Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

| 𝙲𝚊𝚙𝚒𝚝𝚘𝚕𝚘 10 |

<<Svestiti, perdo la testa, si
Extasi, mi mandi in estasi,
Resta qui, che voglio perdermi
Extasi, mi mandi in estasi>>

Il noto capo di una delle più grandi organizzazioni criminali, Ruben Perez, meglio conosciuto come El Diablo, aveva appena sussurrato in modo dolce e leggero, all'orecchio della Moretti, quanto la desiderasse.

E, nel sentire quella confessione, le gambe della giovane cominciarono, appena, a diventare molli. Come se, tutto d'un tratto, fossero fatte di gelatina.

Samantha, sollevò appena gli occhi in direzione di quelli verdi del moro rimanendo, ancora una volta, incatenata ad essi. Rimase, per alcuni brevi attimi, ad ammirarli, specchiandosi quasi. E, in quei splendenti smeraldi non poté che notare la più assoluta sincerità da parte del capo dei Siervos del Diablo.

Ruben, lentamente, le baciò l'altro angolo della bocca, provocandole una leggera scarica di piccoli brividi lungo la spina dorsale. Poi, non riuscendo più a resistere ulteriormente, fece scontrare le loro bocche.

E, con quel gesto... Con quel semplice bacio il quale, visto da fuori, poteva tranquillamente passare per una naturale dimostrazione d'amore, in realtà scaturiva ben altro. Perché, con quel bacio, in realtà, i due avevano appena dato il via al loro più grande errore.

Dato che, alla fin fine, è proprio quello che entrambi sarebbero stati l'uno per l'altra.

Ovvero un errore.

Un colossale errore.

Perché, quel loro avvicinamento, avrebbe portato unicamente caos, altro spargimento di sangue e,

ahimè, ulteriore morte.

Il giovane membro dei Sons of Silence sollevò in aria le braccia, cingendo il collo de El Diablo ed avvicinandolo maggiormente a sé. Perez, in risposta, schiuse appena le labbra, permettendo alla punta della sua lingua di spuntare di poco. Lentamente, cominciò a farla picchiettare sulla superficie del labbro inferiore di lei, chiedendo, in quel modo, l'accesso alla cavità orale. E tale richiesta, in men che non si dica, fu accolta. Difatti, la bionda schiuse le labbra permettendo, così, alla lingua di lui di entrare in contatto con la sua.

Le, anche troppo, esperte mani del moro, presero a vagare lungo tutta la sinuosa schiena di Samantha, fermandosi, forse più del dovuto, nella dolce curva che delineava il sedere di lei. Privo di alcuna timidezza, le strizzò le natiche, ricevendo, per tutta risposta, un leggero strattone ai corti ricci. Dato che, qualche secondo prima, la Moretti aveva insinuato le proprie dita tra quei scuri capelli.

Bastò semplicemente quel piccolo tiro di capelli per far si che, il nostro caro Perez, si lasciasse sfuggire un leggero gemito di piacere.

La strinse maggiormente a sé, impedendole di scivolargli via dalle mani.

Pian piano, i loro respiri si fecero sempre più corti ed irregolari e, inevitabilmente, i loro cuori presero quasi a battere all'unisono.

L'eccitazione, oramai, era palpabile nell'aria.

Bastava solamente che uno dei due lo dicesse e sarebbe accaduto. Sarebbero divenuti, per quella sera, un tutt'uno.

Oh se solo avessero anche unicamente pensato cosa, quel loro contorto legame, gli avrebbe portati ad affrontare, nel tempo a seguire, si sarebbero mai avvicinati l'uno all'altro?

---

"Sei davvero sicura di voler andare fino in fondo?" domandò Ruben, dopo aver ripreso fiato, alla Moretti. E non prima di aver chiuso, con un sonoro calcio, la porta di quella suite che, qualche attimo prima, aveva affittato per la notte e la mattina a seguire.

"Hai intenzione di scoparmi" iniziò così il suo discorso Samantha, mentre afferrava, per quella dannata t-shirt nera il moro, attirandolo così a se. Permettendo, ancora una volta, ai loro corpi di entrare in contatto. "Oppure devo prendere io il controllo della situazione?" chiese poi, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisetti sinistri.

Gli passò, con estrema lentezza, il polpastrello dell'indice lungo il petto, facendolo rabbrividire.

"Oh Mija" parlò lui, carezzandole piano la gola. "Per quanto mi alletti l'idea di vederti mentre mi domini" proseguì, delineando col dito la linea della mandibola di lei. "Credo proprio che finirò col sottometterti" concluse sollevandole, con due dita, il mento.

"Oh, quindi tu credi di esser in grado di sottomettermi a te?" chiese, di ribatto, la bionda.

E, mentre poneva quel quesito, la sua mano destra cominciò, accidentalmente, a scivolare verso il basso. Finendo col poggiarsi all'altezza del pacco di Perez.

Fece una leggera pressione ma, prontamente, El Diablo le bloccò il polso, allontanandole la mano.

"Ah, ah" mormorò, scuotendo il capo in segno di negazione. "Cosa ti ho appena detto, Mija?" le chiese, osservandola. Per tutta risposta, la biondina sorrise innocentemente. "Someterse a mí"

La costrinse, inevitabilmente ad indietreggiare. Obbligandola a fermarsi solo quando, ovviamente, la sua schiena finì col poggiarsi sulla liscia superficie in legno della porta della stanza. Il capo dei Siervos del Diablo, sollevò in aria la mano sinistra, che andò ad appoggiarsi, anch'essa, sulla porta. All'altezza della testa della biondina. Le punte delle dita presero a picchiettare delicatamente sulla porta mentre, l'altra mano, finì col poggiarsi sulla gola di lei. Non facendo però granché pressione.

Avvicinò di nuovo la sua carnosa bocca a quella rosea della Moretti, finendo col morderle, con una delicata forza, il labbro inferiore. Gli diede un altro piccolo morso, per poi passare la lingua sul punto leso della bocca. Così da alleviarle appena il leggero dolore che le aveva inferto.

Avvicinò il viso al suo orecchio sinistro, sussurrandole all'orecchio un "¿Te someterás a mí, o tengo que seguir torturándote?"

"Torturarme hasta el amanecer" replicò lei in spagnolo.

A quelle parole di sfida, gli angoli della bocca di Ruben si curvarono all'insù. Dando vita ad un diabolico sorrisetto.

"Su cada deseo es una orden" proferì, avventandosi nuovamente sulla bocca del giovane membro dei Sons of Silence. "Ho dei bei programmi per te, sai?" le riferì, passandogli il pollice sul labbro inferiore oramai divenuto gonfio. "E, credimi. Questi programmi prevedono poche ore di sonno" ghignò.

Nell'udire tali parole, l'accaldato corpo di Samantha tremò di desiderio.

"Tante parole ma pochi fatti" lo istigò lei, portandolo inevitabilmente a ridere appena.

Senza profilar alcuna parola, Ruben si sfilò di dosso la nera t-shirt, facendola ricadere in chissà quale punto della stanza. Alla vista di quel petto ben delineato da muscoli quasi marmorei, la biondina si passò la lingua sulle labbra, inumidendole per bene. Allungò la mano, afferrando, per la cinta dei jeans, il portoricano. Lo attirò a sé, così da poter toccare, con le proprie mani, quel peccaminoso corpo. E, subito dopo, gli depositò un leggero bacio all'altezza della clavicola, facendogli pronunciare dei dolci mormorii.

Per tutta risposta, Perez allungò una mano verso la schiena di lei, finendo con abbassarle, molto lentamente, la zip di quel grazioso vestitino. Il quale, durante tutta la serata, non aveva fatto altro che far pensare, al suo cervello, pensieri poco casti.

Delicatamente, Samantha si fece scivolare, lungo i fianchi, il morbido tessuto dell'abito. Il quale concluse, la sua discesa, sui piedi, ancora coperti dai tacchi che lei stava portando. Con due eleganti movimenti, si sfilò dai piedi quei dannati tacchi che, fino a quel momento, l'avevano fatta bestemmiare, mentalmente, per il male.

El Diablo, avidamente, ammirò quel meraviglioso corpo fatto di morbide e sinuose curve. Le quali rendevano Samantha pericolosamente bella. Apprezzò, notevolmente, quei bei seni sodi. Rimanendo, poi, incantato da come, quei fianchi di lei, creassero una bellissima curva. I suoi occhi verdi proseguirono la loro discesa lungo ogni singolo centimetro della pelle della Moretti, facendogli mozzare il fiato quando scoprì che, a coprirle le parti intime, non vi era altro che un piccolissimo strato di pizzo di color rosso. L'ammirò dalla testa ai piedi varie volte.

Samantha, guardandolo dritto nei occhi chiari, oltrepassò il proprio vestito che, arrotolato, giaceva a terra. Compì due soli piccoli passi, portando poi le sue mani sui jeans di lui. I quali, rapidamente, finirono col toccare, anch'essi, le fredde piastrelle del pavimento.

Dopo aver allontanato, con un rapido movimento del piede sinistro, i propri jeans, il capo dei Siervos del Diablo agguantò per il polso la ragazza dagli occhi azzurri, attirandola leggermente a sé con un piccolo strattone. Successivamente, con passo svelto, la condusse ai piedi del letto, facendola fermare solo quando, la parte posteriore dei suoi polpacci, non si poggiarono contro le morbide lenzuola. Le diede una piccola spinta, facendola finire sopra quel letto. Il quale, a breve, sarebbe stato inaugurato dai due.

Si allontanò per meno di trenta secondi, andando a recuperare, dal portafogli, un profilattico. Che, prontamente, lanciò vicino alla figura della sua succulenta preda.

Poco dopo, mantenendo uno stabile contatto visivo con la ragazza, la raggiunse, sovrastandola sopra il letto.

Con due dita, Ruben tirò il filo di quel grazioso perizoma, rompendolo con estrema facilità.

Si piegò sopra di lei, chiudendo le mani a pugno che adagiò ai lati della testa della Moretti.

Chinò appena la testa, sussurrandole all'orecchio un "¿Estás listo para gritar mi nombre?"

Domanda alla quale, la nostra protagonista, rispose con un cenno positivo del capo.

Dopo essersi inumidito, per bene, le carnose labbra, il moro abbassò il capo, depositando un dolce morso in un piccolo lembo di carne situato poco sopra la clavicola leggermente esposta. La carne fu morsa, la pelle fu graffiata.

E, di fronte a quel gesto, dalla gola di Samantha non poté che sfuggire un flebile e, quasi strozzato, gemito di piacere.

Nell'udire come, da quella graziosa e, al contempo, diabolica bocca, fossero fuoriusciti dei suoni così gradevoli, Ruben non poté far altro che sorridere.

Leccò, in modo leggero, il capezzolo destro, soffiandoci poi sopra della tiepida aria. Stava per proseguire con quella lenta e, a tempo stesso, straziante tortura quando percepì le dita della ragazza intente a volersi insinuare dai suoi corti ricci.

Sollevò il capo e, prontamente, le afferrò, con la mano dominante, entrambi i polsi. Portandoli sopra la testa di lei. Strinse appena la presa, facendole capire che, per il momento, le braccia dovevano rimanere ferme lì.

"Ferma" ordinò con timbro di voce autoritario.

Ma quello che Ruben voleva, purtroppo, Samantha difficilmente glielo avrebbe dato.

Difatti, non appena il moro le aveva lasciato andare i polsi, e si era spostato, insinuandosi con viso tra le lattee gambe di lei, la biondina agì. Allungò entrambe le braccia, inserendo le dita tra i scuri capelli de El Diablo. Le quali tirarono, con forza, quelle morbide e ricce ciocche quando, quella dannata lingua, si era insinuata all'interno della Moretti ed aveva iniziato a compiere dei lenti movimenti.

"Ruben" lo chiamò lei, col fiato che, man mano, le si faceva sempre più corto.

Perez sollevò appena lo sguardo, ammirando come, quella boccuccia che, dalla prima sera, non aveva fatto altro che tentarlo, ora stava pronunciando, continuamente, dei melodiosi suoni.

Allungò la mano sinistra e, mentre le strizzava un seno, le succhiò il clitoride.

Un gemito strozzato lasciò la gola della bionda, costringendola poi, suo malgrado, ad implorare quella peccaminosa incarnazione del Diavolo che si trovava tra le sue gambe.

"Ti prego, Ruben" implorò, cercando di regolarizzare i suoi respiri. Per tutta risposta, il moro sollevò un sopracciglio, attendendo che, la ragazzina, proseguisse a parlare. "Non torturarmi ulteriormente"

Il portoricano, lentamente, tracciò le delicate linee delle gambe piegate della biondina. Le divaricò maggiormente, depositando, sull'interno coscia destro, un doloroso ma, al tempo stesso, piacevole morso. Il quale si poteva, tranquillamente, considerare come una sorta di marchio.

Quel qualcosa che, in maniera muta, stava a dire che, la Moretti, gli apparteneva.

Con un rapido movimento, l'afferrò per i fianchi, obbligandola a voltarsi sulla pancia. Le diede un sonoro e, piacevole, schiaffo sul gluteo sinistro. Obbligandola, subito dopo, a mettersi a quattro zampe.

Abbassò il capo, depositando, in modo leggero, due piccoli baci all'altezza di quelle graziose e, appena accennate, fossette presenti sopra la curva di quel culo che lo stava mandando fuori di testa.

E fu in quel momento, mentre si trovava a quattro zampe, in fervida attesa che lo udì. Udì come, con un deciso tiro fatto coi denti, il possessore di quei bei smeraldi aveva appena aperto l'involucro che conteneva il profilattico. Sentì poi come, il preservativo, scivolava, senza alcun problema, lungo il pene di Ruben, finendo col coprirlo del tutto. El Diablo si posizionò per bene e, senza dar il men che minimo preavviso, visto le importanti dimensioni del suo membro, la penetrò.

Lentamente, si insinuò tra quelle bagnate e calde pareti, facendosi sfuggire, non appena fu accolto in tutta la sua lunghezza, un gemito di soddisfazione.

"Quiero oírte gritar hasta que me ruegues que pare por el cansancio que sentirás."

Erano da poco passate le sei del mattino quando, in punta di piedi, on d'evitare di fare troppo rumore, il giovane membro dei Sons of Silence, Samantha Moretti, stava raccattando, dal pavimento, i suoi vestiti. Dalle finestre, coperte per quasi tutta la loro dimensione, da delle leggere tende dalle chiare tonalità, i caldi raggi del sole penetravano nella stanza, illuminandola in parte.

Poco più di un'ora e mezza prima, completamente esausta, dato il gran sesso fatto col noto capo dei Siervos del Diablo, Ruben Perez, era crollata tra quelle appiccicose lenzuola che odoravano di loro, portandosi con sé un altrettanto esausto El Diablo.

Ma se, non appena il trentenne aveva toccato con la nuca il morbido cuscino, se ne era finito tra le braccia di Morfeo, la ventiquattrenne, d'altro canto, non era stata del suo stesso avviso. Difatti, nonostante fosse completamente esausta e, col corpo tutto indolenzito, aveva lottato contro la stanchezza. Impedendo, alle sue palpebre che, man mano che i minuti passavano, si facevano sempre più pesanti, di abbassarsi. Portandola a dormire.

Più volte, in quei lunghissimi novanta minuti, si era tirato qualche schiaffo. Giusto per rimanere sveglia.

Ed aveva atteso.

Aveva atteso, con somma pazienza, cosa non da lei se vogliamo dirlo, che il famigerato El Diablo crollasse in un sonno profondo. Per sicurezza, aveva continuato a dargli le spalle, facendogli credere che, effettivamente, anche lei stesse dormendo. Ed aveva udito come, con assoluta calma, il caldo respiro di Ruben, man mano che i minuti passavano, cominciava a farsi sempre più calmo e rilassato.

E, solo quando fu assolutamente certa che si fosse addormentato, si era lentamente voltata, ammirandolo mentre, beatamente, dormiva. Lo guardò per dei lunghi secondi, realizzando quanto, in quel momento, totalmente cullato dalle braccia di Morfeo, Ruben fosse così schifosamente bello. Azzardò, in modo leggero, di carezzargli quel leggero strato di baffo che gli conferiva un aspetto maturo.

<Hai intenzione di svignartela, oppure aspetti che si svegli?> una vocina, nella sua testolina, le pose quel quesito.

A quella muta domanda, la Moretti sbatté un paio di volte le palpebre, riprendendosi da quel, momentaneo, stato di trance in cui si era ritrovata a stare.

E così, avvolta nel più totale silenzio e, scaldata dai raggi del sole, si era sollevata dal letto, con un unico obbiettivo ben prefissato nella mente. Ovvero quello di uscire, rapidamente, da quella stanza d'albergo. E di allontanarsi, quanto più poteva, da El Diablo.

Perché, alla fin fine, il piano era semplice. Molto semplice.

Si sarebbe frettolosamente vestita, raggiungendo, quanto prima, l'albergo in cui alloggiava per poter fare il check out e dirigersi al suo nuovo alloggio. Una piccola mezza pensione posta poco fuori quella grande città denominata San Juan. Sfuggendo, in tale modo, alle diaboliche grinfie di Ruben Perez.

Ma ci sarebbe riuscita?

Sarebbe mai stata in grado di sottrarsi a quella ferrea morsa, di quell'invisibile collare che, El Diablo, le aveva legato al collo?

"Dove cazzo sono finite le mie mutandine?" in un lieve sussurro, si pose quella domanda. E, non appena ebbe terminato di chiederselo, la risposta le arrivò, cristallina, in mente. "Oh, cazzo!" si lamentò subito dopo, continuando a mantenere un tono di voce molto basso. Raccolse da terra quel che restava di quel piccolo pezzetto di tessuto rosso, storcendo il naso. "Fantastico!" esclamò poi, raccogliendo da terra il vestitino, ed infilandoselo, il più velocemente possibile, addosso. "Al diavolo anche il perizoma!" e lanciò l'indumento intimo verso il letto matrimoniale. Finendo quasi addosso alla rilassata figura del moro.

Facendo meno rumore possibile, recuperò la sua piccola pochette ed i sandali. Stava per infilarli ai piedi quando poi, alla fine, optò per portarli a mano. Risparmiando, in quel modo, altro dolore ai suoi poveri e stanchi piedi.

Aprì la pochette, recuperandovi, dal suo interno, un elastico per capelli. Col quale realizzò una disordinata coda di cavallo.

"Nemmeno oso vedere come cazzo sono presa" brontolò subito dopo.

Controllò, rapidamente, che il moro fosse ancora intento a dormire. Poi, sempre in punta di piedi, si avviò verso una delle finestre presenti in quella graziosa stanza d'hotel. Restando, per gran parte, coperta dalla tenda, fece saettare verso la strada i suoi occhi chiari. Scoprendo, senza troppa sorpresa che, posto dall'altro lato della strada rispetto all'albergo, vi era parcheggiata una Range Rover Velar. E, poggiato su di essa, intento a fumarsi una sigaretta, vi era un uomo dai scuri capelli rasati a spazzola.

Il nome di quell'enigmatico uomo, al momento, a Samantha Moretti non era noto. Ma, tra non molto, avrebbe saputo come si chiamava. Ed avrebbe avuto conferma che, anche lui, era uno degli uomini de El Diablo. Ovvero Francisco Vargas.

Francisco Vargas.

Anche lui, proprio come tutti gli altri membri dei Siervos del Diablo, sia chiaro, avrà prima o poi il giusto tempo e spazio, a disposizione, per poter raccontarci la sua storia. Perché, tutti e sei quei giovani uomini che, da molti anni oramai, erano al servizio de El Diablo, erano legati, tra loro, da un'invisibile filo che gli aveva, inevitabilmente, portati a chiedere aiuto proprio al giovane capo di quel pericoloso cartello portoricano. E, proprio come Perez che, da troppi anni era in attesa, anche loro aspettavano il giusto momento per ricevere un giusto risarcimento per il male che, tempo prima, erano stati costretti a subire.

Risarcimento... Forse è molto meglio denominarla vendetta.

Un leggero sospiro, fatto in preda al profondo sonno, fece appena sobbalzare la nostra giovane protagonista. La quale, rapidamente, fece ruotare il proprio capo in direzione del grande letto matrimoniale. Anche lei, proprio come il portoricano, tirò un lieve sospiro di sollievo non appena constatò che, il possessore di quei penetranti occhi verdi, era ancora intento a starsene, beatamente, tra le braccia di Morfeo.

<Devo andarmene di qui. E alla svelta!> si disse tra sé e sé, avviandosi verso la porta.

Non fece neanche in tempo ad appoggiare la mano sulla fredda maniglia laccata di bianco che, come un fulmine a ciel sereno, un'idea gli balenò in testa.

Adagiò, poco distante dalla porta, i propri sandali e, dopo aver recuperato un pezzo di carta ed una penna dalla propria pochette, si diresse verso il comodino posto alla sinistra di Ruben. Rifletté, per alcuni secondi, alla giusta frecciatina da lasciar scritto al moro. Successivamente, dopo aver trovato le giuste parole, adagiò quel pezzetto di carta, piegato per metà, sul vuoto cuscino.

"Ciao ciao, Ruben" sussurrò, tornando nei propri passi.

E, avvolta dal più totale silenzio, lasciò quella fottuta stanza d'hotel. La quale, purtroppo, conteneva il suo più grande errore.

Erano da poco passate le sette e mezza quando, El Diablo, si svegliò.

Compiendo dei lenti movimenti, allungò il braccio sinistro in direzione del lato, oramai, vuoto del letto. Convinto più che mai di trovare, stesa accanto a lui e, ancora accoccolata tra le dolci braccia di Morfeo, la giovane donna che, da qualche tempo oramai era divenuta il suo principale chiodo fisso nel cervello.

Mosse piano la mano, tastando il morbido materasso e, solo dopo aver constatato, ancora mezzo addormentato, che era solo in quel grande letto, aprì di scatto gli occhi. Si mise seduto, passandosi poi una mano sugli occhi mezzi chiusi cercando, in quel modo, di svegliarsi del tutto. Schiuse le carnose labbra, sbadigliando. E, dopo essersi coperto con le lenzuola la parte inferiore del proprio corpo, ruotò il capo. Realizzando, così, di essere da solo a letto.

<Magari è andata in bagno> pensò mentalmente, tendendo gli orecchi.

Ma, purtroppo per lui, in quella bella stanza d'albergo, ad eccezione del dolce suono dei suoi respiri, regnava il silenzio più assoluto.

Sbuffò sonoramente, infastidito dal fatto che, la sua Mija, fosse stata in grado di fargliela, per la seconda volta nel giro di pochi giorni, di nuovo sotto al naso. E lui, come un grande fesso, non era stato in grado di sentirla mentre si vestiva e se ne andava. Lasciandolo da solo.

E, se per Ruben la notte trascorsa con Samantha significa molto di più di semplice ed appagante sesso, per la Moretti, invece, quelle lunghe ore trascorse con Perez rientravano nella categoria di una godibile scopata occasionale. Nulla di più.

Perché come mai avrebbe potuto, la nostra protagonista, donare il proprio cuore a Ruben quando, quell'importante organo che le batteva nel petto, da tanto tempo oramai, apparteneva già a qualcun altro?

Ma El Diablo questo non lo poteva sapere. E, francamente, se lo avesse saputo, poco gli avrebbe importato. Perché, molto probabilmente, in quel peperino di ragazza, aveva trovato quel qualcosa che, da molto tempo, stava inseguendo. Ed avrebbe fatto proprio di tutto per tenersi, tutta per sé, la sua tanto desiderata felicità.

Dopo aver borbottato delle piccole imprecazioni nella sua lingua madre, il portoricano allungò il braccio verso il comodino, con l'intento di recuperare il proprio cellulare. Fu allora, mentre si allungava che, quel pezzetto di carta piegato in due, attirò la sua attenzione. Lasciò perdere il suo smartphone, concentrandosi sul bigliettino.

Al volo, lo agguantò, aprendolo subito dopo.

"Grazie mille per la piacevole scopata" lesse a voce alta scoppiando, successivamente, in una fragorosa risata. "¡Dios mío Mija!" esclamò, scuotendo il capo. "Non hai ancora compreso che, oramai, sei mia?"

Quattro giorni dopo

Erano, ormai, trascorsi la bellezza di quattro giorni da quella loro unica e sola notte di passione. Quattro giorni, nei quali, Samantha Moretti se ne era stata tranquilla a Carolina. Un comune confinante con la grande città di San Juan. Aveva visitato gran parte della città, scoprendone delle meraviglie nascoste.

Ed ora, che le ore 17.00 stavano per scoccare, armata del proprio borsone, col quale era giunta dall'Italia, se ne stava seduta su quel piccolo e malandato bus, intenta a tornare a San Juan.

E no, non tornava in città per Ruben, sia chiaro.

Stava tornando lì con l'unico scopo di riuscire a prendere il volo delle 18.30 per l'Avana, capitale di Cuba. La sua prossima meta in quel folle viaggio che, Viper, le aveva programmato.

Ma, se la Moretti aveva trascorso, quei giorni facendo tranquillamente la turista, il nostro caro Perez, invece, aveva letteralmente dato di matto. Difatti, aveva dedicato intere ore, di quei lenti giorni, a cercare quella ragazzina che era divenuta la sua fissazione. Aveva mobilitato tutti i suoi uomini in quella strana ricerca. L'avevano cercata ovunque, a San Juan. Avevano setacciato centimetro per centimetro tutta la città. Non ottenendo alcun risultato.

Fu proprio al quarto giorno, quando stavano per scattare le 17.45 che, una chiamata da parte di Mateo Bravo, uno dei sui uomini, lo fece quasi gongolare.

Infatti, l'uomo dalle origini afro, stava setacciando tutto l'aeroporto internazionale Luis Muñoz Marín, quando la vide. La biondina se ne stava comodamente seduta ad un tavolino del bar, intenta a sorseggiare un buon caffè.

E così, continuando a mantenere gli occhi fissi su di lei, senza però farsi notare dalla ragazza, chiamò il suo capo, El Diablo.

"L'ho trovata" disse non appena Perez gli rispose al telefono. "E' all'aeroporto" affermò poi, rimanendo in ascolto. "Sissignore" rispose poi, dopo aver udito gli ordini. "Terrò gli occhi su di lei finché non arrivi"

"¡Dios mío!" tuonò Ruben, non appena Asier, la sua fidata guardia del corpo, era riuscita a trovare parcheggio presso l'aeroporto.

Non aveva nemmeno dato tempo, al povero Castro, di spegnere il motore della vettura che, prontamente, dopo aver realizzato che fossero già le 18.08, scese dalla macchina ancora accesa, precipitandosi all'interno di quell'immensa area dedita al decollo e all'atterraggio di aerei.

Con stretto in mano il cellulare, dal quale stava controllando la posizione di Mateo, si avviò, con passo molto svelto, al gate.

E, per sua somma fortuna, la sua dolce Mija, ancora non era riuscita a far controllare il proprio biglietto all'hostess di terra addetta al controllo dei biglietti. Sollevò i suoi occhioni verdi verso lo schermo, scoprendo dove, la biondina, si stesse dirigendo.

La osservò avanzare di qualche passo in quella lenta fila e, dopo aver ripreso fiato, con passo lento la raggiunse, fermandosi alla sua destra.

Chinò appena il capo, sussurrandogli all'orecchio un "Vai da qualche parte, Mija?"

-------

SPAZIO AUTRICE:

Siamo giunti/e (con le mie tempistiche da bradipo) al capitolo 10.

So che siamo solo all'inizio di questa storia e che molte cose devono ancora accadere ma, ve lo chiedo lo stesso. Cosa ne pensate fin qui? Vi sta piacendo oppure vi fa cagare?

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro