CAPITOLO 11 - 11.2 Il costo del fallimento
Akane e Kawanari mangiavano in sincronia guardando Sayuri. La ragazzina aveva un occhio nero e bende ovunque, ma non sembrava patire alcun dolore mentre si abbuffava.
Kalooy, più pacato, sbadigliò mentre piluccava con poco interesse i cereali che galleggiavano nel latte.
"Per caso, oltre alla gitarella di stanotte, mi sono perso qualcos'altro?", domandò sottovoce Kawanari al signor Togashi, indicando Sayuri col cucchiaio.
"Parli di quella peste? È uscita a cercare la tua amica e ha fatto un bel capitombolo. Lo ha detto Eiji che dovrebbero darsi una calmata questi monelli."
"Ma io fto beniffimo", disse la piccola a bocca piena, senza curarsi di alcuna etichetta.
"Sono davvero dispiaciuta, ma ti ringrazio per non avermi abbandonata", ribatté timida Akane.
"Sì, sì, sei stata brava", bofonchiò Kawanari con sufficienza. "Sapeste invece, IO, quanto ho dormito scomodo. Ho tutte le giunture che gridano pietà. Ma gli altri dove sono?"
Kalooy sbuffò rigirando ancora il latte ormai freddo.
"Taiki, Miu ed Eiji sono in palestra. Papà sta sistemando le camere e mamma è dovuta partire presto. Aveva un impegno di lavoro."
"Capisco perché sei così triste. Però tu hai la fortuna di vedere la tua mamma tutti i giorni, io non ho nemmeno potuto salutarla. Chissà quando ci incontr-."
Akane, con i nervi a fior di pelle, lo zittì schiacciandogli la testa nella scodella.
Come all'andata, quattro figure scesero dall'autobus. Era tardo pomeriggio e alla fermata non c'era molta gente, ma più di quanta ce ne fosse stata nell'intero weekend.
Una lussuosa limousine nera emise una strombettata di clacson. Kawanari fece un cenno all'autista e, per magia, il peso dello zaino si annullò mentre saltellava verso la vettura. Poi insistette per accompagnare gli amici a casa, ma solo Akane accettò l'invito.
Una volta scomparsi oltre la via, Miu si incamminò verso casa, ma Taiki la fermò.
"Aspetta, ti andrebbe di venire con me? Vorrei parlarti."
Lei, non troppo entusiasta, lo seguì in silenzio. Taiki aveva pensato per tutto il viaggio a come approcciare un discorso per tirarla su di morale. Aveva provato a immaginarsi come si sarebbe comportato Eiji, dopotutto l'amico era sempre riuscito a risollevarlo. Ma lui non era Eiji, e la naturalezza con cui l'altro trovava sempre il modo di rincuorare il prossimo non gli era affine. Così più la strada si riduceva, più l'ansia si faceva sentire.
A casa Kikuchi, Miu seguì Taiki in cucina e pronto il tè, non c'erano più scuse che impedissero al ragazzo di cominciare a dire qualcosa.
"Povero Eiji. Una festa di compleanno così chi se la sarebbe aspettata?"
"Hai detto che dovevi parlarmi. Ti ascolto."
"Va bene, senti. Io voglio scusarmi. Heiko ha detto che è stata colpa mia se i Dara ci hanno attaccati, e ha ragione. In fin dei conti, se fossi già stato accettato dalla Virtù non ci sarebbe stato l'amuleto e ci saremmo risparmiati l'accaduto. Ma quello che ha detto a te... Hai fatto il possibile per proteggerci e non ti sei arresa. Magari le mie parole non contano, ma volevo che lo sapessi", deglutì provando a controllare i tremori.
"Heiko è solo preoccupato. Come biasimarlo? Ha delle responsabilità enormi nei nostri confronti e in quelli di Zemlyan, mentre io ho rischiato di lasciarlo senza Custode. E c'è un'altra cosa... Il Dara ha detto che sono debole."
"E tu gli credi? Sono le parole di un mostro che voleva spaventarci, niente di più."
Ma anche lei cominciò a tremare.
"Taiki, prima che ti difendessi non hai avvertito qualcosa di diverso rispetto a ciò che ti circondava?"
"Ricordo di aver sentito un vento caldo."
"La Virtù ha cercato di proteggerti, ma non ci è riuscita. Quel mostro ha rotto la sua guardia."
"Ciò che è successo non possiamo cambiarlo. Ci impegneremo di più e dimostreremo di essere degni di Coraggio", le disse, ignorando l'ultima frase e mettendo l'amuleto al centro del tavolo.
Miu lo osservò, ma poi distolse lo sguardo.
"Ho mancato ai miei doveri, ho rischiato di farvi uccidere e di morire io stessa."
"Invece stiamo tutti bene, anche Akane sta bene. L'abbiamo salvata. E credo anche di aver capito perché l'hanno scelta...", mugolò, ma cercando di mascherare l'imbarazzo, in realtà confessò i propri timori. "È innamorata di me. Forse i Dara possono percepire i sentimenti. P-però sarebbe da pazzi, non trovi? Se penso a cosa potrebbe accadere se lo scoprissero tutti i corteggiatori che si ritrova, altro che mostri Ombra: ci sarebbe una mandria inferocita di spasimanti pronti a picchiarmi..."
Capendo di star esagerando, e di essere inopportuno, provò a rimediare.
"Scusa, stavo solo.... È che ci conosciamo da tanti anni. Sapevo di piacerle, ma non era mai stata diretta e non lo so, io... Vi ha per caso detto qualcosa ieri notte?", domandò nella più totale confusione di argomenti.
"No, non abbiamo parlato di nulla. Ora si è fatto tardi, è meglio che vada."
Miu bevve in un'unica sorsata il resto del tè e si avviò alla porta quasi senza salutare.
"Domani ci troviamo alla solita ora?"
Per un attimo lei si fermò in mezzo al vialetto.
"Sì."
Taiki non sapeva davvero che cosa fare: correrle incontro? Urlare che non ci si comportava così? Ma il corpo non rispose alla sua volontà.
Taiki è uno sciocco, trova sempre il modo di rovinare le cose.
Miu si strinse nella giacca. Da qualche minuto si era alzato un venticello freddo e fastidioso e con il dorso della mano si asciugò le lacrime provocate dalle sue sferzate.
Non aveva voglia di tornare a casa, quel tè era stato più pesante di quanto immaginasse, anche se incolpare una bevanda per il proprio stato d'animo non l'avrebbe fatta sentire meglio.
Allungò la strada fino a raggiungere il mare e si sedette sulla spiaggia a osservare l'andirivieni delle onde per riordinare le idee.
"E poi non c'è nulla di male a parlare d'amore", è vero, perché dovrei farmene un problema?
"È solo un gioco", quello di Yumiko o quello del Dara?
"Mi spieghi cosa volevi fare? Cosa volevi dimostrare?", nulla, sono ancora una ragazzina inesperta, non sapevo cosa sarebbe accaduto.
"Io credo che l'abbiano scelta perché è innamorata di me", è innamorata persa e lo sai.
A ogni frase scambiata in quei due giorni provò a replicare senza troppa convinzione. Sentiva di aver bisogno di ritrovare sicurezza, non voleva sprofondare, perciò doveva convincersi che le risposte che si stava dando erano quelle giuste.
Dopo un'ora trascorsa a mettere in atto quella pratica, rientrò a casa dove ad accoglierla c'era il silenzio. Ancora prima di rendersene conto gli occhi furono di nuovo umidi, ma non c'era nessun vento a pizzicarli. Inspirò con forza per reprimere i singhiozzi e corse a preparare un bagno caldo per rilassarsi.
Sistemato l'occorrente per il giorno successivo si infilò nel letto, ma si rigirò molte volte per cercare la posizione adatta, perché nella sua preferita, in direzione del comò, c'era una graziosa conchiglia a osservarla.
"Taiki... ero così felice quando me l'avevi regalata. Quindi, perché ora sto piangendo?"
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