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| 𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 6 |

<<Io so soltanto che sono attratto da lei come l'aria quando sono sott'acqua>>


Vicenza, Italia

Le note di Nightmare, celebre canzone degli Avenged Sevenfold, risuonava incessante dentro le quattro mura di quella buia camera da letto, portando il povero Sebastian Rossi, a rigirarsi più volte nel letto, finendo col coprirsi la nuca con il cuscino. Sperando, in quel modo, di non udire più il suo cellulare squillare. Ma, purtroppo, a quanto pareva, la persona dall'altra parte del telefono, non ne voleva proprio sapere di far tranquillamente dormire il diciannovenne.

"E va bene, e va bene! Ora rispondo!" brontolò, allungando la mano in direzione del comodino posto alla sinistra del letto, così da poter agguantare il proprio smartphone.

Schiuse appena i suoi occhioni azzurri, cercando di non richiuderli non appena, quest'ultimi, furono in parte accecati dalla luminosità, forse troppo elevata, del suo cellulare.

"Si può sapere chi cazzo è che mi rompe i coglioni mentre sto dormendo?" aveva chiesto, non leggendo il nome del mittente della telefonata, rivolgendosi alla persona posta dall'altra parte della linea.

"Seba" l'inconfondibile voce di sua cugina, Samantha Moretti, rispose al quesito del più piccolo dei Rossi.

"Sam, ma che cazzo!" esclamò il ragazzino, udendo la voce della biondina. "Ma ti rendi conto oppure no che tra l'Italia e Portorico ci sono ben cinque ore di differenza?" domandò, non dando nemmeno il tempo, alla propria cugina, di poter rispondere. "Sono le cinque di mattina qui! Stavo dormendo!" aggiunse, stropicciando i propri occhi con le dita.

"Scusami Seba" si scusò la Moretti. "Non ti avrei disturbato nel cuore della notte se non fosse importante!" aggiunse. "Ti ho mandato una foto di un simbolo su WhatsApp"

"Aspetta, ora guardo" rispose il moro e, successivamente, entrò nell'applicazione dedita principalmente alla messaggistica, andando ad aprire la foto presente nella chat che aveva con sua cugina. Studiò, per qualche secondo, la bozza che, sua cugina stessa aveva disegnato, tornando poi a parlare con Samantha. "Ali del Diavolo? Di che si tratta?" chiese, non capendo il valore di quel disegno ricevuto.

"Non lo so nemmeno io, per questo te l'ho mandato e ti ho telefonato" spiegò il giovane membro dei Sons of Silence al cugino. "Mi sono involontariamente imbattuta in un gruppo di ragazzi che possiede questo simbolo tatuato nella mano" illustrò a Sebastian. "Credo... Credo di aver attirato, su di me, l'attenzione del loro capo" disse poi, abbassando appena il tono della sua voce.

Nell'udire l'ultima parte di quel discorso, Sebastian si mise seduto, incrociando le sue snelle gambe "Sanno chi sei?"

"No, no. Certo che no!" rispose, svelta, lei. "Per Ruben Perez io sono Alex. Una semplice ragazza in vacanza" affermò.

"Ruben Perez è il loro capo?" chiese l'altro giovane membro dei Sons of Silence, ricevendosi una risposta affermativa da parte della biondina. La quale gli diede qualche altra piccola informazione. "D'accordo, non ti preoccupare" rispose poi, alzandosi dal letto e dirigendosi verso il proprio portatile. "Ti chiamo, non appena trovo qualcosa su di loro" disse successivamente, accomodandosi alla propria scrivania. "Avviso anche papà su quello che trovo?" domandò, mentre attendeva che il proprio portatile si accendesse.

Ci furono svariati secondi di silenzio, tant'è che, temendo che la chiamata fosse stata interrotta, il piccolo Rossi aveva allontanato il cellulare dall'orecchio, controllando lo stato della telefonata. Vedendo che, Sam, era ancora in linea, si riportò il cellulare all'orecchio, attendendo che, la ragazza dagli occhi azzurri, prendesse parola.

Ci fu un fievole sospiro da parte della Moretti. La quale, a seguire, mormorò un "Si. Meglio di si. Ma... Seba. Di qualunque cosa si tratti, devi far promettere allo zio che non deve lasciare Vicenza" proseguì, con il tono di voce molto serio. "L'ultima cosa che lo zio deve fare è far scoppiare il caos contro una piccola gang locale"

Oh, se davvero si fosse trattato solo di una piccola gang locale, nulla di quello che, da lì a qualche tempo, sarebbe accaduto ai nostri protagonisti, avrebbe avuto alcun senso logico.

Perché, oramai, i loro destini si erano intrecciati tra di loro.

Ed i fili di quella trama oscura e malvagia, cominciavano a prendere una forma sempre più contorta e spietata. Portando, inesorabilmente, nelle vite di entrambi, il caos più totale.

E così, dopo aver salutato la cugina, ed aver riagganciato la chiamata, Sebastian Rossi, fin troppo abile nel scovare l'impossibile nel dark web, avvolto dai raggi di quel splendente sole che, oramai, stava sorgendo, si mise a smanettare freneticamente nella tastiera del proprio portatile. Alla ricerca di qualunque informazione legata al misterioso Ruben Perez.

Oh, se solo avesse saputo chi, realmente, fosse Ruben Perez, probabilmente avrebbe mandato di corsa, Andrea Rossi, a recuperare ciò che restava della famiglia Moretti.

Perché si, proprio come il creatore e gli eredi dei Sons of Silence, anche Ruben Perez ed i Siervos del Diablo erano delle pedine di quella contorta partita a scacchi che, avvolti nell'ombra, qualcuno stava giocando. Ma, in questa contorta partita, quanto importante era il pezzo che portava il nome de El Diablo?


San Juan, Portorico

"¡Me jodiste a lo grande, pequeño demonio con ropa de ángel!"

Furono queste le parole che fuoriuscirono dalle carnose labbra de El Diablo non appena sprofondò nei sedili posteriori del suo Suv Urus, rigorosamente nero. Aprì la bottiglietta, ormai piena per metà che, all'interno del locale, Castro gli aveva offerto, bevendone un lungo e rinfrescante sorso. Poi, chiudendo quei dannati e bei pozzi verdi che aveva al posto degli occhi, poggiò la nuca contro il poggia testa del sedile anteriore del passeggero. Inspirò a fondo, cercando di placare, almeno in parte, il forte senso di nausea che, dopo l'accidentale assunzione della droga dello stupro, aveva avvolto il suo stomaco. Mandandolo in subbuglio.

Standosene in silenzio per qualche minuto, Asier Castro, fidata guardia del corpo de El Diablo, osservò il suo capo dallo specchietto retrovisore. Solo dopo aver udito un flebile sbuffo da parte di Perez, il moro si decise di parlare.

"Ho detto a Luka di seguire la ragazza" informò El Diablo della decisione che aveva preso senza il suo consenso. "Ti riporto alla villa?" domandò successivamente, questa volta voltandosi per un quarto in direzione di Perez.

"Si alguna vez arrancas el auto, te cortaré las manos" sibilò a denti stretti Ruben, dopo aver ributtato giù per l'esofago un piccolo grumo di vomito. "Esta maldita droga me ha vuelto el estómago del revés"

Fece appena in tempo a concludere la frase ed il grumo di vomito gli risalì in gola, obbligandolo ad aprire, alla velocità della luce lo sportello dell'auto. Si chinò verso l'asfalto, espellendo non solo l'alcol che aveva ingerito poco prima, ma anche il pasto che aveva consumato all'ora di pranzo.

"Ora possiamo tornare a casa" mormorò non appena richiuse lo sportello, appoggiando la schiena contro lo schienale del sedile e togliendo, con il dorso della mano destra, qualche piccolo rimasuglio di vomito dalle proprie labbra.

"Capo" il tono di voce serio di Asier attirò la sua attenzione. Ruben puntò le sue chiare iridi verso lo specchietto retrovisore, finendo, in quel modo, di osservare quelle scure della sua guardia del corpo. "Mi ha scritto Luka" cominciò il suo discorso Castro, guardando El Diablo dallo specchietto retrovisore. Perez sollevò un sopracciglio, attendendo che il moro proseguisse a parlare. "Ha perso Alex" disse. "Ha detto che si è mescolata tra la gente per strada e non è più riuscito a distinguerla tra la massa"

Un piccolo e leggero sospiro lasciò la bocca di Ruben, seguito poi da una lenta curvatura all'insù degli angoli delle sue labbra, dando così vita ad un piccolo ed enigmatico sorriso.

"Asier, credo proprio di aver trovato pane per i miei denti"

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Il giorno seguente, dopo aver bevuto la seconda tazza di tisana al finocchio, sotto l'obbligo ed il controllo da parte di abuela, ed esser corso in gabinetto a vomitare nuovamente, così da cancellare definitivamente la sbornia e, quel che restava degli effetti della droga dello stupro, Ruben Perez si fece una doccia, cercando di tornare completamente in se.

<Nemmeno sotto l'obbligo di qualcuno metterò l'GHB nel drink di qualche ragazza. Non dopo aver provato, sulla mia pelle, i suoi effetti> si era ritrovato a dirsi tra sé e sé, mentre se ne stava avvolto in una folta nube di vapore che fuoriusciva dalla doccia del suo bagno privato.

<Come cazzo ha fatto a scambiare i nostri bicchieri senza che me ne accorgessi?> si chiese poi mentalmente, avvolgendosi un morbido asciugamano di color beige attorno ai fianchi. Lasciando fuoriuscire da esso qualche piccolo ciuffetto di peli pubici.

Si passò un piccolo asciugamano, del medesimo colore di quello avvolto in vita, sui corti capelli. Successivamente, uscì dal proprio bagno e, a piedi scalzi, raggiunse l'immensa cabina armadio che possedeva, lasciando, dietro di sé, una piccola scia di impronte bagnate. Dopo aver scelto un outfit alquanto elegante, visto l'importante incontro di affari che, da lì a meno di un'ora, assieme al suo braccio destro, El Perro, avrebbe dovuto tenere con dei possibili compratori, qualcuno irruppe nella sua stanza da letto, distraendolo dai vari pensieri che gli frullavano in testa.

"¡Tío, tío!" l'allegra voce della piccola Leya risuonò per la camera da letto de El Diablo, attirando su di sé tutta l'attenzione dell'uomo dagli occhi verdi.

"Mi princesa!" la chiamò Perez con quel nomignolo che lui, e gli altri membri dei Siervos del Diablo, erano soliti usare nei riguardi della piccolina di casa "¿Qué estás haciendo aquí? ¿Dónde está Eloy?" gli chiese, prendendola in braccio ed accarezzandole la lunga e morbida chioma color nero pece.

"Eloy está jugando en el jardín con Mateo" rispose la bambina, lasciandosi cullare quasi dal delicato tocco di suo zio.

"Mhn" mugugnò Perez che, nel frattempo, uscì dalla propria stanza, avviandosi, tenendo ancora stretta tra le braccia la piccola, verso il giardino. "¿Y porque no estás jugando con tu hermano y tu tío?"

A quella domanda, Leya poggiò la testolina contro la spalla destra di Ruben, mormorando poi un "Porque quería saludarte antes de que te fueras a trabajar" Il tutto detto con un tono di voce ovvio.

Nell'udire con quanta serietà ed ovvietà, quella piccola e graziosa creatura di appena sei anni gli stava parlando, El Diablo non poté far a meno di sorridere, depositando poi un dolce e leggero bacio sulla fronte di Leya.

"Te amo, mi princesa. Lo sabes, ¿no?"

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Era da poco passato mezzogiorno quando, con al proprio fianco il suo fidato braccio destro, Javier, ed al seguito la sua guardia del corpo, Asier, il noto capo della criminalità organizzata, El Diablo, stava lasciando l'hotel nel quale, per alcune ore, vi si era tenuta un'estenuante, a detta sua, compravendita con un nuovo ed importante cliente arrivato a San Juan unicamente per fare affari coi famigerati Siervos del Diablo.

"Questo incontro è stato tutt'altro che facile!" brontolò Perez, facendo compiere, al proprio collo, qualche leggero movimento. Sentendo come, con estrema facilità, le ossa scricchiolassero.

"Pensi che abbiamo fatto bene ad entrare in affari con i brasiliani?" domandò El Perro, abbassando leggermente il tono della voce. Così da non farsi sentire da orecchi indiscreti.

"Solo il tempo potrà dircelo!" rispose El Diablo, proseguendo la propria camminata verso il suo suv. "Ma, se pensano di potermi fottere, dovranno vedersela..." lasciò la frase incompleta.

Di botto, arrestò la propria camminata, tant'è che, per poco, Castro non stava per finirgli addosso. Dato che, quest'ultimo, stava armeggiando col suo cellulare, controllando il resoconto che, qualche minuto prima, Francisco gli aveva mandato dalla villa.

"Ruben, tutto ok?" chiese Romero. Il quale, dopo aver proseguito a camminare, si era accorto che, suo fratello, non era più accanto a lui. Ed era tornato indietro, non capendo cosa fosse accaduto. "Non dirmi che hai ancora in circolo la droga dello stupro. Con tutto quello che hai vomitato stanotte e stamattina, dovresti star bene" aggiunse poi, inclinando appena la testa di lato.

"E' lei, Javier" mormorò con un filo di voce Perez, non distogliendo mai lo sguardo dal ciò che stava ammirando.

"Lei?" El Perro sollevò il sopracciglio destro, confuso. Poi puntò i suoi occhioni scuri in direzione di Castro, chiedendogli "Sicuro che non abbia assunto qualche altra sostanza?"

"Da quanto mi ha detto no. Non ha assunto altro oltre al GHB"

Ruben, sentendo i due parlare a vanvera, distolse lo sguardo da lei, puntandolo verso i due suoi uomini. Successivamente, senza farsi notare da loro, sollevò entrambe le mani, andando a colpire, contemporaneamente, la parte posteriore delle teste di Romero e Castro.

"¡Dios mío! ¡Dos no hacen un cerebro!" sbuffò El Diablo, abbassando le mani e guardando, in malo modo, entrambi. Agguantò per il polso El Perro, attirandolo a sé. "La vedi?" gli chiese, indicando la bionda che, seduta in lontananza, era concentrata nel proprio album da disegno, non accorgendosi di nulla.

O, forse, si era proprio accorta dei tre uomini posti dall'altra parte della strada, intenti a discutere. E, avendo riconosciuto Ruben Perez, aveva deciso di far finta di nulla. Attendendo una sua possibile mossa.

"E' lei?" domandò Javier, facendo spostare, come una pallina da flipper, i suoi occhi dalla ragazza a Ruben. E viceversa. El Diablo annuì soltanto. "E che cazzo stai aspettando?" chiese poi il moro, liberandosi dalla presa del suo capo. "Muovi il culo e vai da lei" ordinò autoritario, spintonando appena suo fratello.

"Ok, ok, vado" rispose il trentenne, alzando le mani in segno di resa.

<Ma da quand'è che è diventato lui il capo e mi detta ordini?> si era chiesto mentalmente El Diablo, mentre attraversava la strada, raggiungendo Samantha.

Poco prima di raggiungerla, si passò i palmi delle mani sulla stoffa dei pantaloni che indossava, cercando di eliminare le piccole tracce di sudore date dal nervoso che, in quel momento, stava provando.

<Da quand'è che una ragazza ti rende nervoso?> una vocina nella sua testa gli insinuò quel quesito, al quale, però, Ruben non diede risposta. Visto che, rapidamente, lo aveva scacciato dalla propria mente.

"Che piacevole sorpresa, Mija" aveva detto, non appena aveva arrestato, la propria camminata, a pochi passi dalla biondina.

Il giovane membro dei Sons of Silence, non appena udì la roca e, a tempo stesso, suadente voce de El Diablo, fermò la mano che teneva stretta tra le dita una matita. E, prima di sollevare lo sguardo, perdendosi sicuramente nell'ammirare quei pericolosi occhi verdi, gli angoli delle sue labbra si erano curvati all'insù, dando vita ad un grazioso sorriso di soddisfazione.

"Signor Perez" lo chiamò, dandogli del lei.

Samantha sapeva, fin troppo bene, quanto a Ruben divertisse sentirsi dare del <lei> da parte sua.

"Ruben. Sai che puoi chiamarmi Ruben" parlò il moro, osservandola con estrema attenzione.

"Come vuole, Signor Perez" lo sfidò la biondina, beccandosi, per tutta risposta, una fragorosa risata da parte de El Diablo. "Come mai da queste parti?" gli chiese e, nel farlo, con un cenno del capo lo invitò a sedersi accanto a lei.

"Potrei farti la stessa domanda. Lo sai, no?" controbattè lui, accomodandosi.

Si sedette talmente vicino alla Moretti che, inevitabilmente, le loro cosce si sfiorarono. E bastò questo per far provare un piccolo formicolio alla bocca dello stomaco ad entrambi.

"Avevo un incontro d'affari all'hotel dall'altra parte della strada" rispose Ruben, indicando con un piccolo cenno del capo, l'albergo. "Tu, invece? Come mai sei qui?" portò nuovamente la sua piena attenzione verso la ragazza.

Per tutta risposta, Samantha sollevò appena, dalle propria ginocchia, l'album da disegno che, in precedenza, aveva prontamente chiuso.

"Stamattina sono andata ad ammirare la Puerta de San Juan" confessò, abbozzando un piccolo sorriso. "Lì ho trovato l'ispirazione che stavo cercando. Così, non appena ho trovato questo posticino tranquillo, mi sono fermata a disegnare" spiegò, percependo le proprie guance scaldarsi appena.

Ruben stava per parlare quando, le note di della musica d'entrata de The Shield, utilizzata dalla Moretti come suoneria del cellulare, gli fece chiudere le carnose labbra che possedeva. E, istintivamente, puntò i suoi occhi chiari su quel dannato apparecchio elettronico che aveva, ingiustamente, interrotto la loro conversazione.

Samantha afferrò al volo lo smartphone, permettendo, in quel modo, a Perez di leggere il mittente di quella telefonata.

Seba.

<E chi cazzo è questo Seba?> ben presto si era ritrovato a chiedersi questo.

"Scusami un attimo, devo rispondere" lo avvisò la biondina, allontanandosi di qualche metro da lui. "Scoperto qualcosa, Seba?" aveva iniziato in quel modo la conversazione col cugino, beccandosi dal piccolo Rossi un brontolio.

"Si Samantha, io sto bene. Grazie per l'interesse. Tu invece?"

Alle parole del cugino, Sam sollevò in aria, gli occhi, scuotendo il capo in segno di negazione.

"Seba, dai!" esclamò, leggermente frustrata. "Che hai scoperto?"

"Ruben Perez, meglio noto da tutti come El Diablo, è il capo di una nota e pericolosa organizzazione criminale a San Juan, i Siervos del Diablo" parlò Sebastian e, in sottofondo, si poteva udire il suono prodotto dalle sue dita che, rapide, continuavano incessanti a digitare sulla tastiera del suo portatile.

"Quindi di cosa stiamo parlando?" chiese e, mentre lo faceva, con la coda dell'occhio controllò Perez. Il quale se ne stava ancora tranquillamente seduto sulla panchina ad attenderla. "Droga? Armi? O forse parliamo di prostituzione?"

"Quasi tutto, Sam. E' il maggiore venditore di droga a Portorico. Per non parlare dell'altrettanto grande giro di prostituzione che ha in gestione. La prostituzione è annessa con il traffico di donne" spiegò Rossi. "Da quanto sto leggendo, ognuna delle sue ragazze, diciamo così, possiede il suo marchio. Le fa prostituire per quattro anni, per poi venderle al cliente con cui sono andate maggiormente" fece una piccola pausa, prendendo fiato. "Sta cercando di entrare in affari con una gang messicana che vende armi" aggiunse. "E... Oh cazzo!"

"Che diamine hai letto, Seba?"

"E' collegato ai Dodici!" esclamò, allarmato. "Sam, cazzo! Stiamo parlando dei Dodici! Sicura che non sappia chi sei?"

"Si, Seba! Ne sono sicura!" rispose l'altra, gesticolando. "Ti pare che, se avessi avuto il dubbio che sapesse chi, in realtà, io sia, gli starei parlando in questo momento?"

"Sei con lui?"

"Si... Cioè no... Argh!" mugugnò frustrata. "Mi confermi che è collegato con l'organizzazione che, da anni, sta corteggiando i Sons of Silence?"

"Confermo"

"D'accordo. Avvisa lo zio su quanto hai scoperto, ma non interferite in alcun modo"

"Va bene. Fai attenzione, Sam"

"Come sempre"

Dopo aver chiuso la telefonata col cugino, aver respirato a fondo ed aver indossato nuovamente la maschera che, da anni, portava addosso per protezione, tornò da El Diablo.

Informata nel sapere, finalmente, con chi aveva a che fare.

E, con ancora più grande, la consapevolezza di proteggere, maggiormente, la sua vera identità.

"Problemi a casa?" domandò l'uomo dagli occhi verdi, non appena la biondina lo aveva raggiunto.

"Problemi di lavoro" mentì lei, sorridendo appena.

<Dio, sono proprio finita in un bel casino!> pensò tra sé e sé Samantha, accomodandosi nuovamente accanto al Diavolo stesso. <Come stra cazzo faccio ad allontanarmi da lui quando, in realtà, non voglio far altro che avvicinarmi?> si chiese poi, passandosi una mano sulla lunga chioma bionda.

Rinuncia al tuo potere di attrarmi ed io rinuncerò alla mia volontà di seguirti.

"Hai già pranzato?"

Bastò udire la parola pranzo che, in automatico, lo stomaco della Moretti produsse un leggero brontolio. Facendo intendere, a El Diablo, che no. Non aveva ancora pranzato.

Nell'udire il proprio stomaco brontolare, le gote di Samantha si tinsero di un'adorabile color porpora. Dato dall'imbarazzo che stava provando. D'altro canto, invece, Ruben non poté far a meno di sorridere di fronte all'imbarazzo che la biondina stava provando in quel momento.

<Non sorridere, ti prego. Il tuo sorriso è come una coltellata in pieno cuore> si lamentò il giovane membro dei Sons of Silence, ammirando quel stramaledetto sorriso di Perez che le toglieva il fiato.

<Sei fottutamente bella quando ti imbarazzi> constatò il capo dei Siervos del Diablo, ammirando quella meravigliosa creatura che stava al suo fianco.

"Posso offrirti il pranzo oppure vuoi darmi un due di picche?"

Samantha si portò una mano a coprirle la bocca, cercando di trattenere, quasi inutilmente, una risata.

"Accetto l'offerta" rispose lei, ridendo. "Ma solo se mi porti a mangiare le alcapurrias"

"Si può fare, Alex" rispose lui, sorridendo.

Ruben Perez stava per invitare Samantha a fare una passeggiata per raggiungere il piccolo chiosco, specializzato principalmente nella preparazione di quelle deliziose frittelle ripiene, che si trovava verso la fine di quella strada quando, di corsa, la sua fidata guardia del corpo lo raggiunse.

"Hay problemas en la villa" disse Asier, non appena raggiunse El Diablo.

"¿Problemas? ¿Qué tipo de problemas?"

Gli occhi scuri di Asier si spostarono, velocemente, da Ruben a Samantha, svariate volte. Si avvicinò all'orecchio sinistro di Perez, sussurrandogli "Penelope" sperando che la ragazza dagli occhi azzurri non lo avesse sentito.

Ma, ahimè, Samantha aveva sentito. Eccome se aveva sentito quel nome femminile.

<Fai tanto il cascamorto con me e poi, a casa, hai già una donna!> brontolò mentalmente, storcendo il naso. <Quindi è questo il gioco a cui vuoi giocare? Bene! Giochiamo>

El Diablo, nel sentire pronunciare da Castro il nome della sua donna, Penelope, sgranò gli occhi. Fece cenno ad Asier di avviarsi verso l'auto, dicendogli che, a breve, lo avrebbe raggiunto. Poi, dopo aver mormorato qualche incomprensibile parola sotto voce, si voltò in direzione della Moretti. Trovandola intenta ad osservarlo.

"Temo che il nostro pranzo sia saltato" mugugnò, grattandosi la nuca, completamente imbarazzato. "Sono sorti dei problemi a casa che..." deglutì. "...Che necessitano della mia attenzione"

"Non ti preoccupare" disse Sam, raccogliendo il suo album da disegno e lo zainetto borchiato.

Girò i tacchi, pronta più che mai ad andarsene. Senza nemmeno salutarlo. Ma poi, siccome Samantha Moretti era una grandissima stronza e testa di cazzo, si bloccò. Si voltò e tornò indietro, fermandosi a pochissimi millimetri di distanza dal corpo di Ruben. Per dei brevissimi secondi, i loro corpi si sfiorarono leggeri. Facendo mancare il respiro ad entrambi.

Data la differenza d'altezza, Samantha si mise sulle punte, poggiando una mano sul tonico e ben definito petto de El Diablo, così da non perdere l'equilibrio. Dato che era solita inciampare sempre praticamente nel nulla.

Avvicinò le labbra all'orecchio di lui, procurandogli la pelle d'oca mentre gli sussurrava un "Certo che sei proprio l'incarnazione del Diavolo. Prima mi attiri a te, tentandomi come solo il Diavolo stesso sa fare. Per poi sbattermi in faccia che, a casa, hai già una donna che ti aspetta"

A quelle parole, Ruben Perez deglutì a fatica. Schiuse le labbra, pronto per parlare ma, purtroppo, le parole gli morirono in gola. E, le uniche cose che lasciarono la sua bocca, furono dei mormorii senza alcun senso logico.

"Credimi, non è come sembra, Mija" riuscì a dire poi, compiendo solo due piccoli passi all'indietro. Così da poter guardare negli occhi la ragazza che gli stava fottendo il cervello.

"Ora c'è solo una domanda da porsi" affermò lei, ritornando coi talloni per terra, ma continuando a tenere la mano poggiata sui pettorali di lui.

"Che sarebbe?"

La Moretti compì due passi in avanti, permettendo così ai loro corpi di entrare in contatto tra loro, sollevò appena il mento, con aria di sfida. Lo guardò con estrema attenzione, formulando poi un "Riuscirai ancora a darmi la caccia? Oppure, da bravo cacciatore, finirai per essere la mia graziosa preda?"

Un sorriso, che era un mix di divertimento e di diabolicità, si fece largo sul volto di Ruben. E i suoi occhi... Quei meravigliosi pozzi verdi si inscurirono. Facendo calare, su di loro, un velo di lussuria.

"Quindi mi stai dando la caccia" disse. Mentre, col pollice, disegnava dei piccoli e leggeri cerchi nella parte interna del polso di Samantha.

La bionda abbassò lo sguardo, osservando cosa, quel Diavolo che era improvvisamente piombato nella sua vita, stava facendo.

"Buona caccia, Signor Perez" lo salutò, allontanandosi.

"Buona caccia, Mija"



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SPAZIO AUTRICE:

Tenetevi pronte/i per il prossimo capitolo perché qui è stata solo nominata, ma nel prossimo Penelope sarà presente.

E cosa potrà mai fare il povero Ruben (data la situazione) se si ritroverà tra 2 donne?

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