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Capitolo 36

-Che succede?-

Corrucciai le sopracciglia mentre Harry tornava verso i nostri posti con Anne in braccio. Me la lasciò e si avvicinò a Niall e Zayn, ancora impegnati a discutere fittamente tra di loro, dopo aver bellamente ignorato la mia richiesta di spiegazioni. L'arbitro aveva fischiato nuovamente il tempo e Doncaster, con possesso palla, stava per raggiungere il canestro con Louis, più determinato che mai a stracciare Sheffield. Obiettivo che ormai sembrava più vicino del previsto, poiché tutto il palazzetto si era accorto dell'inerzia con la quale il playmaker della squadra avversaria stava conducendo la partita.

Nonostante Anne e Christine continuassero a chiedermi delucidazioni sul campo da gioco, io ero troppo concentrata a carpire brandelli della conversazione dei miei amici. Sembrano tutti e tre preoccupati e non smettevano di guardare il ragazzo del quale prima Niall mi aveva chiesto informazioni. Seguii i loro sguardi e incrociai da lontano due occhi scuri che mi fissavano. Un sorriso di sbieco si aprì sul volto di quel ragazzo di Sheffield dai riccioli neri e, distogliendo dopo un secondo lo sguardo da me, tornò a concentrarsi sulla partita. Pensai di essermi immaginata tutto e scossi piano la testa, ma tornando a girarmi verso i miei ragazzi, mi accorsi che tutti e tre mi stavano guardando.

-Cosa succede?-

-Lo conosci quel ragazzo lì, Desi?- mi chiese Harry corrucciato e invitandomi con lo sguardo a dire la verità, non come avevo tenuto nascosta la conoscenza di Jason.

-Non ho idea di chi sia.- risposi disarmata e confusa.

Louis stava segnando l'ennesimo canestro, ma, nello stesso istante, un boato di protesta esplose in tutta la curva di Sheffield. Ci volle poco per capire, e con me tutta la curva di Doncaster, che la confusione non era stata causata dal punto di Louis ma da qualcos'altro che stava accadendo in campo.

Presi in braccio Christine che protestava di voler vedere cosa stesse accadendo e mi alzai in fretta dal posto. Jason era a pochi millimetri dalla faccia del ricciolino nero e sembrava che gli stesse sussurrando qualcosa di molto minaccioso, il tutto nel bel mezzo della partita. Le urla dagli spalti si alzarono più forti, con tutti i tifosi consapevoli che Jason Price stava letteralmente mandando a puttane la partita dell'anno.

Il ricciolino nero era girato di spalle e non riuscivo a capire, dalla mia posizione, cosa stesse succedendo, ma approfittai per leggere il cognome sulla maglietta, "Evans", mai sentito. Doveva essere uno di quei nuovi giocatori che erano appena stati presi per l'inizio stagione, ma era strano, se così fosse, che già giocasse, specie in una partita così importante. Di solito le matricole passavano tutta la prima metà dell'anno in panchina.

Jason si staccò dal suo compagno di squadra, sembrava furibondo. Chiamò il time-out all'arbitro, il quale fischiò interrompendo la corsa di tutti gli altri giocatori, la maggior parte dei quali nemmeno si era accorto di ciò che stava accadendo dall'altra parte del campo.

Mi si ghiacciò il sangue nelle vene appena vidi che Jason, mentre avanzava verso la panchina della propria squadra, si girò verso la mia parte e, incrociato lo sguardo con il mio, tornò a falcare verso il limite del campo. Cosa cazzo stava succedendo ancora? Mi sentivo sempre più parte di una sorta di complotto nel quale tutti erano complici nel farmi sentire la scema del villaggio, del palazzetto in quel caso.

Ignorando le lamentele di Christine e Anne per il blocco della partita ed Harry che mi aveva afferrato il braccio per richiamare la mia attenzione, cercai Louis, il quale, però, sembrava altrettanto confuso mentre osservava, insieme a Liam e ai suoi compagni di squadra, cosa stesse accadendo a Sheffield.

-Harry, ti giuro che non lo conosco.- risposi di getto girandomi verso il mio migliore amico. Sapevo che ormai troppe coincidenze si stavano mettendo insieme ed era inutile pensare che io non c'entrassi niente con quell'ennesimo blocco partita. Stava succedendo qualcosa, di nuovo, ma stavolta tutto dentro a Sheffield.

Harry corrucciò lo sguardo e strinse le labbra, voltandosi poi verso Niall e Zayn e aprendo le braccia. Nemmeno loro sapevano cosa cazzo stesse succedendo, ma ero certa che stessero comunque per indicarmi la porta d'uscita. A quel giro, però, sarei stata d'accordo con loro, almeno per le mie sorelline.

Non feci, però, in tempo a decidere cosa fare che un altro boato arrivò da alcune persone dalla curva di Sheffield e uno striscione venne sollevato in occasione del fatto che la partita era ferma. Non persi tempo a leggere cosa ci fosse scritto e mi voltai a guardare di nuovo Harry per capire cosa fare, ma il silenzio che piombò improvvisamente intorno a me e lo sguardo dei miei tre migliori amici puntati sul cartellone mi fecero nuovamente girare la testa.

Lunga almeno ottanta posti a sedere, campeggiava, tenuta su da quello che mi sembrava un gruppo di ragazzi, la scritta: "Per terra. Di fianco ai NOSTRI letti."

Mi rimbombò nella testa la frase che Jason aveva sussurrato all'orecchio di Louis il giorno della partita in cui lo fece squalificare e da cui prese il via tutto quel casino. Un plurale era stato aggiunto alla frase che ormai aveva fatto il giro di Sheffield, di Doncaster e di Twitter e sentii il sangue salirmi al cervello.

Sentii vagamente che tutta la curva di Doncaster aveva capito il messaggio del cartello e percepii ancor meno le centinaia di teste che si erano girate verso di me insieme ai fischi e alle lamentele che pian piano iniziarono ad elevarsi da tutti gli spalti. Mi conoscevano tutti, ormai. C'era ben poco da nascondere. Non guardai nemmeno in campo e mi voltai subito verso i ragazzi.

-Portatele a casa.- ordinai e feci scendere Christine dalle mie braccia. Presi entrambe le mie sorelline per mano e le indirizzai a Niall e Zayn, che, incazzati neri, decisero di non star troppo a discutere e presero le mie bimbe con loro per portarle via dal palazzetto.

Mi assicurai con lo sguardo che uscissero dalle gradinate e appena non li vidi più, mi voltai verso Harry, che era rimasto lì con me.

-Dovremmo andare anche noi.-

Non risposi e guardai finalmente cosa stava succedendo in campo. Nell'arco di quei dieci secondi, le due squadre avevano solo fatto in tempo a recepire le urla dei tifosi di Doncaster, fin troppo alte per il normale, e a distinguere il cartellone, per prendere solo in quel momento consapevolezza di cosa ci fosse scritto.

Guardai Louis mentre leggeva la frase. Avrei voluto gridargli una qualsiasi cosa, ma a quel punto non sapevo nemmeno cosa pensare. Lo vidi scattare e puntare subito lo sguardo su Jason con una cattiveria che non gli avevo mai visto negli occhi. Un pensiero, peró, lo distrasse subito e si voltò nella mia direzione, a cercami tra le persone sugli spalti. Riuscii ad incrociare il suo sguardo con il mio e tanto gli bastò.

Tornò immediatamente a puntare gli occhi su Jason, ma, con enorme sorpresa di tutto il palazzetto, Jason era paralizzato a guardare la scritta. Riuscii solo ad intravvedere un lampo di rabbia nei suoi occhi, prima che si girasse ed afferrasse per la maglietta il ragazzo con i riccioli neri. Senza che gli passasse il benché minimo dubbio su quello che stava per fare, gli sferrò un pugno in pieno volto.

***

Guardai nervosamente in direzione di Louis, ma lui non mi stava guardando. I suoi occhi erano puntati verso la parete opposta rispetto a quella contro la quale era appoggiato. L'unico elemento che mi dava conferma che fosse ancora vivo era la linea dura della mascella che gli correva lungo il volto. Uno scalpellino non avrebbe saputo replicarla nel marmo tanto era perfetta e, allo stesso tempo, terribile. Sapevo che non mi stava ignorando apposta: ogni tanto i suoi occhi cadevano su di me per controllare che stessi bene, ma in quel momento era del tutto assorto.

L'aria era pesantissima e non riuscii a voltare lo sguardo di quei pochi centimetri per incrociare quello di Jason. Era seduto dall'altra parte della stanza rispetto a me, ma non era abbastanza lontano per non sentire il turbinio di pensieri che gli volteggiavano nel cervello.

L'unico rumore proveniva dai passi del terzo ragazzo presente. Camminava su e giù per la stanza dietro di me e, nonostante l'aria gelida da poter tagliare con un coltello, sembrava quasi rilassato. Nemmeno la confezione di ghiaccio sintetico che aveva sul zigomo destro sembrava turbarlo.

Eravamo lì, in silenzio tombale, da almeno un quarto d'ora. Il casino del palazzetto si era affievolito man mano che io, Louis, Jason e il ragazzo dai ricciolini neri venivamo scortati nell'ufficio del Presidente della società di Doncaster, dove sapevamo che presto saremmo stati raggiunti da un drappello di persone altamente incazzate. Non abbastanza, però, da raggiungere i livelli di Louis e Jason. Non sapevo cosa avesse spinto entrambi a mantenere la calma l'uno con l'altro, ma ero profondamente grata che non si fossero ancora presi a pugni.

Presi coraggio e finalmente voltai gli occhi verso Jason. Aveva ancora piccole escoriazioni che sapevo risalire dall'incontro poco amichevole con Harry e rammentai che, effettivamente, non ci vedevamo da quel giorno. Non abbassai lo sguardo quando lui si voltò a sua volta a guardarmi. I suoi occhi sembravano imploranti, quasi come volessero chiedermi scusa. Sapevo che sarei scoppiata a piangere da un momento all'altro, ma, per fortuna o meno, la porta dell'ufficio dietro di noi si aprii.

Fui la sola a voltarmi per veder entrare il presidente della società, Chris l'allenatore di Doncaster che ormai conoscevo da tanti anni, l'allenatore di Sheffield, quelli che immaginai essere due arbitri e altre tre persone non identificate in giacca e cravatta.

-Signorina Petal.- il presidente mi si avvicinò per stringermi la mano e io gli sorrisi educatamente mentre tutti gli altri si sistemavano intorno a noi per la stanza. Chris si sistemò dietro alla mia sedia, mettendomi una mano sulla spalla e stringendomela leggermente, quasi, anche lui, per chiedermi scusa e per darmi coraggio. Il fatto era che non avevo bisogno né di supporto, né di consolazione, né di nient'altro. Volevo solo sistemare le cose, sebbene non ci fossi ancora riuscita da tempo.

-A nome di tutta la società, siamo esterrefatti e profondamente dispiaciuti di quanto accaduto oggi in campo.- iniziò il presidente dopo essersi seduto al di là della scrivania -Sarò molto chiaro nel dire che condanniamo questo tipo di atteggiamenti e che le scuse da parte di tutto il comitato verranno poste pubblicamente a te, Desiree, che per la seconda volta sei stata messa in mezzo per una questione del tutto personale, in un evento sportivo del quale dovrebbero essere divulgati solo i buoni valori.-

Feci un cenno con il capo per mostrargli la mia gratitudine per quelle parole.

-Quanto a voi- continuò, rivolto a Jason, Louis ed Evans -non usciremo da questa stanza fino al chiarimento di quanto accaduto. Al fine, i comitati sportivi si riuniranno per definire le sorti delle squadre.-

Inaspettatamente, Jason fu il primo ad aprir bocca.

-Glielo dico io come stanno le cose.-

Nonostante i suoi occhi fossero tornati, dopo il breve aggancio con i miei, un campo minato pronto ad esplodere al primo passo falso, il tono con cui si stava riferendo al presidente era quasi tremante.

-È stata una mia idea.-

Calò di nuovo il silenzio. Corrucciai le sopracciglia e sentii che anche Evans dietro di me aveva finalmente smesso di muoversi per la stanza. Non era vero, non poteva essere stata una sua idea. Lanciai un rapido sguardo a Louis e fui sorpresa nel notare che non si era mosso di un centimetro e non sembrava che la confessione di Jason gli avesse procurato la benché minima emozione.

-Avevo chiesto a Jack Evans prima della partita di chiamare i suoi amici e ci eravamo accordati sulla scritta del cartellone. Doveva essere l'ennesima provocazione a Tomlinson.-

Scossi la testa. Era impossibile che la stessa voce che qualche giorno prima mi aveva confessato il suo amore, ora stesse sostenendo di aver organizzato quella farsa contro di me.

Il presidente alzò le sopracciglia. -Signor Evans, lei ha qualcosa da dire?-

Il ragazzo di cui finalmente avevo scoperto il nome non riuscii ad aprir bocca, perché Jason parlò di nuovo.

-Jack non c'entra niente. L'ho minacciato che se non avesse portato i suoi amici avrei fatto in modo che fosse cacciato dalla squadra.-

L'allenatore di Sheffield sembrava sull'orlo delle lacrime.

-Signor Price, è sicuro di quello che sta dicendo?-

Il silenzio assenso che seguì mi portò il cuore in gola, dove rimase a rullare per un tempo indefinito. Il presidente sospirò e si portò una mano al volto.

-Non mi è chiaro il perché di tutto ciò. E, soprattutto, del perché ha organizzato tutto questo sapendo che ci sarebbero state delle dure conseguenze per lei e per la sua carriera.-

-Volevo solo vendicarmi di Tomlinson per l'occhio nero della scorsa partita. So di aver sbagliato.- concluse Jason.

Non sapevo più cosa pensare. Evans non apriva bocca e l'unico cenno di vita che Louis aveva dato era stato quello di spostare lo sguardo su di me. Io, dal mio canto, non riuscivo a reggere gli occhi di nessuno, men che meno quelli di Jason, che, inaspettatamente, si girò verso di me.

-Desiree voglio chiederti scusa qui davanti a tutta la commissione per quello che è successo. Non era mia intenzione colpire o offendere te. È una cosa tra me e Tomlinson e che riguarda il gioco, nient'altro.-

Fece tutto questo discorso guardandomi negli occhi. Leggevo che c'era ben altro dietro a quelle parole e le scuse che mi stava dando si riferivano a qualcosa di completamente diverso ed estraneo agli ultimi fatti.

-Apprezziamo di certo questo tentativo di scuse, signor Price. Purtroppo lei sa che non basteranno. Tomlinson, vuole aggiungere qualcosa?-

Louis finalmente si staccò dalla parete e si avvicinò a me.

-Francamente no. Anzi, se permette, vorrei portare a casa la mia ragazza. Direi che ne ha già passate abbastanza.-

Senza aspettare la risposta, che comunque fu un perplesso "Ma certo", Louis mi prese per mano e mi fece alzare.

-Louis, puoi aspettarmi fuori?- gli chiese velocemente Chris mentre Louis gli stringeva la mano a mo' di saluto.

-No.- rispose secco Louis. Guardai Chris e mimai uno "Scusa" con le labbra da parte del mio ragazzo, al quale rispose con un'alzata d'occhi verso il cielo. Non riuscii a sorridergli che Lou mi fece avanzare prima di lui fuori dalla stanza. Quegli improvvisi cambi d'umore mi facevano sempre rimanere perplessa e invano mi voltai per guardare un'altra volta Jason, perché lui non si girò.

Riuscii a sentire solo le ultime parole del presidente: "La commissione deciderà sul da farsi, ma dobbiamo già anticipare che incorrerà..." e la porta si chiuse dietro di noi.

Rimasi in silenzio con la mano intrecciata a quella di Louis e mi lasciai condurre fuori dal palazzetto, in una delle uscite secondarie inaccessibili alla folla urlante che ancora strepitava nei dintorni. Finalmente respirai un po' d'aria dopo esser rimasta con il fiato sospeso tutto il pomeriggio e acconsentii alla sigaretta dal pacchetto che Louis mi stava offrendo. Ne sfilò una anche lui e se la mise tra le labbra.

Lo guardai mentre azionava l'accendino. Fino a quel momento era rimasto incredibilmente calmo, ma lo conoscevo troppo bene per non riconoscere che sotto a quella facciata di tranquillità c'era uno sforzo incredibile per non dare un pugno al muro. Lo capivo dalla linea dura della mascella, dai movimenti bruschi, dalle mani che non riuscivano a stare ferme.

-Desi, senti mi dispiace molto per quello che è successo. Sapevo che non avrei dovuto farti venire, né te né le piccole.- mi disse inaspettatamente, dopo aver dato due boccate alla sua paglia.

Mi diedi il tempo anche io di inspirare ed espirare il fumo. -Louis, le piccole stanno bene e anche io. Non ho ancora ben metabolizzato quello che è successo. È stato tutto troppo veloce. A me dispiace che si sia fermato di nuovo il campionato, so quanto ci tenevi.-

-Desi, te l'avevo già detto l'altro giorno. Non me ne frega niente della partita, non volevo nemmeno che venisse annullata la scorsa.-

-Ma smettila, Lou.- alzai gli occhi al cielo svapando -Non passavi nemmeno la palla. La rubavi e attraversavi tutto il campo da solo pur di dar fastidio a Sheffield.-

-Non è questo il punto.-

Sembrava che stessimo girando intorno ad un solo argomento, o almeno, io lo stavo facendo, ma non avevo il coraggio di tirare esplicitamente fuori il nome di Jason. Non potevo credere a quello che aveva detto qualche minuto prima nell'ufficio e volevo confrontarmi con qualcuno, ma di certo non potevo farlo con Louis. Era impossibile che avesse organizzato tutto quel teatrino per vendicarsi. L'avevo conosciuto troppo bene per poter credere ad una cosa del genere. O no?

Il breve silenzio si interruppe. Il maniglione antipanico della porta dalla quale eravamo usciti si aprì di nuovo e ne uscì Jason, con il suo borsone sulle spalle e il cappuccio della felpa nera alzato sulla testa.

Vidi dai suoi occhi che non si aspettava di trovarci lì, ma la sorpresa lasciò subito il posto ai sentimenti contrastanti che gli avevo visto prima negli occhi. Si richiuse la porta alle spalle e iniziò subito ad incamminarsi verso la strada, ma la voce di Louis interruppe le sue falcate.

Mi girai subito a guardarlo mentre espirava fuori il fumo.

-Non so perché ti sei preso la colpa, Jason. Ma grazie per quello che hai fatto.-

***

Riposi velocemente il cellulare nella tasca della felpa senza farmi vedere da Louis, che, anticipandomi, stava facendo scattare la serratura della porta di casa per farmi entrare.

-Desi!- sospirò di sollievo Niall, venendomi incontro e avvolgendomi in uno dei suoi abbracci speciali, quelli che preferivo. Mi lasciai coccolare per qualche secondo. Niall riusciva sempre a calmarmi, senza dire niente. Era sempre stato lui a gestire le mie crisi peggiori, soprattutto quando ero più piccola e soffrivo di attacchi d'ansia e di paralisi nel sonno nel corso della notte. Aveva una certa tranquillità e una certa calma nel sorridere, nel parlare, nel muoversi, nel rapportarsi con le persone e con le situazioni che, quasi automaticamente, rendeva tranquilla anche me.

Mi lasciò un piccolo bacio tra i capelli. -Stai bene?-

Annuii con la testa e mi lasciai condurre al divano, mentre Louis si richiudeva la porta alle spalle e gettava in un angolo il borsone di basket. Sorrisi ad Harry, anche lui nel salone, e mi gettai su di lui per fare il pieno di affetto, voltandomi poi a guardare Zayn, seduto su una sedia di fianco a noi. Aveva le mani congiunte vicino al volto, con i gomiti ben fermi sui braccioli, in una posizione che quasi mi fece preoccupare. I suoi occhi, però, mi guardavano dolci come al solito.

-Le piccole? Stanno bene?-

Harry annuì accarezzandomi la testa. -Sono su che giocano, stanno bene e non si sono fatte troppe domande. Liam è ancora al palazzetto?-

Tornai ad appoggiare la fronte sul petto del mio amico, lasciando che Louis rispondesse al mio posto, anche per raccontare agli altri l'accaduto. Fu di poche parole. Riferì soltanto che Jason si era preso la colpa per tutto, ma non specificò l'ultima battuta che gli aveva rivolto non appena era uscito anche lui dal palazzetto. Mi sembrava incredibile che Louis avesse detto quella frase.

Jason non aveva risposto. Si era girato a guardami e poi se n'era andato, forse rivolgendo un micro accenno con il capo a Louis, ma potevo benissimo essermelo sognato. Il mio ragazzo, però, aveva ragione. Jason non avrebbe mai potuto farmi una cosa del genere e la sua reazione verso Evans nel corso della partita era stata abbastanza eloquente.

-Sempre nei guai.- finì Louis posizionando il piede della gamba destra sul ginocchio sinistro e aprendo le braccia per appoggiarle sullo schienale del divano davanti al mio. Mi stava guardando e capii di essermi persa la frase precedente, quasi sicuramente rivolta a me.

Anche Harry si voltò a guardarmi e riuscii solo a vedere di sottecchi Louis che, con un sorrisetto, faceva segno con la mano a Zayn che le avrei prese, al quale anche lui sbuffò in una piccolo sorriso, annuendo.

-Non è colpa mia.- dissi imbronciandomi.

-Sì, invece. Sei troppo carina.- mi rispose Niall raggiungendomi sul divano e sollevandomi per farmi sedere su di lui.

Risero tutti, anche Zayn che sembrava il più pensieroso, e mi tranquillizzai per un attimo. Sembravano tutti aver voglia di sdrammatizzare quanto successo e ne fui estremamente grata, sebbene i problemi fossero appena iniziati, come al solito.

Barcollo ma non mollo, questa storia avrà una fine🤞🏻 lasciate una stellina

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