2. Nove anni
«Sasha, svegliati!»
Continuavo a scuotere la mia amica, completamente sbronza.
Erano le 5:30 di mattina ed io dovevo assolutamente tornare a casa, prima che Levi si svegliasse. Per precauzione avevo tenuto la porta della mia camera chiusa a chiave, ma non volevo rischiare: il vecchio trucco dei cuscini di certo non avrebbe funzionato.
«Sasha per favore devo tornare a casa!»
Al mio ennesimo richiamo, dalla sua bocca uscì un piccolo lamento e girò la testa dall'altra parte del bancone.
Sospirai affranta, quando vidi avvicinarsi Mina, con sotto al braccio un'altra nostra amica ubriaca fradicia.
«Vieni con me. Porta Sasha alla mia macchina.»
Ringraziandola feci come mi aveva detto e presi Sasha sotto braccio, per poi uscire dal locale. Vidi che nell'auto di Mina, nei sedili posteriori, c'erano anche Historia, Hannah e un'altra nostra compagna.
Mina mi disse di mettere Sasha nel sedile affianco al posto di guida e a quel punto notai che non c'era un posto libero per me.
«Toccava a me guidare sta sera. Tu... Sai guidare il motorino di Sasha?»
«Mi manca l'ultimo esame per prendere la patente, ma non ti preoccupare. Non dista molto casa mia da qui, ci torno a piedi.»
La rassicurai sorridendo un poco e, appena la convinsi, salì in auto e fece retromarcia, uscendo così dal parcheggio per mettersi in carreggiata.
Avevo mentito. Non solo il night club distava circa una mezz'ora se non quaranta minuti da casa mia, pensando al tragitto fatto in motorino. Ma non ricordavo nemmeno tutta la strada. Non ero mai stata in quel quartiere della mia città e sinceramente mi sentivo abbastanza in ansia.
Decisi di sbrigarmi e tirare fuori il cellulare per aprire google maps, con la speranza che mi avrebbe aiutata, ma una voce alle mie spalle mi fece voltare all'improvviso.
«Ti serve aiuto?»
Vidi il ragazzo dagli occhi verdi smeraldo. Eren, che a differenza di prima ora aveva legato i capelli in un codino basso, disordinato e fatto alla svelta.
Cercai di non mostrarmi troppo sorpresa dal trovarmelo davanti e mantenni le distanze. «E come potresti aiutarmi, sentiamo?»
«Prima di tutto, mi dovresti dire qual è il problema, così da poterti aiutare.» Sorrise, sembrando divertito.
Non sembrava avermi riconosciuta, quindi molto probabilmente non si ricordava di me.
Trattenni la rabbia, pensando che fosse meglio così, e tornai a guardare il cellulare. «Devo tornare a casa, tutto qui.»
«Se vuoi ti accompagno io.»
«Secondo te io sono così scema da fidarmi di uno stripper?» Risposi acida e, appena trovata la strada su google maps, feci per andarmene, quando venni bloccata dalla presa di Eren sul mio braccio.
«Strano. Dall'espressione che avevi quando mi hai visto sul palco, pensavo ti ricordassi di me.»
Sussultai leggermente.
Scossi il capo e scansai la sua presa, tentando di allontanarlo. «Ti ho detto che non sono così stupida da fidarmi di uno stripper, Eren.»
«Ti ricordi il mio nome, però...» Si portò la mano a grattarsi la nuca e inarcò le sopracciglia.
Non aggiunsi altro e iniziai a incamminarmi, sentendo però i suoi passi dietro di me.
«Lascia almeno che ti accompagni a casa! È pericoloso girare per queste vie quando è ancora buio.»
«Sta spuntando il Sole.» Guardai il cielo farsi lentamente più chiaro mentre attraversavo la strada. Tuttavia Eren mi fermò di nuovo, posizionandosi davanti a me per impedirmi di continuare.
«Qualcosa mi dice che avrai difficoltà a tornare a casa, nonostante google maps.»
Rimasi immobile a guardarlo. Non sapevo come controbattere, perché aveva ragione purtroppo.
Vedendomi titubante, mi indicò il parcheggio. «C'è la mia moto laggiù. Allora?»
Presi un profondo respiro, distogliendo lo sguardo da lui, per poi ritirare il cellulare in tasca e riattraversare la strada per raggiungere il parcheggio. Sentii i suoi passi poco dietro di me e iniziò a salirmi ancora più ansia di prima.
«Ostinato e cocciuto come sempre...» Mormorai tra me e me.
«Che hai detto?» Mi superò lui, così da raggiungere la sua moto.
«Niente.» Tagliai corto, quando raggiungemmo la sua moto ed Eren dal bagaglio tirò fuori due caschi; mi fece cenno di passargli la mia borsa, che ritirò al posto dei caschi.
«Porti sempre con te due caschi?»
«Non si sa mai.» Fece spallucce e mi passò il casco argentato, tenendosi quello blu scuro.
Non dissi niente. Indossai il casco ed Eren, con la visiera ancora alzata, salì sulla moto e battè la mano dietro di sè per invitarmi a salire.
Ancora non del tutto convinta salii comunque, e mi sistemai.
«Tieniti forte a me. Ti avverto che vado abbastanza veloce.» Si tirò giù la visiera ed accese il motore.
Non volevo tenermi a lui per nessuna ragione al mondo, ma senza essere nemmeno usciti dal parcheggio rischiai di perdere l'equilibrio tenendomi solo al sedile e scelsi saggiamente di tenermi alla sua giacca in jeans, innervosita.
Per l'intero viaggio mi sentii a disagio e non vedevo solo l'ora di scendere, essendomi pentita di essere andata a quel night club.
Poi però mi sorse un piccolo dubbio, proprio quando entrò nel mio vialetto. Non gli avevo detto dove abitavo, ma nonostante questo era riuscito ad arrivare a casa mia, sapendo perfettamente dove andare. Possibile che si ricordasse ancora il mio indirizzo?
Appena fermò la moto, non gli lasciai nemmeno il tempo di spegnere il motore che subito scesi come una furia e gli porsi il casco, mormorando un «Grazie.»
«Non sembri stupita del fatto che mi ricordo ancora dove abiti.» Mi fermò. «Non ho mai buttato veramente il foglio con il tuo indirizzo.»
Mi tornò alla mente quel giorno, quando Eren mi mostrò il post it dove c'era annotato il mio indirizzo e me lo strappò davanti agli occhi senza pietà, per poi allontanarsi per sempre. O così credevo.
«Buon per te.» Commentai acida. Presi la mia borsa dal bagaglio, me la sistemai in spalla e senza altre storie mi avvicinai alla grondaia sotto la mia finestra.
«Aspetta, possiamo parlare?»
«È per questo che mi hai riaccompagnata a casa? Per convincermi ad ascoltarti?»
«No. Insomma, non solo...»
Lo guardai, per poi girarmi di nuovo verso la grondaglia. «Non abbiamo niente di cui parlare.»
«Mi chiedevo invece se potessimo rivederci... È da nove anni che non ci vediamo, dopotutto.»
Sentii la suola delle sue scarpe strisciare sull'asfalto alle mie spalle. Da piccolo strisciava sempre il piede quando era nervoso o imbarazzato.
«Se non ricordo male sei tu che non mi hai più voluta rivedere, o sbaglio?» Domandai con una punta di sarcasmo alla fine, aspettando una sua risposta.
«I miei genitori si sono trasferiti per lavoro, lo sai e-»
«E hai preferito bloccare tutti i rapporti pur di non mantenere un'amicizia a distanza?- Mi girai verso di lui questa volta e, quando lo vidi riaprir bocca, lo fermai. -Non mi interessano le tue scuse, Eren. Ora lasciami in pace.»
Lo vidi indugiare, così mi voltai afferrando la grondaia.
«Non ricordavo fossi così fredda...»
«Ed io non ricordavo che il lavoro dei tuoi sogni fosse lo stripper.- Risposi repentina. -Le persone cambiano, Eren. Dovresti saperlo meglio di chiunque altro.» Detto ciò iniziai ad arrampicarmi.
«Ma che fai?»
«Rientro in casa, no?» Risposi retorica e a fiato corto. Quando arrivai alla finestra la aprii così da entrare in camera mia.
Feci un piccolo saltello, tentando di fare il minor rumore possibile, ma prima di chiudere la finestra decisi di guardare Eren, che subito ricambiò. Non riuscivo a leggere la sua espressione e decisi di chiudere.
Mi buttai poi nel mio letto, sfinita, coprendomi il volto con l'avambraccio.
"Eren Jaeger... Dopo nove anni lo rivedo in uno night club come stripper." Pensai, non volendo ancora crederci.
Il Sole era ormai all'orizzonte, quindi era inutile mettermi a dormire. Decisi dunque di cambiarmi e scesi al piano di sotto per prepararmi un caffè.
"Certo che... È diventato molto bello..."
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