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What We Could Have Been

Una volta uscito, stavo slegando la bici ma sentì la mano di qualcuno posarsi sul mio braccio.

Quando mi girai per vedere chi fosse, mi resi conto che era proprio lui, Sascha.

Sascha e il suo adorabile sorriso.

"Vieni con me, credo che ti devo almeno una birra per l'aiuto, che ne dici?"

Io lo guardai per qualche secondo spaesato, non aspettavo altro da tutto il giorno, e proprio quando mi ero arreso, l'universo aveva iniziato a collaborare.

Curioso come basti non aspettarsi niente no?

Lasciai cadere la catena della bicicletta e annuì.

"Andiamo!"
Esclamai entusiasta.

Lui mi fece entrare nella sua auto, e in un breve tragitto silenzioso, arrivammo davanti ad un bar.

"Vieni."
Mi fece cenno di entrare, e appena passato dalla porta, notai che aveva una certa confidenza con il barman. Infatti per tutta la sera non pagammo nemmeno un drink, perché si, alla fine fu più di una birra.

"Allora"
Disse.

Mi passo la prima birra della serata già stappata e io iniziai a sorseggiarla, incoraggiandolo a finire di parlare.

"Raccontami qualcosa di te."
Disse deciso.

Si mise a fissarmi negli occhi, e non era come sentirsi osservati, per me era come se stesse cercando di leggermi l'anima, o per lo meno come se stesse cercando di capire se stessi mentendo.

"Ah... Sono figlio unico."
Partì immediatamente con una bugia, semplicemente pee divertirmi.

"Veramente?"
Chiese lui.

"Si! Vivo in una delle villette situate in centro città. Mio padre è direttore di una banca e mia mamma si è dedicata a fare la casalinga: cioè, considerando che aveva un figlio solo, a far niente. La mia vita non è particolare, passo il tempo a fare il finto povero per andare incontro agli ideali dei miei genitori e anche perché i valori che mi hanno trasmesso sono del tutto sbagliati, e purtroppo me ne sono accorto troppo tardi."
Era perfetta come vita no? Peccato che niente di tutto ciò che avevo detto era vero. Volevo io stesso vedere i miei limiti e le mie capacità di mentire, almeno finché il gioco sarebbe stato bello.

"Oh"
Sussurrò Sascha, dispiaciuto.

"Già."
Sussurrai, riportando la birra alle labbra.

"Non è vero."
Dissi subito dopo, per poi scoppiare a ridere.

"Ci sei cascato perfettamente!"
Gli avevo praticamente urlato contro fra le varie risate.

Lui rimase fermo confuso, e una volta che aveva realizzato le mie parole, alzò gli occhi al cielo e rise.

"Sei uno stronzo sai? Io ti avevo pure creduto!"
Mi diexe un piccolo spintone e si mise anche lui a ridere.

Almeno ero riuscito a farlo ridere, era già un passo avanti.

Poco dopo gli raccontai la verità. Che avevo un fratello, una madre, e che mio padre non esisteva più. Che io ero l'unico che si poteva occupare di loro ed era il motivo per cui avevo pregato per quel lavoro e gli raccontai anche tutte le mie ambizioni che non si sarebbero mai realizzate.

Lui mi ascoltò con pazienza, annuendo e commentando di tanto in tanto e nel frattempo avevamo già ordinato un sacco di birre, così passamo ad alcolici più pesanti: vodka.

Penso che l'alcool lo aiutò a sfogarsi, perché alla fine riuscì a convincerlo a raccontarsi.

"Io invece sono veramente figlio unico, e non ho avuto le tue stesse disgrazie ma non ho mai visto mia madre. Quando era incinta non ha abortito solo perché mio padre gli ha chiesto di non farlo. Credo che la sua mancanza nella mia vita sia causa della mia stronzaggine e freddura: non ho mai avuto una figura femminile che si prendesse cura di me. Però l'ho incotrata, sai, e non è stato come mi immaginavo. Pensavo fosse pentita di avermi abbandonato, e invece no, non gli importa proprio niente di me."
Prese un altro shot di vodka e lo bevve tutto.

" Wow... Non mi aspettavo qualcosa di così... doloroso. "
Non sapevo neanche che aggettivo utilizzare. Avevo sempre pensato che i genitori fossero in grado di fare queste cose solo nei film. Era la prima volta che avevo la conferma che fosse reale.

"Però almeno sono ricco, e posso affogare i miei dispiaceri nei soldi."
Disse sorridendo, era uno di quei sorrisi forzati, falsi.

"Vieni."
Mi alzai dallo sgabello e gli porsi la mano.

"Dove?"
Mi chiese alzandosi anche lui.

"A ballare!"
Lo presi per mano prima che rifiutasse e ci buttammo immezzo alla pista.

Facevamo pena, ma nessuno se ne accorse perché, infondo, eravamo tutti ubriachi.

Alla fine della serata, quando erabo già le 4 del mattino e il barista doveva chiudere, prenotammo un hotel, che era esattamente di fronte al bar. Sia perché era tardi, sia perché Sascha era troppo ubriaco per guidare e le nostre case troppo distanti.

"A nome di?"
Chiese la receptionist.

"Sascha Burci."
Disse lui, facendosi dare le chiavi.

Una volta raggiunta la stanza, io non avevo ancora voglia di dormire.

Sascha si catapultò sul letto e si riposò per qualche minuto. Io presi il cellulare e mi misi a fare delle foto al panorama fuori dalla finestra.

Poco dopo lo sentì alzarsi dal letto e raggiungermi, mi abbracciò da dietro, facendomi i complimenti per le foto e io chiusi gli occhi per potermi concentrare sul suo calore, su di lui e sul fatto che fosse venuto ad abbracciarmi.

Mi girai verso di lui.

"Grazie."
Sussurrai, quasi imbarazzato.

Lui alzò le spalle, mi prese per mano, e insieme ci mettemmo sotto le coperte.Ognuno nella propria parte del letto.

"Buona notte."
Sussurrai prima di chiudere gli occhi.

In verità passo molto tempo prima che mi addormentassi, e per tutto quel tempo, mi ero accorto che lui mi stava guardando. I suoi occhi erano pieni ammirazione e non si stancava di guardarmi. Alla fine chiusi gli occhi e mi addormentai, non sono certo però, di quanto tempo lui fosse rimasto sveglio a guardarmi.

_ _ _

La mattina dopo, mi svegliai con il sole in faccia.

"mhh"
Mugolai.

Allontanai la mano verso l'altra parte del letto, ma non avevo afferrato niente.

Quando aprì gli occhi, mi accorsi che Sascha non c'era.

Sbuffai e mi alzai dal letto. La prima cosa che feci fu quella di mettermi gli occhiali.

Mentre mi cambiavo per andare a lavoro, notai un biglietto sopra il suo comodino.

Lo andai a prendere immediatamente.

"Scusa se non ci sono, sono andato a lavoro. Ci vediamo più tardi.

Ps. Goditi la colazione :)"

Sorrisi quando vidi la piccola emoji che aveva disegnato.

Sopra il tavolino accanto alla finestra, c'era una brioche con un caffè, e prima di andare a lavoro mi gustai l'intera colazione.

Purtroppo quando sono arrivato a lavoro ero già in ritardo di un ora, ma fortunatamente nessuno lo notò.

Ero felicissimo quel giorno, era il giorno in cui avevo realizzato che forse Sascha iniziava a piacermi un po' troppo, nonostante fossi a conoscenza che non era il tipo di persona che faceva per me. Purtroppo, come dicono spesso, al cuor non si comanda.

Arrivai al lavoro solo per scoprire, a mezza giornata, che Sascha era stato licenziato dal suo capo.

"Cosa?"
Dissi a Federico, un mio collega, quando me lo disse.

"Non è possibile."
Sussurrai.

Smisi di mangiare e correndo raggiunsi l'entrata dell'azienda. La ragazza che avevo visto due giorni prima, quella alla reception, mi aveva confermato quanto aveva detto Federico.

Preso dalla furia e dalla rabbia raggiunsi l'ultimo piano, andai dal capo e bussai alla porta.

L'unica cosa che vale la pena di sapere di questa cosa, è che mi licenziai: non aveva senso stare lì dentro se non c'era anche Sascha.

Il direttore mi ringraziò per il lavoro svolto fino a quel momento, e fu più che felice di mandarmi fuori accompagnato da delle guardie.

Sbuffai e andai a slegare la mia bici, bicicletta che avevo lasciato lì il giorno precedente. Nel farlo però, vidi Sascha seduto nei gradini delle scale.

Scesi i gradini lentamente e mi sedetti accanto a lui: "Mi dispiace."

"Lo so."
Disse lui, senza degnarmi di uno sguardo.

Mi alzai di nuovo, vedendo che non era in vena di parlarne, e lo lasciai alla sua solitudine e alla sua sigaretta, ma proprio non riuscivo a fregarmene. Quando passai nuovamente accanto a lui, decisi di stare zitto e non raccontarmi che mi ero licenziato, invece, lo invitai a casa per una birra.

"Se ti va, sta sera, passa da casa mia e beviamo una birretta."
Gli sussurrai, prima di incaminarmi verso casa. Non avevo alcuna intenzione di aspettare una sua risposta.

Una volta arrivato a casa, passai il tempo a cerfare un nuovo lavoro su internet, ma non trovato niente di interessante.

Fortunatamente la sera mamma e mio fratello erano usciti, e non sarebbero tornati fino al giorno dopo.

Sascha si presentò alle 21, con un sorriso da ebete stampato in faccia e una cassa di birre.

Non avevo dormito niente, probabilmente dovevo essere stanco, eppure solo al vederlo, ero diventato euforico.

"Prego."
Gli feci cenno di entrare e mi spostai.

Chiusi la porta gli feci fare un breve tour della casa.

"Niente male!"
Disse sendendosi al tavolo.

"Mi devi scusare per questo pomeriggio, ero solo molto deluso e non avevo voglia di parlare."
Disse.

"Non ti preoccupare, fa niente."
La verità era che ormai, ero abiutato ad essere trattato così. Tutti lo facevano.

"Sicuro?"

"Si."
Confermai, annuendo.

Si alzò per andare a vedere i libri che avevo sulla mensola. Gli lanciai una birra e lui la prese al volo.

"Queste le scrivi tu?"
Chiese, mentre se la scolava tutta.

"Si ma non guardarle."
Gli dissi.

Stappai una birra anche per me e lo raggiunsi.

"Perché non dovrei? Stefano sono bellissime."
Commenta mentre continua sofogliare le mie poesie.

"Sascha, no ti prego."
Cerco di raggiungerlo il più in fretta possibile, ma lui ha già iniziato a leggere qualche verso di una mia poesia.

"Non c'è giorno in cui non ti dedichi una canzone, non c'è giorno in cui io non ti pensi.
Invadi il mio spazio e anche i miei pensieri, e io non riesco a farti smettere. Lo fai senza preavviso, e io l'unica cosa che vorrei è proprio quello. Per sapere che stai arrivando, per sapere che posso frenarti. O per far finta di poterlo fare, perché per te, i freni non esistono."

"A chi l'hai dedicata?"
Mi chiese, chiudendo il libro e riponendolo al suo posto, prima di riportare il suo sguardo su di me nuovamente.

"Non mi ricordo."
Sa che sto mentendo, ma mi accontenta e non fa altre domande.

"Questa? la possiamo aprire?"
Chiede, prendendo in mano una bottiglia di champagne.

"Beh, ho sempre aspettato l'occasione adatta per farlo, e questa mi sembra perfetta."
Gli sorrido e lui per qualche secondo sembra sciogliersi.

È a qualche centimetro dalle mie labbra, ma riesce a contenersi e apre la bottiglia.

"A un lavoro nuovo!"
Brinda e io lo seguo a ruota.

Non so come, ma alla fine della serata eravamo nudi sul mio letto a baciarci. Sicuramente l'alcool aveva contribuito, ma tutto il resto l'aveva fatto l'attrazione che avevo nei suoi confronti.

La mattina dopo, quando mi alzai, lui non c'era più. Un'altra volta. Quella dera però io ero riuscito a dormire fra le sue braccia dopo ciò che era successo, e lui mi aveva stresso a sé per tutta la notte.

Non trovai alcun biglietto o colazione, perciò avevo immaginato che se ne fosse andato così, senza dir niente. E per qualche giorno lo accettai. Finché, una settimana dopo, non lo rividi nel bar dove eravamo stati.

"Ehy Stefano!"
Mi disse Sascha appena mi vide, venendomi in contro per abbracciarmi.

"Sono venuto a cercarti a lavoro per salutarti ma non c'eri."
Afferma poco dopo.

"Si, sono stato male e non ci sono andato."
Nelle mie parole si poteva scorgere l'astio nei suoi confronti.

"Ascolta."
Disse sorridendo.

"Ti stavo cercando perché la notte che sono stato a casa tua, ho fatto delle foto alle tue poesie e le ho presentate ad un mio amico che lavora in una casa editrice. Le hanno prese Stefano."
Disse ancora entusiasta.

Poi mi abbracciò, mi abbracciò talmente forte che dovetti chiedergli di staccarsi.

Inizialmente ero arrabbiato, avrebbe dovuto parlarne con me. Ma poi, alla bella notizia la rabbia passò.

"Grazie"
Gli sussurrò sorridendo.

"Sei proprio pazzo."
Gli dico poi.

"E che ci vuoi fare?"
Mi chiede alzando le spalle, era divertito dalla situazione.

Ci sedemmo sugli sgabelli, come l'altra volta. Poco dopo però arrivò un ragazzo e i due si baciarono appassionatamente.

Io non riuscivo a stare lì fermo a guardarli, perciò mi alzai, sentendo la rabbia salire nuovamente, e uscì dal bar.

Stavo praticamente correndo, nonnso neanche dove stavo andando, ma sono sicuro che volevo essere il più lontano possibile da lì.

"Ehy Stefano, Ste!"
Lo sento urlare dietro di me.

Io però non mi fermo.

Lui mi prende per un braccio e mi gira verso di sé.

"Si può sapere che ti succede?"
Mi chiede, cercando di riprendere il fiato.

"Eh me lo chiedi pure?! Vai a farti fottere Sascha."
Gli dissi ricominciando a camminare.

"Che ho fatto di male?"
Continuava a camminare accanto a me, e non sembra voler cedere.

Io mi fermai, senza tentare di recuperare la calma che, tanto, non avrei trovato.

"Dopo tutto ciò che c'è stato tra di noi, ti baci con un altro davanti ai miei occhi e mi vieni a chiedere che mi è successo?!"
Stefano rise ironico e Sascha rimane zitto ad osservarlo.

"Ho dato le dimmisioni per te, non ho alcuna entrata e tutto ciò perché mi sono innamorato di un idiota."
Lo ammessi finalmente ad alta voce, le uniche parole che non volevo sentire, eppure le stavo dicendo io.

"Non ti ho mai chiesto di farlo, non ti ho mai obbligato a lasciare il lavoro. Tra me e te non è mai stato qualcosa di serio, perciò è inutile che te la prendi così tanto."
Disse rude Sascha.

Davvero ci avevo creduto eh?
Sembrava che non aveva sentito le mie parole.

Mi ero innamorato di lui.

L'avevo fatto in poco più di una settimana.

Allora scattai e gli mollai un ceffone sul viso.

Dire che la nostra non era stata una relazione serie era equivalente al dire che fosse stato qualcosa di superficiale, quando erano coinvolti i nostri cuori.

Lo guardai ancora per qualche secoondo negli occhi, con le lacrime che non vedevano l'ora di uscire, e mi girai, deciso a non rivedere mai più la faccia di Sascha Burci.

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