arti squamati. Di teste, ne aveva tre. Una di un leone, una di una capra, e una di un serpente.

Sembrava il mostro di una favola. La giovane rimase pietrificata sul posto, e smise persino di respirare. Vide un uomo uscire dal portone in legno, in abiti eleganti, probabilmente era il padrone della villa. O forse era semplicemente un servitore, non se ne intendeva molto di moda aristocratica.

Fatto sta, che, da dove si trovava, non riusciva a sentire bene cosa dicessero il cocchiere, sceso dalla carrozza, l'uomo che teneva legata la creatura, e l'uomo vestito elegantemente. Riuscì però a leggere le loro labbra, o almeno lo fece con poche parole. Le uniche abbastanza rilevanti erano Chimera e Dotati. Dedurre che la prima parola doveva essere il nome della creatura mostruosa.

« MERDA! »

Quell'urlo lo sentì molto bene, però. E potè ben vedere il motivo di tale imprecazione. La bestia si era liberata. Ma, sorprendentemente, non aveva ancora attaccato nessuno. Annusava l'aria, come un predatore che cerca le prede, mentre la lingua della terra centrale - quella del leone - scivolava sulle zanne ingiallite.

Iris aveva deglutire a vuoto, e poi aveva preso ad allontanarsi, piano piano, tremando come una foglia. Non sapeva quanto l'udito della creatura fosse sviluppato, era abituata ai cani, ma quelli erano facilmente evitabili. Quella cosa... la Chimera invece, non ne sapeva nulla, e ciò la terrorizzava a morte.

Riuscì ad indietreggiare per qualche metro, prima che, suo malgrado, calpestare un ramoscello, che si spezzò con un rumoroso crick! sotto al suo piede. " Oh, porca putt- " pensò, quando vide la bestia immobilizzarsi all'istante, puntando tutti e sei gli occhi nella sua direzione. Non poteva vederla, ma sapeva che era lì. E si era messa a correre.

E quello era il morivo per cui stava correndo, con tutte le sue forze, verso un'altra villetta borghese. Si arrampicò, non senza fatica, sulle grate del cancello, senza voltarsi a vedere quando la creatura fosse vicina a lei.
Fece appena in tempo a spaccare il vetro di una finestra per poter entrare, che quella Chimera butto giù il cancello.

Iris apri gli occhi: si trovava in un corridoio, in ombra. Probabilmente i suoi poteri si erano attivati d'istinto, per proteggerla da eventuali minacce, perciò tutte le lampade si erano spente. Stava per alzarsi, nonostante il dolore, quando sentì delle voci.

« Ma guarda tu, che mi tocca fare. » disse la prima di esse, sembrava scocciata.
« Sta zitto e accendi quella lanterna, Efesto. » lo rimproverò la seconda. Seguì uno sbuffo infastidito da quello che aveva capito chiamarsi... Efesto, come il dio fabbro. Non la stranì molto quella cosa, dato il nome che si era scelta per sé. Temeva invece cosa quei due avrebbero potuto farle se l'avessero trovata lì.

Cercò di concentrare ancor più i propri poteri, mentre la luce attorno a lei diminuiva sempre di più. Si raggomitolò in sé stessa, mormorando « Andate via... andate via... » e per un momento i passi su fermarono. Non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo, che la lanterna di cui le due voci avevano parlato prima le venne puntata in faccia.

Si ritrovò faccia a faccia con un uomo barbuto, abbronzato, i cui occhi scuri erano stretti in due fessure.
« Bene bene... cosa abbiamo qui? » disse lui, fissandolo nei suoi, di occhi, di un verde chiaro.
« Ermes, su, portiamola dagli altri. »
« Intendi forse " portala dagli altri ". Non ti scomoderesti tanto per
aiutarmi. »
« Lo faccio solo perché so che tu puoi farlo da solo. »
« Hmhm... sei insopportabile. »
« Non dire così, con te sono molto meglio che con.... Zeus, per esempio, vedila così! »
Iris aveva ascoltato quel dialogo cercando di captare più informazioni possibili: quei due erano amamici, e il tizio barbuto aveva parlato di un certo Zeus, una loro conoscenza comune a quando pare.

Si sentì sollevare da quello che probabilmente, anzi sicuramente era Ermes, poi fu trascinata nel buio più totale - ancora non si fidava abbastanza da annullare l'effetto dei suoi poteri, fino a quando non fu messa a sedere su una sedia, intorno ad un enorme tavolo rotondo, con al centro un enorme candelabro che produceva abbastanza luce da illuminare tutti coloro che sedevano lì intorno.

L'uomo di fronte a lei, che aveva un'aria austera, autorevole e sicura do sè, degna di ogni aristocratico, si sporse leggermente verso di lei, prima di domandarle.
« Chi sei tu? » in un tono che non lasciava spazio ad esitazione.
Non seppe perché, ma l'istinto le disse che quell'uomo era Zeus.
« Mi chiamo Iris, signore » rispose lei, e deglutì a vuoto.
« Ebbene, Iris. Sono curioso: perché ti sei introdotta nella mia proprietà, senza alcun invito? »

La dea spostò lo sguardo su ognuno dei presenti lì: tre, sei, nove... dodici. Poteva tentare di scappare, ma se quelli non si erano lasciati spaventare dalla sua peculiarità... non aveva idea di cosa avrebbero potuto farle.
« Ma ce l'hai la lingua o te l'hanno tagliata, ragazzina? Rispondigli! » le ordinò un uomo, che aveva uno sguardo truce che la metteva in soggezione, e non poco. Considerò l'idea di mentire, ovvero dire che era venuta lì per rubare.
Ma poi l'avrebbero denunciata, sarebbe venuta la polizia, e poi addio piano per aiutare i bisognosi.

Così si fece coraggio e parlò. « Mi sta inseguendo una... Chimera. »
Nel peggiore dei casi l'avrebbero presa per pazza e mandata a morire tra le fauci di quel mostro. E invece, ci fu un silenzio imbarazzante per almeno due minuti buoni, in cui su alcuni dei volti dei dodici estranei si allargò un sorriso incredulo, che un po' la fece innervosire, al pensiero che lei la vita l'aveva rischiato davvero, per colpa di quel maledetto essere!
« E adesso dove si trova? » le domandò finalmente Zeus, che pareva molto più nervoso, ora, quasi come se quel nome avesse attivato qualcosa nei meccanismi della sua mente.

Gli avrebbe dovuto dire anche della carrozza, a tempo debito, forse lui ne sapeva di più, e chissà, magari avrebbe anche potuto aiutarla a liberare quel posto, e anzi avrebbe anche potuto aiutarla con il suo progetto, magari mettendoci una buona parola con le autorità! Okay, stava decisamente iniziando a volare un pochino troppo con la fantasia. Per il momento serviva soltanto che la aiutasse a tirarsi fuori da quel casino enorme in cui si era cacciata.

« Ecco emh... è proprio qui fuori, nel vostro giardino, signore... » rivelò, timidamente, chinando il capo per evitare di vedere l'espressione dell'uomo, che in quel momento, era un misto tra l'incredulo.
« QUI!? IN CHE SENSO QUI- »
« Sta zitto, Dioniso, per l'amor del cielo! Poseidone, Ares, occupatevi di quella bestia. Afrodite, Artemide, occupatevi di Iris, invece. Che riposi. »

Due uomini e due donne si alzarono. I primi con un cenno del capo, si diressero verso la porta, le seconde invece, si avvicinarono a lei a passi lenti: la più giovane le porse la mano, che lei usò come leva per alzarsi. Non smise di stringergliela, mentre la portavano al piano superiore.

Una volta raggiunta una delle stanze, la ragazza la fece sedere sul letto, mentre l'altra si era messa a frugare nel bagno, in cerca probabilmente di medicazioni. « Sai, il tuo arrivo è stato proprio improvviso. Fino a poco prima che arrivassi tu stavamo per organizzarci per partire! » le confidò quella rimasta con lei.
« Oh, spero di non avervi dato troppo disturbo... »
« Macché! Non sapevamo proprio dove sbattere la testa, è stato tutto così improvviso! Quindi no, non ci hai affatto disturbato, però ci hai fatto prendere un brutto spavento! »
« Beh, forse non sono l'unica che ha avuto una brutta giornata... » le disse Iris.

ANGOLO AUTORE!
Ed eccoci qui al primo capitolo! Chiedo umilmente venia pet il mio inimmaginabile ritardo, ma tra l'inizio della scuola i bug e quant'altro, scrivere è stato un vero e proprio calvario, ma almeno ce l'ho fatta! Beh, spero proprio che vi piaccia almeno un po' e... beh nulla più, ci vediamo al capitolo due! 💪☺️

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