Il segreto di Callisto, parte prima.
La giovane rossa rincorse il figlio lungo i prati della sua dimora.
Quanto le pesava guardarlo negli occhi e mentire, ogni bugia era un nodo nel petto che la faceva ricadere nel buio della sua anima perduta.
Nessuno avrebbe mai saputo di chi fosse figlio quel piccolino di due anni appena. Quell'informazione sarebbe dovuta restare segreta, per il bene di suo figlio.
Di sicuro suo padre l'avrebbe ammazzato, se avesse saputo.
"Vieni subito qui!" Urla, nel tentativo di fermare quel discolo che tanto somigliava nel carattere a quel dispotico di suo padre.
Lui non l'aveva mai amata, del resto lei era una cortigiana. Ma dal canto suo era profondamente infatuata di quell'uomo tanto duro nell'animo quanto sanguinario nelle guerre.
"Madre!" Urla il bambino, ridestandola da pensieri cupi che ogni tanto si riaffacciavano alla sua memoria.
Quel suo signore tanto severo era stato magnanimo con lei, l'aveva accolta quando non possedeva nulla se non le vesti che indossava. Certo, saldava il conto ogni giorno in natura, ma non le era mai pesato. Lei amava il signore di quelle terre, profondamente.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per far sì che lui si accorgesse di lei e cominciasse a provare anche solo un briciolo d'affetto.
"Tesoro, la mamma deve andare dal signore a lavorare" Sospira. Suo figlio non l'avrebbe presa bene.
Infatti il piccolo si crucciò e fece il muso, sapeva che non avrebbe rivisto sua madre per un po'.
Succedeva sempre così, la mamma doveva stare alla fortezza per molti giorni e quando tornava il figlio quasi non la riconosceva più, troppo piccolo per memorizzare volti.
Il piccolo Sebastian non proferí parola, malgrado cominciasse a parlare abbastanza fluentemente; il pastore del villaggio gli aveva insegnato quasi tutte le parole che conosceva.
"Resterai con il pastore. Farai il bravo?" Chiese sua madre, con la morte nell'anima.
La sua speranza era fare breccia nel cuore di suo padre, così che quando gli avesse rivelato dell'esistenza di Sebastian egli non l'avrebbe ucciso.
Il figlio bastardo della cortigiana.
La donna scompigliò i capelli di suo figlio, per poi accompagnarlo dal pastore e sua moglie, che praticamente lo stavano crescendo.
Venivano ripagati con monete d'argento, ma Callisto sapeva che non era solo per quel motivo che si occupavano di suo figlio.
Erano davvero affezionati a quel piccolo ometto dai capelli rossi.
Non avevano mai avuto figli e Sebastian per loro era come una rivincita con la vita, come se si beffassero del destino, dicendogli che loro un figlio l'avevano avuto lo stesso.
"Leonidas, sono venuta a portarti Seba..."
La donna si interruppe.
L'uomo era intento a intagliare una piccola sedia, probabilmente per suo figlio.
Restò dinanzi all'entrata della sua capanna, fissandolo assorta.
"Ragazza, perché piangi?" Chiese l'uomo, destandosi dalla sua postazione.
La donna, che non si era nemmeno resa conto di star piangendo, arrossì.
"Mi ero solo commossa. Quella sedia è per Sebastian, vero?"
L'assenso dell'uomo non fece altro che accrescere i sensi di colpa di Callisto.
Leonidas, intuendo il suo stato d'animo, la cinse con un braccio.
"Devi stare tranquilla, nel villaggio lo amano tutti" le disse per rassicurarla.
Ma sapeva che non sarebbe servito a molto.
"Vorrei essere presente per lui, potergli dare l'amore che ho sempre dovuto nascondere. Non ho nemmeno potuto allattarlo per non destare sospetti."
E quanto ci teneva a tenerlo stretto al seno, guardarlo mentre lui si fidava totalmente di lei e piano socchiudeva gli occhi fino a cedere al sonno, consapevole che tra le braccia della mamma sarebbe stato al sicuro.
"La balia sta facendo del suo meglio" Le fece notare l'uomo.
Ma Callisto sentiva che gli altri godevano di un dono solo suo.
Leonidas era l'unico a conoscere la vera identità di suo figlio, nemmeno sua moglie Gerardine conosceva la verità.
"Prendetevene cura" disse soltanto, allontanandosi da lì, perché si sentiva soffocare.
Percorse il tragitto verso la fortezza nel più totale silenzio. Gli alberi frusciavano e danzavano con il vento, mentre uno stormo di uccelli si librava sopra la sua testa.
Callisto li osservò, liberi e fieri, con il loro piumaggio sbattevano le ali verso una destinazione sconosciuta.
Chissa che sapore avesse la libertà, l'agognava da sempre.
Da piccola si era occupata di suo padre, unico familiare rimasto in vita, poi, con la sua scomparsa si era decisa ad abbadonare tutto e aveva attraversato il confine con Zanon senza avere una meta precisa. Si era ritrovata alla fortezza quasi per caso, percorrendo lo stesso sentiero sul quale camminava in quel momento.
Alexander l'aveva presa con sé, probabilmente affascinato dai suoi capelli rossi, così poco comuni in quel luogo o forse l'aveva accolta solo per pietà. Sta di fatto che da allora tutti sapevano che era intoccabile. Si sentiva protetta e al sicuro quando era alla fortezza, anche se il suo cuore, da due anni a quella parte, risiedeva altrove...
Si ridestò dai suoi pensieri, notando di essere arrivata. Percorse un breve vialetto in pendenza, la fortezza si trovava alla fine di esso, sul punto d'incontro tra la terra e il cielo, infatti dall'altra parte vi era uno strapiombo che affacciava nel nulla più assoluto.
Molte volte Callisto aveva assistito alla dipartita dei nemici di Alexander di Zanon in quel punto. Venivano lanciati nel vuoto, mentre le loro urla riecheggiavano fino a diventare un debole fruscio nel vento.
La donna si introdusse nella fortezza, venendo a conoscenza che il suo signore si stava allenando con gli altri guerrieri.
Decise di raggiungerlo.
Con passo felpato oltrepassò la grande sala di pietra, adornata di sole colonne di marmo, che partivano dal pavimento per sparire nel soffitto.
Uscita di lì, il lungo corridoio sempre di pietra la condusse sul retro della fortezza, nei giardini adibiti ai combattimenti.
Vederlo era sempre una visione.
I suoi muscoli guizzavano veloci mentre affrontava due guerrieri contemporaneamente.
Egli era stato allenato da uno dei più abili spadaccini del suo tempo, per cui Callisto non aveva dubbi sul fatto che fosse più forte di tutti gli altri messi insieme.
Era agile e scaltro, i suoi lineamenti tesi durante la battaglia, benché si trattasse solo di un allenamento.
Ma Alexander di Zanon non prendeva mai nulla alla leggera.
Aveva combattuto nelle fosse con i leoni e con altri guerrieri. Era stato schiavizzato per molti anni, uccidendo solo per avere un pasto.
Callisto sapeva di lui molto più di quello che lui stesso le aveva rivelato. Questo perché tendeva sempre l'orecchio nelle conversazioni altrui, sia mai che avesse potuto trarne qualche vantaggio.
I suoi capelli lunghi e corvini venivano spostati dal vento, la cicatrice sul volto gli conferiva un'aria quasi truce. Egli non era bello nel vero senso della parola, ma era selvaggio e spietato, forte e valoroso e Calisto non avrebbe mai scelto niente di meglio per sé.
Intravide in lontananza Conan, il migliore amico di Alexander, nonché suo compare di cella durante la prigionia nelle fosse di combattimento.
Era totalmente l'opposto di Alex.
Anch'egli possente e forgiato nel carattere, ma biondo e con animo dolce, facilmente manipolabile.
La donna sorrise pensando a quest'ultima caratteristica.
Era conosciuta alla fortezza come la puttana di corte e il suo ruolo era mantenere le distanze e fare la dispotica, marcando il territorio se necessario.
Improvvisamente Alexander puntò l'arma contro Conan, che sorrise e sfoderò la spada, cominciando a danzare per la guerra.
I due erano completamente in sincronia, si vedeva che si conoscevano come il palmo delle loro mani.
Sorridevano entrambi, adoravano combattere e sfidarsi per vedere chi fosse il più forte.
Gli altri guerrieri si fermarono un istante, persi anche loro nella danza di Conan e Alexander.
Il rumore delle spade rompeva il silenzio reverenziale che era stato riservato loro.
"Sei un po' arrugginito vecchio mio!" Cominciò Conan, provocando il suo signore.
Alexander invece di infastidirsi come faceva di solito cominciò a ridere, tutti sapevano che solo a Conan era concessa quella confidenza.
"È solo perché non ho validi avversari" rispose il moro, avanzando verso l'altro.
Si abbassò, facendo lo sgambetto a Conan che scivolò a terra, restando comunque in guardia. In qualche modo riuscì a combattere anche con il sedere per terra, mentre Callisto sorrideva.
Alexander non aspettò che il suo amico si rialzasse e cominciò a colpirlo con la spada, mentre il biondo cominciava a cedere, visibilmente scomodo in quella posizione. Improvvisamente si erse in ginocchio, recuperando stabilità e con una giravolta riuscì a rimettersi in piedi, colpendo contemporaneamente la spada di Alexander, che si aspettava quella mossa. Indietreggiò di poco, mentre il biondo continuava a colpirlo. Alex decise per il contrattacco, sapeva di essere più possente di lui e usò quest'arma a suo vantaggio.
Posizionò la spada in orizzontale contro il petto e caricò Conan con tutta la forza che possedeva. Il biondo volò praticamente per terra, perdendo la spada.
Il moro gli puntò l'estremità della sua arma alla gola, sorridendo.
"Sarò anche arrugginito ma l'esperienza resta sempre il mio asso nella manica!" Disse al biondo, che respirava affannoso.
Prese la mano che Alexander gli porse e si rimise in piedi, battendo le mani sulle brache per eliminare tutta la polvere che il moro gli aveva fatto mangiare.
"Mi hai caricato come un ariete!" Protestò lui, fintamente adirato, poi scoppiarono a ridere entrambi.
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