36. Un lungo sogno
«Svegliati! Ti prego alzati!»
Continuavo a scuotere il mio stesso corpo, riverso sul volante. Un rivolo di sangue era colato lungo la mia fronte e le mie braccia erano abbandonate a penzoloni ai lati delle mie gambe. Potevo chiaramente vedere una mia gamba rotta, ripiegata in modo insolito e doloroso alla sola vista.
«Per favore... Ti supplico tirati sù!» Scuotevo le mie spalle inutilmente, guardando il mio corpo non muoversi di un sol millimetro, e lentamente mi feci cadere sulle ginocchia e poggiai la fronte sulla coscia del mio corpo incosciente. Tirai debolmente un pugno a lato del sedile e cominciai a piangere in silenzio.
«Dio, ti prego... Ho così... così tante cose da fare ancora... Ti scongiuro...»
Singhiozzando, sentii un rumore improvviso provenire dall'interno dell'auto e in uno scatto alzai la testa. La radio si accese e dopo qualche rumore disconnesso, partì a suonare.
Deep in my heart there's a trembling question*
A fatica mi alzai e con una mano mi asciugai gli occhi ancora gonfi di lacrime, guardando attentamente la radio accesa.
Still I am sure that the answers
Answers gonna come somehow
"Questa canzone io l'ho già sentita..."
Out there in the dark
There's a beckoning candle
La canzone non sembrò provenire più dalla radio, ma dalle mie spalle, e mi girai per capirne la provenienza.
And while I can think, while I can talk
Inconsciamente il mio corpo, o qualsiasi cosa fossi in quel momento, si mosse e cominciò lentamente a correre, alla disperata ricerca di quella canzone.
While I can stand, while I can walk
Non sapevo perché, ma sentivo la forte necessità di raggiungere quella canzone, la stessa che sentivo di conoscere da sempre, seppur sepolta in un angolo remoto della mia mente.
While I can dream
Col batticuore continuai a correre finché non giunsi davanti casa mia.
Oh please let my dream
Come true
Senza esitazione spalancai la porta e vidi mia madre, seduta sul divano davanti al nostro vecchio televisore a tubo catodico.
Right now
Let it come true right now
Capii che la canzone proveniva da lì e mi avvicinai per guardare. C'era Elvis Presley che stava cantando, ormai al termine della sua esibizione, e mia madre non sembrava nemmeno avermi notato. Mi posizionai dietro al divano, alle sue spalle, e guardai la fine dell'esibizione insieme a lei.
«Piace anche a te Elvis, vero amore mio?»
Abbassai gli occhi per guardare mia madre, che ora teneva in braccio una bambina che ad occhio sembrava avere due anni. Seduta sulle gambe di mia madre, si portò alla bocca una mano e assuefatta guardava anche lei lo schermo.
«È stata mia madre a farmi conoscere Elvis. Devi sapere che era una sua grande fan, nonostante sua madre fosse del tutto contraria a farglielo ascoltare. Dalle mamme dell'epoca, Elvis era ritenuto "il male".»
Mentre mia madre parlava, superai il divano e arrivai al suo fianco. Guardando negli occhi quella bambina, capii subito di essere io.
«Eppure, mia madre continuava ad ascoltarlo. Era come un porto sicuro... E non capiva perché tutti i genitori non lo apprezzassero tanto quanto lei. E a dir la verità nemmeno io lo capisco... Era un ragazzo così buono e gentile...» Mia madre alzò di nuovo gli occhi sul televisore e così feci anche io, notando che era partita un'altra esibizione.
Decisi di sedermi sul tappeto e, con la schiena poggiata sulla poltrona, mi portai le gambe strette al petto e appoggiai il mento sulle ginocchia, girandomi poi per guardare l'esibizione.
Treat me like a fool
Treat me mean and cruel
But love me**
Cullata da quella dolce ballata, spezzata di tanto in tanto dalle urla delle fan, mi rilassai e socchiusi gli occhi. Chissà come, me ne ero totalmente dimenticata: mia madre mi parlava perennemente di Elvis, faceva ascoltare a me e Levi le sue canzoni e guardare le sue esibizioni e concerti. Era in questi momenti che stava sempre con noi, ci teneva stretti a sé e ci coccolava, finché non ci addormentavamo. Fino a quel momento i ricordi che avevo di mia madre erano tutti negativi, come le notti passate in bianco a sentirla con un suo cliente, nella sua camera da letto, oppure la sua lenta, dolorosa e triste morte. E avevo ormai dimenticato invece questi momenti, così belli e pieni di felicità.
If you ever go
Darling, I'll be oh so lonely
I'll be sad and blue
Crying over you, dear only
Mi voltai verso mia mamma e guardai il suo volto, così delicato e bello. Mentre mi stringeva le sue labbra si muovevano impercettibilmente a seguire il testo della canzone e i suoi occhi grigi erano incollati alla tv. Potei così notare un luccichio illuminarle le pupille.
Abbassai lo sguardo sul tappeto, sovrappensiero.
«Ti ricordi quando ti avevo detto che avevo accompagnato [T/n] a riportare la sciarpa ad Eren, no? Appena l'ha visto, i suoi occhi si sono illuminati di una luce che... Lei non ha mai avuto quel luccichio negli occhi in mia presenza.»
Mi strinsi nelle spalle e tornai a guardare mia madre, che però non vidi più. Al suo posto vidi me stessa, nella medesima posizione, con quello stesso luccichio nelle pupille che aveva anche mia madre guardando Elvis.
Mi girai per capire cosa stessi guardando, e al posto del televisore vidi Eren appoggiato contro al muro, con la testa bassa e le braccia stese sulle sue ginocchia, nella posizione in cui l'avevo trovato la notte scorsa.
«Eren?» Non capii se a chiamarlo ero stata io o la me sul divano, ma Eren alzò la testa e puntò i suoi occhi stanchi suoi miei.
I would beg and steal
Just to feel your heart
Beatin' so close to mine
Avvertii il forte impulso di avvicinarmi e abbracciarlo, ma il campanello della porta di casa suonò e distolse la mia attenzione da Eren.
«Arrivo!» Mia madre scese le scale e corse ad aprire, così da far entrare Hanji.
«Fa un freddo fuori!» Hanji si tolse la giaccia e le scarpe, seguendo mia madre fino al tavolo da pranzo. Mi alzai e feci lo stesso, trovando Levi seduto al loro fianco a bere una tazza di cioccolata calda. Io ero seduta sulle coscie di mia madre, proprio come poco prima.
«Finalmente mi hanno promossa, sono talmente felice che potrei saltellare e urlare in giro!» Sorrideva Hanji con occhi vispi, mentre mia madre si limitò a ridacchiare.
«Davvero ti basta così poco per essere tanto felice?»
«Che intendi dire? Sentiamo, per te cos'è la felicità?» La bruna si sistemò gli occhiali e curiosa attese una risposta.
Mia madre prima guardò Levi e poi me, per poi rispondere così.
«Per me la felicità è trovare l'amore. Quando trovi qualcuno da amare, per cui sacrificheresti la tua stessa vita, non esiste felicità più grande.»
Vidi il viso di mia madre illuminarsi di un bellissimo sorriso, che sembrò farla tornare ragazza. Giovane, piena di bontà e amore.
«E voglio lo stesso per Levi e [T/n]. Voglio che anche loro sappiano che la vera felicità si trova amando qualcuno.»
Era vera quella conversazione? Era avvenuta sul serio? Tutto quello che vedevo di fronte ai miei occhi era successo veramente? O era soltanto frutto della mia immaginazione? Forse prima di morire stavo sognando o ripercorrendo momenti della mia esistenza, o ancora, forse ero già morta ed era questo che c'era dopo la morte. Un viaggio lungo ricordi ed esperienze passate.
Sentii una voce sottile provenire dal piano di sopra e mi allontanai dalla cucina, lasciando la mamma ed Hanji parlare. Salii le scale per seguire quella voce tanto dolce, fino ad arrivare alla porta della camera da letto, prima della mamma ed ora di Levi.
Lentamente la socchiusi per sbirciarne l'interno, fino ad aprirla totalmente quando vidi di nuovo mia madre. Era poggiata con la schiena sulla testata del letto e le ginocchia sollevate, che guardava le sue coscie in un tenero sorriso. Mi avvicinai e, appoggiata sulle sue coscie, c'ero io che le sorridevo a mia volta. A quel punto, mia madre ricominciò a cantare in un sussurro delicato.
«Love me tender,
Love me sweet,
Never let me go
You have made my life complete
And I love you so»***
Guardai quella scena a lungo, quando la mia vista si annebbiò e le lacrime scesero copiose sulle mia guance.
«Love me tender,
Love me true,
All my dreams fulfilled
For my darling I love you
And I always will»
Crollai sulle mie ginocchia e portai le mani a coprirmi il viso, nel tentativo di asciugarmi le lacrime.
«Per favore... Ti prego, datemi un'altra possibilità. Chiunque ci sia lassù, ti scongiuro dammi una seconda possibilità. Non chiedo altro, solo una...»
«I'll be yours through all the years
Till the end of time...»
• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
Non seppi quanto a lungo rimasi in quello stato di incoscienza. Di tanto in tanto sentivo delle voci, ma per la maggior parte del tempo il mio sonno era vuoto e silenzioso. Avevo la sensazione di galleggiare in un Limbo, dove tutto era buio e inconsistente. Quando lentamente iniziai a riaprire gli occhi mi ci volle del tempo per riprendermi e abituarmi alla luce. Non ricordavo nulla di ciò che era successo e avevo la sensazione di aver fatto un sogno molto lungo, di cui però non avevo alcuna memoria.
La prima cosa che vidi fu il soffitto bianco e, subito dopo, l'odore di disinfettante inondò le mie narici e mi fece storcere il naso per il fastidio. Molto lentamente iniziai a metter a fuoco le cose attorno a me e cercai di girare il collo, ma era come bloccato da qualcosa, così spostai gli occhi da una parte all'altra della stanza nel tentativo di capire in che situazione mi trovavo. Avvertivo un forte dolore lungo tutto il corpo, mentre osservavo ora il mio braccio sinistro steso sul letto, con inserito un ago che mi iniettava una sostanza simile all'acqua, ora la mia gamba destra sollevata da un supporto metallico, avvolta nel gesso da sotto il ginocchio fino alla caviglia. Era in trazione, perciò anche volendo non la potevo muovere, oltre che per il dolore che mi avrebbe provocato farlo.
Mugugnai, più per assicurarmi di essere effettivamente lì che per il dolore, e nel tentativo di portarmi la mano destra alla testa la sentii stretta in qualcosa. Abbassai quindi gli occhi e vidi mio fratello appoggiato al letto sul quale ero distesa, con le braccia conserte che ne nascondevano parzialmente il viso; una sua mano teneva stretta la mia, impedendomi di muoverla, e aveva gli occhi chiusi e respirava profondamente. Tuttavia non sembrava avere un sonno tranquillo, a giudicare dalla fronte aggrottata.
Gemetti una seconda volta quando provai a muovere di nuovo il collo e solo in quel momento mio fratello socchiuse gli occhi. Non appena mi vide sveglia li spalancò del tutto e si tirò su in uno scatto, per un istante spaesato.
«[T/n]!» Mi chiamò con voce sostenuta.
Cercai di parlare, ma la gola secca non me lo permise e ne uscì solo un suono rauco.
Al mio ennesimo tentativo di girarmi verso di lui, alzò una mano e mi fece segno di calmarmi. «Hai un collare cervicale. 'Sta ferma.»
Lo guardai in silenzio, tornando un momento dopo a far saettare gli occhi per tutta la stanza.
«Siamo all'ospedale. Hai avuto un'incidente in auto, ricordi? Uno ti è arrivato addosso e avete fatto un frontale.» Cercò una conferma nel mio sguardo.
Tornai a guardarlo e riuscii a mormorare un «no» flebile.
Il quel momento un'ombra di preoccupazione gli passò sul viso. «...Sai chi sono, vero?»
Mi ci vollero una manciata di secondi per metabolizzare e rispondere, sia per il dolore alla gola sia per assicurarmi io stessa della mia risposta.
«Levi...»
Sospirò sommesso e si portò la mia mano, tenuta stretta nelle sue, alla fronte ancora tesa. «Per fortuna sei viva...»
Lo osservai rimanere in quella posizione con gli occhi chiusi, in silenzio, quando sentimmo la porta aprirsi. Girai gli occhi, ma mi fu sufficiente l'udito per capire chi era.
«Dio mio [T/n]!» Hanji mi raggiunse e si chinò per abbracciarmi, con occhi gonfi di lacrime.
«Ti sei svegliata finalmente, non sai quant- oddio scusami!» si allontanò da me appena gemetti per il dolore, e si assicurò che non mi avesse fatto nulla di grave.
«Ha- Hanji...» Ancora, la mia voce era troppo roca per poter formare una sola frase e Levi mi lasciò la mano per alzarsi.
«Vado a far chiamare il dottore e ti porto dell'acqua fresca.»
Quando Levi uscì, Hanji avvicinò una sedia al letto e si sedette al mio fianco. «Non sforzarti, resta rilassata.»
Dopodiché, prese un piccolo telecomando e tenne premuto un pulsante per sollevarmi la testa.
«Così va meglio?»
«Che... giorno è?» Mormorai ignorando per un momento la sua domanda, sperando che Hanji mi avesse sentito.
«Martedì. Sei rimasta incosciente per quattro giorni dopo l'incidente. Avevamo paura che non potessi più... Dio, non voglio nemmeno pensarci...» Hanji appoggiò i gomiti sul letto per coprirsi il volto con le mani, mentre io lentamente elaboravo ciò che mi aveva detto.
"Solo quattro giorni?" mi ritrovai a pensare, sentendo di aver dormito per mesi interi.
«Siamo stati così tanto in pena [T/n]. Non avevo mai visto Levi in quello stato... Era talmente spaventato alla sola idea di perdere anche te povero...»
Volevo chiedere altro, ma la porta della mia stanza si riaprì ed entrò Levi con stretta in una mano una bottiglietta d'acqua fredda. Ebbe il tempo di aiutarmi a bere qualche sorso, prima che un dottore in camice bianco ci raggiunse.
Fui sottoposta ad una lunga visita e ad altrettante domande, finché quel dottore non uscì al fianco di Hanji e mio fratello, lasciandomi sola. Sentivo le loro voci al di là della porta, ma approfittai di quella solitudine per riflettere su tutto ciò che mi era successo, arrivando ad una sola conclusione.
Avevo rischiato di morire. Stavo per morire.
Nel ripetermi quelle frasi, avvertii la sensazione di faticare a respirare e con un piccolo sforzo riuscii a bere un altro sorso d'acqua. Mi portai poi una mano al petto e con la poca forza che avevo strinsi la camicia d'ospedale, nel vano tentativo di strapparmi di dosso quel peso che via via stava formandosi.
"Se non fossi riuscita a premere in tempo il freno per attutire l'impatto, a quest'ora io... io adesso..."
Un brivido percorse la mia spina dorsale e rabbrividii dalla testa ai piedi, ripensando a quel solo attimo che poteva decretare la mia fine. Molti dicono che, ad un passo dalla morte, in un solo istante la propria mente ripercorra i ricordi più importanti e riviva alcune esperienze vissute. Eppure io non avevo visto un bel niente. L'impatto era stato talmente veloce che non ebbi nemmeno il tempo di capirci qualcosa. Ero riuscita a portare il piede sul freno per semplice riflesso.
Un pensiero mi attraversò la mente e strabuzzai gli occhi. In un sussulto mi portai una mano alle labbra tremolanti, mentre con l'altra continuavo a stringere la camicia sul petto fino a sentire male alle dita. Il peso sul mio cuore si fece più opprimente e senza nemmeno accorgermene le lacrime iniziarono ad offuscare la mia vista, scendendo copiose lungo il mio viso e arrivando sino al collare. Scossa dai singhiozzi, non solo ignoravo il dolore al corpo, ma non sentii nemmeno la porta riaprirsi e Levi ed Hanji tornare. Quando mi videro in quello stato, Hanji fu la prima a raggiungermi.
«[T/n] sta' calma adesso, il dottore ha detto che nonostante il colpo ti riprenderai presto! Tra non molto toglierai questo collare e poi sarà il turno del gesso!»
«N-no... no, no, no...!» Levai la mano dalla mia bocca e cercai di asciugarmi il viso dalle lacrime, quando Levi prese dal tavolo sotto la finestra un pacchetto di fazzoletti. Ne tirò fuori uno e delicatamente mi levò la mano, asciugandomi lui stesso la faccia.
«Sono... sono stata c-così stu... così stupida cazzo! Stupida, stupida, stupida.» Continuavo a ripetere tra i singhiozzi, prendendo a colpirmi da sola la testa con il palmo della mano.
Fu Hanji a fermarmi prima che mi potessi provocare altro dolore. «Ma di cosa parli [T/n]? Amore non è colpa tua, non darti colpe che non hai.»
«No io... P-per tutta la mia vita non ho fatto altro c-che pensare al futuro... a pre-prepararmi per il futuro. Non ho mai... pensato al presente e tu-tto quello che riuscivo a fare erano progetti, progetti... h-ho letteralmente programmato la mia intera vita, nei minimi, minimi dettagli. Fin-fino all'ultimo istante... Ho buttato tutto ed-ed io ora- io adesso sono-»
Mi dovetti fermare per cercare di calmarmi. Avevo la gola tremendamente secca e per un istante ebbi addirittura il timore di soffocare nel mio stesso pianto, così presi ad ansimare velocemente, nel tentativo di respirare a pieni polmoni. Finii per spaventare sia Hanji che Levi, che molto probabilmente non capivano nemmeno cosa stessi blaterando. Per loro stavo solo avendo una crisi di panico, ma c'era dell'altro che non riuscivano a vedere.
Mi ero appena resa conto di cos'era stata la mia vita fino a quel momento, ed ora dovevo fare i conti col suo incommensurabile peso.
*Spazio Me*
Tutte le canzoni presenti nel capitolo sono di Elvis:
*If I Can Dream- Live from the '68 comeback special.
**Love Me- on The Ed Sullivan Show
***Love Me Tender
*Levi la porta via* dio mio quanti asterischi.
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