Dismay and Beta-decay (II)
Schneizel avanzò nella sala, dove alcune coppie avevano già aperto le danze e altre le stavano imitando, le schiene dritte nei loro vestiti da sartoria.
Commentò con un sorriso muto la perfezione di ciò che gli stava attorno. Se fosse stato da solo, avrebbe canticchiato l'aria della Carmen che veniva danzata, ma doveva trattenersi. Si limitò a godere degli sguardi posati su di lui, e quando vide un pugno di persone lontane dalla pista da ballo, intente a fissare qualcosa, vi si avvicinò incuriosito.
Al suo passaggio, tutti si spostarono, come il sipario che si apre sul parodo di una tragedia. L'uomo che aveva attirato a sé l'attenzione – i suoi capelli più lunghi di quanto ricordasse, ma il gusto nei vestiti da festa immutato – si limitò invece a lanciargli uno sguardo, oltre la spalla della donna che gli stava davanti.
«Si je t'aime prends garde à toi – prends garde à toi».
Lei, percependo che qualcosa tutt'attorno si stava muovendo, che le altre persone nuotavano via come un banco di pesci lucenti, si voltò. Schneizel la riconobbe: l'aveva vista più volte a fianco dei Cavalieri Neri, fedele a Lelouch o ai propri interessi. Sui suoi lineamenti si soffermò solo per un istante: era ben più degno del suo sguardo, il figlio bello e algido di Britannia poco distante. Né la distanza, fisica e mentale, dagli affari di politica, né il tempo avevano sottratto l'orgoglio dalle sue iridi chiare.
Schneizel avanzò verso di lui a passi lunghi, senza interrompere il contatto visivo. Lloyd, come sfidato a duello, non sembrava avere intenzione di abbassare la guardia.
Sul ritmo marcato dell'Habanera, il principe gli prese, platealmente ma con delicatezza, la mano. Sentì le dita dello scienziato abbandonate nella presa, ma il suo sorriso presupponeva una sorta di elettricità che gli scorreva dentro, qualcosa che avrebbe potuto scattare in ogni momento.
Schneizel mosse qualche passo, girando sul perimetro di un cerchio immaginario come uno squalo. Lloyd gli rifuggiva ostinatamente, la mano sempre posata sulla sua e lo sguardo fermo, ma i piedi che si dirigevano nella direzione contraria.
Si studiarono per qualche secondo, finché qualcuno non prese Lloyd per la vita, trascinandolo via, verso il centro della pista da ballo.
Schneizel si morse le labbra, lo scienziato incontrò lo sguardo con quello determinato di Rakshata. Fu lei a prendergli una mano e a portarla all'altezza dei loro volti, scendendo con l'altra sul suo fianco e accennando a qualche passo di danza che lui seguì.
«Non mi piace molto ballare,» le fece notare Lloyd, mentre Rakshata lo guidava e lo faceva sparire tra la folla. Spostò la mano della donna un po' più in alto sul suo corpo, in modo che non apparisse sconveniente, poi sospirò. «Grazie».
«Non so che idea ti sei fatto, bello,» replicò lei. «Non mi andava che il principe azzurro rovinasse il nostro scambio di opinioni».
«Sì, diciamo così. Mi ricordi a che punto era arrivato?»
«Mi stavo meravigliando di te,» continuò Rakshata. «Voi avvocati della relatività avete così tante fantasie. Non è che per caso ne hai una che riguarda anche me?»
Lloyd inarcò le sopracciglia e inclinò il capo. Sentiva già sotto la lingua un sapore dolciastro, che tentò di ignorare.
«Mmh, direi di no,» le rispose. «E a fantasia, mia cara, direi che se la cava meglio la fisica quantistica. Non lo pensi anche tu?»
Il soprano si lanciò nell'acuto finale, mentre gli archetti dell'orchestrina tormentavano le corde.
«Penso che il mio laboratorio possa superarti prima che tu riesca ad aprire bocca».
«Ah, sì? Avete trovato il gravitone?»
«No».
«Siete inutili!»
Rakshata gli rivolse un sorriso sornione. La musica cambiò in un valzer sostenuto; lei cominciò a contare i tre tempi con tutto il corpo, e sentì Lloyd che la assecondava. Cercò di sbarazzarsi del dubbio che quella sensazione, in fondo, le interessasse.
«Non cerchiamo gli unicorni,» lo rimbeccò. «E voi, piuttosto? Continuate nella vostra ricerca di pianeti extrasolari?»
«Certo,» le rispose lui, cominciando all'improvviso a condurre la danza. Rakshata ne capì il motivo: poco distante da loro, accanto a un tavolo imbandito, il ministro Denzel stava chiacchierando amabilmente con una signora.
No, non me lo ruberai.
«Sì?» lo incalzò, facendo finta di essere molto interessata al panneggio della ascot sul suo petto. «E quanti ne avete trovati?»
Lloyd sorrise.
«Per ora neanche uno, ma siamo fiduciosi negli sviluppi dei prossimi giorni».
Come Rakshata ricordava, in quanto a forza fisica il suo collega non spiccava particolarmente. Riuscì a prendere in mano la situazione e guidare la danza verso il punto che davvero le interessava. Sfruttò i due passi di pivot per prendere velocità e lanciarsi verso il ministro. Lasciò la presa su Lloyd, che strabuzzò gli occhi. Superò Nina, che non avendo pensato ad attraversare la pista da ballo si stava facendo strada a fatica in mezzo agli invitati.
«Aspetta!» la sentì gridare, ma ormai aveva vinto. Ce l'aveva fatta.
Vittoriosa contro le trasformazioni di gauge e contro lo Sviluppo Tecnologico.
«Buonasera, Ministro Denzel,» esordì, pettinandosi con una mano i capelli leonini e sfoderando il suo sorriso migliore.
Il politico, un uomo alto con i capelli brizzolati e la barba sagomata con cura, ricambiò il suo saluto.
«Rakshata Chawla, giusto?» le domandò, accennando a lei con la coppa di champagne che teneva in mano. «Mi è capitato giusto in questi giorni di leggere la sua ultima paper».
«Davvero?» rispose lei con studiata nonchalance. Spostando lo sguardo, notò dei bicchieri senza ancora un proprietario, disposti ordinatamente su un vassoio. «Molto bene... mi scusi un istante».
Con un'aggraziata piroetta, la donna si voltò e fece atterrare il bicchiere in mano a Lloyd, che come immaginava l'aveva raggiunta, anche se era chiaramente troppo tardi. I loro sguardi si incrociarono per un'ultima volta, e di fronte alla fatale consapevolezza di aver perso lui fu costretto ad abbassare il proprio.
«Salute!» gli augurò Rakshata. Lui le voltò subito le spalle per nascondere il viso, ma le arrivò un lampo dei suoi occhi che si socchiudevano e del suo naso che si arricciava.
Nel frattempo, era arrivata la sua assistente, bella anche se un po' impacciata nel suo vestito grazioso, che non portava con la stessa orgogliosa ostentazione di Rakshata. Si avvicinò a Lloyd e protese una mano per prendergli il braccio.
https://youtu.be/d9NKIgdFl_o
«Ehi, ragazza».
Quel richiamo bloccò Cécile. Il suo gesto rimase a mezz'aria e lei si voltò, incontrando Rakshata che aveva incrociato le mani al petto e inclinato un fianco come una teppista di strada.
«Il mio Lancelot!»
La voce isterica di Lloyd che risuonava per tutta la sala di controllo, la risata di Rakshata che si innalzava in mezzo a una nebbia di fumo alla cannella.
«È un po' che non ci vediamo,» fece notare a Cécile. Lei, con appoggiata alle labbra la cannuccia di un drink che ormai era solo ghiaccio, la squadrò senza particolare astio.
Le stava riservando un silenzio curioso e indagatore che permetteva a Rakshata di mantenere la propria sicurezza. «Lo stai ancora proteggendo?»
Fantastico, adesso ho anche le allucinazioni, pensò Rakshata. Il sorriso che ostentava era sempre più ampio.
Sentiva l'odore della terra dopo la pioggia.
Cécile le rivolse un'espressione gentile e risoluta allo stesso tempo.
«Sì,» rispose semplicemente.
I tuoi progetti per i Frame sono così semplici da sabotare, Rakshata!
La scienziata gettò all'indietro la criniera bionda. In quell'atmosfera soffusa, con le mani sui fianchi e il naso rivolto al cielo, sembrava sul punto di brillare di luce propria.
«Ah ah ah!» esclamò. «Quando si riprende, digli pure che la grande Rakshata lo ha battuto ancora una volta!»
C'era un tempo lontano in cui non erano stati nemici giurati. In cui tremavano per gli esami orali e riempivano lavagne di formule.
In cui Lloyd si spingeva gli occhiali sulla punta del naso e imitava la parlata strascicata del professore di Fisica Generale.
«Deelta tii...»
«E tieni bene a mente che, per quanto riguarda la scienza, ho intenzione di competere solo con lui. Per cui vedi di proteggerlo per bene, intese?».
«Ti batterò anche questa volta!»
Ci sono molti sentimenti che sono facili da capire: la rabbia, la determinazione, il desiderio di competizione. Lo è anche il vecchio cliché dei due amici che si ritrovano su due fronti opposti.
È la dolcezza, invece, che è dura da spiegare. Soprattutto se non hai presente l'odore dopo la pioggia.
Cécile, la cui figura gentile faceva da appiglio per riemergere dal mare dei ricordi, risucchiò l'ultima goccia del cocktail dal suo bicchiere e le ammiccò.
«Certo, Rakshata. Ci penso io».
Lloyd, nel frattempo, beveva con aria contrariata e scagliava ogni tanto uno sguardo al ministro Denzel, come se sperasse in qualcosa che non sarebbe accaduto.
È strano, si rese conto Rakshata. Un tempo, se lo avessi visto perdere i finanziamenti di Schneizel e affannarsi così tanto per portare avanti le sue ricerche, la cosa mi avrebbe divertito moltissimo.
Ma adesso lo so.
Lo so, Lloyd.
*
2018 a.t.b. Area 11.
Sezione Sviluppo Tecnologico dell'Esercito di Britannia.
Lloyd aveva riportato lo sguardo sul monitor e stava facendo schizzare le pupille da una parte all'altra dello schermo. Appoggiò le mani sulla scrivania e fece per sedersi; in quel momento, Schneizel prese una matita dal portapenne che aveva a fianco.
Tenendola tra pollice e indice, la esaminò brevemente. Osservò con interesse i segni dei morsi di Lloyd alla sua estremità, lo immaginò mentre la teneva tra i denti, ci passava la lingua, concentrato su qualche problema. Il desiderio che gli infiammava il ventre divenne ancora più intenso.
Lasciò cadere a terra la matita e la sentì rimbalzare nel silenzio della stanza.
«Oh, chiedo scusa,» disse subito.
Lloyd si voltò e gli rivolse un sorriso sornione.
«Non preoccupatevi, altezza,» rispose con una formalità perfetta che non riservava a molti, e che stonava con il suo atteggiamento.
Tutti davano del voi a Schneizel, ma sentirlo uscire dalla sua bocca era in qualche modo diverso.
Lloyd si piegò per raccogliere la penna. Il principe lo osservò con insistenza per giudicare fino a dove lo spacco posteriore sul suo camice lasciasse vedere i pantaloni che indossava sotto. In quella posizione, e mentre mostrava quella remissività, gli sembrava particolarmente gradevole.
Era divertente, per Schneizel, giocare a indovinare se avesse capito o meno: una parte di lui lo preferiva consapevole e l'altra innocente.
«Sai,» lo richiamò. Con una pausa studiata, costrinse lo scienziato a voltarsi verso di lui prima di continuare: «Se non avessi il migliore fisico di Britannia a lavorare per me, troverei quantomeno opinabile la continua ostinazione di questo reparto a volere il Sergente Maggiore Kururugi alla guida del Lancelot».
Lloyd si spinse gli occhiali sul ponte del naso e tentò di difendersi:
«Altezza, i parametri che rileviamo continuano a–».
La misurata, indecifrabile risata di Schneizel lo interruppe.
«Lo so, lo so,» disse lui, in un tono che doveva risultare rassicurante. Le unghie dello scienziato avevano lasciato sul suo collo delle macchie rosso fragola. Forse si sentiva in pericolo, ma non c'era bisogno di essere così agitati.
«Mi fido di te, Lloyd».
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