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33. Rimani

N.A. Giuro solennemente di non essere in alcun modo simp per Floch.
Forse... non odiatemi😔🤏🏻

«Mi spiace, ma Eren non è a casa.»

«Capisco... Grazie comunque.» Ringraziai il professor Zeke al citofono, e lo sentii chiudere. Il primo posto in cui avevo provato a cercare Eren era ovviamente a casa di suo fratello, ma non c'era. Avevo anche provato a chiamare Armin, ma nessun risultato.

Tornai quindi in macchina e poggiai la testa sul sedile, chiudendo gli occhi. Mi stavo agitando e feci mente locale per pensare ad un luogo dove potesse trovarsi Eren. Riaprii poi gli occhi e accesi il motore, diretta all'unico posto che mi venne in mente.
Parcheggiai e scesa dall'auto raggiunsi a passo sostenuto l'entrata dello strip club. Vidi alcune ragazze in giro, al bancone o sedute ai tavoli, ma per fortuna non c'erano esibizioni o feste. O almeno, non ancora...

"Devo sbrigarmi." Notai qualcuno sistemare il palco e mi guardai frettolosamente attorno, cercando Eren.

Al bancone vidi un viso conosciuto, impegnato a parlare con una ragazza, e in assenza di altri andai verso di lui.

«Bertholdt.»

Il bruno si girò verso la mia direzione e trasalì un poco.

«Tu non sei... quella alla festa di Reiner?»

Annuii e fulminai con lo sguardo la ragazza al suo fianco, che colse il segnale e intimorita si allontanò.

«Sì, sono [T/n].» Mi guardava con agitazione e portai le mani avanti «Non parlerò a nessuno di questa cosa all'università, non ti preoccupare.»

Bertholdt si rilassò all'istante ma tornò a guardarmi con serietà. «Già, ti chiami [T/n]. Un momento... sei la ex di Eren?»

Immaginai che Eren gli avesse parlato di me e subito gli annuii. «Esatto. È qui per caso?»

Pregai che confermasse i miei dubbi, tuttavia Bertholdt negò con la testa.

«Era qui fino ad un'ora fa, ma poi se n'è andato.»

«E sai dove?» Mi affrettai a chiedere speranzosa, ma lui negò una seconda volta.

«Non ne ho idea, mi dispiace.»

Sprofondai e inizia a perdere le speranze quando mi resi conto che non sapevo minimamente dove cercarlo.

Tirai fuori dalla borsa il mio cellulare per tentare di richiamarlo.

«Grazie comunque.»

Feci per andarmene di corsa, ma la voce di Bertholdt mi trattenne.

«Prima di andarsene, Eren ha parlato con Floch. Forse lui sa dov'è.»

Tornai subito da lui. «Dov'è Floch?»

«Nel retro.» Mi indicò una stanza alle sue spalle e lo ringraziai frettolosamente.

Era passata circa un'ora da quando Eren se n'era andato, quindi poteva già essere lontano. A quel punto mi conveniva fare un ultimo tentativo.
Bussai con forza alla porta. «Floch? Sono [T/n], apri.»

Nessuna risposta. Quando riprovai e non ricevetti altro che silenzio, senza attendere altro tempo spalancai la porta. Quello che vidi però mi contorse lo stomaco.

Floch era su di un divano in compagnia di una ragazza mezza nuda, a cavalcioni sulle sue gambe, e i due si stavano baciando abbastanza a fondo prima del mio arrivo.
Quella ragazza al rumore della porta aprirsi si voltò di scatto nella mia direzione, con leggero spavento, e così fece Floch.

«Oh, sei tu [T/n].» Mi sorrise con una certa luce negli occhi. «Sai che è sempre un piacere vederti, ma come vedi sono un attimo impegnato, quindi se non è una cosa importante o non vuoi essere al suo posto...»

Sospirai già innervosita e alzai gli occhi al cielo. «Devo parlarti. Sto cercando Eren.»

«Aspetta cinque minuti e ti raggiungo.»

Con noncuranza Floch tornò a baciare quella ragazza sulle sue gambe, come se io non fossi più lì. Digrignai i denti e mi avvicinai ai due, per nulla intenzionata ad andarmene. Senza delicatezza o alcun riguardo strinsi e tirai una ciocca di capelli di quella ragazza, facendola urlare per il dolore.

Con forza la feci girare verso di me e la guardai intimidatoria, sibilando. «Esci subito o ti trascino via per le tue extension di merda.»

Colta la minaccia, immediatamente la ragazza raccolse da terra le sue cose e spaventata corse via.

«Sono senza parole. Mi hai eccitato più te in tre secondi che lei in dieci minuti.»

Mi girai per guardare Floch dall'alto in basso, mentre sogghignava compiaciuto.

Infastidita e nauseata, evitai di peggiorare la situazione tirandogli un calcio e passai subito al dunque. «Smettila e ascoltami. Sai dov'è Eren?»

«No.» Disse in un sospiro, alzandosi dal divano per sistemarsi jeans e camicia. «Non mi ha detto dove andava.»

«Merda...» Mormorai tra me e me e Floch riprese.

«Sembrava parecchio depresso, quindi credo sia andato in un bar a bere, ma non ne sono sicuro. Per quanto ne so, potrebbe essere ovunque.»

«E poi non sono miei amici, sono solo colleghi.» Mi tornò in mente quella volta e mi portai una mano alla fronte, scoraggiata.

«Sì, ho capito... Ora vado.» Non lo ringraziai o scusai nemmeno per averlo disturbato nella sua pausa e andai verso la porta.

«Ah già, mi sono ricordato di una cosa.» Mi fermò e tornai a guardarlo. «Siccome mi ha preoccupato vederlo conciato così, con una scusa mi sono fatto prestare il suo cellulare e ho condiviso sul mio la sua posizione in tempo reale.»

Dicendo ciò, sfilò il suo cellulare dalla tasca posteriore dei jeans, lo sbloccò e da lontano mi mostrò la posizione di Eren.

Sospirai sollevata e mi avvicinai. «Oddio grazie, dà qua.»

Non appena allungai una mano per prendergli il telefono però, Floch lo sollevò in aria.

«Ah-ah, aspetta un po'. Cosa mi dai in cambio?»

«Un calcio nelle palle se non mi dai subito il cellulare.» Cercai di afferrarlo di nuovo, ma lui lo tirò più su in un ghigno.

«Non era quello che intendevo.»

Capii dal suo sguardo cosa volesse e sospirai frustrata. «Non è il momento di queste cazzate.»

«Se non vuoi andarci giù pesante, mi basta un bacio sulle labbra.»

«Non ci penso nemmeno.» Cercai di tirargli un pugno nello stomaco, ma agile mi bloccò con la mano libera. Ritentai con un calcio, ma indietreggiò subito e lo scansò. Non voleva cedere.

«Sulla guancia allora. È la mia ultima offerta.» Si fece più serio.

Non avevo altro tempo da perdere. Avevo bisogno di sapere dov'era Eren e in fretta. Avrei potuto pestare Floch e farmi dare il cellulare con la forza, ma ci avrei messo molto di più e, per quanto ne sapevo, Eren poteva essere nei casini o tra non molto si sarebbe allontanato ancora di più.

Ero certa che Floch avrebbe approfittato del momento per rubarmi un bacio sulle labbra in ogni caso, dunque fui veloce. Gli afferrai con forza la mascella, sprofondando il pollice in una guancia e le dita nell'altra e serrandogli il mento nel palmo, così da non permettergli di girarsi.
Mi avvicinai, pensando di farcela, ma sottovalutai la tenacia di Floch: con gran velocità levò la mia mano dalla sua faccia, stringendola, mi portò la mano con cui teneva il cellulare dietro la nuca per attirami di più a sè e così mi baciò sulle labbra.

Nell'istante dopo, non appena sentii le sue labbra posarsi sulle mie, provai ad allontanarmi ma Floch non sembrava intenzionato a mollare la presa. Cercò persino di approfondire il bacio e d'istinto gli sferrai una ginocchiata nella bocca dello stomaco, facendolo finalmente allontanare e gemere dal dolore.
Quando si piegò per stringersi la pancia gli rubai il telefono di mano e guardai subito la posizione di Eren, pulendomi le labbra con la manica della giacca.

«Sei un bastardo masochista.»

"Per fortuna non è andato molto lontano..." pensai subito dopo, trovando Eren ad un bar a cinque minuti di distanza in auto.

«Non mi ringrazi?»

«Ti ho già ringraziato non mirando più in basso.» Buttai in malo modo il suo cellulare sul divano e andai verso la porta.

«Ma ne è valsa la pena. Lo rifarei volentieri.»

Floch ghignò e lo guardai in una smorfia turbata. «Tagliati quei capelli. Sembri Ken di Barbie.»

Non attesi una sua risposta e lo lasciai ancora piegato dal dolore per correre fuori dal locale e tornare alla mia auto.

Arrivata al bar parcheggiai e velocemente scesi, sperando con tutta me stessa che Eren nel mentre fosse rimasto fermo lì.
Stavo per entrare ma quando mi diedi una veloce occhiata intorno vidi qualcuno seduto per terra, appoggiato al muro esterno del locale. Riconobbi Eren grazie alla luce dei lampioni e sospirai, sollevata e felice di averlo finalmente trovato.

Mi avvicinai e mi fermai di fronte a lui. «Eren...»

Era seduto con le braccia stese sulle ginocchia e la testa china. Vidi una bottiglia di birra al suo fianco e mi chiesi se fosse ubriaco, mentre mi piegavo sulle ginocchia per poterlo guardare.

«Eren sono io. Mi senti?»

Ancora nessuna risposta. Vedevo chiaramente il suo petto alzarsi e abbassarsi regolarmente, quindi sembrava star bene per fortuna, ma mi ignorava. Decisi così di afferrargli il volto per sollevarlo e poterlo guardare, ma sussultai quando vidi sulla sua fronte una ferita che andava da sopra l'occhio sinistro fino alla tempia. Non sembrava molto profonda, ma del sangue era colato lungo il suo volto.

«Eren ma che hai fatto?» Chiesi spaventata, ma lui continuava a guardarmi con occhi spenti.

«Eren per favore rispondimi, altrimenti ti porto al pronto soccorso.» Lo avvisai, mentre tiravo fuori dalla borsa un fazzoletto.

Rimase in silenzio per un altro po', con la testa poggiata sul muro, finché non lo sentii sussurrare con voce roca «Ho bevuto troppo. Ho litigato con uno e lui mi ha spaccato una bottiglia addosso.»

Immaginai che l'avessero buttato fuori dal locale e che quindi fosse rimasto seduto lì chissà quanto.

«Sei uno stupido, non dovevi bere così tanto.» Lo rimproverai, nonostante fossi ancora preoccupata. Nel frattempo con una mano gli tenevo la testa sollevata e con l'altra gli avevo posato il fazzoletto sulla fronte.

«Tieniti il fazzoletto fermo sulla ferita, ora ti aiuto ad alzarti.»

Non mi rispose ma fece come gli avevo detto, cosicché potessi aiutarlo ad alzarsi porgendogli le mani. Lo vidi faticare un poco e, appena si mise in piedi, barcollò e lo afferrai per le spalle per non farlo cadere.

«Dai Eren, ti riaccompagno a casa.» Gli passai un braccio dietro la schiena e lui seguì i miei movimenti tenendosi a me e lo accompagnai fino alla mia auto. Lo feci salire e gli agganciai la cintura, per poi fare il giro dell'auto e mettermi al posto di guida.

Sospirai profondamente e guidai fino al suo palazzo, tirando di tanto in tanto qualche occhiata al bruno per assicurarmi che stesse bene.
Arrivati sotto al suo palazzo, senza che gli dicessi nulla, tirò fuori le chiavi e aprì il portone, prendemmo l'ascensore ed infine arrivammo davanti alla sua porta. Quando aprì pensai di andarmene, ma volli accompagnarlo fin dentro e farlo sedere sul letto. Probabilmente non aveva la forza di disinfettarsi da solo quella ferita, così decisi di farlo io.

«Aspettami un momento, torno subito.» Posai la borsa sulla cassettiera e prima di uscire vidi una cornice a faccia in giù. Curiosa la sollevai un momento e vidi una foto di Eren da piccolo, in braccio a sua madre. Il vetro era rotto e rattristata la rimisi com'era, prima di andare verso il bagno.

Feci il minor rumore possibile per non svegliare il fratello, che già dormiva chiuso in camera sua, e tornai da Eren con del cotone e l'acqua ossigenata. Mi sedetti ai piedi del letto al suo fianco e inumidii il cotone, infine gli presi il viso stringendogli il mento nel palmo per farlo girare.

«Stai fermo.» Mormorai, iniziando a picchiettare delicatamente sulla ferita e a pulire il sangue colato. Eren per tutto il tempo mi scrutò impassibile ed io cercai di non incrociare mai il suo sguardo.

Gli unici rumori che si potevano sentire provenivano dall'esterno, in piazza. Qualcuno chiacchierava, le ruote delle auto sfrecciavano sull'asfalto, suonarono un paio di clacson e, infine, sentivo il respiro mio e di Eren. Potevo addirittura sentire i nostri cuori battere, il mio più velocemente del suo, mentre nessuno dei due fiatava.
Chissà cosa stava pensando, mentre gli disinfettavo con cura la ferita e ci mettevo una piccola garza arrotolata con dello scotch medico. Eren per me era sempre stato un libro aperto, capivo subito cosa gli girava per la testa e cosa provava; ma in quell'istante mi era impossibile determinarlo. Sembrava stanco, triste, affranto, o chissà cos'altro...

Finito il tutto mi alzai per riportare il resto delle cose in bagno e tornai in camera per prendere la borsa. Osservai Eren a lungo: era rimasto nella stessa posizione di prima, con le mani strette a bordo letto, ai lati delle sue gambe, e la testa bassa.

«Io ora vado... Cerca di dormire.»

Aspettai, ma ancora non mi rispose. L'unica volta che aveva parlato era stato per dirmi come si era fatto quel graffio, in seguito più nulla. Demoralizzata mi voltai per raggiungere la porta, ma sentii un leggero rumore alle mie spalle. Non feci in tempo a girarmi che Eren mi avvolse le braccia sulle spalle e affondò il volto tra il mio collo e il suo braccio destro. Mi irrigidii e rimasi immobile. Neppure Eren si mosse più e potevo chiaramente sentire il suo cuore battere contro la mia schiena, lento come prima.

«Eren...?» Lo chiamai con voce flebile, ma tutto quello che fece fu stringere la sua presa e affondare di più la faccia. Il suo respiro caldo sul collo mi provocò un brivido lungo la spina dorsale e per un istante faticai a respirare a pieni polmoni.

Cercai di farlo riprendere e gli levai le braccia dalle mie spalle, girandomi a guardarlo. Lo feci di nuovo sedere ai piedi del letto e stavo per domandargli cosa avesse, ma silenzioso questa volta mi avvolse le braccia attorno alle gambe, in una presa delicata, e poggiò la testa sul mio ventre.
Per un solo istante, tutto tacque. Persino i rumori esterni si fermarono e rimasi a fissare Eren in quella posizione, incapace di muovermi o di fiatare. Tutto era silenzioso attorno a noi, quasi surreale, mentre Eren in quella posizione sembrava debole e indifeso.

Ricominciai a sentire le ruote sfrecciare sull'asfalto e la gente chiacchierare allegramente in piazza, finché non sentii un mormorio fuoriuscire dalle labbra di Eren, talmente flebile che non riuscii a capirlo.

«Cosa?» Chiesi in un sussurro, chinando il busto in avanti per avvicinare l'orecchio.

«Rimani. Resta qua, per favore.»

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