𝐈𝐈.
L'incontro con i due imperatori aveva lasciato Delia estremamente turbata. Si sentiva la testa scoppiare, e a ogni passo le sembrava di sprofondare. Aveva il fiato corto e, mentre camminava per i corridoi dell'immenso palazzo, si sentiva accecare dalla luce del sole.
Cleo, continuava a ripeterle la sua mente, mentre si guardava intorno circospetta. Dove sarà finita?
-Cosa stai cercando, cara?- sentì chiederle una voce sconosciuta, calda e gentile. Delia si voltò di scatto, e si ritrovò davanti una donna. Era poco più bassa di lei, e indossava una lunga veste marrone, stretta un vita da un cordoncino. Lunghi capelli bianchi raccolti in due trecce le incorniciavano i lati del viso, e degli occhi azzurri come il cielo di incatenarono nei suoi. Il viso segnato dal tempo era attraversato da un grande sorriso che, in qualche modo, sembrava ringiovanirla.
-Ave- la salutò Delia, inchinandosi leggermente. Era assolutamente convinta che la donna che aveva davanti fosse un qualcuno di importante, lì dentro, ma subito dopo il suo inchino capì che si era sbagliata. La donna si mise a ridere teneramente, scuotendo la testa.
-Oh no, cara, non c'è bisogno di inchinarsi- le disse -non sono nessuno di importante. Vivo nella tua stessa situazione, qui dentro-
-Anche tu sei una schiava?- le chiese la ragazza, e lei annuì.
-Sì, proprio così. Ancora prima del regno di Settimio Severo io ho servito in questa casa. E ora dimmi, cosa stai cercando?-
-Le stanze dell'imperatore Geta- rispose Delia, e vide subito una strana espressione balenare negli occhi della donna.
-Sei...la schiava personale dell'imperatore?- le chiese, e lei glielo confermò.
-Sì, sono arrivata a palazzo proprio stamattina- rispose, indicando i segni rossi che le avevano lasciato le manette di ferro -sono rimasta incatenata al muro fino a poco fa-
-Oh, mi dispiace cara- disse la donna, accarezzandole il mento con un sorriso grave -ho visto tante schiave come te arrivare in questo palazzo e varcare la soglia delle stanze degli imperatori. E ne ho viste uscire così poche...-
Delia sentì un brivido percorrerle tutto il corpo, e subito l'altra se ne accorse. Le strinse le spalle con le mani rugose, e le sorrise in modo più convincente.
-Ma non pensare a questo. Tu non sei loro, e loro non erano te. Ora vai, arriva alla fine del corridoio e troverai una scala. Le stanze dell'imperatore Geta sono proprio lì in cima-
-Grazie...- disse tremolante Delia, sorridendole debolmente. La donna le lasciò le spalle e fece per andarsene, ma lei la fermò.
-Aspetta! Non mi sono neanche presentata. Sono Delia-
Lei le sorrise, e per un attimo la ragazza si sentì meglio. Avrebbe voluto restare ancora con lei e poter vedere altri sorrisi.
-È un piacere, Delia. Io sono Lemonia-
E, con un ultimo sorriso, Lemonia imboccò un corridoio e sparì dalla vista della ragazza.
***
Arrivata in cima alle scale di pietra, Delia rimase senza fiato. Il piano che ospitava le stanze di Geta era immenso, rilucente della luce del giorno e adornato da una quantità di fiori e piante sorprendente. Iniziò a gironzolare, cercando di scacciare dalla mente le parole che Lemonia aveva pronunciato poco prima.
Osservò qualsiasi dettaglio che riuscisse a scorgere, fermandosi per leggere le varie etichette che riportavano il nome delle piante e le rispettive caratteristiche. Esplorò tutto il corridoio, scoprendo dietro ogni porta una stanza diversa. Odiava doverlo ammettere, ma era qualcosa di davvero meraviglioso.
Dopo aver trascorso più tempo di quanto si sarebbe aspettata nei corridoi, capì dalla luce del sole che andava affievolendosi che era arrivato il momento di preparare il bagno per l'imperatore. Al solo pensiero venne assalita dal disgusto. Ma poi pensò a Cleo, rinchiusa nelle stanze di Caracalla, e si fece forza. Le serviva che sua sorella rimanesse in vita.
Ritornò sui suoi passi, e varcò la soglia della prima porta. Si ritrovò in una stanza enorme, così ordinata che sembrava quasi che nessuno vi fosse mai entrato. Fece scivolare le mani sulle lenzuola di velluto rosse che ricoprivano un letto a baldacchino, mentre osservava il resto dell'arredamento interamente di legno.
Che lusso, questi romani pensò fra sé e sé, e le tornò in mente la sua casa in Numidia. Il suo letto aveva le stesse lenzuola sgualcite da anni e il materasso composto da piume era ormai sfondato. Sentiva che una dormita su un letto come quello che aveva davanti le avrebbe tolto l'immensa stanchezza che si portava sulle spalle.
Percorse tutta la stanza, con i piedi nudi che strisciavano sul marmo candido. Finalmente arrivò davanti al bagno, grande quasi quanto tutta la stanza. La maggior parte dello spazio era occupato da un'immensa vasca da bagno, quella che Delia avrebbe dovuto preparare per l'imperatore. Ad una parete era fissato uno specchio dorato, nel quale la ragazza vide riflessa la sua immagine. Era in condizioni davvero pietose. I capelli neri erano terribilmente sporchi, arruffati confusamente. Gli occhi sembravano vuoti, come privati del loro colore, contornati da occhiaie profonde come Delia non le aveva mai avute. Tutto ciò che desiderava, in quel momento, era potersi gettare nel mare cristallino della sua terra. Chiuse gli occhi, e per un momento si vide lì, tra le onde del mare, insieme a Cleo. Tutto andava bene.
-Tutto andrà bene- sussurrò a sé stessa, per infondersi un minimo di coraggio. Quel coraggio che ostentava tanto in pubblico, ma che quando rimaneva sola crollava con la stessa facilità di un castello di carte.
Si avvicinò alla vasca, aprì il rubinetto e lasciò scorrere l'acqua al suo interno. Controllò che fosse della giusta temperatura, poi vi lasciò cadere un'essenza profumata alle rose che trovò in uno dei mobili nella stanza. Quando fu tutto pronto, pose delicatamente sulla superficie qualche petalo di rosa, e il profumo che le arrivò alle narici le fece desiderare di buttarsi dentro la vasca.
Era ancora seduta sul bordo della vasca, quando percepì uno spostamento d'aria alle sue spalle. Si voltò di scatto, e si ritrovò davanti l'imperatore Geta. Era vestito esattamente come quella mattina, solo senza il mantello. Aveva sul volto un'espressione stanca e, se non fosse stato per il ghigno che si ritrovava sulle labbra, Delia avrebbe quasi provato pena per lui.
-Bene, vedo che stai iniziando a comprendere le regole di questo palazzo- esordì, annusando l'aria intorno a lui -il bagno sembra perfetto-
-Ne sono felice- rispose Delia, senza guardarlo negli occhi -ora, potreste indicarmi dove sono le mie stanze?- si avvicinò alla porta, ma l'imperatore la fermò.
-Vuoi già recarti delle tue stanze? Non hai ancora finito di adempiere ai tuoi compiti...- disse Geta, bloccandole il passaggio con tutto il suo corpo. Delia si ritrovò davanti uno dei suoi medaglioni dorati, e dovette alzare la testa per guardarlo negli occhi. Non riusciva ad esprimere a parole cosa provasse guardandoli, sapeva solo che non le piaceva affatto.
-Dovevo preparare il bagno, e così ho fatto. Quali altri compiti dovrei adempiere?-
-Qualcuno dovrà riporre al proprio posto le mie vesti, non credi?- ghignò Geta, iniziando a sfilarsi gli anelli da tutte le dita e riponendoli nelle mani di Delia. Lei lo guardò aggrottando le sopracciglia, sperando di aver sentito male.
-Certamente, imperatore- disse tra i denti, provocando una smorfia di piacere sulle labbra di Geta. Ripose i suoi anelli su un mobile nel bagno, accanto allo specchio. Rimase affascinata da tutte le pietre preziose che vi erano incastonate, e desiderò ardentemente possederne uno. L'unico anello che aveva era attorno al suo pollice e, prima di lei, era appartenuto a sua madre. Delia aveva pochi ricordi di lei, e ormai sbiaditi dal tempo. Era morta pochi mesi dopo aver dato alla luce sua sorella, a causa di varie complicazioni dovute al parto. Ora quell'anello era tutto ciò che la teneva ancora legata a lei.
Avvolta nei suoi pensieri, Delia non si era accorta che l'imperatore si stava rivolgendo a lei. Era voltato di spalle, e aspettava che lo aiutasse a sfilarsi le vesti.
-Sfilare le vesti non era compreso nei compiti- disse, mentre strato dopo strato spogliava Geta di quelle sete preziose -credevo di doverle solo riporle al proprio posto-
-Non sarà sicuramente spiacevole potere sfilarmele di dosso- rispose lui, e Delia ringraziò gli déi di non riuscire a vedere il ghigno che sicuramente gli stava balenando in volto -ci sono compiti peggiori che possono toccare ad una schiava-
-Quali? Per esempio poter dormire con l'imperatore?-
Geta si voltò di scatto verso di lei, e l'ultima veste si scivolò di dosso. Delia lo guardò dritto negli occhi, soprattutto per sfuggire alla vista del suo corpo nudo davanti a lei. Lui le prese il mento tra indice e pollice, avvicinandole il volto al suo.
-Ci sono molte schiave che desidererebbero avere questo privilegio, Delia- disse e, nel sentire il suo nome pronunciato da Geta, la ragazza rabbrividì.
Ma, per la seconda volta nel corso di quella giornata, riuscì ad avere la forza di non crollare davanti a lui. Salì con la mano fino ad incontrare quella dell'imperatore, che staccò lentamente dal suo mento senza smettere di guardarlo negli occhi.
-Buon bagno, imperatore- disse, per poi voltarsi e uscire dalla stanza quasi di corsa.
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