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6. Nuove conoscenze

Mi svegliai prestissimo per il mio primo giorno di Università e, nonostante dovessi essere lì per le undici per il discorso di benvenuto del rettore, uscii di casa alle nove e trenta. Avevo fatto una veloce colazione al bar, avevo preso la metropolitana ed in una mezz'ora scarsa arrivai di fronte all'Università. Era composta di tre edifici, due dei quali i principali e i più grandi, posti uno di fronte all'altro e divisi solo da una specie di mini campus all'americana. Tra i due c'era il terzo edificio e, tra le tante cose, un giardino letterario e uno spiazzo adibito con tavoli e panchine per mangiare e studiare all'aria aperta; al centro del campus una lunga fontana con delle scalinate su cui sedersi e tanto altro; all'open day non ero riuscita a vedere nemmeno la metà di tutto quanto e non vedevo l'ora di scoprirlo durante questi primi mesi.

Non volevo essere appariscente dal momento che non amavo esser notata, ma avevo osato leggermente di più rispetto al solito nell'abbigliamento: indossavo una maglia nera aderente di lana a maniche lunghe e una gonna rossa a quadri, con degli stivali anch'essi neri lunghi fin sotto al ginocchio. Truccandomi mi ero messa anche l'eye liner (che per me non è una cosa da poco conto); volevo veramente che questo giorno fosse come un nuovo inizio, ma tutto ciò che feci fu iniziare a perdermi.
Feci il grosso errore di sottovalutate quanto fosse dispersivo il primo giorno per una matricola e, nonostante l'edificio fosse giusto, sette piani e decine e decine di aule e quel via vai di studenti da ogni dove furono sufficienti per sentimi soffocare.

Feci un respiro profondo e mi misi in un angolo, tirando fuori dalla borsa la guida dell'università e buttando l'occhio sulla piantina sulla parete davanti a me.  Concentrata com'ero quasi non mi accorsi di un ragazzo che venne verso di me e con voce pacata mi si rivolse.

«Scusa, sai mica dov'è l'aula 126?»

La prima cosa che notai fu l'azzurro intenso dei suoi grandi occhi, che mi scrutavano speranzosi in cerca di aiuto. Il suo caschetto di capelli biondi, corti fin sopra le orecchie, risaltava i lineamenti delicati del suo viso.

«Vorrei saperlo anche io...» Ammisi in un sospiro affranto, tornando a guardare la mappa con le braccia conserte e la borsa che lentamente voleva scivolare dalla spalla al gomito.

«Possiamo chiedere a qualcuno allora... Scusatemi!»

Distolsi lo sguardo dalla mappa e vidi il ragazzo avvicinarsi ad un gruppetto di studenti più grandi, uno dei quali risaltava per la sua robusta corporatura, che subito gli indicarono la strada. Il piano era giusto, ma l'aula era nel lato opposto dell'edificio.
Lo raggiunsi e, dopo che ebbe ringraziato il gruppetto, si assicurò che lo stessi seguendo.

«Come fai a ricordarti tutte le indicazioni che ti hanno dato?» Gli domandai, sinceramente sorpresa di come fosse ormai sicuro di dove stesse andando.

«Ho una buona memoria e un buon senso dell'orientamento. Non avrei avuto problemi a trovare l'aula in un altro momento, ma essendo questo il primo giorno sono un po' in ansia.- mi sorrise genuino e leggermente imbarazzato, cosa che mi addolcì un poco -Sono Armin comunque.»

«[T/n]» Mi sforzai di sorridergli per mostrargli gratitudine di avermi aiutata e non risultare fredda o distaccata già a primo impatto.

Arrivammo all'aula 126 poco dopo con ancora, per fortuna, dieci minuti di anticipo, così prendemmo a sederci in seconda fila, lievemente di lato rispetto al centro, e chiacchierammo mentre altri studenti entravano nella grande aula. Mi raccontò che si era trasferito in questa città, molto lontana dalla sua, proprio per frequentare questa università, che era riconosciuta come la più rinomata dello Stato. Parlammo finché non arrivò il rettore, il signor Smith, a darci il benvenuto e a fornirci delle linee guida per orientarci e adattarci al meglio a questa nuova realtà. Il suo discorso durò circa una mezz'ora e dopo ci ritrovammo, io ed Armin, ad avere tre ore e mezza libere prima della nostra lezione pomeridiana. Decidemmo così di fare un giro dell'edificio e cercare di abituarci al meglio senza perderci costantemente.

Chiacchierando capii che Armin era un ragazzo timido, abbastanza introverso, ma molto intelligente e sveglio. Non mi fu troppo difficile parlarci siccome sembravamo condividere molti interessi tra libri e musica.

Concluso il giro, dal piano terra prendemmo le scale mobili, poste tutte al centro dell'edificio, per raggiungere il secondo piano e andammo verso i distributori automatici per prendere qualcosa da bere.

«Merda...»

Sentii Armin imprecare in un mormorio soffocato e guardai prima lui e dopo la macchinetta. «Che c'è?»

«Non mi eroga il caffè.»

Sbuffò e, dopo aver provato entrambi a dare due piccoli colpi, stava per rinunciarci e proponendo di andare a vedere se la mensa era già aperta.

«Quella dà sempre problemi, dovete usare il pugno di ferro!»

Nel sentire una voce alle nostre spalle ci voltammo entrambi. Ci stava venendo incontro uno dei ragazzi che aveva dato indicazioni ad Armin qualche ora prima, quello alto e robusto.

Si fermò al fianco di Armin e diede una forte spallata a lato del distributore, tanto che ebbi quasi paura potesse cadere; questa però barcollò solo un poco e iniziò a erogare il caffè nel bicchierino.

«Grazie mille...?»

«Reiner.» Rispose il bestione, sorridendo genuino.

«Io sono Armin. Lei è [T/n].»

Feci un veloce cenno con il capo e distolsi subito gli occhi, mantenendo la testa bassa e lo sguardo impassibile.

«Stiamo ancora cercando di capire come funziona, è tutto molto nuovo...»

«È normale, anche io al primo anno ero spaesato.» Reiner sorrise divertito, quasi come se cercasse di metterci a nostro agio. «Vi porto alla mensa se volete. Vi rivelo qualche trucco.» Ammiccò.

Armin mi guardò e, interpretando la mia alzata di spalle come un «come vuoi tu», con un cenno mi invitò a seguire lui e Reiner.

Reiner era uno studente del terzo anno e, a quanto pare, era molto popolare all'interno della nostra facoltà. Infatti quasi ogni persona che incrociavamo, lo salutava o gli stringeva la mano, scontrando le spalle l'un l'altro. Capii allora perché si comportava in modo tanto gentile disponibile con noi: lo era con tutti, molto semplicemente.

Entrati alla mensa al piano terra pagammo e prendemmo qualcosa da mangiare. Reiner ci portò ad un tavolo all'aperto dato che c'era il sole e non faceva eccessivamente freddo o caldo, e in quel modo avevamo quasi l'intera vista del campus.

«Di qua Annie!»

Appena mi sedetti Reiner urlò rivolto a qualcuno, ancora dentro, e un attimo dopo una ragazza uscì con un vassoio e venne verso di noi. Si sistemò al fianco di Reiner, di fronte a me, e potei osservarla meglio; era bassina, capelli biondi e occhi azzurri come Armin, ma a differenza sua questi ultimi erano taglienti e gelidi.

«I vostri sguardi si somigliano parecchio, fate impressione una di fronte all'altra.» Osservò Reiner, guardando prima me e poi la sua amica.

«Perché sei insieme a delle matricole?» Questa non si curò di ciò che aveva detto e iniziò a mangiare la sua pasta.

«Li ho aiutati alle macchinette ed ora li sto aiutando ad orientarsi nei primi giorni. Allora- disse e si rivolse a noi -cosa volete sapere?»

Armin cominciò a tempestare Reiner di domande durante il pranzo. Dal canto suo Reiner cercò di rispondere a tutto e a darci anche dei consigli, come occupare le ore buca ad esempio (la maggior parte delle matricole facevano spesso e volentieri l'errore di cazzeggiare, fondamentalmente, per poi ritrovarsi senza abbastanza tempo per studiare entro la data degli esami).

Lui ed Annie stavano parlando dei professori, quando sentii il mio cellulare squillare e mi alzai per rispondere.

«Zeke l'insegnante prodigio?» Sentii Armin chiedere conferma, e mentre loro parlavano mi allontanai.

«Sono all'Università.»

«Lo so, ti ho chiamato per chiederti a che ora esci infatti.»

Ci pensai su un momento. «Verso le 17:30.»

«Perfetto. A più tardi.»

«Eren aspet-»

Aveva già riattaccato ed io con un sospiro tornai al tavolo dagli altri.

«Non credo insegnerà da voi però, un peccato perché è proprio bravo a spiegare.» Concluse Reiner il discorso che mi ero appena persa.

Poco dopo lui ed Annie se ne andarono perché avevano una lezione, ed io e Armin rimanemmo soli.

«Tu hai capito tutta la questione dei crediti CFU e la verbalizzazione degli esami?»

«Credo di sì. Ma suppongo che capiremo tutto col tempo.» Risposi, rimettendomi la borsa in spalla, e rientrammo per recarci alla nostra lezione, in cui ci dissero che libri prendere e che libri non erano necessari, oltre che introdurci le materie che avremmo studiato; sembravano tutte molto interessanti e noi due ne parlammo a lungo usciti dall'aula.

Vedemmo Reiner ed Annie fermarsi a chiacchierare con un gruppo di loro compagni di corso e li salutammo, per poi uscire definitivamente dall'edificio.

«Dovremo presto vederci il nostro piano carriera, il tutor, quanti esami vorremo tenere per la sessione invernale...»

Ascoltavo distrattamente Armin già parlare degli esami, finché non posai gli occhi su un ragazzo appoggiato ad una moto e che stava chiacchierando con due ragazze.
Ricononobbi Eren all'istante e, senza capirne il motivo, provai una strana sensazione, come infastidita nel vederlo parlare con due ragazze, all'apparenza in modo "troppo amichevole"; mi stupii io stessa di sentirmi così.

«Eren!»

Arrestai il passo e, allibita, fissai Armin salutare Eren e andargli incontro con un sorriso raggiante e al contempo pieno di sorpresa, come se lo conoscesse da una vita.
Eren in un primo momento parve sorpreso quasi quanto lui, poi sorrise felice. «Hey, Armin! -si allontanò dalle ragazze senza nemmeno salutarle e in qualche modo mi sentii sollevata- Non pensavo di vederti già oggi.»

«Ma allora cosa ci fai qui?»

Fu presto detto. In quel momento Eren notò la mia presenza alle spalle di Armin e (credetti inizialmente fosse una mia impressione) i suoi occhi parvero illuminarsi quando li posò sulla mia intera figura.

Non riuscii a mentenere quel contatto visivo e mi voltai a guardare Armin, ora al mio fianco, che faceva guizzare gli occhi da Eren a me e viceversa.

«Vi conoscete?» Chiese poi timidamente quando Eren fu finalmente di fronte a noi.

«Potrei chiedervi lo stesso.» Risposi io altrettanto confusa, ma mascherandolo con un espressione indifferente.

Eren sembrò riprendersi da uno stato di trans e mi staccò finalmente gli occhi di dosso, portandoli ad Armin. «Non pensavo di vedervi insieme. Mi avete colto impreparato con le presentazioni.»

Detto ciò mi presentò Armin come suo migliore amico, dopo il suo trasferimento: a quanto pare era l'amico che aveva accennato la scorsa volta al Mc, ma al quale non avevo dato troppa importanza. Successivamente presentò me come una sua amica d'infanzia, prima del trasferimento, e con la quale ora stava riprendendo i rapporti.

Armin capì e annuì, guardando me con un sorriso genuino. «Sono molto felice allora di frequentare il tuo stesso corso. Spero faremo presto amicizia.»

Ricambiai il suo sorriso, quando Eren mi prese la mano e me la strinse. Nonostante fino al giorno prima gli avessi detto, ed era vero, che il contatto fisico non lo apprezzavo particolarmente, ora la sua stretta mi trasmetteva un insolito sollievo. Mi sentivo ancora parecchio a disagio, ma tentai di ignorarlo.

«Ora scusa ma dobbiamo andare.» Eren salutò Armin e mi trascinò verso la sua moto, ed ebbi appena il tempo anche io di salutare il biondo.

«Stasera ti messaggio per farti sapere di tuo f-»

«Sì, sì, okay.» Il castano lo sviò cantilenando e arrivati alla moto mise la mia borsa nel porta bagagli e mi porse il casco.

«Mi riaccompagni a casa?» Gli chiesi prima di metterlo addosso.

«Prima voglio portarti in un posto.» Mi sorrise lui sornione, indossando il suo casco e invitandomi a salire dietro di lui sulla moto.

Non gli feci altre domande, mi strinsi alla sua giaccia di jeans e partì.

*Spazio Me*
Amo l'ambiente universitario!
Ho cercato (e cercherò da adesso in poi) di descrivere l'università nel modo più generale possibile, così che potrete immaginarvi di frequentare la facoltà che volete/che state frequentando veramente!

*Levi la porta via*

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