19. He put me through hell and called it reality ¹
𝘿𝙞𝙚𝙘𝙞 𝙖𝙣𝙣𝙞 𝙥𝙧𝙞𝙢𝙖
𝘿𝙚 𝙒𝙖𝙡𝙡𝙚𝙣, 𝙍𝙤𝙨𝙨𝙚 𝘽𝙪𝙪𝙧𝙩
Myra
Ho voluto provarci comunque.
Nonostante sapessi che non sarei riuscita a concludere nemmeno questa volta.
Mi stringe per il braccio e mi trascina via, dandomi ben poco tempo per rivestirmi e acquietare le proteste del cliente al quale avevo promesso un rapporto completo e soddisfacente.
Non risparmia i sorrisi mentre ci insinuiamo con nonchalance tra gli uomini in attesa e le nostre ragazze.
Il Lief è più caotico del solito, letteralmente preso d'assalto da una fila di clienti che spazia tra gli affezionati, i curiosi e i più antichi traditori.
Incrocio lo sguardo di Caroline: mi lancia la solita occhiata derisoria che rende ancora più frustrante il mio titolo.
Ufficialmente sono la protetta della donna che comanda qui dentro, ufficiosamente sono un'anomalia inverosimile: la prostituta vergine.
«Non puoi continuare a impedirmelo.
Non sono più una bambina da proteggere, posso prendere le mie decisioni da sola» asserisco con fermezza appena chiude la porta del suo ufficio.
«Quando è così, dimostralo prendendo delle decisioni che non mandino letteralmente a puttane la tua vita», sospira. «Cos'hai in quella testa? Pensi che abbia allevato una ragazzina di tredici anni solo per poi vederla marcire qui?»
«Tu adori questo locale. Hai scelto di stare qui, perché non mi permetti di fare lo stesso? Voglio essere una di voi—»
«Ed è questo il problema», mi zittisce con una sola insinuazione. «Vuoi sentirti parte di qualcosa, e per il momento può andarti bene, ma te ne pentirai e quando succederà non potrai più tornare indietro.»
Prende posto sul divano e mi fa segno di sedermi accanto a lei. L'assecondo, nonostante sia decisa a non cedere.
«Non mi hai mai detto di essertene pentita», le rivolgo uno sguardo dubbioso.
«Perché non l'ho mai fatto.»
Seguo ogni suo movimento mentre si sistema sullo schienale e accavalla le gambe come una dea greca, rigirandosi tra le dita il calice di vino rosso. Farah Blom è forte, carismatica, sicura di sé... è tutto ciò che voglio essere.
«Ma la mia storia è diversa dalla tua. Ho scelto questa vita perché amo il sesso, ma prima ho avuto tutto il tempo di capirlo», mi sorride. «Sono una privilegiata, lo sono sempre stata. E voglio lo stesso per te.»
Una privilegiata.
Mia madre si è suicidata per sfuggire alle violenze di mio padre.
Io mi nascondo nel quartiere a luci rosse da sette anni, pur di non rivivere il suo incubo.
Il privilegio non è un lusso che posso permettermi in questa vita.
«Permetti anche a me di capirlo» insisto. «Fammi avere un rapporto completo con un cliente, e non solo dei semplici giochetti da femme fatale.»
Solleva un angolo della bocca tinta di rosso e mi osserva ancora in quel modo.
Come se avesse di fronte una bambina ingenua che non conosce il mondo.
«Questo mi fa capire che non sei pronta», si bagna le labbra mescolando le tinte di rosse che tanto ama. «Una di noi non sottovaluterebbe mai i preliminari.»
«Sai che sono meglio di tutte le tue ragazze messe assieme. Ricevi richieste ogni giorno, perché ti ostini a tenermi fuori. Non potrai impedirlo per sempre, primo o poi andrò a letto con un uomo—»
«Certo che lo farai, ma non qui al Lief.
Non come un'operatrice del sesso.
E soprattutto non con un uomo che non vale nemmeno la metà di te», alza lo sguardo verso di me e punta i suoi occhi neri nei miei.
«Fine della discussione.»
Sono anni ormai che mi batto per scalfire questa sua ermetica risolutezza.
Mi ha insegnato a essere una donna sotto ogni punto di vista, ad amare il mio corpo e ogni parte di me stessa. Abbiamo calpestato ogni tabù legato al piacere, eppure si ostina a privarmi di uno degli istinti umani più ancestrali.
Credo di essere sul punto di rottura.
Mi approprio del calice e mando giù ciò che rimane del suo contenuto.
«Non cambierò idea» chiarisco, appoggiandolo sul tavolino. «Avrò il mio primo cliente, che tu sia d'accordo o meno.»
Evito accuratamente la delusione sul suo volto ed esco dalla stanza, curandomi ancora meno dei suoi richiami di rimprovero.
La serata si prospetta la solita: io che mi adagio al bancone mentre le altre si danno da fare.
«Su con la vita, vedrai che qualche lillium rosa comparirà anche questa sera.»
Jenna mi sistema un drink davanti agli occhi nel tentativo di risollevarmi, senza considerare che il bigliettino di consolazione potrebbe sortire l'effetto contrario.
L'ultima cosa che mi va di fare in questo momento è intrattenermi con il genere di cliente che si accontenta dei servizi base.
«C'è sempre Mr Guus là in fondo.»
Oltre che con la qui presente Caroline.
«Ah, no, se l'è lavorato Britt la scorsa settimana. Non credo che rimarrebbe soddisfatto delle tue...», mi sorride con disprezzo, «carezze.»
Mi concentro sul miscuglio alcolico che mi ha preparato Jenna, ignorandola completamente come di consueto.
Sarebbe magnifico, se fosse una serata come le altre. Quelle in cui se ne va dopo aver capito che non le darò corda, quelle in cui è occupata a farsi sbattere da coloro che vorrebbero la sottoscritta.
Non le ho mai davvero sputato in faccia tutta la verità per paura di stimolare ulteriormente i suoi complessi di inferiorità, ma giuro che oggi fatico sul serio a tenere a freno la lingua.
È sempre più evidente che non otterrò ciò che voglio puntando i piedi od organizzando qualche incontro clandestino.
Se c'è una cosa che detesto è sentirmi controllata, dover rispondere alla volontà altrui senza possibilità di alternative.
«Sul serio, a questo punto, non capisco cosa tu ci faccia ancora qui. Siamo noi a fare tutto il lavoro, tu sei un soprammobile da ammirare. Dove si è mai vista una prostituta vergine? Se non hai il briciolo di dignità che ti serve per andartene...»
Caroline continua a blaterale accanto a me.
Se solo dicesse qualcosa di utile.
«Ripeti quello che hai detto», mi volto a guardarla, esterrefatta.
Beve un sorso del suo drink e si guarda attorno svogliatamente.
«Ho detto che sei ridicola. Falla finita con i giochetti e fai come dice Farah, oppure trovati qualcuno che le stia bene—»
Qualcuno che le stia bene.
È questa la risposta che dovevo cercare.
«Grazie, Caroline. Mi hai illuminato la serata.»
«È l'ultima cosa che volevo... Ehi, vedi di piantarla di andartene quando sto parlando», lascio che si sfoghi con l'aria.
Ripercorro la sala fino al suo ufficio ed entro così come me ne sono andata pochi minuti prima. Farah alza lo sguardo dopo aver fatto risalire fino alla coscia la lampo dello stivale.
«Non ritornerò sull'argomento» mi avverte.
«Ti propongo un compromesso» attacco sbrigativa.
Storce la bocca, poco convinta, ma rimane in silenzio in attesa che continui.
«Hai detto che non posso farlo con qualcuno che valga la metà di me. Allora, scegli qualcuno che sia all'altezza.»
Sospira, fissandomi insoddisfatta.
«Siete tutti così maledettamente testardi» commenta mentre recupera il telefono dal tavolo. «Ti ho già detto che non c'è nessuno—»
Lascia la frase a metà puntando lo sguardo sullo schermo. Sorride, e io sorrido con lei.
Ringrazio chiunque abbia chiamato, chiunque sia riuscito a cambiare il suo umore.
«Ci penserò su» conclude, lanciandomi una veloce occhiata.
Non insisto oltre, per qualche strana sensazione che mi spinge a non farlo.
Forse è la telefonata che ha appena ricevuto, forse qualche idea che ha in mente.
So solo che ha risposto non appena sono uscita dalla stanza, esordendo con...
«Ti devo chiedere un grande favore.»
𝗫 𝗫 𝗫
Supero la soglia e il mio cuore inizia ad andare a mille.
È una sensazione che non avevo preventivato, vista la tranquillità mista ad appagamento che mi percorreva il corpo mezz'ora fa, quando Farah mi ha avvisato di tenermi pronta.
Nessuna rassicurazione, avvertimento o informazione precisa, si è limitata a farmi sapere il numero della stanza.
Le regole le saprai da lui, mi ha detto.
Mi fido di lei, e della sua scelta.
Chiunque mi trovi davanti, non fa differenza; le dimostrerò che posso far parte del Lief, costi quel che costi.
Chiudo la porta e il sottofondo musicale all'esterno viene completamente oscurato da quello della stanza. È avvolgente, sensuale, ma un ritmo malinconico accompagna la voce suadente della cantante.
Non sono mai stata in questa parte del locale, nelle room adibite agli incontri privati.
Mi guardo attorno: tende velate, sofà in velluto, letto king size, decorazioni dorate...
L'unica cosa che mi conferma di essere ancora al Lief sono le pareti tinte di rosso, ma non è abbastanza per sviarmi da ciò che è evidente.
Dannazione.
Il cliente che Farah ha scelto per me è un VVIP.
Uno di quelli abituati alle raffinatezze, alla perfezione abbagliante dell'alta società, dei vizi e piaceri più autoreferenziali.
Un brivido mi risale il collo all'ennesimo pensiero angosciante.
Due sono i motivi per i quali un cliente del suo calibro possa aver deciso di scegliermi.
Il primo celebra le capacità manipolatorie e persuasive della padrona di casa e fa supporre un qualche ricatto, o un rapporto talmente stretto da far sembrare lo scambio di favori una pura formalità.
Il secondo... non è altrettanto confortante.
La folata di musica esterna che entra nella stanza mi fa capire di non essere più sola.
La fioca luce delle lampade rossastre sparse sul pavimento mi permettono appena di vedere la sua figura. Spalle larghe, un corpo imponente, il resto lo posso solo supporre.
L'altro motivo per il qualche un riccone della sua statura possa aver deciso di affidarsi a una vergine è solo uno.
«Hai già perso la parola? Dobbiamo ancora cominciare», la sua risatina mi aleggia intorno nonostante il volume alto della musica.
È un maledetto sadico che si eccita nel provocare dolore.
Il brivido sul collo si è disseminato in ogni angolo del mio corpo.
Faccio un passo indietro senza accorgermene, ma non sono così sicura di volermi biasimare.
Calma.
Respiro più profondamente di quanto credevo mi servisse, con gli occhi puntati su di lui. Farah non mi lascerebbe mai in balia di uno psicopatico come mio padre.
«Quali sono le regole?», incrocio le braccia al petto per darmi un contegno.
Potrei giurare di averlo visto sorridere.
Si avvicina al tavolino e si versa qualcosa nel bicchiere.
Maledizione. Odio non sapere cosa aspettarmi.
E non vedere e sentire a malapena non migliorano la mia condizione.
Ritorna a concentrare l'attenzione su di me quando mi porge il secondo bicchiere che tiene tra le mani. Esito e questo sembra accrescere il suo divertimento.
«Mai bevuto con un cliente?», il suo spezzare la frase accentua la derisione. «Ammetto che mi aspettavo qualcosa in più dalla favorita di Farah Blom... Non un cucciolo smarrito che teme ogni mio mossa.»
Afferro il drink e mando giù un sorso per darmi una svegliata. Quando ritorno su di lui lo trovo a un passo da me.
«Sei sicura di voler davvero essere qui?»
Finisco quel che rimane nel bicchiere e lo abbandono sul letto.
«Il fatto che sei un VVIP spiega come conosci il mio capo,» risalgo con le mani sul suo torace fino al colletto di montone della sua giacca «ma non il perché accetteresti di farle un grande favore.»
Si sporge su di me, la sua bocca mi sfiora l'orecchio.
«Se vuoi sapere qualcosa sull'uomo con cui farai sesso per la prima volta, non hai che da chiedere.»
I miei polmoni si riempiono dell'aria contaminata dal suo profumo.
Un mix legnoso con qualche nota di limone che non riesco a non apprezzare.
Sposto di poco la testa e le nostre guance vengono a contatto; dura una frazione di secondo, inaspettatamente lui si tira indietro.
«Mi rifileresti una storia preparata. Detesto i bugiardi», mi avvicino. «La poca luce è una delle tue regole, per non essere riconoscibile.»
«Le definirei più condizioni» precisa.
«Avresti preferito essere bendata?»
Faccio cadere indietro la sua giacca che finisce a terra.
«Non siamo qui per assecondare le mie preferenze» gli soffio sulle labbra, premendo le mani sul suo torace.
«Non sono il lupo cattivo che credi, Belle», mi sposta i capelli dal viso accarezzandomi la pelle. «È la tua prima volta, possiamo fare un'eccezione.»
«Grazie,» passo il pollice sul suo labbro inferiore, «ma preferisco affidarmi alle mie sensazioni» e lo faccio scivolare lungo la sua mascella, giù lungo il collo.
Ho la sua completa attenzione quando mi distanzio per occuparmi del mio vestito.
Segue il movimento delle mie mani che fanno scorrere la cerniera laterale; lo abbandono a terra a poca distanza dalla sua giacca.
«È un peccato che tu non possa godere appieno del mio intimo di raso», gli avvolgo le braccia intorno al collo e premo il seno sul suo petto.
Non devo pregarlo di toccarmi, le sue mani hanno già raggiunto i miei fianchi.
«Penso che riuscirò a godermi le sensazioni ugualmente» mi rimbecca.
Le sue dita sfiorano il mio intimo all'altezza dei glutei; mi spinge in avanti e la mia bocca finisce sulla sua.
Dal suo modo di baciarmi capisco che è il tipo dominante, il tipico control freak che dà per scontato di essere seguito.
Gli mordo le labbra per stuzzicarlo e istigarlo a farmi conoscere le sue reazioni.
Mi aspetto che dia di matto e si spinga oltre, come i tutti i maniaci del controllo che mi sono capitati tra le mani in questi anni.
Se dovrò farlo, darò una sistemata anche a te, Mr VVIP.
Me lo aspetto, ma non succede.
Non prova a baciarmi ancora, non mi spinge via, e lascia andare la presa su di me.
«Non è piacevole» commenta, passando la lingua sulla parte lesa.
«Non doveva esserlo.»
Non capisco cosa abbia in mente.
È la prima volta che mi capita di non riuscire a decifrare qualcuno.
«Se hai cambiato idea, possiamo lasciar perdere», prosegue unilateralmente da bravo control freak dai comportamenti anomali.
Sta andando tutto nel verso sbagliato.
Di questo passo non solo rimarrò vergine, ma farò girare la voce che non sono più nemmeno capace di fare alzare la bandiera a un cliente.
Non posso lasciare che finisca peggio di come è cominciata.
Lo spingo sul letto e mi metto a cavalcioni su di lui per bloccare qualsiasi suo ripensamento.
Gli sollevo la maglia e le sue braccia si stendono verso l'alto per permettermi di liberarlo. O quasi.
Premo sul tessuto che gli immobilizza i polsi e assaggio nuovamente le sue labbra.
Scendo lungo la mascella che si contrae al mio passaggio e inizio una tortura fatta di morsi e carezze nello spazio incontaminato tra il collo e l'orecchio.
La sua totale impassibilità comincia a sgretolarsi sotto i miei attacchi: le sue mani cercano il mio corpo d'istinto e ritornano ad accarezzarmi i glutei.
Posso però sentirlo ancora, quell'inspiegabile freno a mano che gli ovatta i desideri.
Mi libero dal reggiseno e premo i seni sui suoi nel tentativo di avere una vera reazione, ma ottengo solo il ghigno soffocato di chi non ha intenzione di cedere.
Dissemino i suoi addominali di baci carichi di desiderio prima di arrivare alla sua eccitata intimità.
«Ci sai fare» mi concede prima di lasciarsi andare al piacere viscerale che la mia bocca gli sta procurando.
Il corpo di quest'uomo è peccaminoso quanto la sua voce; sapevo che avrei potuto contare sul gusto di Farah. Non posso negare di essere attratta da lui, la mia intimità umida non lo nasconde e il bisogno crescente è una prova tangibile del mio trasporto.
È sempre più evidente che non sia come tutti gli altri. Si solleva e mi spinge indietro, dimostrando un self control che non credevo possibile in un uomo così vicino a eiaculare.
«Sei un masochista», il tono di domanda si perde nel silenzio lasciando il posto all'affermazione.
«Cazzo», sospira pesantemente.
Continuo a non capire quale sia il problema.
«Perché non te ne vai e lo fai con qualcuno che prova qualcosa per te. Come una brava ragazza.»
Di colpo, un lampo che rende tutto chiaro.
Fin dal principio il suo compito era farmi cambiare idea, spingermi a non farlo.
Il grande favore è sempre stato solo questo.
«Chi dice che sono una brava ragazza.»
Mi alzo sopra di lui e faccio scendere l'ultimo ritaglio di stoffa che indosso.
Sento il fremito che lo percorre quando schiaccio la sua intimità scoperta con la mia. La sensibilità tattile è una potente arma di seduzione, specie quando non si può contare sui brividi sussurrati dagli occhi.
«Se pensavi davvero di essere il lupo cattivo di questa storia, sei anche un ingenuo.»
Mi sporgo su di lui e mi restituisce un suono gutturale; deduco che stia sentendo i miei umori su tutta la sua lunghezza.
Mi avvinghio a lui con più forza, spingendo le labbra sulle sue in una morsa che non ho intenzione di allentare.
E lui ricambia, preme i polpastrelli sulla mia schiena mentre mi insinua con prepotenza la lingua in bocca. Un cambiamento sperato che mi provoca più piacere del previsto.
Ribalta le nostre posizioni, spingendomi sul materasso. «Hai esaurito le via d'uscita.
Vedi di non rimpiangerlo» mi sussurra.
Rimango in attesa sul letto a contemplare il soffitto buio quando fugge dal letto per alcuni secondi. Il cuore mi martella il petto, mi rinfaccia la mia finzione all'orecchio: posso mascherare il mio turbamento a un occhio esterno, ma non posso evitare di sentirlo in ogni fibra del mio essere.
Come una bambola meccanica, ritorno ad avvinghiarmi a lui non appena i nostri corpi, completamente nudi, combaciano.
Le sue esitazioni spariscono inspiegabilmente, entra dentro di me con una forza non necessaria e continua a farlo spingendomi a chiudere gli occhi.
Non ha la minima intenzione di rendermelo facile o poco invasivo, ma stranamente non sembra compiacersene; i suoi movimenti sono forzati e ripetitivi, senza alcuna emozione.
«Non è abbastanza? Sei tu la vera masochista.»
Si ferma ancora, senza nemmeno essere riuscito a inserirlo del tutto.
Apro gli occhi e non percepisco nulla, se non il sollievo dall'agonia che mi ha riservato.
«È questa la tua strategia per farmi cambiare idea? Renderlo più doloroso possibile?», la mia voce è impastata di incredulità e rabbia.
«Non mi importa cosa Farah ti abbia chiesto. Qualsiasi cosa farai non funzionerà, quindi perché non ti metti l'anima in pace e fai quello per cui sei venuto...»
«Sto tentando», fermo le mie labbra a un soffio dalle sue e ascolto la sua voce. «Ma sei più testarda di quanto credessi.»
«Cosa ci guadagni con tutta questa messa in scena?», persevero con le domande per cercare di cogliere qualcosa in più di questo sconosciuto che credevo di poter manipolare. «Cosa ha Farah su di te?»
«La tua vita ha un valore per Farah. E la sua ha un valore per me. Nulla di complicato.»
Mi trovo in un letto con un uomo di cui non conosco nemmeno i lineamenti, i nostri corpi sono nudi l'uno sull'altro, eppure non mi sono mai sentita così a mio agio. Angosciante.
«Come dire che faresti di tutto per compiacerla» commento a voce bassa. «Hai una storia con lei, o qualcosa del genere?»
La sua risata risuona tra le note della musica, ma mi entra nelle orecchie come una melodia del tutto nuova.
«Hai smesso di preoccuparti delle mie storie preparate, a quanto vedo.»
«Hai ragione, non mi deve interessare», spingo le dita sui suoi glutei e la sua intimità ritorna tra le mie gambe. «È più importante che concludi ciò che hai iniziato.»
Il suo respiro mi solletica il viso.
«Potrei farlo... se è proprio ciò che vuoi.»
«È ciò che voglio», sento la sua eccitazione farsi più possente mentre gli divoro le labbra per quel breve lasso di tempo in cui rimane.
Si sposta indietro sorreggendosi sulle braccia e studia quel che riesce a cogliere del mio viso.
«D'accordo. Ma a una condizione.», colgo un accenno di un sorriso che mi fa presagire il peggio. «Poi sarò il tuo unico cliente.»
Al diavolo, no.
È il primo pensiero che ho in testa.
Sento la sua aura di divertimento anche adesso che non è più sopra di me ed è impegnato a rivestirsi.
Era il suo piano fin dall'inizio.
È il secondo.
«Torno domani. Nel frattempo, pensaci su.»
La porta si chiude proprio mentre la mia mente mi restituisce l'ultimo barlume di lucidità.
Maledetto control freak.
È il terzo e ultimo.
— 𝖢𝖤𝖨𝖫𝖤𝖭𝖠 𝖡𝖮𝖷 —
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Altro excursus nel passato!
Nota a piè di pagina per voi lettori: il ricatto di Mrs Hart nei confronti di Eros del capitolo precedente fa leva su un avvenimento riguardate Myra che scoprirete più avanti, nel prossimo excursus temporale.
Ci tengo solo a farvi sapere che avviene anni dopo ciò che succede qui.
So che le incertezze sono tante, ma vi garantisco che alla fine il cerchio si chiuderà perfettamente (con un po' di fortuna. Ahah!)
Qualche punto esclamativo?
Penso che ormai si chiaro che Belle e Myra sono in realtà la stessa persona.
Questo che avete letto è
il primo vero incontro tra lei ed Eros.
Serve che vi dica chi è
il control freak di questo capitolo?
[Nel caso abbiate voglia di rileggere con occhi diversi l'incontro iniziale tra lui e Belle, lo trovate nella seconda parte del capitolo 4.]
Non è stato semplice scrivere questa parte, Myra ed Eros sono nettamente più giovani come anche Farah Blom (che spero non abbiate perso per strada), quindi ho dovuto sistemare atteggiamenti e dialoghi.
Il risultato non mi soddisfa come al solito, mi auguro comunque che vi sia arrivato il loro spirito più "spensierato". Si fa per dire.
Vi aspetto nei commenti per dubbi, chiarimenti (che mi è possibile darvi), considerazioni, qualsiasi cosa vi venga in mente...
Mi raccomando, prima di andare
cliccate sulla stella <3
Ceil.
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