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𝐈𝐈𝐈.

Uscita dalla stanza di Geta, il primo pensiero di Delia fu che non avrebbe assolutamente rimesso in ordine le sue vesti. Le era bastato levargliele di dosso, e ora al solo pensiero rabbrividiva. La luna fece capolino da una delle alte balconate del palazzo, rischiarandola con la sua luce. Prese un grande respiro, e buttò lentamente fuori tutta l'aria. Stava bene, e quello per ora bastava.

-Delia!- sussurrò una voce, che all'inizio la ragazza non udì. Era troppo occupata a raccogliersi distrattamente i capelli in una treccia, prima di accorgersi di chi la stava chiamando.

-Cleo!- sussurrò entusiasta, correndo per il corridoio e gettandosi tra le braccia della sorella -Come stai? Cosa ci fai qui?-

-Caracalla si è addormentato- le spiegò lei -credo abbia bevuto troppo vino, e non appena è tornato nelle sue stanze è crollato sul letto. Ne ho approfittato per prendere un pò d'aria, e fuori ho incontrato una serva che mi ha indicato le stanze di Geta. Ha detto che vi siete già conosciute-

-Sì, è Lemonia- rispose sorridendo -ha aiutato anche me, stamattina-

-Beh ma ora dimmi, cosa ti ha fatto fare Geta? Ero preoccupata per te, dopo che Caracalla ha espresso chiaramente quali sono i suoi desideri con me...- il suo volto si fece scuro, e Delia fu percorsa da un brivido. Temeva di aver capito a cosa si riferiva sua sorella.

-Lui vuole usarti per i suoi bisogni, vero?- chiese, e Cleo annuì gravemente.

-Sì, credo che sia il suo intento principale. Stasera sono stata fortunata, grazie al vino, ma non so se potrò esserlo ancora a lungo-

-Con me Geta non ne ha fatto parola...- mormorò lei -ma in ogni caso temo che la nostra sorte non sarà poi così diversa, Cleo. Sono fratelli, d'altronde. E mi sembrano spietati allo stesso modo-

-Io ho visto qualcosa, negli occhi di Caracalla, che in Geta non ho scorto- la interruppe Cleo, prendendole le mani nelle sue -ho visto la follia più pura, oltre che la malattia. Credo che i due fratelli abbiano qualche differenza, dopotutto-

-Io mi rifiuto di riflettere la mia immagine negli occhi di Geta per paura di ritrovarvi la stessa follia- disse grave Delia, e Cleo le strinse più forte le mani.

-Delia, noi usciremo di qui. Ne sono sicura- disse la sorella, con un coraggio che non si sarebbe mai aspettata da lei -all'imperatore sembravi interessare...dobbiamo solo rimanere interessanti e forse potremo salvarci-

-Noi ci salveremo, Cleo. Non c'è dubbio- Delia sorrise, e abbracciò stretta la sorella -Ora ritorna nelle tue stanze, prima che Caracalla noti la tua assenza-

-Tu non dormi?- le chiese, e Delia rivolse lo sguardo verso le stelle. 

-Certo che sì, sono davvero stanchissima. Ma osservare la vastità del cielo mi da l'illusione di essere libera-

Cleo rimase a guardarla per qualche istante, prima di lasciarle un bacio sulla guancia.

-Sei forte, sorellona- le disse, proprio come quando erano solo delle bambine -riposati-

Furono le sue ultime parole, poi sparì così com'era apparsa.


***


-I Romani?- 

-Sì, i Romani. Loro sono più ricchi e più potenti di noi e, ogni giorno, cercano di conquistare anche la nostra terra-

-E perché vogliono anche la nostra terra, se ne hanno già così tante?-

-Sai, tesoro mio, quando si ha così tanto potere non si vuole altro se non averne ancora di più. Non si è mai sazi. Non si è mai troppo potenti-

-Non mi piacciono, questi Romani-

Il padre scoppiò a ridere, arruffandole i capelli con la mano.

-Neanche a me, Delia. Neanche a me-

Delia si svegliò di soprassalto, sentendo una leggera pressione sulla spalla destra. Aprì lentamente gli occhi, cercando di abituarsi alla luce del sole. Si rese conto in un istante di essersi addormentata sul marmo di un balconcino, e di essere rimasta lì tutta la notte. Esattamente dove non avrebbe dovuto essere. Subito dopo capì anche da dove provenisse la pressione sulla spalla, e le si gelò il sangue nelle vene.

-Buongiorno, Delia- la salutò l'imperatore Geta, che stava davanti a lei già completamente munito della sua armatura dorata -sai, è dovere di una buona schiava far trovare ogni mattina le vesti già pronte al proprio signore-

Sentendo la parola "signore" Delia sentì lo stomaco rivoltarsi. Dovette trattenersi per non sputargli di nuovo contro.

-Nessuno me lo aveva spiegato- si giustificò, incrociando le braccia al petto. La veste che indossava era terribilmente trasparente, e alla luce del giorno aveva senza dubbio bisogno di cambiarla. Geta le si avvicinò con passo felpato, tenendo le mani congiunte dietro la schiena e gli occhi fissi su di lei.

-Ti risparmio solo perché è la tua prima mattina, qui- le intimò, avvicinando il viso al suo -la prossima volta non sarò così clemente, con te. E, in più, oggi è un giorno importante per la tua terra-

Delia si rizzò improvvisamente, saltando in piedi. Avevano già conquistato la Numidia, dunque quale poteva essere la notizia?

-Cosa è successo?- chiese, ma Geta le diede le spalle. 

-Ci sono i giochi, oggi, al Colosseo. E l'ospite d'onore sarà proprio un tuo concittadino- ghignò lui. Delia aveva sentito parlare dei giochi ai quali si riferiva, e su una cosa era certa: erano dei giochi terribili, che nella maggior parte dei casi portavano alla morte. 

Geta notò che era rimasta in silenzio, e decise di richiamare la sua attenzione sfiorando la treccia che aveva composto la notte prima. -Non sei curiosa di sapere chi è lo sfortunato?-

Delia lo era, fremeva dalla voglia di saperlo. Annuì con sguardo incerto. Geta si piegò lentamente in avanti, fino a far quasi combaciare le sue labbra con il suo orecchio.

-Annone...- sussurrò, e Delia sentì le gambe cederle. Sperava che, per lo meno, fosse qualcuno che non conosceva. Ma Annone era uno dei suoi amici più cari, e pensare che avrebbe rischiato la sua vita per il divertimento dei Romani fu davvero troppo.

Con un gesto così rapido da sembrare quasi invisibile sfilò la spada che Geta teneva appesa al fianco, e gliela puntò contro. Lo fece indietreggiare fino a che le spalle non gli sbatterono contro il muro e, a quel punto, notò un particolare che prima le era sfuggito. La spada non era altro che un modellino di legno. E Geta, dietro la finta lama, stava ridendo di gusto.

-Povera, piccola, illusa. Credevi davvero che lasciassi una vera spada in bella vista, mentre ti parlavo?- e con un gesto ancora più rapido di quello di Delia sfilò un'altra spada da sotto le vesti, questa volta terribilmente reale.

-Tu...- sussurrò, facendole passare la lama lungo i contorni del viso -non sai a cosa stai andando incontro. Potrei ucciderti qui e ora, se ne avessi voglia-

-Perché non mi uccidi?- lo provocò Delia, senza battere ciglio alla vista della sua spada -Perché continui a minacciarmi da quando sono arrivata ma non riesci a farmi del male?-

Vide le labbra di Geta muoversi per formulare una frase, quando vennero interrotti dall'entrata di una figura che Delia riuscì ad intravedere solo con la coda dell'occhio. Continuava a guardare l'imperatore dritto negli occhi, per prevedere qualunque mossa avrebbe potuto mettere in atto.

-Cosa succede, imperatore Geta?- tuonò la voce, che dall'accento doveva sicuramente appartenere a un romano. Lui abbassò finalmente la lama, e Delia poté vedere chi le aveva probabilmente salvato la vita.

-Nulla di particolarmente importante, generale Acacio- rispose Geta, indicando Delia con la punta della lama -solo una schiava che non ha ancora capito come rimanere al proprio posto-

Il generale Acacio la squadrò dalla testa ai piedi, e lo stesso fece lei con lui. Era un uomo più vecchio di Geta, con i capelli neri striati di bianco. Era però più basso, rispetto a lui, e portava un'armatura macchiata di quello che era senza dubbio sangue.

-E' nuova?- chiese, e Geta annuì.

-Sì, arrivata appena ieri dalla Numidia. La vostra ultima conquista-

Delia osservò meglio il generale, sentendo un'ondata di rabbia montarle nel petto. Quel sangue sull'armatura era quello del suo popolo.

 Era lui che l'aveva strappata dalla sua terra. Era lui che aveva reso schiavi tutti i suoi concittadini. Era lui il motivo per il quale ora si trovava lì.

-Andiamo, imperatore. Siamo in ritardo per i giochi- disse Acacio, prendendo per una spalla Geta e allontanandolo da Delia -non vorrà far aspettare suo fratello. Sembrava incredibilmente eccitato, quando l'ho incontrato-

-Mio fratello ama i giochi più di quanto li ami io, Acacio- rispose Geta, lanciando un'occhiata malevola a Delia -la maggior parte delle volte presenzio solo perché è un mio dovere. Ma oggi...ho un motivo in più per prendervi parte-

Detto questo, non si degnò neanche di voltarsi verso di lei. La lasciò lì, in mezzo al corridoio, sparendo giù dalle scale insieme al generale.


***


SPAZIO AUTRICE !!

non so come ma sto trovando il tempo e le forze di aggiornare questa storia anche in un periodo scolastico abbastanza pieno di interrogazioni e compiti vari. questo perché ci tengo molto, non scrivevo da davvero troppo tempo qui su wattpad e mi piacerebbe ricominciare a far scoprire le mie storie. perciò, se vi piace ciò che leggete, lasciate un piccolo commento sotto i nuovi capitoli che usciranno così che io possa capire che ciò che sto facendo viene apprezzato. grazie a chiunque lo farà, all the love <3

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