#006 - Paura o no?
Yuri era arrabbiato. Perché non era riuscito ad ostacolare le azioni di quei soldati, come aveva sempre fatto? Ma sopratutto, stavolta non avevano cercato di acciuffarlo: infatti, avevano preso soltanto me e se l'erano data a gambe levate. Perché?
Parole già avvertite cominciarono a rimbombare nella testa del ragazzo. «Ti ho già detto che non mi fai paura! Si può sapere perché insisti con questa storia?!» ci fu una pausa, il momento in cui Yuri aveva indebolito la presa dei polsi. «Oltretutto, se davvero mi intimoriresti, ti starei il più lontano possibile, ti pare? Avrei ancora arrischiato a darti una lezione?»
Riconobbe quella voce. Ascoltarla era oramai divenuta una cosa quotidiana: giorno e notte quelle urla di rabbia da mocciosa infuriata perché non aveva avuto il suo lecca lecca gli stavano addosso. Qualcosa lo turbava. Sentiva in lui un forte senso di vuoto che non riusciva a colmare in alcun modo: gli mancava un qualche cosa, solamente una, ma molto importante.
[...]
Un bambino seduto su una panchina, solo e a testa bassa, lasciava penzolare le gambe all'aria con un mezzo sorriso sul suo volto. Tutti gli altri bambini che stavano giocando tra loro prima del suo arrivo erano scappati via terrorizzati. Nessuno lo invitava mai tra la loro compagnia, nessuno era lì per lui. O meglio, così fu almeno fino a quando qualcuno non entrò nella sua vita, rivoluzionandola completamente. Qualcuno che, per quanto gli fu strano ammetterlo, gli stava a cuore.
In quello stesso attimo, il ragazzino udì un grido, dolce e ansimante, che chiamava il suo nome. E oltretutto, a egli familiare.
Spostando il capo alla sua sinistra, i suoi occhi incrociarono la vista di una bambina sulla sua stessa età circa. Aveva fatto una lunga corsa per venirgli incontro, ed ora era affannatissima a recuperare fiato.
Fu sorpreso: non si aspettava il suo arrivo, eppure nel profondo era contento di vederla. Salto giù dal suo posto, e le si avvicinò per aiutarla a riprendersi. «Ehi, stai...»
Non poté finire di articolare l'ultima parola che la bambina lo colse alla sprovvista, stringendolo impulsiva in un caldo e forte abbraccio, la testa sulla spalla. L'espressione del giovanotto fu un misto fra stupore e perplessità. Percepì dell'umido su dove ella aveva poggiato il capo. Prese blandamente il volto tra le mani: singhiozzava in un mare di lacrime, le iridi mutate in rosso dal pianto e le guance erano arrossate, sebbene adorabili. «G-guarda!» il tocco ai lati del viso la lasciarono andare, permettendole di tirare fuori un piccolo fiore privo di gambo e di alcuni petali: gli unici rimasti erano ridotti a tenui pezzetti. «Si è spezzato!»
Il bambino lo fissò con attenzione. «Tutto qui?»
«Come "tutto qui!" Sei un insensibile!!!» gridò tra una lacrima e l'altra. Doveva essere davvero significativo per lei da arrivare a piagnucolare tanto: purtroppo, però, non c'era niente che potesse fare il suo amico, e adesso era offesa più che mai dal suo commento. Doveva escogitare un piano per farsi perdonare.
Guardandosi intorno nell'immenso giardino verde e rigoglioso, il ragazzino fu attratto dalla visione di qualcosa che lo catturò all'istante. A quel punto, un'idea gli balenò nella mente. Perciò si allontanò dalla figura piangente della giovane per dirigersi verso dei fiori cresciuti su una minuscola parte di distesa d'erba simili a quello della fanciulla: danzava gli occhi qua e là alla ricerca di quella che secondo lui sarebbe stata la più graziosa, e in mezzo a quelle piante, ne avvistò una che lo attirò particolarmente. Una rosa petalosa e di un intenso colore rosso. Decise allora di raccoglierla, facendo attenzione a non pestare le altre, e con quella si ripresentò dalla bambina.
L'acquedotto finalmente si fermò, e stupita lanciò una rapida occhiata ad entrambi i fiori: la somiglianza che c'era tra loro era incredibile. Ma la rosa appena raccolta... aveva qualcosa di ben diverso in sé.
Il bambino afferrò il gambo tra l'indice e il pollice e lo staccò con non troppa forza. Il suo prossimo passo fu quello di farsi vicino alla fanciulla, che di scatto chiuse le palpebre. «E adesso che c'è? Paura?» chiese, interrompendo ciò che stava facendo; immaginava ugualmente la replica che avrebbe ricevuto, ma voleva che lei stessa lo affermasse.
La bambina era confusa. «Paura?» domandò piano. «Al contrario, non mi spaventano affatto i conigli!» esclamò con tanto di presa in giro nei confronti della sua capigliatura: effettivamente le sue frange ricordavano molto le orecchie di questi animali.
Il ragazzino fu un tantino irritato da quel paragone. Ma poi, si era reso conto di cosa gli aveva risposto: aveva sentito bene, non era intimorita dal suo lato spietato e violento. Neanche un po'? Probabilmente no. Stavano insieme praticamente tutto il tempo, e se avesse avuto timore per lui, si sarebbe sicuramente allontanata. Anche la sua estrinsecazione faceva credere che stesse dicendo la verità; conoscendola, inoltre, sapeva che era pessima in fatto di scaltrezza. Quindi... era tutto vero.
Rimase colpito da quella frase. Dentro era felice come nel giorno in cui aveva trovato qualcuno che stesse al suo fianco sempre e comunque, che lo consolasse nel momento del bisogno, che lo volesse veramente bene.
Il maschio tornò alla realtà, mettendo da parte questi pensieri. Mise la rosa tra i lisci e morbidi capelli della femmina, stando attento a non tirarli o a farle male. Infine, con sorrisetto compiaciuto, indietreggiò. «Ecco. Adesso spero soltanto di non doverti stare ancora ad ascoltare.» disse scherzosamente. La bambina gonfiò le guance, chiaramente infastidita. Poi, però, percepì il tocco della rosa sul capo. Riaprì gli occhi, avendo compreso quello che aveva fatto. E questo semplicemente per sbarazzarsi delle sue lagnanze?
I loro sguardi si incontrarono, e attualmente regnava nell'aria un silenzio imbarazzante. Era la prima volta che il giovane fu soddisfatto nell'aiutare qualcuno. Dopotutto non era da lui essere altruista con chiunque gli si parava davanti, ovviamente nelle poche occasioni in cui si trovava vicino ad una persona. Ma da quando aveva incontrato questa giovane, tutto era cambiato. Adesso poco gli importava se il resto della società lo evitava, gli bastava la sua unica presenza.
Il sole stava calando, un lieve venticello accarezzò i volti dei due. Il ragazzo, assorto di nuovo nei propri pensamenti, si accorse di due braccia minute timidamente avvolte attorno alla sua schiena e il viso della fanciulla appoggiato sul petto. «Grazie...»
Egli, senza aggiungere parola, ricambiò l'abbraccio. Era rilassante, e dava a entrambi una sensazione di sicurezza e di conforto. Si volevano bene. Niente e nessuno avrebbe potuto distruggere quel solido legame che c'era tra loro. O perlomeno, così pareva...
[...]
Un richiamo in lontananza interruppe i pensieri di Yuri. Era una voce a lui nota, benché non rammentava di chi si potesse trattare. Voltandosi, però, si presentò Francesco, il ragazzo con cui avevamo avuto un duello oggi.
Infinite domande giunsero nella mente del quattordicenne. Perché stava immaginando tali cose in una simile circostanza? E quei bambini...
«Stavo tornando sulla via di casa, quando ho sentito un urlo provenire da qui. Non vorrei sbagliarmi, ma mi è suonato familiare...» nessuna risposta. Francesco, allora, si spostò innanzi a Yuri che si era limitato a dargli le spalle. «Yuri.» iniziò il castano, convinto di aver pronunciato il nome corretto. «Quel grido... era Rosa. Non è vero?»
Quel quesito fece sì che l'ira del ragazzo crescesse ancora e ancora. Onestamente era stufo di questo Akaba, dei suoi uomini e di questa storia che sembrava non avere fine. E ora che erano finalmente riusciti ad ottenere parte di ciò che volevano... questo lo disturbava più di tutto e tutti. Ma d'altro canto, la questione riguardava solamente un'estranea: era seriamente il caso di intervenire?
«Sono assolutamente sicuro che è successo qualcosa da queste parti, e a giudicare da come ti comporti non mi pare affatto una cosa da nulla. È inutile provare a nasconderlo. Quindi, parliamone.» Francesco era determinato a farsi confessare la verità. Era ormai evidente che aveva dei sospetti, sebbene non del tutto fondati, ma aveva comunque intuito che ci fosse sotto qualche cosa: e appunto, aveva ragione.
Yuri, in qualche modo, sapeva che non avrebbe potuto nascondere quello che era appena accaduto. Perplesso lo era eccome, mille domande non smettevano di tartassarlo. Nonostante questo, si rendeva perfettamente conto della gravità della situazione. Era venuto a conoscenza dell'interesse del direttore in quella misteriosa collana che non levavo neanche per un secondo dal collo, è vero, anche se in realtà aveva i suoi dubbi. Arrivare a sottrarre una persona della propria libertà... E questo solo per il gusto di tenere in possesso un comune oggetto, privo di qualsiasi valore? Non aveva senso. L'unica spiegazione plausibile era che quel pendente celasse in sé una sua particolarità. Oppure doveva valere un sacco? No... Sarebbe stato fin troppo stupido, per il presidente della Leo Corporation, voler impadronirsi di un oggetto di proprietà altrui per arricchirsi. E non soltanto volevano quella: Yuri aveva scoperto di essere coinvolto. Come? Cosa avrebbe mai avuto a che fare con un gioiello?
Ritornando a poco fa, si era ritrovato costretto a rivelare a Francesco come stavano realmente i fatti. Per quanto detestasse ammettere quello che stava per dire, si era arreso alle sue insistenze con non troppa difficoltà. Era debole, privo di voglia di combattere per tener lontano chi non aveva a che vedere con questa faccenda. «E va bene. Degli uomini si sono messi in gruppo e ci hanno sorpresi, così sono riusciti a prendere la ragazzina via con loro. È tutto quello che volevi sapere. Ti basta?» domandò con freddezza nel suo tono.
Poteva capire che Francesco era rimasto incredulo da una frase tanto breve, ma che dicesse molto. E addirittura dettata come se niente fosse. Non si aspettava proprio tale replica, magari una annunciata con malessere. Era come se gli importasse poco e nulla. «Davvero... Non riesco a crederci.» sussultò, sconcertato. «Che cosa stiamo aspettando? Dobbiamo andare subito a salvarla!»
«Che succede qui?» un interrogativo troncò la conversazione. Yuri si volse dove Francesco stava guardando, notando Veve passare su quella stessa strada.
«Oh, la ragazza di prima...» sibilò Francesco, sorpreso dalla sua comparsa. «È successa una cosa terribile.»
Veve, in mancanza di chiarimenti precisi su questa "cosa terribile", era evidentemente confusa. Anche se, l'unico fatto che Francesco avesse usato tale aggettivo, le fece intuire che la questione doveva essere delicata. «Dite.»
«Bene... Hai presente la ragazza contro cui prima abbiamo duellato? Sì, la sua amica.» disse, puntando Yuri che preferì non guardare in faccia nessuno. Ma ascoltando i loro scambi di parole si avverse, non troppo in ritardo, che Francesco aveva utilizzato quel termine. "Amica".
Finora non aveva mai pensato di essere amico a taluno. Non lo era mai stato, e non voleva che questo cambiasse. Non che per lui contasse qualcosa, dopotutto. Non aveva bisogno di persone che potessero stargli accanto, anche quelle calme e senza la minima intenzione voler scagliargli contro dei soprammobili, o addirittura che osassero opporsi al suo volere e cercare inutilmente la rissa; persone che lo avrebbero sostenuto nei momento difficili, persone disponibili per qualunque sua esigenza. Del resto, era quasi un sollievo non avere nessuno tra i piedi. Ma al momento non era solo.
Nel frattempo, Veve annuì in risposta di Francesco, aspettando che continuasse. «Ovviamente c'è un motivo del perché l'ho nominato un caso tremendo. Non è semplice da dire, così su due piedi, ma...» Francesco spostò velocemente lo sguardo su Yuri e poi di nuovo sulla ragazza. «... delle strane persone sembrano averla presa in ostaggio.»
Naturalmente ella non poté che reagire stupefatta da quella frase. Casi del genere non erano avvenimenti di tutti i giorni. «Se è così, dobbiamo intervenire...» il problema era che non erano a conoscenza del minimo dettaglio: l'identità dei i rapitori, il luogo in cui ora si stavano nascondendo...
Tra riflessioni e domande continuamente vaganti nella sua testa, Yuri parve avvedersi di qualcosa, come se una voce interiore volesse spronarlo a correre verso la grande costruzione nel suo campo visivo: la Leo Corporation collocata nel cuore di Maiami, e perciò abbastanza visibile in ciascuna zona della città. Sapeva benissimo dove si era diretto il gruppo. Certamente, proprio lì, dove vi era colui che ci stava dando la caccia da quando eravamo giunti in questo luogo.
Magari era davvero il caso di lasciar perdere la storia della sconosciuta. Non era da lui preoccuparsi per gli altri, e infatti non lo era neanche; ma se voleva dare luce alle sue ipotesi doveva farlo, che gli piacesse oppure no. Doveva sfrecciare dritto in quel posto, dare una lezione esemplare a quell'uomo e liberarmi dalle sue grinfie. Quindi era deciso.
«Hai ragione.» replicò Francesco. «Tuttavia... Mh?»
I due notarono che Yuri allontanarsi man mano, senza preavvisare o senza aver comunicato loro cosa avesse intenzione di fare. «Dove stai andando?»
Yuri arrestò i suoi passi, e sospirando, si apprestò a rispondere all'interpellanza di Francesco. «Vado a prendere quella ragazza. Dove, altrimenti?»
Le labbra di Francesco si curvarono in un sorriso. «Per essere un tipo freddo e distaccato ti preoccupi molto per lei. Non ho forse ragione?»
«Ho le mie ragioni personali, per cui non sono ritenuto a rispondere a quella domanda.» ribatté agghiacciante. «E vi dirò, non si tratta di preoccuparsi. Ma sono una brava persona, pertanto ho deciso di portarla via in questo preciso momento.» tentò di giustificarsi. Forse c'era del reale in quelle parole, tuttavia si rifiutava misteriosamente di fornire dettagli.
Francesco scelse di non controbattere, in tal caso. Questo, però, non scoraggiava il desiderio di lui e Veve di voler aiutarlo. «Bene, ma almeno permettici di darti una mano. Infondo non possiamo di certo starcene qui con le mani in mano, sapendo che la tua amica è in pericolo. Non importa se a malapena ci conosciamo. È sopratutto pericoloso. Inoltre, hai una vaga idea di dove possa essere? Non puoi mica contare sulle tue sole forze.»
Non aveva torto. Se si collabora, qualunque ostacolo diventa scavalcabile. Ma questo non era quello che Yuri stava pensando: non voleva alcun tipo di supporto esterno, punto e basta. Come le scorse volte era riuscito a trionfare sui nostri inseguitori senza il sostegno di nessuno, anche adesso avrebbe potuto risolvere questa situazione per conto suo. «Certo. So benissimo dov'è.» precisò dapprima, sicuro al cento per cento di quello che stava dicendo. «Ma per favore, non immischiatevi in questa storia. Oltretutto, ho un conto in sospeso che voglio regolare... E da solo.»
Per finire, Yuri distolse la vista dai ragazzi, e con agilità si mosse da un posto all'altro ad una velocità impressionante. Rimasti gli unici tra le vicinanze, Francesco tirò un profondo sospiro al suo atteggiamento, mentre Veve provò ad elaborare l'ultima sentenza. «Un conto in sospeso...»
«Così sembra.» disse il quindicenne dai capelli castani. «Comunque sia, non mi va di lasciarlo andare in questo modo. Rispetto la sua scelta, tuttavia... credo assolutamente che dovremmo seguirlo. Non si può mai sapere cosa potrebbe accadere.»
«E non sei il solo a pensarlo.» Veve fece dei passi in avanti, arrestandosi in seguito cosicché potesse tornare a parlare. «Quindi sarà meglio affrettarsi, prima che lo perdiamo di vista.»
Con un accenno positivo, la coppia si avviò nella direzione che Yuri aveva imboccato, dandosi diverse guardate a destra e sinistra nel tentativo di avvistarlo. Eppure, era come... scomparso.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro