ℭ𝔞𝔭𝔦𝔱𝔬𝔩𝔬 1
Flashback
5 anni prima, il 25 dicembre
<<È troppo stretta>>
Era stata la voce di Chloe a parlare.
Era immobile davanti allo specchio di camera sua, che stava cercando di combattere una guerra già persa, contro una camicia di lino rosa antico.
Il rosa.
Che schifo.
Con tutti i colori che potevano darle proprio quello.
Storse le labbra in un ghigno di disapprovazione e sospiró pronta alla resa.
<<È l'unica che è rimasta e dovrai fartela andare bene>> disse una voce scontrosa femminile, troppo famigliare.
Era suor Angelina appollaiata dietro di lei, che la stava guardando, come si guarda una cosa inutile.
Era alta, magra quasi scheletrica, aveva capelli scuri come la pece, lunghi e lisci.
Gli occhi però erano due fessure scure, che vedevano sempre tutto.
Era Mortisia il ritorno.
<<Ma perchè tutte le altre ragazze hanno le camicie perfette e io devo girare come se fossi dentro un imbuto?>> chiese indignata indurendo lo sguardo leggermente, per farsi prendere più sul serio.
Nessuno la prendeva mai realmente sul serio.
La guardavano come se fosse una bambina piccola, che ancora beveva il latte dal biberon.
<<Non sei nella posizione di scegliere che cosa è bello o brutto o che cosa sia giusto o sbagliato. Lo dico io e fin quando ci sarò si farà in questo modo>> e detto ciò si avvicinò a lei con passo svelto e deciso.
Rimase immobile al suo posto guardando un punto del muro indefinito alle sue spalle, mentre si avvicinava.
Lasciò che le sistemasse i capelli dorati e lo fece in modo poco dolce, strattonandole tutte le ciocche per formare una cosa troppo stretta sulla nuca.
Oltre a quella orrenda camicetta aveva una gonna che andava sul grigio scuro, che le copriva le gambe fin poco sopra le ginocchia.
Come era vestita sembrava ancora più alta e magra.
Si stava guardando allo specchio mentre Angelina, che poi di angelico aveva ben poco, stava finendo di sistemarla.
La pelle era molto chiara, gli occhi erano azzurri tendenti al grigio chiaro , le labbra morbide e carnose erano chiuse a formare una linea dura di frustrazione.
<<Cinque minuti e fatevi trovare tutte al piano di sotto per la cena>>
Angelina giró sui tacchi prima di richiudersi la porta alle spalle e averle lanciato un'occhiataccia.
Sospiró e scolló gli occhi dallo specchio per mettersi i mocassini, scarpe orrende.
<<Dovresti ascoltarla Chloe, non tutti sono portati per l'eleganza. Non prendertela>>
Aveva parlato una ragazza della sua stanza, che aveva assistito a tutta la scena precedente.
Si chiamava Hanna.
<<Non mi importa di essere elegante, mi importa di stare comoda e non sembrare lo zimbello del posto>> le rispose di rimango alzandosi dal letto e guardandola male.
Chloe odiava le cose strette e attillate, non si vestiva come le sue coetanee dodicenni, che si mettevano le maglie scollate e i pantaloni inguinali.
Più era libera, meglio stava.
<<Hai troppe pretese. Dovresti stare zitta e lasciar perdere>> si stiró con le mani la gonna grigia che avevano tutte, dato che erano tutti vestiti uguali, a eccezione dei ragazzi che indossavano i pantaloni dello stesso colore delle loro gonne e la camicia bianca.
Delle risatine dietro di lei si fecero largo alle sue orecchie.
Le schiave di Hanna.
Pensate che abbia sbagliato parola?
No!
Non erano amiche, ma schiavette della persona più odiosa del mondo.
Sembrava che stesse per uscire insieme a loro dietro di lei, quando si fermò e la guardò con il suo solito sorriso perfetto, da persona perfetta quale era.
<<Ah Chloe, sei lo zimbello del posto>>
Uscirono e Chloe strinse i pugni lungo i fianchi per non tirarle un pugno in faccia e farle pentire di quello che aveva appena detto.
<<Avanti Chloe, è Natale e tutti sono più buoni no?>>
Il Natale.
Era sempre stato un tasto dolente nella sua vita da orfana.
L'aveva sempre passato lì, insieme a altri cento ragazzi provenienti da tutto il mondo, abbandonati da chi invece avrebbe dovuto amarli alla follia e proteggerli.
Non sapeva nulla dei suoi genitori.
Era una cosa che li accumunava tutti, nonostante le diversità.
La sua vita era un puzzle incompleto, che non si sarebbe mai completato.
Il Natale era uno di quei puzzle.
Uscì dalla stanza che aveva in comune con le quattro oche dell'orfanotrofio e si diresse di sotto come stabilito.
Era uno stabilimento fatto di roccia e molto vecchio.
In alcuni punti c'era il soffitto con qualche buco e le scale sconnesse.
Sembrava la casa degli orrori, ma ormai lei era abituata.
Ci era arrivata da quando ne aveva memoria e ormai era casa sua a tutti gli effetti, anche se non si sentiva davvero al suo posto.
Chloe non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, aveva un carattere molto forte per la sua età.
Nonostante tutto però a volte, lasciava semplicemente perdere, perché le reputava solo persone che non avevano una vita sociale e che per passare il tempo le davano fastidio.
Si fermò davanti alla sala dove aveva passato tutti i pranzi, le cene e le feste della sua vita.
Non avrebbero fatto niente di speciale, un discorso da parte di Angelina seguita dietro dalle altre suore.
Avrebbero mangiato una cena migliore del solito e si sarebbero ritirati ognuno nelle proprie stanze per andare a letto.
"
<<Chlo>> una voce maschile familiare la stava chiamando.
Si giró sapendo già chi si sarebbe trovata davanti perché lui, era l'unica persona che davvero conosceva come le sue tasche.
L'unica che amava più di se stessa.
L'unica che la capiva solo con uno sguardo e che c'era sempre stata per lei.
Era Jackson.
Suo fratello gemello.
<<Siete arrivati finalmente! Non sapete che non si fa aspettare una signorina?>>
_______________
Queste ferite sembrano non guarire
Questo dolore è troppo reale
C'è semplicemente troppo che
il tempo non può cancellare...
Stava ascoltando My Immortal di Evanescence, seduto sul davanzale della piccola finestra della sua stanza dell'orfanotrofio.
Aveva le mani incrociate davanti a se sulle ginocchia piegate.
I capelli chiari gli ricadevano sugli occhi grigi e attenti a ogni movimento degli alberi, che si muovevano per colpa del vento.
Muoveva la testa in modo impercettibile assaporando la melodia triste e le parole che avevano un gran significato per lui.
La musica era il suo mondo insieme alla lettura.
Si rifugiava in quella che era una bolla di vetro, che nessuno poteva infrangere.
I libri erano un varco verso la vita e il mondo che avrebbe sempre sognato.
La musica gli permetteva di chiudere la mente e arrivare in un altro mondo, non pensando più a niente.
<<Guardalo. Sempre con quelle cuffie alle orecchie o a leggere libri scadenti. Dovrebbe crescere e smetterla con queste bambinate>> stava dicendo nel frattempo un suo compagno di stanza, che non lo aveva mai davvero capito.
Lo reputava un ragazzo problematico, con seri problemi nella socializzazione.
In realtà Jackson era un ragazzo molto intelligente e percepiva tutto quello che gli succedeva attorno troppo forte per qualsiasi essere umano.
<<Jack dai vieni sono quasi tutti di sotto>> dalla porta del bagno era apparso un ragazzo basso, abbastanza cicciottello con i capelli castani e gli occhi chiarissimi.
Aveva una spruzzata di lentiggini sugli zigomi e sul naso, che gli dava un aspetto ancora di più da bambino.
Aveva una camicia bianca un po' stretta per la sua stazza e i pantaloni un po' troppo corti per la sua misura.
Karl si chiamava.
<<Oh mio dio! Non ti sei ancora messo la camicia? Angelina si arrabbia se sa che non sei ancora pronto, lei non perdona i ritardatari>> aveva detto strabuzzando gli occhi e correndo da una parte all'altra della stanza per cercare la sua camicia.
Era ben stirata e appesa dietro la porta, come sempre.
Jackson aveva una gran mania dell'ordine e della pulizia, ogni cosa doveva stare dove diceva lui e come diceva lui.
<<Ho capito mi vesto, ma stai calmo!>> disse spegnendo il suo iPod e rimettendosi tutto nella tasca dei pantaloni che già aveva addosso, lasciando le cuffie appese al collo.
Si mise la camicia in modo veloce e ordinato sistemandosi le piccole pieghe sul corpo magro e con un accenno di muscoli.
Karl era l'unico "amico" che avesse lì dentro, che lo capiva e lo lasciava in pace.
Lo aveva salvato da un gruppo di ragazzi, che lo avevano bullizzato qualche anno prima e da allora tra loro era nata un'intesa.
Scesero insieme velocemente, perché erano già abbastanza in ritardo e trovarono sua sorella ad aspettarli.
Aveva una camicetta rosa antico, un po' troppo stretta per la sua taglia minuta e una gonna che le scopriva le gambe lunghe e snelle.
Sorrise ad entrambi una volta, che lui la chiamò facendola girare.
Chloe.
Sua sorella gemella.
La persona che lo aveva fatto tirare avanti senza crollare per tutti quegli anni.
Lo capiva più di ogni altra persona e senza di lei si sentirebbe perso.
Lei non lo aveva mai preso in giro per la sua diversità di pensiero o nel modo di gestire la tensione, anzi lo aveva sempre protetto a spada tratta.
Erano per tutta una vita stati loro due contro il mondo e a lui andava bene così.
<<S-sei...elegante>> disse Karl paonazzo in volto cercando di guardare tutto tranne lei.
Jackson aveva intuito che provasse qualcosa per sua sorella, nel modo in cui la guardava di sottecchi mentre pensava che lui non guardasse, ma vedeva tutto.
<<Elegante? Sembro un involtino primavera>> disse lei guardandosi esasperata scuotendo la testa in segno di disapprovazione.
<<Non parliamo di me. Dove eravate finiti? Angelina sarà su tutte le furie>>
E infatti appena entrati tutti si girarono verso di loro e nella stanza scese un silenzio di tomba.
Angelina era in piedi in un piccolo palchetto davanti ai tavoloni con le mani incrociate dietro la schiena e li stava guardando con sguardo assassino.
<<Ben arrivati. Vedo che la puntualità non fa proprio per voi vero?>> disse aprendo una mano indicando il posto dove si sarebbero dovuti sedere.
Erano nei posti in fondo alla stanza e Karl si sedette di fianco a Jackson, mentre Chloe davanti a quest'ultimo.
<<Per il vostro ritardo dovrete pulire l'intera biblioteca per i prossimi giorni>> disse poi iniziando a fare il solito discorso.
<<Ve l'avevo detto che non l'avrebbe presa bene>> disse Chloe in un sussurro per poi ascoltare un discorso interminabile su quanto il Natale fosse importante.
A Jackson piaceva l'idea di pulire, lo rilassava e lo faceva smettere di pensare alle mille cose che gli frullavano nella testa.
<<Non mi sembra una punizione tanto male, alla fine poteva andarci peggio>> disse alzando le spalle iniziando ad addentare un pezzo di pollo.
<<Niente male? Ma scherzi vero? Io sono anche allergico alla polvere>> disse Karl rabbrividendo e grattandosi la testa già preoccupato per l'indomani.
Una volta finita la cena ognuno si ritirò nelle proprie camere, con qualche protesta da parte di qualcuno che non aveva per niente sonno.
<<Allora Buon Natale ragazzi e buonanotte. Jack ti aspetto in camera>> disse Karl guardando entrambi e salutando con la mano Chloe.
<<Tutto bene?>> chiese Chloe a Jackson che ora era di fronte a lei e stava arrotolando e srotolando le cuffie che aveva tra le dita.
<<Perché me lo chiedi?>> le chiese sospirando sapendo dove voleva andare a parare.
<<Lo sai Jack...>>
<<Chlo odio il Natale, ma non per questo devi guardarmi come un cucciolo ferito>> disse facendo un ultimo giro alle cuffie per poi mettersele in tasca di nuovo.
<<Mi preoccupo per te!>>
<<Non dovresti e lo sai, sto benissimo>> disse girandole le spalle e mettendo la mano nella porta.
Chloe stava per girarsi e andare a dormire nella sua stanza, quando Jackson si giró e la chiamò.
<<Buonanotte Chlo>> e detto ciò scomparì nel buio più totale.
_______________
Si era finalmente tolta quella camicetta rosa che non poteva proprio vedere e si era messa il pigiama blu corallo con i cuori, che tanto amava.
Si era pettinata i capelli biondi e mossi prima di stendersi nel letto e guardare il solito soffitto macchiato di muffa sopra di se.
Era stata tutto sommato una bella serata se si considerava il buon cibo e la buona compagnia, ma gli addobbi e il fatto di dover andare a letto alle undici li odiava.
Le altre ragazze si erano tutte addormentate da più di mezz'ora e era quasi mezzanotte.
Si stava girando i pollici per cercare di prendere sonno e di non pensare che suo fratello gemello Jackson era stato strano e freddo con lei.
Lui che con lei non lo era mai.
Che con lei era se stesso e che si potevano sempre dire tutto senza nascondersi niente.
Proprio in quel momento la porta si aprì leggermente senza fare rumore e si alzò a sedere sul letto di scatto non capendo chi fosse con quel buio.
La figura che le si parò davanti era inconfondibile e famigliare.
Jackson.
<<Jack...che ci fai qui?>> chiese sorpresa a bassa voce non capendo la sua presenza lì.
Dormivano spesso insieme nello stesso letto e la maggior parte delle volte, era lui a venire da lei quando aveva fatto un brutto sogno o solo per parlare di qualcosa.
Però da quando aveva conosciuto Karl si era frenato e non lo aveva più fatto.
Non perché non volesse, ma perché non voleva che qualcuno sapesse che andava da sua sorella , come un bambino va dalla propria madre quando ha paura.
<<Posso?>> disse lui soltanto con un piccolo sorriso sulle labbra e lei annuì sorridendo di rimando facendoli spazio sotto le coperte con lei.
<<Qual buon vento ti porta da queste parti?>> chiese ridendo piano, appoggiando la testa vicina alla sua sullo stesso cuscino.
Erano identici nei lineamenti, nella forma degli occhi e delle labbra e anche i capelli erano gli stessi.
<<Volevo farti il mio regalo di Natale>> disse lui con quel suo solito sguardo misterioso, per poi prendere l'iPod e porgendogli una cuffia.
Lei la prese e se la mise nell'orecchio.
Una musica triste e che conosceva bene andò a espandersi intorno a loro.
My Immortal.
Una delle canzoni preferite di Jackson.
Queste ferite sembrano non guarire
Questo dolore è troppo reale
C'è semplicemente troppo che
il tempo non può cancellare...
Una canzone che li rispecchiasse più di quella non esisteva.
Entrambi erano feriti.
Entrambi avevano cicatrici nel corpo e nel cuore, che non si sarebbero mai rimarginate.
Jackson aveva quel modo di comunicare con lei , quando non sapeva come iniziare o continuare un discorso, che sapeva non sarebbe riuscito a dire con le parole, gliele illustrava con la musica.
Le teste si scontrarono leggermente e entrambi chiusero gli occhi, prendendosi una mano e stringendola forte, per sentirsi più vicini.
Jackson soffriva e lei con lui.
<<Ti voglio bene e grazie di questo regalo>> disse sorridendo per poi ricordarsi, che anche lei aveva un regalo per lui.
Si tolse la cuffia facendola cadere nel vuoto e gli porse una foto, che aveva sopra la scrivania poco lontano.
Lui sempre con una cuffia nell'orecchio si sedette nel letto e i suoi occhi si spalancarono alla vista dell'immagine.
Ritraeva loro due che sorridevano qualche mese prima.
L'avevano fatta una volta usciti tutti insieme dell'orfanotrofio per una gita, in una macchinetta apposta.
Li rappresentava in pieno.
Due fratelli che si volevano bene e che ci sarebbero sempre stati l'uno per l'altra, nonostante tutto.
Nonostante le difficoltà della vita.
Sopra la foto in rosso, con una calligrafia precisa c'era scritto: "ti voglio bene, Buon Natale".
Lui si tolse le cuffie togliendo la musica e il silenzio tornó sovrano nell'ambiente intorno a loro.
<<Come sapevi che l'avevo persa?>> chiese lui continuando a guardare la foto tra le sue mani, che era in bianco e nero.
<<So sempre tutto quando si tratta di te, so anche quanto ci tenevi e quanto ti fosse dispiaciuto perderla>> disse sorridendo e sedendosi di fianco a lui.
Si ristesero vicini, in silenzio e con il respiro sempre più pesante di Chloe, Jackson sorrise al buio ricordando quando erano bambini e il mondo non faceva poi così tanto paura se erano in due.
<<Buon Natale Chloe>>
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Ciao a tutti! 🌸
Questo è il primo capitolo, spero vi piaccia!
Fatemi sapere che ne pensate di Chloe , Jackson e di quelli nominati in precedenza 😍
Che cosa succederà ora che sono grandi?
Rimarranno così uniti o qualcosa li dividerà?
Vi metto la foto che Chloe regala a Jackson per Natale ->
Buonanotte a tutti e al prossimo capitolo ♥️
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