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𝐱𝐢. - sei mai stata innamorata?

Era strano, pensò Alex.

Camminare di nuovo per New York, quella città così diversa da Asgard.

Con i suoi palazzi che sembravano toccare il cielo, il traffico creato dalle tantissime auto in movimento, i bambini che si rincorrevano nelle poche aree verdi presenti...

Tutto, in quella città, era rumoroso.

Ma non era un rumore fastidioso, niente affatto.

Era un rumore che riempiva il vuoto che Alex si sentiva dentro, cosa di cui lei non poteva essere più felice.

Lanciando uno sguardo alla sua destra, notò un Mc Donald, quello stesso Mc Donald dove lei e Peter erano andati insieme.

Sembrava essere passata una vita.

Era stato lui stesso a dirle il nome del locale, che lei prima chiamava semplicemente "M gialla".

Riusciva quasi a rivedersi, come in un sogno, coperta dalla felpa bordeaux di Peter che le andava almeno tre volte troppo grande.

Riuscì a rivedere lui, con le guance e il naso rossastro per via del freddo, che cercava di riscaldarsi le mani soffiandovi sopra.

E riuscì a vedere lei, che condivideva per la prima volta con qualcuno la sua capacità di sopportare anche la più bassa delle temperature.

Non si accorse di star sorridendo fino a quando Nat non glielo fece notare.

Nel momento stesso in cui lei le parlò, l'immagine di lei e Peter diventò prima sfocata e poi sparì del tutto, facendola ritornare alla realtà.

-So cosa significa quel sorriso- disse Nat, mentre un angolo della bocca le si alzava a metà tra un ghigno divertito e un sorriso.

-Stavi pensando a lui. E non provare a contraddirmi altrimenti non ti lascerò tagliare i capelli a Bucky-

Alex rise piano, per poi annuire.

-Si vede così tanto?- chiese, lanciando un'ultima occhiata al locale.

-E' come se entrassi in un'altra dimensione. Fisicamente sei qui, ma con la testa da tutt'altra parte- rispose Nat, con tono delicato, che non si associava per niente alla sua persona.

-Tu sei mai stata innamorata Nat?- chiese all'improvviso Alex, senza neanche averci riflettuto su.

Vide gli occhi di lei velarsi all'improvviso, come un sipario che oscura uno spettacolo teatrale.

Temette di averle fatto una domanda troppo personale.

-Scusa, non era mia intenzione farti...-

-No, tranquilla- la interruppe lei, accennando un sorriso.

-Non è nulla. E, per ritornare alla tua domanda, no, non sono mai stata innamorata. Certo, ci sono state delle persone, il dottor Banner, Clint e si, persino Steve, che mi hanno fatto battere il cuore. Ma l'amore non è questo. L'amore è una cosa molto più grande. Anzi, dovresti essere tu a spiegarmi cosa realmente è-

Alex aggrottò la fronte, stupita.

-Perché proprio io?- chiese, continuando a camminare.

Nat sospirò, per poi voltarsi verso di lei e sorriderle.

-Perché è stato da quando ho visto te e Peter insieme che ho iniziato a credere nell'amore-

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-Ok signori, ci siamo- disse Steve, in piedi davanti all'ingresso di un enorme palazzo.

Sul legno massiccio della porta era stata incisa una grande spada circondata da un ovale.

Davanti ad essa, con le mani nelle tasche del suo completo nero, c'era il re T'Challa.

-Sei riuscito a convincerli?- gli chiese Steve, a bassa voce.

Sembrava che non volesse evitare di essere sentito da qualcuno di estraneo.

-Non proprio. Gli ho dato una teca con del Vibranio puro dentro, per distrarli. Credo che passerrano un bel pò di tempo ad esaminarlo, spero abbastanza per permettervi di sgattaiolare dentro e prendere lo scettro di Loki senza dare nell'occhio- rispose l'altro, mentre Nat spalancava gli occhi dallo stupore.

-Vuoi dire che stiamo per entrare nell'edificio più sicuro e sorvegliato di tutta New York e lo SWORD non ne sai niente?? Credi proprio che non daremo nell'occhio??- esclamò, facendo cenno al mitra di Bucky, allo scudo di Steve, alle sue pistole e ad Alex.

T'Challa sorrise, ridendo.

-Si, credo proprio che non darete nell'occhio. Siete gli Avengers, andiamo!-

-Esatto, siamo gli Avengers. E guarda caso praticamente non solo New York, ma TUTTO IL MONDO sa chi siamo. Se anche un bambino ci dovesse vedere all'interno dell'edificio, diventeremo tutti dei ricercati per esservi entrati senza permesso- replicò Nat, ora paonazza in viso.

Calò il silenzio.

Persino il re abbassò lo sguardo, scuotendo la testa.

-Hai ragione. E' troppo pericoloso. Vorrà dire che...-

-Lo farò io- disse all'improvviso Alex, mentre tutti si voltavano di scatto verso di lei.

Uno sguardo interrogativo era comparso sul volto di Steve, mentre Bucky sembrava sollevato.

Era quasi come se si aspettasse già che stesse per dire quelle parole.

-No Alex. Non te le permetterò. E' troppo pericoloso...- iniziò a dire Nat.

-Loro non sanno chi sono. Non mi hanno mai visto. Quando abbiamo combattuto contro Thanos io ero su Titano. Non qui, non nel Wakanda. Credo che neanche sappiano che Loki abbia una figlia- la interruppe la ragazza.

-Ha ragione, Nat- aggiunse Bucky, beccandosi un'occhiataccia da Steve.

Alla fine Nat sbuffò, sconfitta.

-E va bene, ipotizziamo che dovessi andarci. Credi che quelli dello SWORD non si faranno due domande vedendoti con indosso quest'armatura e con due pugnali nelle tasche?-

Alex alzò gli angoli della bocca, anche se il suo sembrava più un ghigno che un sorriso.

-Oh, non preoccuparti. A quello ci penserò io-

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-Dannate gambe da anziana...- mormorò Alex, facendo attenzione a non farsi sentire.

Con i suoi poteri di metamorfosi ed illusione ereditati da Loki, era riuscita a prendere la forma di un'anziana signora, passando inosservata davanti alle guardie.

Anzi, una di loro aveva persino proposto di accompagnarla su per le scalee.

E, ora che si trovava a metà del tragitto, Alex rimpianse di non avergli risposto di si.

La sua forza era rimasta, certo, ma la scarsa altezza della signora che era diventata e la sua schiena ricurva non aiutavano affatto.

Aveva fatto diventare i suoi due pugnali, con un illusione, un bastone da passeggio.

Sicuramente qualcuno avrebbe sospettato qualcosa, vedendo una signora dai capelli candidi con due armi strette in mano.

Trovare la stanza con dentro lo scettro di suo padre fu più semplice del previsto.

Si sentiva come richiamata da qualcosa, qualcosa che la trascinò fin davanti una grande porta a vetri.

Dentro, circondato da un alone bluastro, c'era lo scettro di Loki.

Era perfettamente al centro della stanza, posato su un tavolo in marmo.

Molto probabilmente ora era frutto di ricerche per degli scienziati, poiché tutto intorno aveva dei fogli di carta pieni di appunti.

-Le serve qualcosa signora?- disse una guardia che Alex non aveva notato prima, avvicinandosi sempre di più.

Il cuore le fece una giravolta nel petto, mentre cercava una scusa plausibile da adottare.

E quella fu la scelta peggiore di quel giorno.

Più andava in panico, meno l'incantesimo funzionava, svelando pian piano la verità.

Prima i capelli le si allungarono, con grande sorpresa dell'uomo, che rimase a bocca aperta.

Poi, mentre le si tingevano di nero, anche la pelle diventò più liscia, quella di una sedicenne.

Quando la guardia stava per chiamare i rinforzi con il suo walkie talkie, era ormai troppo tardi.

Alex aveva ripreso del tutto le sue vere sembianze.

Gli occhi di ghiaccio, l'armatura verde petrolio e oro e anche i due pugnali erano ricomparsi all'improvviso.

Vide il terrore negli occhi della guardia, così si affrettò a rimettere le armi a posto.

Si avvicinò a lui, gli posò rapidamente una mano sulla fronte e recitò una vecchia formula che le era stata insegnata da Frigga a bassa voce.

L'uomo chiuse gli occhi ad un tratto, per poi accasciarsi a terra svenuto, ma senza far nemmeno un minimo rumore.

Alex prese la tessera che la guardia teneva nel taschino destro della camicia e la passò davanti a un dispositivo di riconoscimento.

La porta di vetro si spalancò davanti ai suoi occhi, come invitandola ad entrare.

E così stava per fare, quando si accorse di una cosa.

Le telecamere.

Ce n'era una proprio all'inizio del corridoio, che ora puntava proprio su di lei.

Ma come aveva potuto essere così stupida?

Con un colpo secco, lanciò uno dei suoi pugnali verso l'obiettivo della telecamera, centrandolo in pieno.

Maledicendosi da sola, varcò l'entrata della stanza.

Un attimo dopo, la porta si era giù chiusa dietro di lei.

Si guardò intorno un attimo, ma non c'era dubbio.

Era da sola.

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