5.0
Ben presto, il principe Park Jimin, trasvestendosi, con addosso un cappello di paglia che nascondeva i lineamenti del viso, si avviò al Regno Jeon per attuare i suoi piani malefici.
Nessuno aveva riconosciuto egli.
Si sarebbe introfulato, di nascosto, al palazzo, questa sera.
Nel Mentre, Jungkook era con gli altri generali ad escogitate piani utili contro l'armata del Regno Kim.
Erano svantaggiati numericamente, ma era più importante avere astuzia.
«Possiamo usare le bacche selvatiche, farli diventate vini, per poi lanciarli con le catapulte verso il nemico. Incomincerano ad avere prurito e poi scoccheremo delle frecce di fuoco. Andranno tutti al fuoco a causa della gradazione del vino. Daremo a loro un doppio dolore: quello di un prurito assoluto e poi quello di essere bruciati vivi!» propose il principe.
I generali rimasero sbalorditi da questa genialata.
«È un'idea eccellente, principe! Non per niente l'imperatore ha affidato tutto a voi.» si complimentò uno dei generali.
«Ovviamente non basterà vincere. Dovremo inventare altri piani.» replicò egli, stringendo gli pugni, cercando di far uscire altre idee dalla testa.
«Faremo il possibile per voi.» affermò un'altro generale.
«Non dovete farlo per me, ma per la vostra famiglia. È ciò che dovete proteggere, come tutti i soldati.» replicò Jungkook stando sempre serio.
Mentre, Lailla, era insieme con la signora Kwan a studiare i documenti nella stessa stanza chiusa di sempre.
«Volete fare una pausa, signorina?» propose la donna, notando le grosse occhiaie della giovane fanciulla.
Lailla annuì debolmente. Si staccò la mente da quei dannati fogli massaggiandosi la testa.
«Prendetevi un tè.» arrivò Jangmi con un vassoio di tè e dolciumi fatti dalla cucina.
La signora Kwan spostò i documenti da parte, lasciando spazio per il tè.
Jangmi versò del buon tè profumato ai fuori per due e propose alla sua padroncina di assaggiare un buon yakgwa (un biscotto tradizionale coreano a base di miele).
Lailla ne prese uno e lo assaggiò accompagnato da un sorso di tè.
Erano una perfetta combinazione.
Gli yakgwa erano dolciastri, ma accompagnato da un tè caldo lo rendeva meno dolce e più digeribile.
«Ci voleva proprio. Grazie mille, Jangmi.» sorrise.
«Tutto per la mia padroncina.» rispose contenta di vederla sorridente come una volta.
«A proposito, signorina. Come vi sentite con la gravidanza? Avete dolori o nausee? Se Serve chiamiamo il dottore del palazzo, è l'unico su cui possiamo fare affidamento.» disse la signora Kwan, fissando la sua pancia non visibile sotto la veste.
«Non serve, signora Kwan. Mi sento bene, nonostante ciò. È ancora piccolo, ma lo sento pian piano crescere.» replicò, accarezzandosi la pancia.
«Il principe è veramente fortunato ad avere una signora come voi. L'ho visto crescere, è sempre stato fedele a sua madre, ma era duro. Sono sicura che anche il vostro bambino o bambina sarà forte come voi.» riempì di complimenti.
Lo era sicura anche lei. Il padre è il fascinoso principe Jeon Jungkook, il loro figlio sarà sicuramente come egli. Era ovvio!
«Se sarà una bellissima principessa, potrò vestirla e fare tante acconciature.» commentò Jangmi, pesando a quanti momenti potrebbero trascorrere con una bella principessa nel palazzo.
La signora Kwan e Lailla sorrisero divertiti dal commento della piccola serva.
«Te lo prometto, Jangmi. Ma ti avverto che anche tu potresti avere una bella bambina con il tuo generale Kim eh. Così la mia e la tua potranno giocare insieme.» sorrise maliziosamente.
Arrossì da tale parole imbarazzanti. Va bhe che stava insieme con Taehyung, ma non si vedeva ancora nei panni di un genitore con responsabilità.
«N-non mettetemi imbarazzo!» si lamentò comprendosi il viso.
Nella stanza uscirono delle risate di divertimento. Provavano gusto a prendere in giro la piccola serva mettendola a disagio.
•
Il principe Jungkook riuscì a finire la sua riunione con gli altri generali e liberò appositamente del tempo per portare la sua amata alla lapide della madre biologica.
Quando vide il nome della madre inciso sulla lapide, riuscì a vedere in un attimo il viso della madre.
La sentiva ancora vicina a lei.
«Sono felice di rivederti, mamma. Sai, sto per diventare mamma anch'io. —mostrò la sua pancia non ancora formato di tanto— diventerai nonna. Spererei di diventare una brava madre come te.» sorrise amaramente.
Chissà che faccia avrebbe fatto se era ancora qui, assieme con loro, della sua gravidanza. Chissà se avrebbe finito per lacrimare o urlare di gioia ai quattro venti.
Sarebbe stato bello che il suo bambino potesse avere una nonna.
Pazienza.....
Jungkook non voleva disturbarla nell'unico momento che poteva parlare con la madre defunta.
Prese silenziosamente un mantello e gliela mise delicatamente tra le spalle. Stava sempre attento che non si prendesse un minimo di freddo. Adesso doveva accudire per bene due membri della sua famiglia. Non vedeva l'ora che finisca tutto e che diventi un padre con dei doveri da svolgere.
Guardò il vento che faceva volteggiare le creste degli alberi a ritmo del vento.
Non si accorsero propriamente della presenza di un'altra persona.
Jimin era nascosto sopra un albero, sdraiato su un ramo abbastanza robusto da tenere il peso di egli, che li spiava.
Era uno sguardo freddo, ma quando guardava Lailla, nonostante riuscisse solo a vedere le spalle, cambiava leggermente espressione.
Ormai il suo cuore era stato bruciato come quel ritratto. Ritraeva i suoi sentimenti più puri, ma egli decise di nasconderli fino a quando non decise di distruggerli del tutto. Adesso era diventato un uomo pazzo in cerca di vendetta.
Avrebbe fatto ciò che doveva, non avrebbe rinunciato i suoi piani per nessuno.
Con silenzio, lasciò il posto.
•
Come un gatto in cerca di cibo da rubare, si diresse verso l'ufficio dell'imperatore, sorvegliato da soldati, ma con furbizia riuscì a distrare l'attenzione delle guardie e entrare nell'ufficio attraverso una finestra, senza fare rumore.
Guardò l'ufficio familiare di sempre. Si ricordava ancora da bambino quando una volta fu stato punito dal padre stesso con un lungo e sottile bastone, perché aveva picchiato un bambino a scuola. Il bambino lo aveva preso giro di essere un principe falso.
Era stato colpito più volte con il bastone. Il suo odio era stato qui che cominciò a crescere!
Non capiva perché doveva punirlo se era stato un miserabile che lo aveva insultato! Perché avrebbe sbagliato?
Si nascose dietro la lunga tenda che separava l'ufficio e una saletta per prendersi un tè o farsi una giocata di janggi (un scacco coreano, derivato dallo scacco cinese di nome xiangqi).
Vide il re concentrato a guardare i documenti disposti sul tavolo.
Sembrava molto frustrato dalla gestione del regno, difatti posò una mano sulla testa per il gran mal di testa.
Jimin, lentamente, uscì di scoperto con la spada nascosta dietro il braccio.
All'inizio, non si accorse minimamente dei passi avvicinarsi a lui, finché non vide un ombra sul pavimento. Alzò il capo per vedere chi era.
Vedere il volto del suo figlio lo rese stupito e allo stesso tempo felice. Aveva avuto paura che il nemico gli avesse fatto del male, ma vederlo sano e salvo pote lasciare le sue preoccupazioni.
Balzò dalla sedia, con sorpresa, e sorrise al suo figlio più grande.
«Jimin! Sei riuscito a scappare? Ti avevano catturato?» voleva fare mille domande, ma furono fermati dalla spada di Jimin che lo puntava.
Un attimo non capì del perché.
Jimin non voleva spiegare con troppe parole, voleva finirlo del tutto con le sue mani.
I pensieri del padre e del figlio vennero disturbarti dalla voce di un soldato, proveniente da fuori.
«Onorevole re, ci sono problemi? Sentiamo dei rumori.» chiese la guardia.
Il re guardò seriamente suo figlio e poi cacciò via i soldati.
«No, non è nulla. Avrei bisogno di riflettere da solo. Vorrei che tutti voi, guardie, mi lasciaste dieci minuti da solo, senza sorveglianza. Rientrate dopo i dieci minuti passati.» rispose il re ad alta voce per farsi sentire dalle guardie che sorvegliavano fuori.
Fissò le espressioni del padre e con gli occhi lo minacciò di non fare troppi giochetti.
«Ah? Però....» esitò il soldato.
«È un ORDINE!» urlò ancor di più.
Avendo paura di disobbedire agli ordini del re, lasciarono la sorveglianza come ordinato.
Adesso non c'erano nessuno d'intorni. Nessuno avrebbe interrotto una discussione che avverà tra poco tra padre e figlio.
Il re, non aveva paura della spada che lo puntava, ma si era fatto molto serio dalla situazione.
Il suo figlio gli stava puntando una spada? Lo voleva morto.
«Allora? Vuoi conversare con il sottoscritto, figlio mio?» affermò egli pacato.
«Non sono tuo figlio! Sono solo figlio della mia onorevole madre defunta che VOI avete uccisa! Non hai nessun diritto di essere mio padre, Gongchan.» replicò arrabbiato.
Erano anni e anni che voleva ringhiare contro un padre che disprezzava fin da bambino.
«E quindi è così? Vuoi vendetta in nome di Eunji?» chiese con un espressione seria e tranquillo, nonostante la voce arrabbiata del suo primo genito.
«Il nome di mia madre non è pronunciabile dalla tua bocca. Se non fosse per te, lei non sarebbe morta! Si è innamorata di un uomo bugiardo. Tu hai fatto credere a mia madre di amarla, invece è tutto all'incontrario. Tu ami la regina Aera. Mia madre è stata la prima moglie che hai preso in sposa, ma non le hai dato il trono che le speta.» ringhiò contro egli, avvicinando la punta della spada al suo petto.
Sospirò senza guardare gli occhi furiosi del figlio e poi alzò il capo ricominciando a guardarlo negli occhi.
«Avevo promesso un trono, ma amavo di più la mia Aera. Ma lei sarà sempre il mio fiore di loto, la bellissima Park Eunji. So che lei mi amava, ma lei sapeva che amavo di più Aera. Avevo promesso il divorzio e di lasciarla libera per trovare il suo vero amore, ma lei non voleva quella libertà, voleva solo starmi affianco e avere un minimo di attenzione da parte mia.
Credimi, Jimin....non volevo che scegliesse questa strada.» mise una mano sul suo petto per giurare la sua sincerità.
Con queste parole era ancora più infuriato. Aveva capito di quanto era umile la madre e di che vita aveva fatto.
«E allora perché sono in questo mondo se non la amavi?!»
Nella mente uscirono immagini della sua moglie Eunji che si inginocchiava per cercare aiuto da parte sua. Era una scena di tanti anni fa, quando era ancora viva.
«Tua madre era di una famiglia benestante di un'altro regno a noi alleato. La sua famiglia era aggressiva. La minacciarono di fare un figlio. Lei era troppo gentile e ascoltava sempre gli ordini della sua famiglia per il bene della famiglia, anche se richiedeva la sua vita. Non volevo accettare la sua richiesta, ma vedendola lacrimare di paura, non ebbi più coraggio di negare.
Morì a causa di una malattia e poco dopo il suo regno, con la sua famiglia, furono invasi da dei ivaosori di una terra lontana. Non siamo riusciti ad aiutarli in tempo, quando arrivammo lì, era ormai una pozza di sangue.» spiegò con malinconia. Non aveva mai voluto che succedesse qualcosa di brutto a quella povera donna, dopotutto era realmente una donna di gentilezza e di talento, non lo negava. Desiderava tutt'ora che fosse libera dalle responsabilità della famiglia e soprattutto desiderava che non si fosse mai innamorata di lui.
Jimin fece uscire una lacrima sentendo la brutta storia di sua madre. Non lo aveva mai saputo....
Quanto aveva sofferto?
Non avrebbe dovuto nascere in questo mondo. Lui era nato tra il dolore e l'umiliazione, era ciò che rappresentava la sua presenza.
Era sporco la sua esistenza...
Abbassò leggermente la spada con il viso leggermente inclinato all'ingiù. Era tra i suoi pensieri lontani dalla realtà.
«Jimin, sei sempre stato un figlio meraviglioso per me.» ammise cercando di fargli passare la voglia di vendicarsi.
«No....per te ce solo Jungkook nella tua vita. Sennò perché hai dato a lui il trono??» puntò nuovamente la spada contro egli con gli occhi rossi.
«Sono sincero, Jungkook è più abilitato al trono. Tu, non hai abbastanza requisiti per essere un buon re. Un re deve pensare soprattutto alle vite delle persone, non solo all'economia del regno.
Forse mi odi tutt'ora di quando eri piccolo che ti punivo, ma era per allenare i tuoi potenziali e per essere un grande futuro re. Purtroppo tutt'ora non hai ancora compreso appieno il significato di "imperatore".» non aveva mai voluto che i due fratelli si odiassero a tal punto, voleva che andassero d'accordo e che rispettassero l'un l'altro.
Jeon Jungkook dimostrò di avere un cuore puro di sentimenti e di impegno. Invece Park Jimin dimostrò di avere poca pazienza e poco controllo della mente e del cuore.
La regina Aera aveva subito capito ciò che provava il principe, aveva cercato di proteggerlo dall'ambiente negativo e dalle persone suscettibili, solo per non far marcire il cuore di Jimin.
Era stanco di ascoltare delle porcherie dette dall'assassino di sua madre.
«Rinuncia la tua idea di vendetta....» supplicò.
Le parole del padre erano seri, ma
allo stesso tempo erano sottili. Cercava disperatamente di convincerlo di vivere pacificamente con se stesso, senza sporcarsi le mani di sangue.
Non voleva vedere il figlio con degli atti sporchi dietro di sé, non sarebbe riuscito a vivere in quiete neanche dopo la morte.
Fissò il padre con un paio di occhi
leggermente rossi per le forti emozioni che stava provando in un solo attimo.
Pian piano le labbra formarono un sorriso inquietante. Rise divertito dalle parole del padre.
Lo considerava fin troppo patetico, patetico quanto le parole di supplico.
Mise una mano sul visto, l'altra continuava a tenere la spada puntata, e rideva di gusto come un pazzo.
Quando smise, guardò nuovamente l'uomo che era davanti a lui e d'un tratto era come diventato un'altra persona. Sembrava che avesse due persone che condividevano un solo corpo.
Il Jimin che era presente adesso era decisamente quello più squilibrato e malvagio di prima.
«Come puoi dirmi di rinunciare, Gongchan? Ormai è fatta! Vincerò. Basta che ti uccida e toglierò di mezzo Jungkook una volta per tutte.» replicò sorridendo senza un'anima dentro il guscio.
L'onorevole re Gongchan sapeva che prima o poi sarebbe morto, ma non se lo aspettava di morire tra le mani del proprio figlio. Non aveva più altre vie per uscirne vivo, ma era determinato. Può morire in mano del figlio, ma era certo che avrebbe perso alla fine della battaglia, quando sarà quel momento forse riuscirà a capire i suoi errori e a comprendere le sue parole.
Socchiuse gli occhi e decise di consegnare la sua vita al suo destino.
«Trafiggi la spada, Jimin. Fai ciò che che vuoi di me. Ma Jungkook ti fermerà e perderai alla fine del tuo cammino. Non potrai mai vincere contro il cuore di tuo fratello. Uccidimi, se vuoi provare a continuare questo cammino.» era pronto a ricevere la lama dentro la sua carne, solo per provare che avrebbe perso.
Le parole del padre erano irritanti alle orecchie, alquanto punzecchianti. Dimostrerà che aveva torto uccidendolo prima di tutto e poi toccherà a suo fratello.
«Dimostrerò che hai sbagliato, Gongchan....» con un solo colpo trafisse con la spada sul petto dell'uomo, disposto a cedere la sua vita stessa per far realizzare in futuro che Jimin perderà tutto in questo cammino di vendetta.
Era felice dopotutto, poteva raggiungera la sua amata moglie e incontrare Eunji per chiedere scusa delle sue disavventure in questo palazzo.
Cadde dissanguato sul pavimento gelido. Stava attraversando gli ultimi respiri della sua vita in questo mondo, ma pochi respiri dopo finì del tutto. Stava raggiungendo l'aldilà, riunendosi con altri spiriti.
Delle gocce di sangue scivolavano sulla lama fino a toccare il pavimento, formando delle piccole macchie su di esso. Ogni goccia che cadeva erano come i secondi che passavano.
Guardò pacato il corpo freddo, ma una lacrima rigò il suo viso.
Non accettava dei sentimenti umani dentro di lui, asciugò la lacrima con le dita sporche di sangue. La lacrima era andata, come lo erano i suoi sentimenti, al posto aveva lasciato del sangue sul viso, la sua anima si era sporcata di sangue.
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