Capitolo 40 |Forse no?|
Soleil
Mi svegliai di soprassalto.
Sentii la gola pizzicare e l'aria mancarmi, come se qualcuno stesse premendo le proprie mani con forza sul mio collo.
Tossii con violenza.
Inalai più aria possibile, fino a far bruciare i polmoni.
Quando il respiro fu abbastanza regolare mi guardai intorno con aria spaesata.
Mi trovavo in una stanza vuota, priva di ogni ornamento e di un bianco talmente asettico da far venire l'emicrania.
<Soleil>.
Quella voce l'avrei riconosciuta ovunque.
Questa volta però non era solo un rimbombo ovattato nella mia testa ma risultò forte e chiara.
Una donna, di una bellezza che non potrebbe mai appartenere al mondo terrestre, era immobile di fronte a me, avvolta nella sua tunica bianca, e tra i capelli platino portava fiori candidi, forse delle rose.
<Chi sei?> chiesi.
Il ricordo dell'ago che scavava nella mia carne si fece vivo e portai la mano in quel punto sanguinante.
<Sono... morta?>.
Non era un'alternativa così scontata.
Tutta via il paradiso non me lo immaginavo proprio così.
<Sei un angelo per caso?> chiesi ansiosa.
<No Soleil, non sei morta ed io non sono un angelo. Questo posto non esiste: sta accadendo tutto nella tua testa> spiegò.
Mi guardai ancora una volta attorno in ricerca di risposte.
<Chi sei allora? E perché la tua voce è così familiare?> mi alzai da terra, il dolore era sorprendente sparito.
<La domanda giusta da fare non è chi sono io> si avvicinò a passo lento, leggera come la seta.
<...ma chi sei tu>.
Aggrottai la fronte.
<Non sto capendo nulla. Evidentemente devo essere impazzita>.
<No, non sei impazzita. Non ancora perlomeno> rispose la figura.
<In che senso?>.
<I dissociati stanno prosciugando ogni tua energia. Sono convinti che così facendo riusciranno a risvegliare il "senso" che ti permetterà di trovare il diadema... che sciocchi> scosse il capo con un ghigno di disprezzo.
<Il diadema di Mysteria? Quello che contiene il potere arcano?> chiesi.
<Esatto. Peccato che quel diadema valga meno di niente>.
Aggrottai la fronte.
<E tu come fai ad esserne così sicura?> chiesi stizzita.
Mi fissò intensamente, sorridendo.
<Credo che nessuno possa conoscere qualcosa più del proprietario. Tu cosa ne pensi?>.
Trasalii.
<Non hai letto il mio diario? Ho cercato in tutti i modi di comunicare con te>.
I miei occhi assunsero la forma di due biglie di vetro.
Portai una mano davanti la bocca dallo stupore quando capii chi avessi di fronte.
<Tu sei...> mormorai.
Non rispose ma il suo sguardo fu la conferma.
Scossi la testa contrariata, meravigliandomi della sciocchezza che avevo appena pensato.
<È solo un sogno vero? Ho le allucinazioni e sto delirando> risi, isterica.
<Accidenti, doveva essere forte quella roba>.
Strofinai energicamente i miei occhi, dandomi poi dei pizzicotti sul braccio.
<Andiamo Soleil, svegliati> dissi.
Mi fermai solo quando due mani delicate si appoggiarono dolcemente sulle miei guance troppo calde.
Aprii gli occhi, trovando il suo volto di fronte a me.
<Sei davvero la Dea Mysteria?> ripetei incredula.
Sorrise, accarezzandomi il volto.
<Mi sono sempre chiesta come saresti diventata un domani, eppure la tua bellezza supera ogni aspettativa>.
<Cosa intendi dire?>.
Mi fissò intensamente, allontanandosi da me.
<Credo sia arrivato il momento>.
Il mio evidente stato di confusione non passò inosservato.
<Conosci la mia storia?Te ne avranno sicuramente parlato> disse.
Ricordai la prima lezione con il Professore Alas.
Annuì.
<Zeus, tuo padre, ti ha uccisa e...> mi interruppe bruscamente.
<Non era su questa parte che volevo soffermarmi> sentii una punta di astio nelle sue parole.
<Ti hanno parlato di mia figlia?>.
<Basilea?> sussurrai.
Sorrise.
<Mi hanno detto che non si sa precisamente cosa le sia successo. Si dice sia stato Zeus ad ucciderla> parlai cauta.
Mysteria sospirò, scrutandomi con occhi lucidi.
<Sapevo che sarei morta quel giorno. Il mio potere era indubbiamente forte ma dinanzi l'esperienza del Dio dell'Olimpo non avrei avuto molte aspettative di vittoria> iniziò.
<Ovviamente lui sapeva che il mio fosse un potere immortale. La mia morte non era sufficiente, sarebbe rimasto libero e accessibile a chiunque e il suo intento era impadronirsene. Ricordo bene la sua faccia trionfante quando si rese conto che sarebbe uscito vincitore dallo scontro >.
La interruppi.
<E la profezia?> chiesi.
Mi guardò perplessa.
<Si dice che prima di morire lanciasti una profezia così che il tuo potere sarebbe rinato in un prescelto e con esso anche parte della tua anima> spiegai.
<Quella è una leggenda, piuttosto sciocca devo aggiungere> rise.
Corrugai la fronte.
<Ciò che era stato iniziato da me doveva finire con me, o perlomeno con il mio sangue> spiegò.
<Non capisco> sussurrai più confusa di prima.
La sua versione era totalmente diversa da ciò che mi era stato raccontato.
<Inizialmente avevo pensato a Proteo ma per quanto l'amore potesse essere assoluto lui rimaneva un estraneo. Avevo bisogno di qualcuno di cui mi potessi fidare, qualcuno che non mi avrebbe voltato le spalle poiché sangue del mio stesso sangue>.
Fu in quel momento che ebbi l'illuminazione.
<Tua figlia> affermai.
Continuava a fissarmi, studiando ogni mia reazione.
<Esatto. Basilea era colei che avrebbe portato a termine la mia opera>.
<Ma di lei non si sa più nulla> dissi ovvia.
<Non avrei mai potuto lasciarla incustodita, così feci una mossa azzardata>.
Si avvicinò lentamente a me, chinandosi di poco.
<Credi nella reincarnazione?>.
La sua era una domanda retorica, ma la mia risposta fu comunque negativa.
Sorrise.
<Dovresti, figlia mia>.
Rimasi Immobile, esanime come una statua.
Lei invece, con la sua gelida bellezza, mi guardava come se avesse appena fatto una rivelazione degna di uno stato di shock.
<Figlia?> sussurrai incredula.
Il suo sorriso si accentuò, provocandomi un insolito fastidio.
<Devi sapere la verità>.
<Di quale verità parli?> dissi.
<Come ti ho già detto, sapevo quale sarebbe stato il mio destino. Tuttavia non avrei mai permesso che qualcuno si impadronisse del mio potere, tantomeno mio padre. Tu eri la mia unica speranza>.
Si avvicinò, prendendomi il volto tra le mani.
<Sei tu Basilea, Soleil. Tu sei la reincarnazione di mia figlia>.
<Figlia di una Dea e un umano> continuò.
Un brivido gelido scosse il mio corpo inerme.
<No... non può essere>.
<Feci il possibile, sfidai le leggi della natura affinché tu potessi rinascere>.
Il suo sguardo divenne scuro.
<E con te il mio potere. Con la tua rinascita, sono rinata anche io>.
Mi divincolai.
<Stai mentendo!> urlai.
<Io non- tu non puoi essere... il mio nome è Soleil e non sono la reincarnazione di nessuno ne tantomeno una semi dea o qualunque scherzo della natura>.
Farfuglia parole insensate mentre lacrime di sconforto sfuggirono dai miei occhi.
<Non ti sei mai chiesta perché fossi la più forte? Il perché fossi diversa dagli altri? Nessuno è in grado di fare tutto ciò!> l'entusiasmo che trapelava era inquietante.
<Non esiste alcun diadema o inutile profezia. Il potere arcano è dentro di te>.
<Smettila!> sbottai.
<E finché sarà in vita con te, io sarò in vita con lui>.
<STAI ZITTA!>.
Coprii le mie orecchie con le mani, come se potessero proteggermi dal dolore.
<Mia madre si chiamava Arabella Blanc> sussurrai <e tu non sei altro che uno stupido delirio>.
<Non hai nemmeno una singola goccia di sangue dei Blanc nelle vene, tanto meno dei Romanov. Non è così che funziona la reincarnazione> sbottò.
Singhiozzai silenziosamente, continuando a fissare il pavimento.
Non avevo accumulato abbastanza coraggio per guardarla negli occhi.
<Non è vero> la voce si incrinò e quelle tre parole non erano nient'altro che una triste cantilena che perdeva sempre più di credibilità.
C'erano troppe cose che giocavano a favore della sua versione.
Le numerose incertezze che mi hanno accompagnato nel corso della vita erano effettivamente troppe.
Continuavo a incastrare pezzi di puzzle che non combaciavano.
Ora il puzzle è finito, ma la figura è distorta.
Ancora una volta ero un'illusa.
<Risveglialo>.
Alzai gli occhi verso di lei. Mi sentii gelida.
<Se è davvero come dici, risveglia il potere arcano> affermai.
Mi guardò attentamente, con occhi affilati.
<È immenso e difficile da gestire. Una volta risvegliato sarai padrona di ogni potere esistente, essere un ibrido non aiuta più di tanto. Due poteri non sono niente a confronto>.
Mi alterai, pervasa da un attacco di rabbia.
<Vuoi risvegliarlo sì o no?> scattai.
Sorrise e nei suoi occhi vidi una scintilla maligna che non mi piacque per niente.
Si avvicinò lentamente fino ad arrivare davanti ai miei occhi, sovrastandomi con la sua aurea.
<Finirà così com'è iniziata>.
E mi baciò la fronte.
Xavier
Ho svolto il mio compito.
Ho svolto il mio compito.
Ho svolto il mio compito.
Ho svolto il mio compito.
Ho svolto il mio compito.
Ho svolto il mio compito
Era ciò che i miei pensieri ripetevano allo sfinimento.
Non avevo alcuna colpa, non ho scelto io questa strada.
Io sono nato per questa strada, per portare a termine la missione.
Eppure cos'era quella sensazione di pesantezza proprio all'altezza del petto?
Cos'era quel dolore insopportabile, come se un tarlo si stesse nutrendo delle mie interiora facendomi soffrire lentamente?
Quel nodo in gola che sembrava assorbire la mia saliva gonfiandosi fino a soffocarmi.
<Che ti prende?>.
Gli occhi indagatori di Amara mi scrutarono con sdegno.
Odiavo il fatto che fosse identica a lei.
<Niente che ti riguardi> risposi.
Rivolsi nuovamente l'attenzione al libro che oramai avevo smesso di leggere con attenzione da un bel po'.
Le parole si fondevano tra di loro, aggrovigliandosi come un filo di lana infeltrito.
Avevo la nausea.
<Hai un aspetto orribile> una smorfia disgustata segnò il suo volto.
Il suo volto.
Chiusi il libro, provocando un tonfo sordo.
<Vai all'inferno> ringhiai.
Mi alzai dalla poltrona dirigendomi verso l'uscita della sala.
Dovevo andarmene di lì al più presto.
<Siamo già all'inferno tesoro>.
Furono le ultime parole che sentii prima di uscire dalla porta.
Velocizzai il passo.
Sentii lo stomaco contorcersi, il respiro venire a mancare e gocce di sudore freddo percorrevano il tratto dalla mia fronte fino al collo, inumidendo il colletto della mia camicia.
La pesantezza al petto era sempre con me, come un'ombra maledetta.
Trovai il bagno e mi fiondai dentro, noncurante di trovare altre persone.
Fortunatamente però sembravano essere stati tutti inghiottiti da un buco nero.
Vomitai.
Una, due, tre volte.
Negli ultimi giorni i miei pasti erano pressoché inesistenti.
Ebbi la sensazione di rigettare anche la mia anima.
Probabilmente anche lei era indignata dalle mie azioni.
Crollai con le spalle al muro scivolando come un verme, vergognosamente esausto.
<Cosa ho fatto...> mormorai.
Poggiai il capo sui palmi delle mani e tirai i capelli fino a strapparli.
<Cosa ho fatto> ripetei.
È vero.
Sono nato per questa strada.
Eppure non l'ho scelta.
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