Strange Charm (II)
«Professore, cosa c'è a Okinawa?»
Okinawa.
Quella parola era tutto ciò di cui aveva bisogno. Lettere rassicuranti che formavano un luogo che per cinque lunghi anni gli era stato precluso. Prima dalla sua stessa mente e poi anche dalle alleate forze degli altri.
Lloyd dovette trattenersi dal rimanere con le labbra socchiuse e lo sguardo perso chissà dove, come una ragazza immagine della TV della sera, ma "Okinawa" suonava proprio come quando trovava la soluzione adatta per un modello di decadimento – ed era qualcosa che non capitava da tanto, troppo tempo.
«Aaah, Okinawa,» miagolò, la mente che cercava la mossa successiva ben più rapida delle parole. «Da chi ne avete sentito parlare?»
E così, Rakshata secondo loro era incinta. Lloyd sapeva bene che non era possibile, o che di certo lui sarebbe stato tra i primi a cui lei l'avrebbe detto, per un sacro dovere di vecchia amicizia. E, nonostante la reazione di Cécile avesse potuto essere un bluff perfetto, gli aveva acceso nel petto la scintilla di un dubbio. Tuttavia, "Okinawa" risuonava più forte.
Lui, con il suo coltello, i suoi denti, le sue unghie e tutto il resto, non era mai stato così vicino a Lewis Carroll.
«Il signor Mihara,» disse Kallen, forse mentendo o forse no, «ci vuole mandare Rakshata. La prego, anche a nome suo: deve dirci cos'è Lewis Carroll, perché se si tratta di...»
Lloyd scoppiò in una risata stridula.
«Ora capisco di cosa avete paura!» esclamò, in modo troppo forzato. «Radiazioni ionizzanti! Temete che la mandino di nuovo a lavorare su qualche Frame, non è così?»
C.C. mosse lentamente la testa per annuire.
«Mi dispiace,» continuò il professore. Dopo aver intercettato uno sguardo di Cécile, abbassò la voce e continuò: «Lewis Carroll era il nome di un caccia costruito per trasportare le testate di Sakuradite. Non ho mai avuto i progetti, né so che fine abbia fatto. Con tutta probabilità, è andato distrutto quando le hanno fatte detonare alla fine della guerra. Mi dispiace non potervi aiutare, ma dubito che sia lì dove dite».
*
C.C. non ci aveva capito niente e aveva la netta sensazione di non essere riuscita a cavare un ragno dal buco. Forse la loro favola su Rakshata incinta era stata plausibile quanto il fatto che Lewis Carroll, per cui Mihara si strappava i pochi capelli rimasti, fosse un semplice aereo da guerra.
Lasciò cadere lo strappo di carta igienica nel water e tirò l'acqua. Da oltre la porta venivano, ovattate, le chiacchiere della gente in sala.
Avevano ricevuto una bugia in risposta a una bugia, e il risultato era stato un pareggio. Fair enough , come dicevano i Britanni. Il comportamento di Lloyd avrebbero dovuto rinunciare a capirlo, per cominciare a cercare da qualche altra parte.
«Oh, buonasera».
Non appena aveva aperto la porta per uscire dal bagno, aveva incrociato Lloyd che si lavava le mani. Lui le rivolse un sorriso a occhi chiusi mentre lei si avvicinava al lavandino accanto al suo.
E quell'argomento, del tutto scollegato dal resto, scoordinato come un pugile che prova a fare il ballerino, cadde tra loro dal nulla.
«Professore, lei ora che lavoro sta facendo?»
E per la prima volta vide sul volto di Lloyd un sorriso vero.
«Oh, mi hanno messo a insegnare Cosmologia Osservativa. È una materia interessante, sai. Diversa da quello che facevo, ma in fondo nemmeno tanto».
C.C. annuì, senza sapere di cosa stesse parlando. Alzò gli occhi sullo specchio e la rivide, là che la fissava. La Ragazza Annoiata.
«Forse è una domanda strana, ma... faccio fatica a immaginarla fermo dietro a una cattedra. Per quanto fosse... terribile , non le manca mai quello che facevamo?»
Lloyd si passò le dita tra i capelli per pettinarli, gli occhi fissi sulla sua immagine riflessa.
«Mancarmi? Oh, cara, direi di no. Ma anche insegnare all'Università può essere terribile!» Le sue spalle sussultarono delicatamente, e lui scoppiò a ridere. «A volte sogno di dover rifare Analisi 3!»
«Cosmologia...» mormorò C.C. Si fermò sulla soglia del bagno e si voltò indietro a guardarlo. «È qualcosa che c'entra con l'universo, vero?»
«Sì. Al momento cerchiamo delle prove per una teoria che si chiama Big Bang».
«E lei pensa che qualcuno come me... qualcuno che ha davanti a sé un'intera, noiosissima eternità, se pensasse a qualcosa di così grande potrebbe trovare un qualche genere di conforto?»
Il professore si sistemò gli occhiali sul naso e fece qualche passo avanti, per poi uscire dal bagno a fianco di C.C.
«Mi dispiace, non sono la persona adatta a questo tipo di domande spirituali,» ribatté, «temo di non avere la risposta. Però so cosa si prova a dedicarsi con tutto sé alla scienza, e se questo possa darti un conforto... forse puoi venire a vederlo. Non ho preferenze su chi far entrare alle mie lezioni».
L'espressione serena che lui le rivolse, prima di darle le spalle e tornare al tavolo, le fece pensare che lei e Kallen avevano sbagliato approccio sin dall'inizio.
«Ah, ed ero in bagno perché ho provato ad andare a pagare, ma... grazie per la cena, C.C.».
*
2018 a.t.b. Area 11.
Sezione Sviluppo Tecnologico dell'Esercito di Britannia.
Lo scienziato si ricompose e si mise a sedere davanti al computer. La rigidità delle sue dita e la saliva che era costretto a deglutire, tuttavia, tradivano uno stato di disagio che lui si forzava a dissimulare.
«Ecco, questo è lo scheletro dell'armatura,» disse, indicando lo schermo dove era comparso un modello 3D del Lancelot Conquista. Il principe si sedette accanto a lui e guardò interessato le immagini. «Abbiamo aggiunto tre scudi, sulle ginocchia e sul petto. Il loro campo d'energia, stando ai test, dovrebbe essere in grado di deviare qualsiasi tipo di pallottola fino a un calibro medio».
Schneizel gli appoggiò una mano sulla coscia. Dopo un lieve sussulto, Lloyd si immobilizzò come un animale in pericolo. Le labbra del principe furono attraversate da un largo sorriso.
Il suo grazioso scienziato non aveva immaginato nulla.
«Un paio di mesi?» gli chiese, con fare mellifluo.
«Sì. Come ho detto, il collaudo–» le parole caddero dalle labbra di Lloyd come la testa di un condannato a morte nel momento in cui la mano di Schneizel, accarezzandolo, gli risalì lungo la gamba e la strinse con una certa possessività.
Lo scienziato si sentì spinto ad alzare il viso e fissare negli occhi il principe. Il suo sguardo scattò verso la porta, ma poi tornò dritto davanti a sé.
«Con maggiori finanziamenti,» tentò di continuare Lloyd con disinvoltura, «forse potremmo accelerare i tempi, ma...»
La voce gli morì in gola un'altra volta. Schneizel, che fino a un istante prima aveva dipinto nelle iridi un desiderio ovvio e violento, gli rivolse un'espressione assorta.
«Oh, finanziamenti,» commentò. Le sue dita risalirono ancora, fino a sfiorare l'inguine dell'altro. Questa volta il principe le accompagnò con uno sguardo languido. «Per quello ci si può sempre mettere d'accordo. Del resto, sei un uomo così intelligente... sono certo che sai sfruttare le opportunità».
Lloyd si irrigidì ulteriormente e si schiarì la voce. Appoggiò le mani sulla tastiera del computer, senza però avere la forza di digitare alcun comando.
«Devo tornare al lavoro,» riuscì a dire. «I progetti vanno consegnati al team di sviluppo entro questa sera».
Quando tentò di spostare la gamba, il principe si oppose con una forza contro cui lui non poteva nulla.
«Mi piace molto questa tua dedizione alla mia causa,» gli mormorò, soffiandogli il fiato caldo sul collo. «Potresti anche avere i tuoi finanziamenti, se me lo prendi in bocca come si deve. Alla fine è un semplice scambio di favori».
Si vide su di lui, a sfogare quel desiderio che lo stava consumando a tal punto che vedeva in ogni azione di Lloyd una provocazione. Era da quando l'aveva assunto che lo tormentava.
Era diventato insostenibile e doveva fare qualcosa.
Del resto tutti, dopo un comprensibile timore iniziale dovuto alla sua posizione, erano sempre stati più che lieti di soddisfare le voglie del secondo erede al trono imperiale di Britannia.
Lloyd approfittò di quell'istante in cui Schneizel era distratto per spingere via la sua mano dalla coscia, dopo averla afferrata con entrambe le proprie. Lo allontanò con tutta la forza di cui erano capaci i suoi palmi sudati, che era esigua ma sufficiente, dal momento che lo colse alla sprovvista.
«Mi dispiace, non sono interessato,» si oppose lo scienziato, con solo un lieve tremore nella voce.
«Non sei... interessato?» ribatté Schneizel, interdetto, guardandolo come se avesse appena preso a calci il suo castello di sabbia. Nonostante le avesse ripetute tali e quali, quelle parole non avevano senso.
Mentre Lloyd lo fissava con gli occhi grigi spalancati, Schneizel sentì un macigno crollargli tra capo e collo.
Come si permetteva di rivolgergli una risposta del genere? Tutti coloro che erano in quel laboratorio, sotto il suo comando, erano suoi !
«Vi chiedo di andarvene, se non avete altro da dirmi,» continuò Lloyd. Il principe tornò in sé e vide che parlava guardando lo schermo del computer. La luce che ne fuoriusciva illuminava un volto che non era mai stato così serio. «Altro relativo al mio lavoro ».
Lloyd gli aveva detto di no, e ora non mostrava nessun segno del terrore che avrebbe dovuto provare. Avrebbe dovuto tremare, gettarsi in ginocchio e implorare per la sua misera vita da intellettuale del cazzo, e invece se ne stava lì seduto.
Schneizel trattenne l'impulso di stringergli le mani al collo e soffocarlo fino a sentire i suoi ultimi singhiozzi. Sbatté con violenza le mani sul tavolo e si alzò in piedi proiettando la sua ombra sullo scienziato.
«Tu? Tu vuoi che io me ne vada? Il tuo lavoro è servire Britannia,» gli ricordò, con voce bassa e minacciosa. Scandiva ogni singola parola. «Il tuo lavoro consiste nel fare quello che dico io. Te ne sei dimenticato? Eh?»
Lloyd non disse nulla. Accavallò le gambe e socchiuse le labbra, come se ne avesse bisogno per riuscire a respirare.
«Non parli più?» replicò Schneizel, sottovoce. «Che strano, in genere sei così bravo».
Abbassò lo sguardo dalle labbra di Lloyd alle sue mani e vide che stava stringendo un pugno, tanto che le nocche erano sbiancate.
Il principe gli rivolse un sorriso tenero.
«Sei molto carino,» gli disse, allontanandosi di un passo. «Sono proprio quelli come te che a un certo punto si accorgono di voler essere dominati».
Ti farò tornare da me.
Ti farò mettere in ginocchio.
Lo stomaco gli bruciava per il rifiuto. Un tarlo si stava impossessando della sua mente.
Non si era mai sentito così irritato in vita sua.
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