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21. Relazioni difficili

«Quindi tu ed Eren vi siete presi una pausa?»

«No, o almeno da quel che so no. Gli ho solo detto che volevo stare da sola.» Spiegai ad Armin andando a sederci in una delle panchine del campus. Dopo la lezione mattutina gli avevo raccontato l'incidente successo la sera prima, tra Eren e Jean, ed Armin non sembrava troppo stupito dal comportamento del primo.

«Mi dispiace... Sai che Eren è molto impulsivo e testardo.»

«Sì, lo è sempre stato.» Sospirai stanca, sollevando il capo per guardare il cielo che si stava velocemente annuvolando. «Faceva così anche con la sua ex, Mikasa?»

«All'inizio sì, ma non a questi livelli. Era geloso, ma era Mikasa quella più gelosa nella coppia. A dir la verità, Eren con te si comporta in maniera diversa rispetto che con lei... Sembra molto più protettivo e attento a ciò che fai tu. Con Mikasa è sempre stato molto più riservato e non le parlava molto di come si sentiva, mentre con te credo lo faccia di più.»

«Non saprei, non posso paragonare le due cose. Non mi ha mai raccontato quasi nulla di Mikasa.»

Armin non disse più nulla ed io ripresi.

«Che mi consigli di fare tu? Dopotutto, sei tu quello che l'ha visto crescere, non io...» Conclusi con un fil di voce.

Il biondo si strinse nelle spalle. «Ha già capito di aver sbagliato da quello che mi hai detto. Aspetta che venga lui da te e lascia correre per questa volta.»

Feci un respiro profondo e mi alzai dalla panchina. «Va bene, ma sarà meglio che non faccia altre cazzate.» Sentenziai, sistemandomi la borsa in spalla. «Ora andiamo, tra poco inizia la nostra lezione.»

Essendo il migliore amico di Eren, era ovvio che Armin cercasse di riavvicinarmi a lui. Tuttavia non potevo fare a meno di credere che qualcosa tra noi non andasse e avevo anche capito che cosa.

Durante la nostra lezione pomeridiana il tempo peggiorò all'improvviso e cominciò a piovere a dirotto, trasformandosi in seguito in un temporale.

Salutai Armin che era riuscito a strappare un passaggio, dal momento che quel giorno c'era uno sciopero dei mezzi, e quando mi fermai sotto il portico della scuola tirai fuori il cellulare per chiamare Levi. Ci eravamo messi d'accordo che mi sarebbe venuto a prendere lui uscito dal lavoro, non molto lontano da qui, dunque lo avvertii che lo stavo aspettando.

Chiusa la chiamata mi appoggiai al muro e fissai la pioggia scendere, sentendo il vento freddo soffiarmi addosso fino a far piegare gli alberi. Era da molto che non pioveva così tanto, e in tutta sincerità mi mancava l'odore di umido e di pioggia.
Nel voltarmi vidi una ragazza poggiata al muro, poco lontano da me. Aveva lo sguardo puntato in alto verso i grossi nuvoloni grigi, sembrando sovrappensiero. Iniziai a chiedermi se anche lei stesse aspettando qualcuno e mentre la osservavo si girò nella mia direzione, incrociando il mio sguardo.
In un primo istante, colta alla sprovvista, distolsi lo sguardo, ma lei mi rivolse la parola.

«Stai aspettando che ti venga a prendere qualcuno?»

Titubante, mi avvicinai comunque a lei. «Sì, mio fratello. Tu?»

«Purtroppo no, sto aspettando che finisca di piovere.» Tornò a guardare il cielo, con un sorriso mesto.

Feci lo stesso. «Non credo smetterà tanto presto. E poi si sta facendo buio, sicura che non ti possa venire a prendere nessuno?»

La ragazza negò con la testa. «Abitando non molto lontano da qui mi faccio il tragitto sempre a piedi. Mio padre in questo momento è ad una riunione di lavoro, quindi non gli chiederei mai di venirmi a prendere.»

«Capisco.» Mi morsi il labbro, poggiandomi sul muro al suo fianco.

Mi ero messa a guardare per terra assorta, quando la sentii continuare.

«Ti ho vista alla festa di Reiner Brown se non sbaglio, giusto?»

Sorpresa la guardai, cercando di ricordare se ci eravamo mai parlate.

«Era difficile non notare il vostro gruppo. Vi divertivate parecchio.» Mi sorrise genuina. «Io invece sono rimasta tutto il tempo con i miei colleghi del quinto anno. A dir la verità mi sono annoiata un po'.»

«Sì, anche io...» Portai le mani dietro le schiena.

«Sono Petra comunque.»

«[T/n].» Le rivolsi un mezzo sorriso, quando sentii un clacson suonare e, girandomi, vidi l'auto di Levi.

«È arrivato mio fratello.» La avvisai, ma prima di allontanarmi le chiesi se voleva un passaggio.

Aveva iniziato a negare, imbarazzata, ma la convinsi a venire con me e ci tirammo su i cappucci delle nostre giacche per correre verso l'auto.
Aprii la portiera davanti e invitai Petra a sedersi dietro.

«Ciao. Non è un disturbo se accompagni anche lei a casa sua, vero?»

Levi si girò a guardare Petra, ma quando lo fece vidi il suo corpo sussultare e i suoi occhi sgranarsi su di lei. Sembrava frastornato e, quando mi girai a guardare Petra, vidi la stessa espressione dipinta sul suo viso, mista però ad un forte rossore.

«È tutto apposto...?» Chiesi con voce bassa, confusa.

Levi parve riprendersi e tornò a guardare la strada. «Sì.»

Ancora stranita chiesi a Petra dove abitava e lei mi rispose con voce flebile, quasi avesse paura a parlare. Il viaggio fu silenzioso, se non per i ringraziamenti impacciati di Petra all'arrivo, e appena io e Levi arrivammo a casa nostra cominciai a porgli delle domande.

«Smettila di dirmi di non impicciarmi, è ovvio che vi conoscevate. Dimmi chi è, dai!» Lo seguii per le scale.

«È solo una che andava al mio stesso liceo, tutto qui.»

Entrò in camera sua e mi chiuse la porta in faccia, ma non mi arresi.

«Non sembrava solo una compagna. Mica è successo qualcosa tra voi?»

Non sentii nessuna risposta e passai alle maniere forti.

Bussai alla sua porta. «Levi Levi Levi Levi Levi Le-»

Non ci volle molto per fargli aprire la porta e mi fulminò con lo sguardo.

«Sai che non la smetterò finché non mi dirai qualcosa.» Alzai un sopracciglio, sostenendo il suo sguardo.

«Era una che al mio ultimo anno mi si era dichiarata, ora smettila di chiedere.»

Mi chiuse una seconda volta la porta in faccia e, ripensando alle sue parole, come un fulmine a ciel sereno mi tornò in mente ciò che mi aveva detto sere fa.

«È quella del quarto anno che era scoppiata a piangere??»

Silenzio.
Significava sì.

"Interessante." Pensai prima di allontanarmi con un sorriso caustico. «E va bene, tieniti pure i tuoi segreti.»

Il giorno dopo non pioveva già più, ma erano rimaste delle nuvole a minacciare il cielo. Non avevo lezioni e, dal momento che non avevo voglia di andare all'università per studiare, rimasi a casa. Avrei avuto quattro esami nella sessione invernale e volevo raggiungere almeno il ventotto in tutti.

Tuttavia proprio quella mattina Hanji aveva ben pensato di farmi una visita. Dopotutto era da giorni che voleva venire e aspettava solo il momento giusto per farlo.
Quando suonò al campanello e andai ad aprire, la prima cosa che fece fu abbracciarmi come sempre, quasi stritolandomi.

«Mi sei mancata così tanto piccola mia! Dopo che ieri mi hai detto che oggi non andavi all'università, ne ho approfittato subito per venire a trovarti!»

Continuava a stringermi come se fossi un peluche e cercai gentilmente di allontanarla.

«Okay ma stai calma Hanji, mi stai strozzando...!»

Si allontanò di poco solo per potermi stringere il viso tra le mani e fissarmi. I suoi occhi castani emanavano così tanta energia e giovinezza che non sembrava proprio aver superato i quarant'anni.

Mi sorrise gioiosa. «Diventi sempre più bella, lo sai?»

Distolsi lo sguardo e mi sentii arrossire, perciò la allontanai. «Non dirmi queste cose.»

Hanji sospirò divertita, portandosi le mani ai fianchi. «E diventi sempre più come tuo fratello, che seccatura.»

Preparammo il pranzo insieme e mangiando le raccontai di come andavano le cose, tra gli studi e il resto.
Non l'avrei mai ammesso, ma mi mancava vivere con Hanji. Non erano passati nemmeno sei mesi da quando si era trasferita nella città vicina per lavoro, ma sembrava passata una vita. E nonostante non abitassimo così lontano, non erano molti i momenti dove potevamo vederci. La casa senza di lei risultava sempre vuota...

«Ad ogni modo, Levi quando si deciderà a trovare qualcuno? Ormai ha finito l'università quest'anno e sta cercando un lavoro in linea con i suoi studi, quindi mi sembra il momento giusto per una relazione.» Bofonchiò Hanji, mangiucchiando delle arachidi.

«Sai com'è. Scorbutico, sentimentalmente insicuro, basso e, cosa più importante, ancora vergine. Chi lo vorrà più prendere ormai?» Alzai le spalle e la castana scoppiò a ridere.

«Hai ragione. E poi è troppo impegnato a occuparsi della tua relazione per pensare a se stesso. Dev'essere stato un trauma per lui sapere che ti eri fidanzata.»

Sorrisi divertita. «Un po'. Ma credo che anche per lui si stia avvicinando il momento. Ieri è accaduto un miracolo che potrebbe salvarlo dal diventare un vecchio gattaro raggrinzito.»

Hanji iniziò a chiedermi spiegazioni incuriosita, ma sentii il cellulare nella tasca dei pantaloni suonare per un messaggio. Lo accesi e, seppur titubante, aprii la chat di Eren.

Eren♡
›sei a casa?

Sì, perché?‹

›vieni alla porta

Dubbiosa, rilessi il messaggio e dissi ad Hanji di aspettarmi un momento in cucina.
Andai alla porta, dandomi una veloce sistemata prima di aprire. Quando lo feci la prima cosa che vidi fu un mazzo di fiori e, subito dopo, alzai gli occhi per incrociare quelli di Eren, che senza dir nulla mi guardava con un mezzo sorriso e un espressione dispiaciuta.

«Sono un gran coglione, lo so. Ma sono perdonato?»

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