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De l'amitié ou de la fausseté?

Alex si sentiva male, di quel male non fisico, come un mal di stomaco o un pugno tirato all'altezza dell'addome o sulla guancia, quel male insopportabile nel suo mentre, ma destinato a sparire nel suo dopo, destinato a
essere ricordato con un sorriso o con amarezza, al momento della guarigione avvenuta, ma provava un male maggiore rispetto a qualunque colpo, di mano o d'oggetto contundente, o di qualunque altra forma di dolore fisico: si sentiva tradito, tradito da quelli che riteneva essere suoi amici. Amici, se di amici in questo caso si poteva parlare. Non aveva mai dato peso, prima di allora, all'amicizia, o meglio, l'aveva sì considerata importante, così come tutti gli altri, nella vita di una persona, ma dare peso a qualcosa per Alex significava ragionarci e rifletterci al riguardo (durante una lezione di inglese oppure davanti ad una tazza di caffè era per lui l'ideale). Capì improvvisamente che l'amicizia non è quel sentimento che decantano le diverse citazioni, di grandi autori o di qualche ragazzina che allegava qualche parola profonda ad una foto in costume su un social network, ovvero quel qualcosa che porta due o più persone a essere unite, davanti a qualunque cosa, davanti a qualunque tipo di situazione negativa o positiva che fosse. Per lui l'amicizia era diversa, non poteva (e non riusciva) a definirla come il rapporto tra diverse persone sì unite grazie ad essa ma che rimangono separate e inclini ai loro scopi, desideri e comodità. Per Alex l'amicizia era donare tutto sé stesso all'altro, donare i propri interessi, i propri fini e le proprie capacità all'altro, cercando di non intralciargli mai la strada, per evitare di creargli un affronto, di farlo sentire inferiore o triste. Per Alex l'amicizia era simile all'amore, o meglio, a quello che lui definiva amore, cioè il donarsi completamente, creando un contatto mentale simile alla telepatia che appare nei diversi racconti fantascientifici, ovviamente senza attrazione fisica, ma con attrazione mentale fortissima, ancora più forte in questo caso. Questa riflessione, sepolta prima di allora all'interno di sé, pronta a balzare fuori all'occasione propizia, era sorta in una serata d'agosto, mentre parlava al telefono con la sua migliore amica, che lo consolava e lo aiutava per l'aver perso un'altra persona che riteneva importante, a cui aveva donato tutto sé stesso nel suo ideale fortemente utopico (lo riconosceva persino lui) dell'amicizia. Amicizia è anche litigio, è l'imparare qualcosa da qualcun altro, una persona più grande per esempio: l'amico vero in questo caso è colui che da consigli, riportandoti sulla retta via e facendoti riflettere (la persona che, per esempio, dopo avergli detto di aver commesso un errore più o meno grave, come il voler andare a dormire o passare il tempo con una persona che non è vicina mentalmente o amica, afferma senza tanti giri di parole che è meglio essere soli che male accompagnati, come dice il famoso proverbio, che stare soli è più di qualità che passare il tempo con gente che non merita affetto e sopratutto, che dice che non sempre quando si crede di essere soli lo si è veramente, ma che sono le scelte che vengono fatte a cambiare la situazione e che usare delle persone per non stare in condizione di solitudine è meschino, in quanto si passa dalla parte della ragione a quella del torto in meno di un nanosecondo). Le parole che Maya gli aveva scritto gli erano rimaste nel cuore, colme di bellezza, e Alex si sentiva speciale, perché non tutti, credeva, possono ricevere tale comprensione da un'altra persona (e qui si coronava con Maya l'idillio fortemente utopico di amicizia).
Ma nonostante le parole di Maya, Alex aveva perdonato Bianca, per tutte le offese, per tutte le incomprensioni, per tutto. Ma ciò che gli aveva fatto qualche giorno prima era imperdonabile: come si può, si chiedeva Alex, anteporre alla salute l'essere offeso per essere stato "bidonato" a causa di una visita medica? E come può una persona, che si ritiene essere amica, non scusare dopo una decina di messaggi di scusa, dove a malincuore viene detto dall'altro di avere scoperto di avere un problema al cuore (non grave in questo caso)? E come può essere una persona così meschina, perfida, egoista e chiusa nel suo mondo dell'io, nel sistema che ad Alex piaceva chiamare, ricordando quello eliocentrico del sole e dei pianeti, io-centrico, da anteporre l'orgoglio alla salute di una persona, alla preoccupazione o al solo dispiacere, lasciandolo fuori, come oggetto di schifo e di rabbia, quasi come un pianeta fuori dal sistema solare? E non potendo rispondere a tutte queste domande, lui che amava trovare una risposta per tutto, si sentiva triste, si sentiva male. E per questo aveva bisogno della sua utopia, della sua reale utopia: Maya. "Alex, per me questa qui è da prendere a calci. E' un'egoista allucinante, devi lasciarla stare, o starai ancora più male. (...) Altro che trattenerti, io ti aiuto!E veramente lasciala stare per sempre e giuro che se sento ancora una volta una cosa del genere divento una iena." Leggendo quei messaggi Alex capì ciò che doveva fare: ascoltare per una buona volta un'altra persona, e lasciare perdere per una buona volta il suo pensiero, la sua bontà.
Perché quella era la vera amicizia.
E doveva imparare a lasciare dietro di sé il marciume della gente sbagliata.
Della gente cattiva.
Della gente stronza.
Della gente ipocrita.
Della gente che confondeva l'amicizia con la falsità.

Monsieur, vuolez vous de l'amitiè ou de la faussetè?

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