CHAMP
I'm sorry to interrupt, it's just I'm constantly
On the cusp
Of trying to kiss you
|| REINA ||
Il paddock è in delirio.
Sono circondata da gente che si abbraccia, che si dà pacche sulla spalla, che grida, che esulta. Io stessa mi ritrovo sommersa dal calore di questa squadra, questo team, questa famiglia e mi sento così orgogliosa di averne fatto parte, anche solo per due giorni. Più di tutti, però, sono fiera del ragazzo che porta la sua moto al parco chiuso con una mano sul manubrio e l'altra a darsi leggeri pugni sul casco. Sembra un sogno, ma ce l'ha fatta davvero, terza vittoria di fila per il ragazzino che sta conquistando tutto.
Seguo la folla che si fa strada verso il parco chiuso, con l'intenzione però di restare in disparte. Marc conosce la mia politica in quanto a complimenti e festeggiamenti. Evitarli completamente.
Però sono felice e questo non posso negarlo.
Incontro Barbara in mezzo al team con le polo blu, intenta a gridare e applaudire. Valentino è arrivato secondo.
Allungo una mano per darle un colpetto sulla spalla e quando si gira a guardarmi ci scambiamo un cenno d'assenso. Abbiamo vinto la scommessa.
Nel frattempo Marc è sceso dalla moto ed è impegnato a farsi strapazzare da Vale, per poi gettarsi a capofitto tra le braccia del team che lo attende al confine delle transenne. Tra tutti spunta la testa di Alex che, con un sorrisone stampato in faccia, abbraccia il fratello. Sono così belli.
<<Complimenti anche a te>> mormora una voce alle mie spalle, con un tono leggermente seccato. Non serve girarmi per capire che è Eric e sopratutto per immaginare la faccia stizzita che deve avere in questo momento. Così resto con lo sguardo puntato sull'uomo del momento, consapevole che niente potrà rovinare la sensazione di gioia che provo ora, stando qui, sentendomi parte di tutto ciò.
Eric però non sembra contento della mia poca considerazione nei suoi confronti.
Mi si para davanti, imponente, autoritario. Prima mi guarda da testa a piedi, poi incrocia le braccia al petto.
<<Dovevi davvero metterti a fargli da ombrellina? È incluso nel progetto?>> Dice, incazzato. Sapevo che questa sparata sarebbe arrivata, solo che mi dà incredibilmente fastidio in questo momento.
Alzo lo sguardo e fisso i miei occhi nei suoi, prendendomi tempo per rispondere, impedendomi di mandarlo a malamente a quel paese.
Poi però sento una voce chiamare il mio nome.
All'inizio credo di essermelo immaginato, ma la seconda volta arriva forte e chiara. È lui. In mezzo al mare di gente che richiede attenzioni, Marc sta gridando il mio nome.
Ed io non lo so cosa mi prende, davvero. Qualcosa mi parte dallo stomaco e in fretta arriva alla mia bocca, facendomi gridare il suo nome. La mia politica di massima freddezza va a farsi fottere.
Metto una mano sul petto di Eric e lo sposto, facendolo da parte. Nel frattempo cerco di inserirmi nella folla con il cuore che mi batte, finché non trovo il braccio di Alex che mi crea un varco. Afferro le sue dita e lui mi trascina fin davanti alle transenne che delimitano il parco. Nel caos più totale, le prima sensazione che mi colpisce è il freddo del ferro sulla pelle scoperta della pancia. Poi però mi trovo davanti gli occhi di Marc e tutto il mio corpo viene invaso da uno strano calore.
Lui ha ancora il casco addosso con la visiera alzata, così porto le mie mani dietro il suo collo e spingo la sua fronte contro la mia, pelle contro plastica. Anche le sue mani salgono ad afferrarmi il viso e lo stringono.
Restiamo ancorati a fissarci così. Vicini, felici, esaltati.
Vorrei dirgli tante cose, fargli sentire il mio orgoglio, e invece me ne resto in silenzio a sprofondare in questo mare. Anzi è lui a parlare al posto mio.
Un tizio gli bussa sulla spalla, avvisandolo dell'imminente intervista. Così Marc mi lascia andare, ma giusto il tempo di togliersi il casco. Poi fa girare un braccio intorno al mio bacino e l'altro dietro al mio collo, tornando a stringermi.
La mia pelle si appiccica a quella della sua tuta e ci sento così dannatamente uniti.
<<Tuo padre sarebbe fiero di noi>> mi mormora nell'orecchio. Solo allora molla leggermente la presa. Sbalordita, riesco solo a guardarlo sorridendo.
Mi sento bloccata, non riesco a fare altro.
Finché non vedo lo stesso tizio di prima porgere a Marc il solito cappellino con la visiera del post gara, ma Marc ha le braccia occupate attorno al mio corpo. Ed io non voglio che mi lasci andare. Così lo afferro al suo posto, poi gli passo una mano tra i capelli, fregandomene di quanto possano essere sudati, e gli sistemo il cappellino in testa.
<<Ed io sono fiera di te>> riesco incredibilmente a dirgli prima che venga trascinato via. Mentre lo microfonano per l'intervista, si gira un'ultima volta per sorridermi.
Non posso fare a meno che contraccambiare.
Cerco di darmi un contegno non appena finiscono i festeggiamenti per il podio. Dopo aver fatto i complimenti anche ad Alex per la sua posizione in gara, che di tutta risposta mi ha chiesto come avesse fatto Marc a convincermi ad indossare una cosa del genere, mi defilo dalla folla per raggiungere il paddock. Cerco la felpa del team che mi ha dato Santi questa mattina e, conquistato l'obiettivo di coprire qualche zona del mio corpo in più, lascio la struttura dal retro per potermi andare a fumare una sigaretta in santa pace.
Lo so, questa volta con Eric l'ho fatta grossa. Sono una fidanzata che non sa fare la fidanzata, ma la cosa più brutta è che non mi interessa. Non mi interessa cosa sta pensando Eric in questo momento, quanto mi sta odiando, se mi lascerà una volta per tutte.
Non mi interessa.
È questa la conclusione a cui giungo durante la mia sigaretta in solitaria.
Non mi interessa.
E poi Marc ha ragione, da quando io ho bisogno di qualcuno al mio fianco? Qualcuno con il quale non valga la pena di dividere il mio tempo, qualcuno che mi lascia libera non perché creda sia giusto, ma per paura di perdermi, qualcuno che non ha le palle di ammettere a se stesso che, in realtà, mi ha perso in partenza. O meglio, che non mi ha mai avuto.
Capisco che il team è tornato nel paddock quando il leggero brusio delle voci in sottofondo diventa paragonabile ad una mandria di bufali.
Una smorfia mi esce spontanea, quasi un mezzo sorriso. Così gettò il mozzone della sigaretta e torno dentro. Come previsto il team, in gran festa, è riunito attorno a Marc e la sua Honda. Lui viene sballottato da una parte all'altra, mentre la moto è pronta per essere sistemata e portata via, in attesa del prossimo GP.
Partecipo passivamente al caos generale, andando a gettarmi sulla poltrona di Marc mentre, da dietro le lenti specchiate degli occhiali che gli ho rubato, lo osservo muoversi nel suo habitat naturale. Il suo egocentrismo in questi momenti è del tutto appagato.
Quando poi arrivano le telecamere e i giornalisti è prontissimo a rispondere a qualsiasi cosa con il suo solito sorrisone sul viso. Sa come prendersi la scena.
Entrano nel paddock per le interviste, muniti di fogli, telefoni e microfoni. Da questa distanza riesco a sentirli chiaramente e mi sembra come quando a casa, sbracata sul divano, seguo i programmi del dopo corsa. Solo che ora sono a meno di dieci metri da me. E l'occhiolino che Marc fa e che la telecamera riprende, è diretto proprio a me. Solo che nessuno lo capirà dai propri schermi.
Gli chiedono qualsiasi cosa, dalla più banale alla più fuori luogo. Tra un po' credo che arriverà la domanda "cosa hai mangiato ieri a cena?"
E invece no. Peggio.
Le mie orecchie si drizzano, interrompendo il placido ascolto della conversazione. Anzi, quasi salto giù dalla poltrona.
<<Marc, concedici un gossip. L'ombrellina che era con te in pista oggi, chi è? E sopratutto, cosa le hai detto prima della gara per farle fare quella faccia?>> Ha detto l'intervistatore. Sia lui che il cameraman mi danno le spalle, quindi non sanno che sono qui. Ciò che però mi sorprende di più è che non mi aspettavo che la mia espressione avesse ceduto così tanto da destare l'attenzione dei giornalisti e delle telecamere. Il fatto che Marc mi abbia chiesto un bacio mi ha sconvolto, si, ma pensavo di aver mantenuto un certo contegno, nonostante stessi morendo dentro. Invece no. Ora la mia faccia sconcertata sarà su tutte le televisioni.
Marc, senza farsi notare, mi lancia uno sguardo oltre la spalla del cameraman.
Le mie dita si stringono attorno al bracciolo della poltrona.
Vorrei andare a fermare la situazione, al tempo stesso sono però curiosa di ciò che Marc ha intenzione di rispondere. Del resto, lui ha combinato il casino lui lo mette a posto.
<<Le ho chiesto un bacio>>
No, non l'ha detto davvero. Non l'ha detto, in un microfono, davanti ad una telecamera, in diretta internazionale. Vero?
<<Un bacio?>>
<<Si, un bacio! Reina è un po' timida, ma in realtà mi...>>
Scatto dalla poltrona con un balzo felino.
<<Odia, odia è la parola giusta>> concludo al suo posto, gettandomi su di lui davanti alle telecamere, per tappargli la bocca con la mano. Faccio un sorrisone al giornalista che tiene il microfono allungato verso Marc, mentre quest'ultimo se la ride sotto il palmo della mia mano. Il giornalista ha una faccia che è tutta un programma e non so se è perché un pilota, a qualche minuto dalla partenza, anziché concentrarsi sulla gara pensa ad amoreggiare, o perché ho quasi buttato Marc all'aria. <<Scusate, intervista finita, spero Marc si riprenda in tempo per la prossima gara>> dico nel microfono, con un sorrisone falsissimo <<Anche se sarà difficile dopo che ti legherò al centro della pista e ti passerò sopra in moto più e più volte>> sussurro poi solo per lui. Lo trascino via, almeno finchè lui non decide che è arrivato il momento di continuare con le figure di merda, così si libera dalla mia presa e mi solleva tra le sue braccia, portandomi come un sacco sulla sua spalla e rigirandosi a salutare verso la telecamera che ovviamente continua a riprendere.
<<Marc che cazzo fai?>> grido non appena mi lascia andare, nel retro del paddock. Lui sta ridendo come un bambino.
<<Reina ho vinto! Di nuovo! E tu eri nel mio team, eri qui a guardarmi>> dice, con le sue mani che tornano ad afferrarmi il viso. Questa volta mi scosto. Marc ha la capacità di modificare il mio umore con pochi semplici gesti, ed ora sono palesemente incazzata.
Posso stare al gioco per una volta e tenergli l'ombrello in pista, posso aspettarlo al parco chiuso e accoglierlo come un campione merita, anzi no, come lui merita, ma questo è troppo.
<<Ti rendi conto della figura di merda mondiale che mi hai fatto fare? Ora penseranno che solo qui solo perché mi scopro il pilota del momento, non perché sono un grande meccanico e un grande futuro ingegnere>>
Sbotto, allontanandolo con uno spintone quando prova di nuovo ad avvicinarsi. Lo fisso con insistenza, ma lui non cambia espressione. Resta con quel ghigno divertito sul volto, gli occhi accesi.
<<Non ti ho chiesto di scopare, ti ho chiesto un bacio ed è ciò che ho detto>> controbatte, quasi con tono di sfida. Ma oggi sono così sensibile che da una semplice sfida potrebbe diventare una guerra all'ultimo sangue.
<<Non si chiede alla gente di fare sesso, si fa e basta, è una cosa implicita. I baci li puoi chiedere invece e il fatto che tu mi abbia chiesto un bacio implica che tutto il mondo ora penserà che andiamo a letto insieme>>
Il fatto che solo io ricordi che a letto ci siamo stati davvero è un'aggravante che fa salire ancora di più la mia rabbia.
<<Stai sbottando per delle cazzate Reina, e poi neanche i baci si chiedono>>
<<Perché me l'hai chiesto allora? Perché non pensare solo alla gara come tutti gli altri hanno fatto?>>
<<Perché lo volevo! Perché se tu non fossi tu te l'avrei dato e basta, ma ho lasciato a te la scelta perché siccome tu sei tu so che se l'avessi fatto senza che tu lo volessi mi avresti odiato e non avrei potuto gareggiare con questa consapevolezza>>
<<E guarda un po', ti odio comunque>> rispondo, fingendo di non far caso alla parte in cui ha detto che avrebbe davvero voluto baciarmi. Non ha importanza ora, non mi smuove con due paroline dolci.
<<Tu non pensi alle conseguenze, nella mia vita e in quella di Alex, di Eric>> continuo, e sento la voce incrinarsi leggermente quando nomino Alex. Gli voglio così bene che pensare a ciò che proverà quando sentirà l'intervista fa male a me tanto quanto farà male a lui.
<<E se l'avessi fatto per questo?>>
Non gli chiedo neanche cosa voglia dire, non voglio sentire altro. Per fortuna il weekend di gara è finito così come questa improbabile convivenza in un posto che non sia la nostra selva. Questa è la riprova non possiamo vivere in contesti diversi dai nostri soliti, perché se quando corriamo insieme i nostri problemi scompaiono, quando usciamo dal nostro perimetro di felicità non facciamo altro che complicarci la vita.
Lo guardo un'ultima volta. Gli si vede in faccia che si è reso conto della realtà, che ora sta pensando anche lui ad Alex, a me.
Il sorriso gli è morto.
Per questo so che non mi seguirà quando gli do le spalle e muovo i primi passi per allontanarmi da lui.
Eppure la sua mano mi afferra il polso quando metto distanza tra noi.
<<Reina tu sai cosa sei per me>> dice <<ti prego, vieni con me al Gp di Francia, vieni con me a Le Mans>>
Gli volto di nuovo le spalle.
So cosa è lui per me, ma no. Non so cosa sono davvero io per lui.
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