Capitolo 7 - La preoccupazione del mentore
Five si precipitò da Chloe con tutta la forza concessagli dalle sue lunghe gambe, raggiungendola nella frazione di un secondo.
Il ragazzo le sorresse la testa con una mano mentre con l'altra provò subito a controllarle il battito cardiaco, per assicurarsi che la sorellina fosse ancora viva. Non si sarebbe mai perdonato se così non fosse stato.
Fortunatamente non solo il battito era presente, ma era pure abbastanza stabile e regolare. Ciò fece trarre al ventenne un profondo sospiro di sollievo.
Tranquillizzatosi, il mentore rimosse il dueling disk e il duel gazer dalla fanciulla, adagiandoli a terra.
Fatto ciò la sollevò, sostenendola nelle proprie braccia e stringendola a sé.
Forse quell'attacco diretto era stato troppo da sopportare per lei. Si era lasciato cogliere dalla foga del duello, non pensando a quanto la sorella fosse effettivamente debilitata. Grazie al cielo non sembrava essere successo nulla di troppo grave.
Con la dodicenne tra le braccia si recò verso l'uscita, al fine di riportarla nella sua stanza. Un buon riposo le avrebbe fatto sicuramente bene.
Five camminò nei corridoi della villa, dirigendosi verso la stanza della sorellina. In uno di essi, poco dopo una svolta, andò quasi a sbattere contro qualcuno.
"Ehi! Occhio a dove vai!"
Si trattava di Four, che palesemente stava per dirne quattro a chiunque l'avesse urtato. Si frenò tuttavia non appena riconobbe il fratello maggiore.
"Five, cosa..." fece per dire, fermandosi immediatamente non appena mise a fuoco la scena.
"La sto portando nella sua stanza." disse Five, con tono neutro.
Ma il diciottenne conosceva il fratello abbastanza bene da capire quando il tono era effettivamente neutro e quando invece, come in quel caso, era solo una maschera.
"Che accidenti è successo?" chiese, guardando la sorellina svenuta.
Il primogenito non rispose subito, esitando prima di parlare. Dopo qualche secondo, tuttavia, decise di parlare con il fratello minore.
"L'ho attaccata direttamente col Drago Bianco Occhi Blu." rivelò "Forse però non è stata una buona idea."
Five non disse nient'altro, ma era palese che si sentisse in colpa per l'accaduto. Mille pensieri gli frullavano in testa insieme alla paura di aver fatto del male alla sua sorellina.
Four guardò Chloe, controllando che non fosse messa troppo male. Sapeva però che Five non era uno sciocco e che se non era troppo preoccupato non aveva motivo di esserlo lui.
"Sai, c'è una cosa che sono particolarmente bravo a fare." disse Four "Ed è sentire la paura dei miei avversari. È la mia specialità quando duello."
"Che vuoi dire con questo?" chiese Five.
"Semplice, che la paura della bamboccia era fortemente percepibile fin dalla colazione. Aveva paura, paura del suo primo duello, paura di questo allenamento con te. Strano che tu non te ne sia accorto." gli fece notare.
"Forse avrei dovuto" ragionò Five "Ieri sera è quasi svenuta, dopotutto."
Il diciottenne scostò una ciocca di capelli che era finita davanti al viso di Chloe, mostrando una delicatezza che non avrebbe mai, mai mostrato quando era sveglia.
Spostò quindi lo sguardo sul fratello, dicendo "Non crucciarti troppo, Five. Tutti commettiamo errori. Non avresti dovuto attaccarla col Drago Bianco Occhi Blu, è vero, ma nessuno è perfetto."
C'era una certa premura nelle sue parole, cosa che stupì non poco il mentore.
"Ci tieni alla famiglia allora." disse.
Four non rispose, limitandosi a oltrepassare Five dicendo "Ti ho trattenuto anche troppo. Portala pure nella sua stanza."
Il ventenne osservò per un attimo il secondogenito che si allontanava, poi raggiunse la stanza della sorellina ed entrò in essa.
Il ragazzo appoggiò Chloe sul letto, per poi darle un delicato bacio sulla fronte. Perché lo aveva fatto? Non avrebbe saputo dirlo, era stato più forte di lui.
Rimase lì, a guardarla mentre dormiva. Sembrava più tranquilla finalmente, ma altrettanto non si poteva dire di lui.
Five, infatti, ragionò intensamente su quegli avvenimenti. Quella ragazza era troppo fragile, con una salute così cagionevole da essere svenuta per un solo attacco diretto. Non sarebbe mai diventata una grande duellante, non con questi problemi.
Fosse stata solo quella la problematica. La dodicenne era palesemente a disagio in quella casa, inoltre aveva l'attenzione di un girino. Peccava della concentrazione necessaria ad un vero duellante.
Il ventenne sospirò. Istruire quella ragazzina, pensava, era una perdita di tempo per lei e soprattutto per lui. Decisamente sarebbe stata più felice qualora se ne fosse tornata con gli Tsukumo.
Dopo essersi nuovamente assicurato che la fanciulla stesse effettivamente riposando e che non avesse avuto conseguenze tragiche, Five si alzò e si diresse verso la porta. Avrebbe parlato con Tron di quella cosa, eccome se l'avrebbe fatto.
Il primogenito così, con passo spedito, si diresse dritto verso l'ufficio di suo padre.
Non appena l'ebbe raggiunto, bussò.
"Avanti." disse una voce ben familiare al di là della porta.
Il ragazzo trasse un profondissimo respiro, preparandosi al confronto verbale. Tramutò la propria espressione preoccupata per la fanciulla in uno sguardo di ghiaccio, per non far trapelare alcuna emozione. Una volta che fu pronto varcò la soglia.
All'interno dello studio, Tron era estremamente occupato. Sedeva infatti alla sua scrivania, con un calice di vino in mano mentre guardava i suoi cartoni animati preferiti.
"Five, che succede?" chiese il bambino "Spero sia qualcosa di molto importante per disturbarmi durante le mie attività."
Il primogenito annuì, rispondendo "Sì, è una cosa importante. Dobbiamo parlarne."
Parecchio seccato da quella interruzione, il patriarca spense la TV appoggiando un gomito alla scrivania e la testa al proprio pugno. Non disse nulla, si limitò a guardare il ragazzo con lo sguardo di chi si è trovato una mosca nel piatto, attendendo le sue parole.
"Si tratta di Chloe." disse Five.
Nell'udire il nome della figlia, Tron roteò gli occhi al cielo, per poi tornare a guardare il primogenito.
"Che ha combinato stavolta?" chiese.
Il ventenne incrociò le braccia, replicando "Non sono convinto che farle da mentore sia una buona idea. Quella ragazzina porta più problemi che benefici."
"Problemi? Di che genere?"
"Per prima cosa, ha uno spawn di attenzione praticamente pari allo zero." disse il ragazzo "Ho dovuto richiamarla diverse volte, continua a distrarsi."
"E quindi?" domandò Tron.
Five trasse un sospiro per poi dire "Come quindi? Attenzione e pazienza sono virtù cardine di un duellante. Quella ragazza non le ha e dubito seriamente possa svilupparle."
Prima che il bambino dicesse alcunché, il ragazzo aggiunse anche "Le ho spiegato diversi errori che ha fatto, ma non mi ha dato ascolto e ha continuato a ripeterli. Non si applica. Allenarla è una perdita di tempo per lei e soprattutto per me."
A quella lamentela il patriarca sfoggiò un sorrisetto beffardo, replicando "Quindi il più grande mentore di Heartland City getta la spugna perché la sua studentessa è svogliata. Un bello smacco per la tua reputazione figlio mio."
"Non è solo questo." disse però Five.
"C'è altro?"
"È entrata nel campo da gioco durante il duello. Quella ragazza rischia seriamente di farsi ammazzare."
Tron scrollò le spalle, replicando "Sgridala severamente. Puniscila se serve. Vedrai che non lo farà più."
Five prese in effetti in considerazione la cosa, ma poi proseguì col proprio elenco.
"C'è anche la questione che continua a saltare i pasti." disse "È palese che qui si senta a disagio. Magari dovrebbe tornare con gli Tsukumo, dopotutto è cresciuta con loro."
"Ora sì che mi sorprendi." replicò però Tron "Non ti facevo così crudele. Credevo tenessi alla tua famiglia. Forse mi sono sbagliato su di te, se lasceresti andare via tua sorella dopo esserti riunito con lei dopo così tanto tempo."
Il ventenne sentì una fitta al petto a quelle parole. Era vero, lui amava la sua famiglia sopra ogni altra cosa. Ed era per quello che era disposto a separarsi da lei, per l'ultimo punto che ancora non aveva esposto.
"È svenuta dopo un singolo attacco diretto. Sono seriamente preoccupato per la sua salute. Gli Tsukumo hanno sempre saputo gestirla, evidentemente sanno qualcosa che a noi sfugge."
Il patriarca ridacchiò, riprendendo in mano il telecomando della TV.
"Chloe non va da nessuna parte, lei rimane qui con noi. Se sei tanto preoccupato per la sua salute chiama un medico per farla visitare." disse, accendendo la televisione "Ora, se non c'è altro, io sarei molto impegnato."
Capendo che non avrebbe fatto cambiare idea al padre e che non avrebbe avuto ulteriori attenzioni da parte sua, Five annuì, girò i tacchi e uscì dall'ufficio.
Fuoriuscito dallo studio di Tron, il primogenito si incamminò lungo il corridoio, pensando al da farsi.
Non aveva cavato un ragno dal buco da quel dialogo, ma avrebbe dovuto aspettarselo. D'altronde, suo padre non era una persona che rinunciava facilmente.
Passo dopo passo, il ragazzo ragionò attentamente sulle ultime parole di Tron. In effetti, a pensarci, a Chloe avrebbe giovato una visita. Dopotutto un controllo medico non fa mai male.
Sì, era la cosa migliore da fare. Avrebbe contattato il medico di famiglia, al fine di far visitare la sorellina.
Il medico di famiglia degli Arclight non era uno qualsiasi, era il meglio del meglio. Il dottor William Cane, intatti, era uno dei massimi esperti a livello mondiale di medicina. Era specializzato in numerosi campi, cosa insolita per un medico. Questo lo rendeva anche uno dei più costosi sulla piazza, ma questo per loro non era certo un problema.
Era deciso. Avrebbe chiamato il dottor Cane e questi avrebbe visitato Chloe.
Il ventenne prese il telefono e compose il numero dello studio medico. Suonò per un paio di volte, poi la segretaria del dottor Cane rispose.
"Pronto?"
"Ho urgenza di parlare con il Dottor Cane." disse Five.
"Mi dispiace, ma il dottore è molto impegnato..."
"Lo vuole la famiglia Arclight."
La segretaria sussultò, per poi replicare velocemente "Lo chiamo immediatamente."
Five attese solo qualche istante, poi udì una voce maschile dall'altra parte della cornetta "Pronto?"
"Dottor Cane, sono Five della famiglia Arclight. Ho bisogno dei suoi servigi." disse semplicemente il ragazzo.
"Ma certo, mi dica pure." replicò il dottore.
"La situazione è la seguente: ci siamo ritrovati una ragazzina in casa, che si rifiuta di mangiare. Ha avuto un paio di svenimenti, il secondo dei quali particolarmente grave." spiegò il ventenne.
"Un attimo, un attimo, una cosa alla volta." disse il dottore "Può andare con ordine?"
Il primogenito sospirò, in effetti il dottore aveva ragione, doveva spiegargli le cose per bene.
"Si tratta di nostra sorella, è da poco tornata a vivere con noi. Da un paio di giorni." gli spiegò "È svenuta poco prima che la portassimo a casa. Dopo cena ha avuto un secondo mancamento, pur senza svenire. Poco fa io e lei abbiamo avuto un duello amichevole ed è svenuta in seguito all'attacco del mio Drago Bianco Occhi Blu. Al momento sta ancora dormendo."
"Uhm… mi diceva che non ha mangiato nulla?" domandò il medico.
"Già, sono due giorni che non tocca cibo." confermò Five.
Il medico tacque per un istante, come ragionare su quello che gli era stato rivelato. Dopo qualche attimo di attesa, parlò di nuovo.
"Il mancamento e lo svenimento dopo l'attacco diretto possono essere la conseguenza di un calo di zuccheri, dato che non ha toccato cibo." ragionò "Tuttavia, non mi piace che sia svenuta anche prima che la portaste a casa. Questo continuo svenire non è normale."
"Non potrei essere più d'accordo." concordò il ragazzo "Può venire a visitarla?"
"Beh, se non è così urgente, io sarei una persona molto impegnata..."
"In questo caso dovrei riferire la cosa a mio padre."
Lo specialista in medicina deglutì pesantemente, per poi dire "In effetti, avevo giusto un buco nel pomeriggio."
"Ottimo. La aspetto nel pomeriggio allora." disse Five.
"Certamente. Comunque, appena la ragazza si sveglia le faccia mangiare qualcosa. Questo è un buon punto d'inizio." disse il dottore.
Il primogenito annuì, rispondendo "Me ne assicurerò."
Così, la telefonata ebbe fine.
Fissato dunque l'appuntamento con il medico, il ragazzo si recò nuovamente nella stanza della sorella, per vedere le sue condizioni. Sperò con tutto il cuore che si fosse ripresa, almeno un pochino. A quanto pareva era bloccato con lei, era il suo mentore e non poteva rinunciare a tale incarico. Se proprio doveva esserlo, allora doveva farlo per bene. E se questo significava essere particolarmente duro e severo, allora ciò sarebbe stato. Non avrebbe tollerato altre disobbedienze da parte sua, non più.
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