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Capitolo 16 - "Carry Me Like You Are My Brother Love Me Like A Mother"

"Carry Me
Like You Are My Brother
Love Me Like A Mother"

16.

La sua voce, il suo tocco.
Nina sentì l'aria restringersi intorno a lei completamente prigioniera dai brividi e dalla premura dell'uomo.
Michael si beava della sua vulnerabilità, ammaliato dalla sua espressione arrendevole. Le carezzò la guancia col dorso della mano e a quel contatto così vicino ella aprì gli occhi cercando i suoi che trovò poco distanti a studiarla. Si sorrisero e Nina si maledisse per essersi di nuovo concessa a lui senza veli. Temeva potesse passare un messaggio sbagliato dai suoi atteggiamenti eppure non riusciva a controllarsi quando le sue labbra si posavano sulla sua pelle. Nessuno l'aveva mai toccata in quel modo, glielo aveva anche confidato. Erano gesta innocenti ma provocanti al tempo stesso e Nina si trovava estasiata nel scoprire giorno dopo giorno la personalità di Michael che pareva essere multipla. A tratti di fronte a lei si presentava l'eterno Peter Pan, curioso ed innocente dalle gote rosse, poi la fanciullezza spariva dando spazio ad un uomo esigente, eccentrico e celebre e, ancora, si trasformava in un uomo seducente e magnetico.
Tentò di ricomporsi e si schiarì la voce.
"Com'è andato l'annunc..."
"Shhh"
"Mich.."
"Nina" rise angelicamente "Hai la lingua lunga" Lei in tutta risposta la tirò fuori per poi ridere.
"Fallo di nuovo" alzò le sopracciglia e si morse il labbro.
Nina sbarrò gli occhi e lo vide agitarsi sul posto, le mani cercare nelle tasche con circospezione.
Schiuse le labbra e obbedì, Michael le posò sulla lingua un chupachups alla fragola ridacchiando e avvampando.
Ora capiva quel suo movimento confuso, le stava scartando il dolce.
"Questo ti terrà impegnata, curiosona"
Gli tirò un leggero pugno sulla spalla.
"Sei un finto angelo, tu. Ieri diventavi tutto rosso e oggi mi imbocchi. Comunque ottima scelta alla fragola, uno dei miei preferiti"
Michael fece spallucce e iniziò di sua spontanea volontà a raccontarle le due ore precedenti, i dettagli della prima uscita dell'album, le emozioni provate coi fans e la sua eccitazione alle stelle. Gesticolava molto e faticava a tenere ferme le gambe, cambiando spesso di posizione sul sedile. Nina ridacchiava vedendolo agitato ed emozionato come un bambino al primo successo. Era contagioso il suo entusiasmo e si ritrovò china a pendere dalla sue labbra con lo sguardo lucido e curioso.
Interruppe il suo monologo, avvampando e sfilando un oggetto misterioso dal cappotto.
"Questo è per te" le posò tra le mani una prima copia e le mancò il battito.
Non aveva ancora visto il lavoro completato e trovò che quella sotto ai suoi occhi fosse pura magia.
"Wow, fa uno strano effetto" sfiorò la superficie liscia del CD e sentì le iridi pizzargli.
"Sei felice?"
"Immensamente e questo è tutto merito tuo"
Soddisfatto, tornò al suo posto e scartò un chupachups per sé stesso mettendolo rapidamente in bocca.

La macchina scorreva portandola verso casa, entrambi in religioso silenzioso.
Entrambi approfittarono di quel breve momento di pace per dar voce alle proprie inquietudini.

Nina si chiedeva se la sua vita sarebbe cambiata davvero a seguito della conoscenza del suo nuovo amico e sbirciandolo capì che in qualsiasi modo la sua carriera si sarebbe sviluppata sicuramente la sua presenza era stata per lei una benedizione, una svolta piacevole nella sua monotona vita. Le aveva regalato talmente tante emozioni in quei giorni che neppure con un dipinto ben riuscito riusciva a sentirsi così leggera e felice. Incredibilmente quell'uomo le riversava e la colmava d'amore e vedere il mondo accanto a lui, con le proprie idee ed esperienze, le aveva permesso di sentirsi grata. Ringraziava le stelle e il fato per averlo portato sul suo cammino, con la sua sapienza e la sua intelligenza, amava sentirlo parlare sorprendendosi della sua mente così aperta ed eccelleva, si distingueva. Si chiedeva se la loro era un'amicizia duratura, se gli impegni di lui avrebbero dato spazio alla sua irruenza e semai tutto questo si sarebbe concluso. Al tempo stesso lei non aveva alcuna intenzione di abbandonarlo, lo aveva studiato e ciò di cui più aveva bisogno era di una spalla amica e lei le avrebbe donato tutta sé stessa, tutto il suo corpo per sorreggerlo ed incoraggiarlo. Era una persona speciale, se ne rendeva conto, e sperava di poter essere abbastanza meritandosi la sua compagnia e la sua immensa bontà.
Michael, guardando fuori dal vetro, rifletteva a come presto si doveva allontanare di nuovo dalla ragazza vivace dai grandi occhi chiari, tornando al proprio mondo. Una stretta al cuore gli ricordò che tutto ciò comportava che sarebbe rimasto nuovamente solo. Avrebbe cenato con la sua sola compagnia ad un lungo tavolo troppo grande e vuoto per i suoi gusti, tornando a seguire la sua solita routine da Michael Jackson. Avrebbe guardato un film in compagnia di una coperta troppo larga per la sua sola anima e avrebbe faticato a dormire. Passeggiando per casa, chiedendo a Grace qualcosa di caldo da bere, ascoltando il rumore dei suoi passi freddi e vuoti sul parquet. In quei due giorni conclusi, a cui presto si sarebbe trovato costretto a lasciare alle spalle, non aveva pensato nemmeno per un istante alla sua fama, al coprirsi il volto e nascondersi da giudizi. Occhi assettati di notizia e bramosi di estorcere importanti informazioni si erano sostituiti ad occhi verdi e gioiosi, desiderosi solamente di tenergli compagnia. Ringraziava Dio per quello squarcio di normalità a cui la sua vita era grata. La bellezza di una notte condivisa a guardare le stelle, di un biscotto sbriciolato per terra e Michael si era sentito accettato ed apprezzato. Capito e compreso. Presto però, toccava rindossare la maschera e tornare al proprio lavoro. Avrebbe fatto in modo di non farsi scappare l'opportunità di sentirsi così bene di nuovo, seppure questo metteva in pericolo lei e lo addentrava nel suo mondo. Forse insieme, pensò, avrebbero potuto fare torcia e dar luce a qualsiasi cosa. Con qualche pennellata di colore, forse, il rovescio della medaglia poteva splendere. Se la sua mano rimanesse salda tra la sua, forse non avrebbe paura di cadere nel precipizio delle sue paure.

"Romeo, ciao" abbassò la voce, Michael si girò di scatto verso la donna che stava rispondendo al telefono.
Immerso nei suoi pensieri non lo aveva neppure sentito suonare.
"Ma dove sei sparita, stai ancora lavorando?"
"Sto tornando ora a casa, volete venire tu ed H da me?"
Cercava di darle privacy, tornando ad incatenare le iridi scure nel paesaggio che scorreva al di fuori.
"E' il minimo che tu possa fare dopo esserti dimenticata dei tuoi amici in questi due giorni"
"Ma piantala piagnucolone, capisco di essere tremendamente irresistibile ma un week-end potevate tranquillamente resistere senza di me" si mise a ridere, sentendo dall'altro capo del telefono anche la sua di risata.
"Fra quanto arrivi a casa? Passo a prendere Helen e vengo da te o ti ci vorrà ancora molto?"
Nina guardò Michael che dondolava il piede, le gambe erano accavallate e teneva stretto tra le mani il dipinto.
Una visione angelica. Coprì la cornetta con i palmi e si avvicinò all'uomo.
"Mark" si trattenne il labbro per non ridere, Michael non si voltò, chiedendosi però chi diamine fosse Mark.
Nina lo pizzicò sul fianco, destandolo dai suoi pensieri e un piccolo "Ahi" irruppe dalle sue labbra carnose.
"Mark, fra quanto arriveremo?" Michael corrucciò la fronte e poi capì, ridendo della sua innocenza.
"Nina, non hai bisogno di nascondermi ancora per molto. Domani tutto il mondo assocerà il tuo nome al mio"
"Ma... "
"E poi Mark è un nome che non mi si addice per niente, come ti è venuto in mente" borbottò quasi offeso.
Entrambi si misero a ridere.
"Nina?" Nick la richiamò, sbuffando.
"Romeo, fra poco arrivo. Se vuoi puoi già andare a prendere H"
"Va bene, a dopo allora" "A dopo"
Buttò il telefono nel borsone chiudendo con cura la zip.
"Perché ci tieni così tanto a non rivelarmi?" si torturava le mani poggiate alle proprie cosce.
Tentava di scacciare le sue ombre ma tornavano, immancabilmente.
"Perché... non vorrei invadere la tua privacy e ferirti. Magari le persone possono essere condizionate dalla fama che hai e non vorrei potessero in alcun modo farti del male"
"Non sarà di certo un tuo amico a ferirmi" alzò il sopracciglio, il tono era scontroso. Nina roteò gli occhi.
"Non mi va di dirglielo, va bene? Il perché non lo so. Forse ho paura che parlando con altri di te la magia si spezzi"
La interruppe con una mano in aria.
"Non lo fai per paura di cosa la gente possa pensare della nostra amicizia? Non...ti v..vergogni di me,vero?"
Nina strabuzzò gli occhi e le si fece più vicina.
"Michael Mark Jackson" lui rise, appena, fiocamente.
"Come potrei mai vergognarmi di te? Cosa stai dicendo? Sto così bene con te che lo urlerei a tutti. Sei un amico fantastico e sono sicura che ogni giorno che avremo opportunità di conoscerci o lavorare insieme, se me lo permetterai Sir, scopriremo sempre di più quanto andiamo d'accordo e possiamo farci del bene. Lamia unica paura è che possa non essere ancora reale tutto questo e parlandone con altri mi accorgo dell'inverosimile situazione o che possano non credermi neppure. Non voglio più sentire certe idiozie e se vuoi te lo dimostro anche che sono solo più che orgogliosa di starti così vicino"
Le ombre si ritrassero in fondo al cuore che si era adesso ingrandito e colmato, scacciando ancora una volta le sue paure.
"Non penso sia neces.."
La macchina si fermò, salutò Bill a gran voce, calcò lo zaino in spalla prendendo per mano Michael e strattonandolo lo fece uscire con sé. Si affrettò a lasciare la presa dal dipinto che cadde sul sedile.
"Nina, fermati, se mi vedono.. " portò la mano libera in viso mentre con l'altra strinse le sue dita, intrecciandole con le sue e un brivido di eccitazione camminò furtivo sulla nuca di lei.
Corse verso casa, con gesto fulmineo aprì la porta e la richiuse poggiando la schiena e liberando il loro contatto.
"Nina, devo andare" cercò di essere autoritario.
Tentò di superarla ma lei rimaneva ferma ed immobile a ostacolare il passaggio.
L'uomo sbuffò, picchiettando il mocassino sul pavimento.
"Non voglio più che pensi questo Michael, ti presenterò ai miei amici se basterà a convincerti che ti mostrerei al mondo per come ti vedo io"
Michael si sentiva spaventato e spaesato.
"Non posso, non posso, devo andare" si coprì il viso con le mani e con voce incrinata aggiunse "Ti credo Nina, ti credo. Ma devo andare, non posso farmi vedere qui"
Nascose il viso nella convinzione di poter nascondere con questo anche le sue paure che lo afferravano per le spalle.
Nina vedendolo così scosso, abbandonò la sua posizione e gli si avvicinò per rimuovere le sue mani, invano.
"Scusami se ti ho ferito, non volevo. Volevo solo dimostrarti che tu non sei un problema e che io sono orgogliosa di te. Vai pure, se devi"
"Non vorrei, è questo che mi fa male. Vorrei stare qui con te e non preoccuparmi di chi io sia" si accasciò a terra, tormentato dai suoi stessi demoni e Nina con lui, seguendolo a ruota.
Protese le braccia nella sua direzione, pareva essere un pulcino raggomitolato in quel modo su sé stesso, lo abbracciò stretto ripetendogli le sue scuse. "Scusami, scusa. Sono stata una stupida insensibile."
Le sue mani carezzavano la sua schiena, trasmettendogli un calore materno tanto mancato. Lui continuava a nascondere il viso sulla spalla di lei, volendosif are piccolo ed invisibile, volendosi fondere con lei e la sua normalità.
Lei si sentiva incredibilmente in colpa per la sua testardaggine e il suo egoismo. Lo stringeva sempre più forte a sé, in ginocchio, mentre spiegava il tessuto del suo cappotto. Allacciò infine le braccia intorno al suo collo e con una leggera pressione gli portò il viso al suo collo dove il naso freddo di lui la solleticò all'attaccatura della mascella.
"Michael, perdonami"
Lui non rispondeva, inerme alle sue premure.
Nina si sedette trascinando con sé l'uomo, lo costrinse poi ad appoggiare il viso sul suo petto mentre gli sistemava i riccioli dietro le orecchie con amore. "E' che sei così speciale che spesso dimentico tutto il tuo contorno. Se ci avessi pensato due secondi di più ti avrei convinto solo a parole. Non soffrire, ti prego. Fai male anche a me"
Rimasero in silenzio e seduti a terra per un tempo interminabile.
Fino a che una voce dolce canticchiò sussurrando flebile vicino al suo cuore.
"In My Deepest Despair
Will You Still Care?
Will You Be There?
In My Trials And My Tribulations
Through Our Doubts And Frustrations
In My Violence
In My Turbulence
Through My Fear
And My Confessions
In My Anguish And My Pain
Through My Joy And My Sorrow
In The Promise Of Another Tomorrow"
Nina rimase paralizzata dalla carica emotiva delle sue parole. Michael stava abbassando il muro delle sue insicurezze, le stava permettendo di sbirciare ancora più a fondo nelle sue ombre. Lei iniziò a dondolarsi avanti ed indietro, come a cullare un bambino. "Sì Michael, sì. Ci sarò, non sarai più solo. Più. Sono qui per te. Ti tengo stretto però per favore sorridi"
Le braccia di lui si strinsero alla sua vita piccola, con la guancia si mosse e si scontrò più e più volte contro l'incavo del suo collo. Come un gatto che cerca attenzioni. Erano isolati nella loro bolla, di nuovo Michael aveva paura di sollevare il gomito e spezzare la magia. Aveva avuto una terribile paura di fronte alla realtà.
Un campanello suonò e Nina non fiatò, rimanendo lì ad aumentare la pressione del proprio abbraccio disperato.
"Hai un buon profumo Nina" bofonchiò, con la guancia poggiata al tessuto della sua stessa camicia.
"E' il tuo" lo sapeva bene ma su di lei aveva un effetto narcotico per i suoi sensi.
"Dovresti vedere chi è alla porta"
"Non mi interessa"
"Sto bene Nina" tentò di rassicurarla.
"No, non stai bene ed è colpa mia"
Michael si allontanò, portando il proprio viso davanti a quello della ragazza.
"Ho capito che il tuo intento non era quello di ferirmi" il suo alito caldo e alla fragola la inebriò. "Il tuo abbraccio mi ha dato amore e te ne sono grato. Spero di donarti tutto ciò che mi stai dando, piccola ragazza. Sono fortunato"
Due dita le sollevarono il viso, trovando il proprio naso contro quello dell'uomo.
"Guardami, sto bene ora. Ti sei presa cura di me"
"Ti fa..faccio uscire dal retro"
Michael rise e mosse appena il naso, sfiorandolo col suo.
"Come un agente segreto" si misero a ridere alla ritmata alzata di sopracciglia di lui. Le gote di lei in fiamme.
"S.. si, però Michael" lo spinse appena "Tu sei buono ed innocente ma c'è una distanza di sicurezza da rispettare"
L'uomo rise forte e si alzò, prendendole la mano ed aiutandola a fare altrettanto.
"Una distanza di sicurezza?" la guardò di sottecchi ammiccando.
"Sì e non guardarmi così, ora vai" lo spintonò verso il Garage. Si affrettò ad aprire la basculante e si sentì circondare da dietro, il viso dell'uomo si appoggiò sulla spalla, Nina tremò dalla sorpresa.
"Nina, grazie. Hai pazienza e cuore con me, ti chiamo appena posso. Non ti dimenticare di me"
"E chi si dimentica di te? Tu piuttosto pluripremiato Jackson non dimenticarti di una comune mortale come me" si girò, aderendo col corpo al suo e gli tirò un ricciolino.
Sentire il suo seno contro il suo petto, i suoi fianchi ossuti contro i suoi lo fece reagire con un balzo.
"E la distanza di sicurezza?" rise lui, indietreggiando e rosso in viso per la tensione al cavallo che, fortunatamente, veniva mascherata da un cappotto lungo "Sei un mascalzone Jackson" gli puntò l'indice.
"Shhh.." si avvicinò a passo felpato, tentando di essere innocente.
"A presto bambina mia" le fece un occhiolino, le carezzò appena la gota e corse agilmente verso la macchina. Lo osservò, le gambe lunghe e affusolate. Il fondoschiena sodo ed alto. Sbattè le palpebre e chiuse il garage.
"Bambina mia.. bambina mia... " si ripetè, scuotendo la testa.

Il campanello suonava impazzito e si accinse ad aprire, poggiando il borsone ed il CD di lato alla porta.
"Calma, calma" alzò le mani in segno di resa di fronte allo sguardo stupito dei suoi amici.
"N, devi darmi un sacco di spiegazioni"
"Ciao anche a te H, che piacere vederti. Sto bene, per la cronaca e tu" puntò Nick "Spaccami il campanello!"
Risero e varcarono la soglia guardandosi intorno, come spaesati.
Nina chiuse la porta, sbirciando con noncuranza se il SUV fosse svanito ed effettivamente il suo Michael era già diretto verso Neverland, chiuso stretto nel suo cappotto lungo.
Si voltò e sorrise agli amici.
"Vi fermate qui a cena? Io ancora non ho potuto mangiare"
"Ovviamente!" H si avvicinò e l'abbraccio, si tirò poi indietro con il naso raggrinzito.
"Ma che profumo hai messo?"
"Di chi è quella camicia?" Nick sorrise, sotto i baffi, prendendo parola per la prima volta.
Posò le mani sui fianchi e sbattè diverse volte le ciglia folte.
"Ho tantissime cose da raccontarvi e spiegarvi"
"Oddio, sei andata a letto col collega di tuo padre, mi sento male" Helen si resse al muro con aria melodrammatica.
Nick corrucciò la fronte e le si avvicinò per salutarla "Non ti ho ancora salutatacome si deve"
La avvinghiò stretta al petto, arrossì e si scansò "Piano Romeo"
Sospirò e fece cenno ai ragazzi di spostarsi in cucina dove, mentre cucinava, i due si sedettero sui rispettivi sgabelli di fronte all'isolotto. Seguivano i suoi movimenti impacciati e confusi nell'aprire il frigo, prendere padelle e accendere i fuochi.
"Io parlerò ma mi aspetto da parte vostra maturità e comprensione" alzò una mano, dando loro le spalle, e bloccare qualsiasi loro parola "Parlerò io fino alla fine e solo allora potrete commentare, se i commenti saranno idioti la padella non verrà utilizzata a fini alimentari" si girò con un sorriso "Siete pronti?"

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