★Introduzione★
Sono a casa seduto sul divano del soggiorno e con gli occhi lucidi osservo le immagini che scorrono sullo schermo della televisione.
Il volume dell'audio è basso, fisso con sguardo nel vuoto la foto di mio fratello Evan. Eravamo raffigurati insieme. Alla mia destra c'era proprio lui, mio fratello Evan, quanto mi manca sentire la sua voce, rivedere i suoi sorrisi spontanei, i suoi abbracci. Era lì che sorrideva in modo vivace, emulando il gesto di vittoria.
Asciugo una lacrima solitaria che è scivolata dal mio occhio destro e cade lungo la guancia.
Con il cuore in tumulto sorrido in modo amaro sentendo troppo la sua mancanza.
Quella foto era stata scattata a Natale di due anni fa. Ricordi belli che non torneranno mai più.
Mi passo una mano tra i capelli.
Con gli occhi lucidi e con amarezza penso a lui, Evan, perdonami è tutta colpa mia.
«Papà, papà!» La voce di mio figlio Brian mi riporta alla realtà.
Incrocio il suo sguardo. «Eccomi a casa, mi sono divertito tantissimo a giocare a Dreadball oggi a scuola. Stai piangendo? Che succede?» Mi accarezza il viso e mi cinge le braccia al collo.
I suoi modi di fare affettuosi mi ricordano mio fratello alla sua età, era praticamente identico a mio figlio.
«Non è niente tesoro, è l'allergia al polline ogni tanto mi lacrimano gli occhi, va tutto bene», rispondo di rimando nascondendo il mio malumore.
Dreadball è uno sport simulato in questo caso è una fusione tra il rugby e il basket, in cui due squadre si sfidano.
«Allora, com'è andata la partita?» Chiedo incuriosito.
«Abbiamo vinto 14-10, è stato divertente! Ho segnato 13 punti! Papà mi ascolti?» Afferma con sguardo basso. Con un gesto istintivo gli sorrido scompigliando i suoi capelli corvini.
«Bravissimo! Sono orgoglioso di te, Congratulazioni, continua così diventerai un campione del Dreadball.» Affermo con entusiasmo.
«Papà?»
«Sì?» Chiedo in un tono inespressivo.
«Ti bruciano gli occhi? Stanno ancora lacrimando... Che ti succede? Perché stai piangendo? Non credo sia per l'allergia!» Ribatte tristemente.
«Tesoro in realtà è che mi manca tanto lo zio Evan, vorrei che fosse qui con noi!» Annuncio sincero.
«Sono felice che sei orgoglioso di me... Papà anche a me manca tanto lo zio Evan, tornerà da noi vero?» Dice mio figlio con sguardo serio.
Sospirando gli accarezzai la guancia. «Sì, tesoro, lo zio tornerà un giorno...»
Brian mi dà un bacio sulla guancia. «Sono felice! Sì, lo zio tornerà da noi un giorno, lo sento!» Annuncia strizzando gli occhi e sorride.
Anche Evan sorrideva a occhi chiusi. Come vorrei che potesse aprirli di nuovo.
«Papà, ti voglio tanto bene!» Mi abbraccia e ricambio il suo gesto.
«Anch'io te ne voglio e tanto. Va tutto bene, su vai a riposarti un po' dopo pranziamo», gli dico, arruffandogli i capelli.
«Ok, a dopo», mi saluta con un sorriso e lo vedo salire al piano superiore.
Sospirando, volto lo sguardo alla TV e guardo il notiziario. In questo preciso istante resto completamente allibito dalla notizia che trasmettono.
«Incidente alla Centrale Nucleare a 48 miglia a sud di Detroit, una potente esplosione ha causato numerosi danni e si temono ingenti vittime.»
Nel sentire quella notizia resto sconvolto, sgranando gli occhi.
Con il telecomando alzo il volume dell'audio.
Nel servizio in onda la giornalista accenna: «Si temono eventi catastrofici, le radiazioni raggiungeranno oltre le 20 miglia di territorio. Squadre di vigili del fuoco e scientifica stanno ispezionando la zona dell'incidente.» La trasmissione salta e lo schermo diventa completamente oscurato...
Cosa diamine sta succedendo?
Passano minuti interminabili e il servizio riparte.
Subito dopo viene inquadrata una giovane telereporter munita di maschera antigas e tuta protettiva anti radiazioni, tramite un microfono incorporato alla maschera riferisce: «Siamo giunti sul luogo dell'incidente, oddio è terribile!»
Le telecamere registrano tutta l'area circostante, appare una landa desolata. Sembra un film apocalittico: palazzi in macerie, corpi senza vita in strada, i sopravvissuti che scappavano...
Santo cielo. Cosa cazzo sta succedendo?! Penso rabbuiato, ma la voce di mia moglie Katrine mi riporta alla realtà.
«Eric, tesoro, cosa è successo?» Volto lo sguardo verso di lei, quando avverto qualcuno in televisione gridare. «Aiuto! Qualcuno ci aiuti!» Subito dopo si avvertono spari di fucili d'assalto dell'esercito.
In questo preciso istante le trasmissioni mostrano scene cruenti: persone che fuggono in città. C'è il panico generale: alcune persone che corrono e altre che li inseguiono.
«Cosa sta succedendo? Oddio! Quella gente è impazzita!» Dalla telecamera si scorge una folla di persone accalcate, si sentono spari seguiti da versi animaleschi, grugniti inquietanti e persone che urlano.
Una sagoma umana che avanza con andatura claudicante: il volto deforme, i vestiti in brandelli.
«Fermo o sparo!» Urla imperioso un militare. L' individuo, un uomo dai capelli rossi e sguardo nel vuoto, avanza verso la telecamera.
Il suo volto è cadaverico gli occhi iniziano a sanguinare e lo sguardo diventa aggressivo.
In un istante, con un balzo si avventa contro il militare che si trova disteso sull'asfalto con il peso dello sconosciuto sopra di lui. Quest'ultimo, che cerca di mordere il ragazzo emette versi disumani. D'improvviso si avverte un colpo di pistola che si conficca nel cranio dell'individuo.
La telecamera è fissa verso il cadavere dell'uomo.
Si sentono le voci dei militari: «Questa è un'emergenza globale! Dobbiamo evacuare la città. L'esplosione alla Centrale ha causato un contagio. Le persone colpite dalle radiazioni sono diventate aggressive!» Sgrano gli occhi dal terrore, comprendendo ciò che è accaduto e che sta accadendo in città. Scattano le sirene di evacuazione.
Dalla finestra del soggiorno vedo i camion dei militari che con le maschere antigas collegate ai microfoni annunciano: «Cittadini di Detroit, ascoltate: siete tutti in pericolo. C'è stato un incidente alla Centrale Nucleare, scappate dalle vostre case, bisogna dirigersi a sessanta miglia a Nord di Detroit, dove la zona è incontaminata. Le persone che sono state a contatto con le radiazioni diventano aggressive!»
Ormai sono consapevole che è tutto reale, è un inferno, un'apocalisse!
Avverto il cuore battere all'impazzata un attacco di panico sta avendo il sopravvento.
Scacciati via i brutti pensieri, spengo il televisore scatto dal divano. «Dobbiamo andare via da qui, non è sicuro. Tesoro, prendi le tue cose!» Riferisco inquieto.
Mio figlio mi guarda negli occhi e annuisce. «Va bene, papà... ma, cosa sta succedendo? Dove andiamo?» Mi chiede incredulo.
«A casa dei nonni, dobbiamo lasciare per un po' la nostra casa. È successo una cosa terribile, e non siamo più al sicuro qui!» Spiego con amarezza. Mentre mia moglie comprensiva inizia a preparare il minimo indispensabile.
Con gli occhi lucidi, usciamo di casa e, saliamo in auto, dove una volta partiti più ci allontaniamo e, più si nota il caos generale: le auto abbandonate, i poliziotti e alcuni militari che sparano contro le creature aggressive, si scorgono numerosi cadaveri distesi sull'asfalto.
Persone che indossano tute anti contaminazione, e munite di lanciafiamme inceneriscono i corpi delle vittime.
Ho la pelle d'oca per quelle scene terrificanti che abbiamo appena assistito. Desidero di poterci salvare tutti dalla catastrofe.
Penso a mio fratello Evan, e con la speranza di poterlo riabbracciare continuo a guidare cercando di portare in salvo la mia famiglia.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro