9. I was in the darkness, so darkness I became
Myra
Sbatto le palpebre un paio di volte prima di mettere a fuoco il luogo in cui mi trovo.
Speravo di essere lontana, finalmente libera dalle lame invisibili intrappolate nelle profondità del mio spirito.
La stanza è la stessa, così come le voci e i sospiri di angoscia che ne riempiono gli spazi. Così come il dolore che si è impossessato di ogni particella del mio corpo.
Alzo di poco il braccio per osservare l'ago che mi trafigge ancora la pelle e la mia nuova raggelante normalità appare in tutta la sua oscurità.
Sono tutti qui a bisbigliare alle mie spalle:
i dottori, Leila, Vincent... e quest'uomo che non mi lascia mai.
Sento risalire la rabbia mano a mano che le loro parole si fanno più nitide.
«Non mi porterete via ciò che rimane di lei» dichiaro nel terrore.
I loro occhi mi raggiungono e mi trasmettono la loro compassione, il loro dissenso, la loro preoccupazione.
Ma non m'importa.
Non m'importa quanto sia irrazionale o malato: ciò che Arla ha lasciato dentro di me mi appartiene. Appartiene solo a sua madre.
«Vi lasciamo parlare con lei», i dottori si congedano, affidandomi ai miei migliori nemici.
Leila mi raggiunge all'istante e mi prende la mano nel suo ingenuo tentativo di rassicurarmi.
«Myra, ora devi pensare a te stessa» afferma dolcemente. «Non puoi...», fa un respiro più profondo. «Lo so che è difficile, ma devi lasciare che procedano con il raschiamento.»
«Non lo farò» ribatto.
Mi libero dalle coperte, appoggio i piedi nudi sul freddo pavimento e con compiacimento mi alzo per liberarmi dalla sua mano calda.
Non ho considerato che il mio corpo non è in grado di assecondarmi.
«Piano, hai ancora la febbre» mi sussurra sul viso, mentre mi sostiene con la sua forza.
Alzo lo sguardo su Eros e vi ritrovo una dolcezza disarmante che tuttavia sa dove colpire.
No, non vincerai.
Non avrai la mia bambina.
Lo spingo via, evito lo sguardo preoccupato di Vincent e mi chiudo a chiave nel bagno.
Apro il rubinetto al massimo e finalmente respiro: niente più voci che sussurrano il mio nome, niente più sguardi di pietà, solo il monotono fruscio del getto d'acqua.
Ci sono solo io e la donna riflessa nello specchio, tanto simile alla bambina picchiata dal padre, quanto a quella non protetta dalla madre.
Passo una mano sotto l'acqua e spargo quel che rimane sul viso.
«Sono debole come te... Non sono stata in grado di proteggerla», lascio che le lacrime si mescolino alle gocce già esistenti.
Le mie gambe cedono una seconda volta, ma questa volta le assecondo.
Mi rannicchio sulla parete color avorio e rimango in quella posizione ad ascoltare il rassicurante getto d'acqua.
«Myra, ora vieni fuori. È mezz'ora che sei chiusa lì dentro.»
La sua voce mi ridesta dal sonno inquieto.
Sono dolorante e frastornata.
«Non ho intenzione di aspettare oltre.
Se non esci tu, entrerò io. In qualunque modo», alza il tono e bussa alla porta ripetutamente.
Chiudo il rubinetto e mi guardo ancora una volta allo specchio.
Non posso coprire il dolore sul mio volto, ma se non altro le lacrime si sono dissolte.
Rigiro appena la chiave e la porta si spalanca.
«Non sei ancora stanca di farci preoccupare in questo modo?» mi domanda con rassegnazione.
I nostri sguardi stanchi si incrociano, riconosco la sua verità anche se non mi interessa.
Passo con precisione nel poco spazio che rimane e lui mi segue, come mi aspettavo.
Leila e Vincent si alzano dal divano non appena mi vedono e io li evito ritornando traballante tra le lenzuola del letto.
«Non lasceremo perdere solo perché sei in questo stato» mi rammenta.
Lo detesto.
Odio la sua impiegabile ossessione nei miei confronti e i suoi occhi ricolmi di rabbia.
La rabbia è una mia prerogativa.
Mi spetta di diritto.
«Non rimarrò a guardare mentre rischi la vita per niente» prosegue, senza darmi un attimo di pace.
Sta' zitto... Fai silenzio.
«Forse dovremmo lasciarla riposare» s'intromette Leila con troppo poca convinzione.
«E a che servirebbe? Il suo corpo non si riprenderà con qualche ora di sonno», si rivolge a lei ma la sua voce punta verso di me.
Vai al diavolo, Eros Hart.
«Quello di cui ha bisogno è togliere di mezzo quei resti.»
Lo schianto della bottiglia di vetro che ho lanciato a un passo da lui attrae tutta la loro attenzione.
Quella di Leila e Vincent, non la sua.
«Il suo nome è Arla!» strillo verso di lui.
La mia voce risuona nel silenzio come se fosse rinchiusa al suo interno.
«Quella non è più Arla. Devi affrontare la realtà», parla lentamente e si avvicina altrettanto lentamente.
Sullo sfondo intravedo Vincent bloccare sul nascere l'intervento di Leila; la trascina fuori, lasciandomi sola con lui.
È l'ennesimo colpo al cuore: nessuno capisce o intende capire ciò che provo.
«Vattene. Lasciami in pace» ribadisco.
Il suo volto è segnato dalla linea rosso sangue che io stessa gli ho procurato, eppure i suoi occhi rimangono fissi su di me.
«Lo sai che non posso farlo», fa ancora qualche passo nella mia direzione con cautela.
Come se avesse a che fare con una preda fuggitiva.
«Non farò quell'operazione» dichiaro, in piedi di fronte a lui.
«La farai invece. Anche se dovrò fartela fare con la forza» ribatte, fulminandomi con i suoi occhi oscuri.
La sua mano si dirige sicura verso la mia fronte e io faccio un passo indietro per evitarla.
«Vuoi morire? È questo che vuoi?» sibila, mentre si spinge in avanti per restringere lo spazio tra noi.
Le lacrime cominciano a scendere senza la mia volontà, silenziose e brucianti come mai prima. Penso a loro, ad Andrew e alla nostra piccola e la rabbia risale senza controllo.
«Sì. Non voglio più vivere in questo schifo di mondo. Starò finalmente con loro...»
«Pensi che tua madre ti getterà le braccia al collo con il sorriso? Ti odierà alla follia», mi guarda con disgusto.
«Sta' zitto» biascico, restituendogli lo stesso sguardo disgustato.
«Ti scaccerà, come farà Andrew quando saprà che la Myra forte che conosceva era solo una balla» prosegue inesorabile.
Il suo veleno si insinua sottopelle e mi circola in corpo.
Sfama la mia ira, il mio odio, la mia repulsione e fa ribollire il gelido sangue nelle mie vene.
Lo colpisco violentemente al volto e finalmente ritorna la pace.
Ora i segni sono due, ma il suo sguardo non cambia.
«Rimpiangerà di aver amato una donna così debole...»
Ferma la mia mano a mezz'aria al secondo tentativo di colpirlo e la sistema all'altezza del suo cuore.
Lo spingo, batto i pugni sul suo petto come se fosse un sacco vuoto su cui scaricare il mio dolore.
«Vattene!» urlo, stremata.
Il mio viso è cosparso di acqua salata e il tormento non accenna a diminuire.
«Pensa a come si sentirebbe Arla se sapesse che sua madre ha rinunciato proprio alla vita!» mi urla addosso.
Smetto di combattere e mi porto le mani sul volto per coprirmi.
Per coprire la vergogna che provo ad aver anche solo pensato di gettare via ciò che la mia piccola non potrà mai assaporare.
Eros mi spinge verso di lui e io lo lascio fare, non ho la forza di respingerlo ancora.
«Lasciali andare, Myra», un bisbiglio che mi solletica la pelle della fronte e accompagna il movimento delle sue braccia strette intorno al mio corpo.
Leila e Vincent si sono precipitati nella stanza a seguito delle nostre grida: sono certa che non stiano approvando la mia resa.
Immagino si possa pensare che si stia approfittando della situazione.
Ma non è così, l'opportunista sono io.
Mi sto nutrendo delle sue energie, sto sfruttando la sua forza per risalire, e non me ne vergogno.
Monopolizzerò il suo tempo e le sue cure, assorbirò la sua tenacia per ristabilire la mia. Diventerò il suo predatore, fingendo di essere preda.
Userò quest'uomo per sopravvivere e vivrò per lei. Per loro.
Per Arla e Andrew.
🥀🥀🥀
Ho ripreso a mangiare anche se è ancora difficile concepire che Arla non sia più dentro di me.
È un dolore che non mi lascia mai.
Così come Eros Hart.
Mi stringe la mano anche adesso, nonostante sia profondamente sopito accanto al mio letto.
Una parte di lui mi rende inquieta, mi fa stare in allerta, l'altra mi spinge inevitabilmente verso di lui.
Forse sono la sola a percepire la somiglianza con Andrew, certamente sono la sola ad averne bisogno.
Ho deciso di assecondare le allucinazioni della mia mente, se ciò mi permetterà di trovare una via d'uscita dal tunnel sospeso in cui sono intrappolata.
Una delle cose che mi tengono ancora a galla sono i suoi segreti, ed è giunto il momento di dargli la caccia.
Lo sto fissando con una tale concentrazione che mi è facile notare il movimento impercettibile del suo viso.
Non distolgo lo sguardo, mi aspetto che i suoi occhi mi cerchino non appena le sue palpebre glielo permettano.
Anche questa volta non delude le mie aspettative.
«Hai ottenuto ciò che volevi, eppure sei ancora qui» esordisco, mentre la mia mano scivola via dalla sua. «È tardi, dovresti tornare a casa come gli altri.»
«Non ti devi preoccupare per me, non ho paura del buio», si passa una mano sul collo dolorante. «Siamo vecchi amici», e sorride beffardamente.
«Hanno deciso di dimettermi, puoi darti pace: non morirò», gli concedo l'ultima possibile via di fuga.
«Interessante scelta di parole», fa un ghigno. «Perdonami se non mi fido di una donna che fino a una settimana fa era in fin di vita per sua scelta» aggiunge con meno ilarità. «Mi ero quasi abituato al tuo silenzio. Stava diventando eccitante.»
Il suo oscillare tra serietà e goliardia mi rende così nervosa.
Lo seguo con lo sguardo quando si alza e mi dà le spalle per recuperare la sua giacca e lo seguo ancora quando si avvicina alla finestra e la spalanca con decisione.
«In un posto così dovrebbe girare l'odore dei soldi, non il solito dozzinale disinfettante» mormora tra sé mentre si accende una sigaretta.
«I ricchi o gli ospedali? Quali frequenti più spesso?» domando.
La nube di fumo che fuoriesce dalle sue labbra si disperde fuori dalla finestra.
Eros Hart è inafferrabile quanto quel vapore.
Possiede un sapore.
Possiede un odore.
Ed è così intenso da disorientarti, se riesci a capire di che si tratta.
«Vuoi sapere qualcosa in più su di me», mescola la domanda nell'affermazione e si compiace della mia curiosità.
I suoi occhi mi esaminano senza esitazioni e i miei ricambiano il favore.
«Sì, lo voglio» confermo.
I tuoi segreti mi servono, ne ho bisogno.
Diventeranno la mia droga, la mia ragione d'essere, fino a quando non sarò in grado di reggermi sulle mie gambe.
Alza un angolo della bocca e la sua soddisfazione si palesa in tutta la sua enormità.
È la prima dichiarazione che gli concedo, il primo spiraglio di luce che lascio scivolare nella sua direzione.
La mia porta non è più blindata, e lui lo sa.
E voglio che la sua segua il mio esempio.
Si appoggia alla parete coprendo l'apertura della finestra e mi rivolge tutta la sua attenzione.
«Hai conosciuto mia madre quella volta al cimitero» precisa.
Annuisco. Ricordo bene la sua lapide, quasi quanto i tulipani rossi che ho rovinato quel giorno.
«Lillian De Wit, giusto?» chiedo, anche se ne sono certa.
Si porta nuovamente la sigaretta alla bocca e si concede un'altra dose di nicotina.
«Ti sei concentrata molto su quella lapide» sottolinea con ironia. «Mi domando perché?»
Sorride ancora, ma questa volta è quasi inespressivo.
È bravo a fingere, quasi quanto me.
«Come se n'è andata?» insisto per riportare la conversazione nella giusta direzione.
«Tumore allo stomaco. L'ha consumata fino alla morte» risponde netto.
«L'ha tenuto nascosto finché ha potuto.
Era testarda quanto te», alza un angolo della bocca, più orgoglioso che rammaricato. «E assurdamente protettiva quando si trattava del suo unico figlio.»
È inevitabile ritornare con i pensieri a mia madre, una donna maltrattata che si è tolta la vita per sfuggire al suo incubo. Una donna debole che ha lasciato dietro sua figlia.
È inevitabile ritornare ad Arla e alla mia inadeguatezza come madre.
Quando ritorno al presente, ritrovo Eros sulla sedia accanto al mio letto.
I nostri sguardi si incrociano mentre è intento a cancellare con la mano la lacrima traditrice che si è fermata sulla mia guancia.
«Forse è meglio parlare d'altro», il suo tono è così arrendevole.
Dovrei essere io a consolarlo, a tentare di coprire la sofferenza che percepisco nelle sue parole, e invece gli viene spontaneo fare quel passo al posto mio.
«Allora parliamo di questa tua ossessione per una sconosciuta» lascio fluire le parole nella mia testa e lui si allontana.
«A meno che io non lo sia.»
Mi guarda dalla sua posizione, con la schiena ormai completamente appoggiata alla superficie foderata della sedia.
«Sono tante le cose che non sai» precisa, in palese difficoltà.
«Allora, perché non iniziamo con una.
La prima volta che ci siamo visti non era davvero la prima volta, non è così? Non per te», non gli tolgo gli occhi di dosso per il timore di perdere una qualche fondamentale informazione.
«Non era la prima volta» conferma con estrema calma.
La sua reticenza è insostenibile.
«Tu e Andrew eravate in contatto?
Eros, voglio la verità» gli intimo.
«La terza ipotesi è quella giusta.
Ti ricordi, ne abbiamo parlato al telefono prima del tuo incidente. Non ha a che fare con Andrew, o almeno non direttamente» confessa, impassibile e monocorde.
Si allontana ancora e riprende posto vicino alla finestra ancora aperta.
«Mai stata a un ballo in maschera?» mi chiede, con lo sguardo rivolto verso il buio della notte.
Anche volendo, non potrei dimenticarla.
Ricordo bene quella festa a L'Aia: la prima apparizione in pubblico di me e Andrew.
Cedetti alle sue insistenze solo dopo aver confermato che il mio viso sarebbe rimasto coperto.
«Una volta, con Andrew» replico, destabilizzata dai ricordi di quella piacevole serata. «Eri presente?»
«Sì, ti ho vista quel giorno» ammette distrattamente. «Quando ti è caduta la maschera. Poi ho fatto due più due ed eccoci qui.»
«Solo questo?» insisto.
Si volta a guardarmi e alza un angolo della bocca. «Solo questo.»
Rimane serio, senza un accenno di espressione, con gli occhi ottenebrati dalle confessioni che non vuole concedermi.
E questo non fa che fortificare le mie convinzioni: Eros Hart non racconta mai tutta la verità.
— 𝖢𝖤𝖨𝖫𝖤𝖭𝖠 𝖡𝖮𝖷 —
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Facciamo un passo nella mente di Myra e indirettamente anche in quella di Eros.
Pian piano le risposte salgono in superficie: Eros aveva già incontrato Myra molto tempo prima.
Questo però è solo l'inizio.
Vi aspetto sempre a braccia aperte per dubbi, chiarimenti e qualsiasi cosa DTTB susciti nelle vostre menti.
Fatemi sapere le vostre impressioni nei commenti e cliccate sull' stessa per votare!
Grazie per il supporto <3
Ceil.
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