Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

31. ...e Thánatos

N.A. Titolo:
anche con questo titolo, anziché propriamente la divinità della morte, intendo il nome con cui Freud definisce la pulsione di morte, che comprende le tendenze autodistruttive (componenti masochistiche, sadiche e la coazione a ripetere esperienze dolorose -es. incubi); in sostanza, si contrappone appunto alla pulsione di vita di autoconservarsi dell'Io.

Avevo preso la metro, mordicchiandomi le unghie nervosa per tutto il tragitto, ed ero corsa verso il centro a per di fiato.

«L'ho saputo da Mikasa e ieri siamo andati al funerale. Ma... Pensavo che anche se vi siete lasciati, almeno con te si fosse aperto...» Mi aveva detto Armin, prima che iniziassi a correre verso la metro.

Ora mi trovavo davanti al portone del palazzo di Eren, indecisa se suonare o meno.
Proprio in quel momento qualcuno uscì e, vedendomi lì, gentilmente mi tenne il portone aperto. Lo ringraziai con un cenno e preso l'ascensore fino all'ultimo piano, mi fermai di fronte alla porta di Eren.
Tremante, con la paura di non trovarlo in casa, suonai al campanello ed aspettai a lungo. Quando suonai di nuovo vidi la porta aprirsi con un'insopportabile lentezza.

Di fronte a me vidi la faccia di Eren, col suo solito codino a legare i capelli, ma c'era qualcosa di diverso in lui. Mi fissava con uno sguardo spento, totalmente assente. Non sembrava nemmeno sorpreso di vedermi ed anzi, mi guardava senza dir nulla. La sua immagine non trasmetteva alcuna emozione e per un istante mi chiesi se quello che avevo davanti fosse davvero Eren.

«Eren...» Provai a chiamarlo, nel tentativo di suscitare una sua reazione.

Continuava a fissarmi apatico, finché non rispose con voce flebile e roca. «Che ci fai qui?»

Non mostrava né tristezza, né rabbia. Mi dava l'impressione di essere solo il misero fantasma del vecchio Eren, sorridente e pieno di voglia di vivere.

Cercai le parole da dire e dopo una manciata di secondi riuscii a rispondere.

«Armin mi ha appena detto di...» Non ebbi la forza per continuare, ma Eren sembrò aver capito all'istante.

Non disse nulla, abbassò gli occhi per un momento e si allontanò dalla porta, lasciandola però aperta.
Trovai il coraggio di entrare per raggiungerlo e lo osservai, mentre si fermava davanti al tavolo dandomi le spalle. Aveva una semplice maglietta e un paio di pantaloni e se ne stava silenzioso e immobile.

«Vuoi dirmi che sei venuta a fare?» Questa volta nella sua voce trasparì della rabbia e per un attimo ne fui intimorita.

«...Hai veramente bisogno che io te lo dica?» Chiesi addolorata e lentamente mi avvicinai verso di lui. «Voglio starti vicino. Credimi Eren, io so come ti senti.»

Mi fermai ad un passo da lui aspettando che dicesse qualcosa, col fiato sospeso.

«No che non lo sai.» Sibilò lui, facendomi trasalire.

Tuttavia mi avvicinai ancora e delicatamente gli posai una mano sul braccio. «Sì invece. Eren anch'io ho perso mia madre, quindi ti capisco e voglio starti vici-»

«TU NON MI CAPISCI INVECE!»

All'improvviso si voltò e con uno strattone si divincolò dalla mia presa, spaventandomi. Ora mi guardava negli occhi con ira improvvisa ed io indietreggiai di un passo.

«No... tu non mi puoi capire.» La sua voce tremava, ma non capivo se era per il dolore o la rabbia, oppure per entrambi. «Tua madre era una prostituta ed è morta per una malattia venerea, quando tu avevi solo sei anni. Mia madre invece... lei è morta perché un pezzo di merda ubriaco l'ha investita, all'improvviso, dopo che per vent'anni mi aveva cresciuto!»

Eren alzava sempre di più la voce, senza controllo, fissandomi con una tale disperazione che avvertii il mio cuore fermarsi e l'aria mancare.

«E poi tu hai Hanji. Ha accolto te e tuo fratello ed è stata come una seconda madre per voi, mentre io...» Si fermò un momento, chinando la testa e guardandosi i palmi delle mani. «Io non ho più nessuna madre. Esatto, mi ero finalmente riavvicinato a mia madre ed ora non mi è rimasto più nessuno, quindi non provare a paragonare la tua situazione alla mia [T/n], hai capito?!» Tornò a guardarmi ed io stetti con le labbra serrate, sentendo le mie mani tremare un poco.

Ci guardammo senza proferire parola e, quando Eren si voltò, lo sentii mormorare.

«Ora vattene.»

Stavo per farlo veramente. Ero ad un passo dal voltarmi anch'io e uscire da quell'appartamento, forse non rivedendo mai più Eren. Tuttavia, osservandolo girato di spalle qualcosa mi bloccò. Pensavo a come potesse sentirsi, a cosa stesse provando in quel momento, e i miei muscoli si bloccarono.

«No Eren, non me ne vado.» Dissi con fermezza avvicinandomi di nuovo a lui e fermandomi al suo fianco, così da potergli vedere il volto. Era piegato in un'espressione di collera mista a dolore, mentre i suoi occhi fissavano un punto inesistente di fronte a lui, colmi di lacrime che non lasciava uscire.

«Devi permettermi di starti vicino!» Gli strinsi con forza il braccio, cercando di girarlo verso di me  «Ti voglio bene e non voglio che tu debba sopportare tutto questo dolore da solo! Anche se ci siamo lasciati, voglio comunque starti accanto!»

Lo fissai con sicurezza, aspettandomi che mi dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma inaspettatamente scansò la mia presa una seconda volta e mi afferrò saldamente il polso, stringendolo.

«Ci siamo lasciati, hai detto?» Sibilò ancora, ma questa volta in modo più tetro, e rabbrividii. «No [T/n], non ci siamo lasciati. Sei tu che hai lasciato me. Sei stata tu stessa a decidere che tra noi non poteva funzionare, infarcendomi di scuse. Perciò, non venirmi a dire che ci siamo lasciati.»

Parlava lentamente e sentivo la sua presa attorno al mio polso farsi sempre più stretta, così posai la mia mano libera sulla sua.

«Eren lasciami.»

«Tu hai voluto allontanarmi da te, ed ora torni solo perché ti faccio pena?» Mi fissava dall'alto in basso, cupo in volto.

«No Eren non è così! Voglio davvero starti vicino perché ci tengo a te!» Gridai, afferandogli le dita nel tentativo di liberarmi da quella presa che Eren stava stringendo sempre di più.

«Cazzate!» Sbraitò improvvisamente. «Tu provi solo pena nei miei confronti! Se ci tenessi davvero a me, avresti finito di pronunciare il mio nome venerdì all'università, mi avresti fermato! Ma non l'hai fatto, mi hai lasciato andare. Il mese scorso mi avevi detto di starti lontano, ed ora pretendi ti tornare per fare l'eroina ed aiutarmi?!»

«Eren mi fai male!»

In un istante Eren lasciò il mio polso con uno strattone e indietreggiai di qualche passo, portandomi la mano al petto.
Fissai Eren in viso. No, non era Eren. Mi trovavo davanti ad una persona del tutto diversa, che mi scrutava senza alcun affetto o pietà.

«Non ti riconosco...» Mi scappò in un sussurrò.

Eren a denti stretti fece per voltarsi, tirandomi un'ultima occhiata.

«O forse non mi hai mai conosciuto.» Se né andò, chiudendosi nella sua stanza e sbattendosi la porta alle spalle.

Rimasi immobile per chissà quanto, a fissare la sua porta chiusa con gli occhi gonfi di lacrime.
Lentamente mi avvicinai e appoggiai una mano sulla maniglia, senza però abbassarla. Stetti lì per un po', prima di trovare il coraggio di parlare con voce flebile.

«So di averti lasciato Eren... E mi dispiace che sia andata così, dico davvero mi dispiace tanto... Forse se potessi tornare indietro cambierei qualcosa, ma è inutile pensarci. Non si può tornare indietro e l'unica cosa che possiamo fare è andare avanti. Eren, dobbiamo farci forza e andare avanti, nonostante i rimorsi e il dolore.»

Sapevo in qualche modo che Eren era appoggiato alla porta, e forse stava piangendo silenziosamente.

«Ma non pretendere di potercela fare da solo. Tutti abbiamo bisogno di un aiuto per andare avanti, tu compreso. E per qualunque cosa... Eren, io ci sarò.» Vidi qualche lacrima cadere dai miei occhi, ma proseguii nonostante la voce spezzata. «Non importa se ora non stiamo più insieme, il mio affetto per te continua ad esserci... ed è profondo. Eren.» Lo chiamai ancora una volta, forse inconsapevolmente per rimediare a venerdì scorso, quando non l'ebbi fatto. «Ti ricordi quella promessa che mi avevi fatto, quando eravamo bambini? Mi avevi promesso che saresti sempre stato al mio fianco... Questa volta sono io che ti faccio una promessa Eren. Sappi che io ci sarò sempre per te. Basta che tu mi chiami ed io correrò da te senza indugiare...»

Non sentii alcuna risposta e strinsi i pugni, costringendomi ad andare via. Uscita dal palazzo tornai a casa a piedi con lentezza e arrivata mi tolsi giacca e scarpe e mi sedetti sul divano. Poggiai i gomiti sulle gambe e mi portai la testa fra le mani, in un sospiro spezzato dai singhiozzi.

Tornata a casa con lo scuolabus entrai e mi buttai sul divano, scoppiando subito a piangere. Perché Eren aveva detto di odiarmi? Perché mi aveva trattata così? Avevo così tante domande in testa ma neanche una risposta...
Piansi disperatamente, senza alcun controllo. Tanto Hanji era al lavoro e Levi ancora a scuola (facendo il primo anno di liceo, tornava a casa più tardi rispetto a me), dunque potevo dare sfogo al mio dolore senza disturbare nessuno.
Non seppi per quanto piansi, probabilmente per una buona mezz'ora almeno, ma sentii la porta d'entrata aprirsi e dei passi avvicinarsi di corsa verso di me.
«[T/n]? Che ti prende, che hai?»
Mio fratello si era inginocchiato di fronte a me e mi chiamava, ma non riuscivo a rispondere da quanto piangevo.
«[T/n] non è da te piangere in questo modo, tutto d'un tratto.» Levi mi tirò su a sedere e mi prese i polsi per togliere le mani dalla mia faccia e guardarmi. «Qualcuno ti ha fatto del male? È stato quel bastardo, non è vero?!»
Aprii gli occhi e guardai Levi, sempre più preoccupato per quanto stavo piangendo, e d'istinto gli avvolsi le braccia sulle spalle.
Sentii Levi sussultare, mentre io continuavo a singhiozzare, e delicamente allontanò le mie braccia solo per un momento. Si sedette così al mio fianco e mi strinse dolcemente in un abbraccio. Affondai il volto nell'incavo del suo collo e continuai a piangere, mentre Levi mi passava una mano tra i capelli nel tentativo di calmarmi. Non mi fece altre domande e rimase lì, in silenzio, lasciando che mi sfogassi stretta a lui.

Levi mi stringeva in un forte abbraccio mentre gli piangevo addosso e stette in quella posizione a lungo, con una mano ad accarezzarmi i capelli, finché il mio pianto non divenne via via sempre più sommesso.

Niente al mondo riusciva a calmarmi come la presenza di mio fratello...

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro