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Capitolo 2

Taeri? Come ha fatto ad avere il mio numero?, penso.

Esco velocemente dalla vasca. Prendo l'asciugamano più vicino, lo attorciglio intorno al seno. Ho ancora del sapone addosso.
Il cellulare continua a suonare imperterrito. Lo afferro velocemente e rispondo:«Pronto?»
«Youjin! Sono io, Taeri. Disturbo?» mi chiede tranquillamente.
«Ehm, no. M-ma come hai fatto ad avere il mio numero?» le chiedo titubante.
«Ho le mie fonti» dice semplicemente. Poi aggiunge:«Abbiamo pochissimo tempo per creare la coreografia. Dovremmo vederci già domani. Tu hai un posto dove provare?»
«Mina, cioè una mia amica, deve farmi sapere per un locale nel suo palazzo. E poi-...», non riesco nemmeno a finire di parlare che sento un rumore di sottofondo fortissimo dall'altro capo della linea.
«Perfetto. Aggiornami presto» dice chiudendo la chiamata.
Sposto il cellulare dall'orecchio e fisso lo schermo nero. Vorrei proprio sapere chi siano queste fonti, penso.
Immediatamente la musica riparte. Scrollo le spalle, appoggio il cellulare sul lavandino. Lo specchio è coperto dal vapore acqueo, tutto appannato. Spengo le candele che erano rimaste ancora accese. Apro l'acqua e tolgo la schiuma rimasta sul corpo. Tampono i capelli con un asciugamano e li lascio asciugare all'aria, metto una tuta nera e mi dirigo verso la mia camera. Mi butto sul letto e guardo il soffitto. Sono ancora sola a casa, ma a momenti i miei dovrebbero ritornare.
Sono eccitata all'idea di poter mettere in pratica una mia grande passione, ma al tempo stesso provo un senso di ansia che pervade il mio stomaco ricordandomi che solo una persona sarà scelta.

Il cellulare squilla di nuovo e mi risveglia dai pensieri che si affollano nella mia mente. La fodera del cuscino è tutta bagnata per non aver asciugato i capelli. Torno in bagno e accetto la chiamata:«Mina! Novità?»
«Buone notizie, cara mia. Il locale è ancora libero e, dato che è un conoscente di famiglia, non vi farà pagare nulla» dice la mia amica tutta contenta. Io, intanto, inizio ad urlare e a saltare per tutta la casa, vedendo il mio obiettivo sempre più vicino.
«Grazie mille, Mina. Non puoi capire quanto sono felice.»
«Immagino. Finalmente riuscirai a sbloccarti e a mostrare la vera te.»
«Che cosa stai facendo?» le chiedo.
Sento un sospiro, quasi scocciata:«Devo badare al mio fratellino. I miei hanno deciso di uscirsene da soli, lasciandomi questa peste. Aiutami, non so come fare!», immagino quello che sta passando.
«Se vuoi, posso essere lì da te tra 10 minuti», un urlo acuto mi rompe un timpano, costringendomi ad allontanare con un gesto repentino il cellulare dall'orecchio.
«Ti aspetto. Fai presto, ti prego» e chiude la chiamata.

Dopo essermi asciugata velocemente i capelli ed averli raccolti in una coda alta, lascio un bigliettino per avvisare i miei genitori che sto uscendo. Casa mia dista solo qualche isolato da quella di Mina, quindi in pochi minuti sono già là.
Appartamento numero 31A, dico fra me e me. Già da fuori riesco a sentire le urla che provengono da dentro. Suono il campanello e la porta si apre immediatamente.
«Grazie a Dio sei già qua!» mi dice Mina esasperata. Intanto il suo fratellino sta correndo per tutto il soggiorno con un aeroplanino in mano, imitando il rumore dei motori e facendogli fare fantastiche piroette in aria.
«Si sta proprio scatenando, vedo» le dico, ridendo alla vista della sua faccia crucciata.
«Non ce la faccio più! Invidio il tuo essere figlia unica», incomincia a rincorrere il fratellino finché il suo mignolino del piede non incontra la gamba del tavolino in stile giapponese.
La mia amica lancia un urlo talmente forte che perfino in Italia l'hanno sentita. Si è trattenuta dal dire qualche parola di troppo davanti il fratellino, il quale intanto aveva smesso di far volteggiare l'aeroplano. Per qualche millisecondo, in casa cala il silenzio. Mina saltella qua e là per la stanza, massaggiandosi il piede. Con lo sguardo seguo il fratellino che dalla libreria si sposta mettendosi al mio fianco. Mi guarda negli occhi e scoppiamo a ridere.
La scena è davvero esilarante e lui, che le punta il dito contro e si tiene la mano sullo stomaco per le risate, mi fa tanta tenerezza.

Dopo averlo convinto a smettere di giocare, urlare per tutta casa e ad iniziare i compiti, Mina ed io ci buttiamo sul divano, esauste.
«Ah, prima che mi dimentichi», si sporge in avanti per prendere delle chiavi dal portaoggetti sul tavolino, «Il locale. Mi raccomando, non le perdere e fai attenzione!» dice agitandomi le chiavi di fronte agli occhi.
Le butto le braccia al collo:«Grazie, Mina. Non ci posso credere di essere così vicina al mio obiettivo.»
«È pur giunta l'ora, non pensi?!», roteo gli occhi sorridendo. Già, è arrivato il momento.
Prendo il cellulare e mando una foto delle chiavi a Taeri, con scritto Eccole!.
«A chi hai inviato la foto?» mi chiede Mina, guardando la mia chat su KakaoTalk.
«È una ragazza che ho incontrato alla presentazione del club. Si chiama Kim Taeri, la conosci?», Mina scuote la testa facendo segno di no, «Non la conosco bene, ma mi sembra simpatica. Faremo la coreografia insieme e vedremo chi passerà delle due. Se verremo scelte, ovviamente.»
«Come farai se passerà solo lei e tu no? Non voglio essere pessimista, ma ci hai pensato a questa possibilità?»
«Significa che questa non è la mia strada. Se non riesco a passare nemmeno una selezione scolastica, figurati i provini per entrare in un'accademia», faccio un piccolo sospiro per poi riprendere il discorso, «Ovvio, farà male, ma ci metterò una pietra sopra.»
Mina nota un po' di sconforto nei miei occhi e mi abbraccia forte:«Sono sicura che sarai più brava di lei. Metticela tutta, confido in te.»

Dopo aver parlato del più e del meno, mi porta a vedere il locale che ho preso in prestito. Scendiamo al piano sotterraneo dove ci sono i garage, camminiamo per qualche minuto ed arriviamo davanti ad una porta metallica. Le porgo le chiavi che Mina precedentemente mi aveva dato.
La sala è buia e c'è puzza di chiuso.
«Pronta?» mi chiede lasciandomi ancora in suspense.
«Dai, voglio vedere come è!» le dico battendo le mani velocemente. Il mio mood è un misto di ansia e adrenalina. Mina preme l'interruttore della luce alla sua sinistra. I neon sul soffitto si accendono con un po' di intermittenza iniziale. È una stanza non molto grande, ma sufficiente per le prove. Il pavimento è in parquet chiaro e le pareti sono bianche, un po' sporche per l'umidità. Coincidenza vuole che una di esse è coperta da enormi specchi.
«Non ci credo» dico flebilmente coprendo la bocca con le mani. Mina si avvicina e mi abbraccia da dietro. Mi giro e la stringo forte.
«Certo, bisogna pulirla e aggiustarla un po', ma non è male. Vero?» mi chiede, aspettando una risposta con le sopracciglia alzate.
«Va benissimo. Questo è già un grande passo» le rispondo.

Mi accompagna fuori dal suo palazzo per salutarci:«Queste chiavi sono per aprire il cancello, così puoi venire quando vuoi senza citofonare ogni volta» dice ridendo. Le stringo nel palmo della mano e, dopo averla nuovamente ringraziata, mi dirigo verso casa.
Il tempo è passato velocemente e qui a Seoul è diventato già buio. È tutto molto tranquillo e la luna piena splende alta nel cielo.
Dopo pochi minuti, arrivo sotto casa e noto che la cucina, che dà sulla strada, è illuminata. Sono arrivati, penso.
Salgo le scale, prendo le chiavi di casa e apro la porta:«Sono tornata!» dico ad alta voce per farmi sentire dai miei.
«Ciao, tesoro. Come è andata la giornata?» mi chiede mio padre che è seduto sul divano, intento a guardare una partita di calcio in TV.
«Tutto bene. Ero da Mina perché aveva bisogno di aiuto col fratellino.»
«E i suoi genitori? Non dirmi che se la sono spassata di nuovo da soli, lasciandola in balia di se stessa?» mi chiede con tono irato e scocciato.
«Papà, non essere così tragico. Ogni tanto ci sta che si prendano del tempo per loro» gli rispondo mentre mi sistemo.
«Non ogni giorno, tesoro. Hanno un bambino piccolo che devono accudire e una ragazzina come Mina non ne è in grado», spegne la televisione e si siede a tavola.
«Mi dispiace, ma dovrete accontentarvi di questo per stasera» dice mia madre mettendo al centro una ciotola di spicy ramen già pronto e porgendoci delle piccole coppe di ceramica nera. Lo divide in porzioni e prende le bacchette in acciaio dal cassetto.

Dopo cena, vado in camera ed inizio ad anticipare qualche compito che hanno già assegnato.
La mia mente, però, viaggia nei ricordi: improvvisamente ho impressa l'immagine di Los Angeles, dove ho abitato insieme ai miei durante le vacanze estive. Ricordo i pomeriggi passati in spiaggia con i miei amici, le sere in discoteca, le lezioni della signorina Smith. Finalmente tutto questo potrà divenire di nuovo realtà, devo solo riuscire a non farmi battere da Taeri. Se entrerò nel club, sarà anche al duro allenamento con lei.
«Tesoro,» entra mia madre in camera dopo aver bussato delicatamente sulla porta bianca di legno, «Come è andato il ritorno a scuola?»
«Mamma, tutto bene. Le lezioni sono iniziate subito, quindi dovrò riprendere la mia routine» le rispondo. Si siede sul mio letto: inizia a guardarmi, gli angoli della bocca sono rivolti verso l'alto e delle piccole rughe spuntano ai lati.
Il suo sguardo mi mette un po' a disagio e le chiedo come è andata a lavoro:«Bene, anche se un cliente sta facendo il difficile. Allora, sono iniziate le iscrizioni ai club. Spero hai fatto una scelta consapevole e inerente al tuo futuro.»
Ecco, il momento che più temevo: non ho mai mentito in 18 anni della mia vita, ma stavolta dovrò farlo, mamma.
«Sì, da domani inizieranno i corsi di Matematica Avanzata.»
«Bene, brava. Impegnati e vedrai grandi risultati» dice mia madre alzandosi dal letto e sistemandosi la lunga gonna nera che le è salita lungo i fianchi. Esce dalla stanza, dandomi la buonanotte e chiudendo la porta alle spalle.
Levo un sospiro di sollievo. Inizierà una lunga gara di bugie, penso tra me e me.
Metto a posto i libri e mi stendo sul letto. Domani inizierò le prove. Chissà cosa serba il destino per me.

Il giorno seguente

Sono di nuovo in ritardo. Corro per i corridoi della mia scuola e salgo le scale. Apro la porta della mia classe e:«Signorina Lee, se farà di nuovo ritardo nella mia ora, sarò costretto a convocarla dal preside» dice il professore d'Inglese, senza smettere di scrivere sulla lavagna. Con lo sguardo basso mi vado a sedere al mio banco.
«Tutto okay, Youjin?» mi chiede Mina e le rispondo con un cenno del capo.
La lezione continua e presto attenzione.

Suona la campanella, il professore ci assegna dei compiti ed esce dalla classe.
«Non hai sentito di nuovo la sveglia?» mi chiede Koosung sedendosi sul mio banco.
«Non riuscivo a dormire» rispondo portandomi le mani sugli occhi.
«Si vede dalle occhiaie che hai» afferma Mina ridacchiando. Le do un buffetto sul braccio e ci dirigiamo verso il bar della scuola.
«Ancora non ve l'ho chiesto, che maleducata! Che avete fatto voi in queste brevi vacanze estive?» chiedo camminando all'indietro con lo sguardo verso i miei amici. Cala il silenzio, Koosung e Mina si voltano l'uno verso l'altra e i loro occhi si riempiono di agitazione mista ad imbarazzo. Perché sono così strani?, penso.
«Ehm...» iniziano a dire, «Siamo stati insieme!» dice Koosung e contemporaneamente Mina:«Sono andata da mia nonna!». Si voltano immediatamente l'uno verso l'altro con gli occhi spalancati.
«Ehm, cioè...» continua Mina, «Abbiamo passato qualche giorno insieme, ma la maggior parte del tempo sono stata da mia nonna» dice con un piccolo sorriso che le fa spuntare le sue tonde guance.
Continuando a camminare all'indietro, li guardo negli occhi con sguardo sospettoso, ma poi faccio spallucce.
Mi giro per camminare normalmente, però sbatto contro qualcosa o, meglio, contro qualcuno.
«Ouch, scusami tanto. Non volevo io-...» dico alzandolo sguardo.
Per fortuna è Taeri:«Ehi, Youjin. Non preoccuparti. Allora, siamo d'accordo per oggi pomeriggio?» mi chiede sistemandosi la gonna e guardando i miei amici.
«Sì, ci vediamo lì» le rispondo. «Ah, lei è Mina, è l'amica di cui ti ho parlato. È grazie a lei che abbiamo il luogo delle prove», Taeri le si avvicina e, dopo un millisecondo di attesa davanti a lei, l'abbraccia. È molto più alta di Mina che, in confronto, sembra una bambina.
«Ora vado, ragazzi. È stato un piacere conoscerti, Mina» dice Taeri ritornando nella sua classe.
Una volta che si allontana, Koosung si avvicina a me:«Chi è lei? E perché non mi hai presentato? È proprio una bella ragazza» dice seguendola con lo sguardo. Quando scompare dal suo raggio visivo, si volta verso di noi: io con le sopracciglia alzate e Mina con la fronte corrucciata. Alza un sopracciglio ed esclama:«Idiota!», andandosene dopo avergli tirato un pugno sul braccio. Con passo pesante ma veloce ritorna in classe, Koosung si massaggia il punto in cui l'ha colpito:«Ma che ho detto?» mi chiede grattandosi il capo, «Vado a vedere come sta.»
«Sì, vi raggiungo subito. Vado un attimo al bar», mancano pochi minuti prima che risuona la campanella. Scendo giù per le scale e cammino fino a raggiungere il bar. È una piccola stanza con degli scaffali pieni di patatine e schifezze di ogni tipo, bramate dagli adolescenti, e un bancone. Dopo aver salutato, mi fiondo sullo scaffale delle caramelle e inizio a cercare le mie preferite, quelle al gusto ciliegia. Ad un certo punto la porta si apre di nuovo e la piccola campana a vento appesa al soffitto inizia a suonare, richiamando la mia attenzione verso di essa. Il ragazzo al bancone inizia a salutare i ragazzi appena entrati e dà un cinque con una pacca sulla spalla ad un ragazzo in particolare. La prima cosa che noto è il suo sorriso raggiante, vero. I capelli scuri gli coprono la fronte e i suoi occhi... «Taehyung!», incrociano i miei. Non appena il ragazzo al bancone fa il suo nome mi giro di scatto verso le scatole di caramelle. Di nuovo lui, dico tra me e me. Inizio a cercare velocemente le caramelle che voglio e non appena le trovo vado a pagarle. Intanto noto che i BTS continuano a parlare con il ragazzo del bar, ma ciò che spicca di più la vivace risata di Hoseok: è per questo che lo chiamano il sole dei Bangtan.
Mi avvicino alla cassa, il ragazzo mi nota e si avvicina a me:«Scusate, ragazzi. Torno subito» dice loro. «Allora, Youjin. Sono le solite?» mi chiede, digitando il prezzo sullo schermo e prendendo lo scontrino. Rispondo con un semplice cenno del capo e un sorriso. Mi sento osservata e questo mi imbarazza. Il ragazzo mi porge il resto e con un gesto repentino lo saluto e me ne vado. La campanella suona e le lezioni riprendono.

«Ma che ti è preso prima?» chiedo a Mina mentre usciamo da scuola.
«Niente» dice semplicemente. La fisso con fare sospetto. Non me la racconta giusta. Continua dicendo che deve andare al club e Koosung la segue:«Vado anch'io. Ci sentiamo, Youjin», con le mani in tasca si dirige verso la palestra.
Vedo Taeri aspettarmi davanti al cancello, mi nota anche lei e s'incammina verso di me.
«Pronta? Dobbiamo iniziare a buttare giù qualche idea» dice con gli occhi che le brillano mentre ci incamminiamo verso il locale.
«In realtà, penso che la prima cosa da fare sia sistemare e pulire la stanza. Non ci metteremo molto, quindi avremo tempo per provare qualche passo e cercare la musica adatta» le dico tranquillizzandola. Taeri si guarda attorno, posizionando le mani sopra i fianchi. Vado nel piccolo sgabuzzino posto in un angolo della stanza e prendo una vecchia scopa per spazzare per terra.

Dopo una decina di minuti la stanza è abbastanza pulita, abbiamo cercato di togliere più polvere possibile. Ci mettiamo così a scegliere una canzone su cui poi creare una coreografia.
«Secondo te, che tipo di melodia sarebbe meglio scegliere?» chiedo a Taeri mentre scrollo le playlist del mio cellulare.
«Mmh, non saprei» mi risponde grattandosi il mento e facendo zapping, «Forse è meglio puntare su qualcosa di pop, che faccia venire voglia di ballare anche a loro.»
Faccio cenno di sì col capo mentre ascolto le canzoni uscire dalle casse del mini amplificatore che ho ritrovato nella cantina di casa mia. Ad un certo punto Taeri mette una canzone: è davvero bella, armoniosa, mi fa venire voglia di ballare. Sono stesa sul parquet del locale mentre Taeri vi è seduta con le gambe incrociate. Chiudo gli occhi e mi faccio trasportare dalla musica. Inizio a muovere i piedi, a far oscillare la testa a ritmo. Non so il titolo della canzone, ma credo sia proprio quella che stavamo cercando.
Apro un occhio e noto che Taeri, anch'essa con gli occhi chiusi, muove il capo a tempo. Improvvisamente, scatta in piedi e con un dito puntato verso l'alto:«Abbiamo trovato la base della nostra coreografia!»
Mi alzo anch'io e, dopo aver aggiustato il pantalone, la imito prendendola in giro:«Mettiamoci all'opera!» le dico con gli occhi illuminati.

«Okay, penso che per oggi basti così» dice Taeri esausta. Appoggia le mani sulle ginocchia, ancora in piedi. Si guarda al grande specchio posto davanti a lei. Si avvicina e asciuga col dorso della mano il sudore dalla fronte.
Ha un fisico fantastico, si vede che è atletica. Mi ha raccontato che ha fatto qualche servizio fotografico e ha dovuto mantenersi in forma con esercizio fisico e dieta sana. Ho provato ad iscrivermi in palestra qualche volta, ma ogni volta che l'insegnante metteva la musica mi veniva voglia di ballare e non di fare squat con un bilanciere in mano.
Certo, non mi reputo una ragazza in carne, ma un po' di fianchi ce li ho anch'io. E averli non è certo un crimine: preferisco averli che essere pelle e ossa. Purtroppo, qui in Corea del Sud ci sono questi canoni di bellezza che influenzano molto la vita di una ragazza, soprattutto le adolescenti come me. Conosco ragazze che non fanno altro che stare a dieta e fare palestra, per non parlare di quelle che ricorrono alla chirurgia plastica, molto diffusa tra i giovani d'oggi.
Sono del parere che ognuno è bello a modo suo, l'importante è piacersi. Certo, chi non desidererebbe avere un bel fisico o un bel viso?! Ma se mi piaccio così come sono, anche se ho qualche imperfezione, se così vogliamo chiamarle, perché dovrei farmi problemi mentali per piacere agli altri? Chiunque deve essere libero di essere se stesso, ciò non toglie che chi vuole può migliorarsi per stare bene.
Vado vicino all'amplificatore e metto in pausa la canzone:«Abbiamo fatto grandi passi in avanti oggi. Riusciremo a finirla e riprovarla prima delle audizioni?» chiedo a Taeri.
Lei, che era rimasta al centro della stanza ad ansimare per lo sforzo, s'incammina verso di me:«Certo, noi dobbiamo farcela. È il nostro sogno e questa audizione è la nostra possibilità per iniziare a viverlo. Credi in te stessa, Youjin, sennò non ce la farai mai nella vita» mi risponde prendendomi per le spalle e tenendo lo sguardo fisso nel mio. Alla fine mi lascia, mi prende il cellulare dalle mani e rimette la musica:«Forza, d'accapo!»

Finiamo le prove in tardo pomeriggio, è ora di cena e i miei mi staranno sicuramente aspettando a tavola:«Youjin, che fai ora? Vai a casa o mangiamo insieme? Conosco un piccolo locale giapponese dove fanno del ramen buonissimo.»
«Mi piacerebbe molto, Taeri. Purtroppo devo tornare a casa, i miei mi aspettano e devo finire i compiti per domani» le dico con un sorriso dispiaciuto, «Sarà per un'altra volta.»
Corro fuori dal locale dopo averla salutata e mi dirigo verso casa. Per fortuna, tutti i club finiscono a quest'ora e, quindi, non avrò problemi con il nascondere cosa realmente faccio. Se da un lato mentire ai miei e nascondere loro la mia passione, mi fa sentire in colpa, triste ed incompresa, dall'altro mi dà una scarica di adrenalina pazzesca, è il mio piccolo segreto, una vita parallela alla realtà che solo in pochi conoscono, qualcosa di davvero eccitante. Non appena arrivo a casa mi fiondo in camera per lasciare lo zaino e spogliarmi, così vado in bagno e mi faccio una doccia per togliere il sudore di dosso. Nonostante faccia ancora caldo qui a Seoul, mi concedo un bagno caldo e tutto lo specchio si appanna a causa del vapore. Quando ho finito, attorciglio l'asciugamano intorno al corpo e tolgo l'eccesso di acqua dai capelli con un panno. Infilo le ciabatte, vado verso il mobiletto vicino al lavandino e faccio una maschera per il viso. La Corea è famosissima per queste cose e come coreana le adoro, ne ho di tutti i tipi, mi rilassa molto e in periodo di stress sono un toccasana. Passato il tempo necessario affinché agisca, la getto nel cestino e lavo il viso, finisco la mia skin care e passo ai capelli. Ricadono fini come spaghetti sulle spalle, ancora bagnati. Mi incorniciano il viso e sono in netto contrasto con il pallore della mia carnagione. Incomincio a fissare i miei lineamenti asiatici riflessi sullo specchio: zigomi alti ma non molto pronunciati, occhi a mandorla. La tipica asiatica. Monotona, penso. A volte mi piacerebbe stravolgere il mio look, avere uno stile ricercato e originale, da fare invidiare le persone. Ma più ci penso e più non lo faccio, mi servirà un attacco di pazzia per cambiare. O semplicemente mi manca quel coraggio che mi spinga ad essere me stessa, in tutte le mie forme e sfaccettature.

Sarà passata un'ora da quando sono a casa, persa nei miei innumerevoli pensieri, però nessuno si è fatto sentire. Vado verso la cucina e mi aspettavo di vedere la tavola apparecchiata per cenare ed, invece, c'è solo un bigliettino. È mio padre:«Imprevisto lavorativo, c'è del riso nel frigo. Condiscitelo! Un bacio, papà.» Questo lavoro li tiene molto impegnati, ma sono abituata. È da quando ero piccola che va avanti così e per me è la solita routine. Avrei dovuto accettare l'invito di Taeri, penso mentre taglio delle carote e delle zucchine da mettere nel riso. Accendo la televisione e lascio su un film in prima visione. Non è molto interessante, ma fa sempre compagnia. Dopo aver finito di mangiare, vado in camera e finisco i compiti per domani. Ancora non riesco a capire come mai Mina abbia reagito in quel modo, sarà successo qualcosa con Koosung? Ci rifletto su qualche secondo e... Nah, me lo avrebbe detto sicuramente detto. E poi... con Koosung? Mina?... Naaaah, impossibile. Scaccio questi pensieri che stanno andando, come al solito, troppo oltre. Mi stendo sul letto, ormai a tarda sera, e i miei genitori non sono ancora tornati da lavoro. Poi si lamentano dei genitori di Mina! Certo, loro lavorano e non vanno a spassarsela per locali, ma a casa non ci sono comunque. Prendo le cuffiette dallo zaino e riascolto la musica scelta per l'audizione. È ancora acerba, ma la coreografia che stiamo costruendo la adoro. È energica e sensuale, non volgare, ma quel giusto per richiamare l'attenzione. La ripasso mentalmente e delle scariche di adrenalina percorrono il mio corpo che a tratti si muove in maniera spastica. Finalmente, mi addormento, felice per l'indomani, un nuova giornata all'insegna della musica e della danza. Un piccolo passo, sempre più vicino alla possibile realizzazione del mio sogno. E proprio quando stavo per riaddormentarmi, mi ritornano alla mente le parole di Mina:«Come farai se passerà solo lei e tu no? Non voglio essere pessimista, ma ci hai pensato a questa possibilità?» E se accadesse davvero? Se rimanessi fuori dal club? Davvero voglio che questo avvenga? No, ce la metterò tutta.

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