Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

06

→ amarsi

Seungmin, dopo aver salutato il signor Choi, uscì in fretta e furia dallo studio di registrazione dicendo che Jeongin aveva urgentemente bisogno di lui. La verità era che non riusciva a guardare in faccia Hyunjin: era troppo confuso e nel completo panico per rimanere a lungo nella stessa stanza con lui. Non sapeva se avesse capito e onestamente in quel momento nemmeno gli interessava troppo: aveva bisogno di calmarsi e mettere in ordine le idee, soprattutto per prepararsi a dover curare il proprio cuore spezzato.

Si fermò in mezzo al corridoio e si guardò intorno, indeciso su dove andare. Alla fine optò per salire sul tetto: amava particolarmente la vista di Seoul da lassù, riusciva a infondergli una certa tranquillità. Quasi nessuno sapeva di quello che considerava uno dei posti più importanti per lui, il luogo in cui andava ogni qual volta che aveva bisogno di pensare lucidamente, diventando un tutt'uno con il cielo sopra di sé e con la città che gli parlava. Decise di salire le scale, nonostante l'unica cosa che volesse fare era crollare a terra e scoppiare in un pianto ricolmo di tutto il nervosismo e la paura che gli riempivano il petto e la mente.

Dopo circa venti minuti arrivò all'ultimo piano dell'edificio della JYP. Teneva gli occhi fissi sulla porta di metallo dritta davanti a sé, che si avvicinava ad ogni passo. Allungò una mano e la posò sulla maniglia di ferro, la abbassò e spinse; il vento primaverile si scontrò con la sua figura alta. Fece qualche passo avanti, lasciandosi la porta, che si chiuse con un tonfo a causa del vento, alle spalle. Chiuse gli occhi e inspirò quell'aria pulita e calda, godendosi le carezze del sole sul proprio viso: quei tocchi gli scaldavano il petto, gli sembrava quasi che Hyunjin lo stesse coccolando.

Dopo qualche secondo alzò le palpebre e aggrottò le sopracciglia a causa dei forti raggi del sole che lo accecavano. Camminò verso la ringhiera del tetto tenendo una mano davanti agli occhi e poi, quando il suo busto entrò in contatto con l'inferriata che lo proteggeva dal vuoto sotto di lui, osservò attentamente la città che viveva davanti al suo sguardo. Le notti in cui non riusciva a dormire andava nella terrazza del dormitorio e rimaneva a guardare Seoul per molto tempo: la ammirava, cercando di capire a cosa potesse associarla. Dopo settimane che si era strizzato il cervello alla ricerca di qualcosa, aveva trovato una risposta: comparò Seoul al caos primordiale, alla confusione che regnava sovrana prima che gli uomini decidessero di unire le forze per vivere meglio. La stessa confusione che i filosofi occidentali, dei quali aveva sentito parlare a qualche lezione, avevano elogiato per anni, considerandola la forma perfetta dell'essere umano, la sua natura più intrinseca, nascosta e desiderosa di libertà.

Per Seungmin Seoul era un insieme di cellule che cercavano continuamente la loro libertà, rimanendo tuttavia rinchiuse in giorni di ventiquattro ore, settimane, mesi e infine anni. Era un insieme di persone che vedevano la libertà come una corsa mattutina, una passeggiata con gli amici nel parco, un pomeriggio di shopping e una bevuta il sabato sera, sapendo che la domenica avrebbero potuto riposarsi tutta la mattina. Seoul era composta da milioni di esseri viventi, ognuno con i propri lavori, emozioni e passioni; un caos di pensieri che creava un'opera d'arte impossibile da percepire se non ci si fermava un attimo in più a guardare. Quella, per Seungmin, era l'unione del desiderio di libertà di ogni singolo individuo.

Seungmin era così concentrato ad osservare la città che viveva sotto di lui, che non sentì i passi di una figura che, lentamente, si avvicinav. Era così concentrato a pensare a qualsiasi cosa che non fossero i propri sentimenti, che sobbalzò quando una voce pacata arrivò alle sue orecchie. «Sapevo di trovarti qui».

Seungmin non abbe il coraggio di voltarsi: aveva paura di guardarlo negli occhi, di leggervi il disprezzo o, peggio, la confusione perché non aveva capito tutto ciò che quella canzone aveva significato per lui. Non voleva scoprire che i suoi sforzi fossero stati vani, che i suoi sentimenti fossero risultati incomprensibili all'unica persona che avrebbe potuto capirli anche senza parlare. Così rimase in silenzio, timoroso di aprire bocca, con gli occhi lucidi che cercavano un appiglio in una qualsiasi parte della città sotto di lui. Peccato però che sembrava che Seoul avesse deciso di tradirlo proprio in quel momento, di smettere di essere un'opera d'arte da scoprire per mettere Seungmin faccia a faccia con la tempesta che viveva dentro il suo corpo. Il giovane la odiò profondamente per la prima volta.

Hyunjin gli si avvicinò e appoggiò le mani sulla ringhiera, posando lo sguardo sul viso di Seungmin, dominato da un'espressione neutra che nascondeva fin troppo. «Perché sei scappato? Dovevamo andare a prendere un gelato, ricordi?» gli chiese con un piccolo broncio a fior di labbra.

Per Seungmin quella fu la goccia che fece traboccare il vaso ma, non sapeva nemmeno lui come, riuscì a trattenere le lacrime. Hyunjin non aveva capito ciò che provava, non aveva guardato con attenzione i suoi occhi urlargli: «Ti amo» e lui non se la sentiva di continuare a sperare. Non era rimasto più niente per cui valesse la pena continuare ad amare Hyunjin, tanto valeva comportarsi da semplice amico e schiacciare i propri sentimenti fino a ucciderli. Avrebbe sofferto, ma preferiva stare male rimanendo accanto a colui che amava, piuttosto che dichiararsi un'altra volta, mettere in mostra se stesso e rovinare tutto.

«Avevo voglia di stare da solo» rispose Seungmin abbassando lo sguardo sulle proprie mani, strette attorno al bordo della ringhiera. Come aveva fatto a non capire? Si era espresso così male? Amava in modo così sbagliato da risultare incomprensibile agli occhi di colui che poco prima gli aveva detto: «Nessuno potrebbe capirsi meglio di noi due»? Evidentemente sì. Forse non era fatto per amare Hyunjin; forse non se lo meritava perché non era bello quanto lui. Non aveva niente da potergli donare se non il proprio cuore e non era abbastanza.

«Scusami» continuò in un sussurro, cercando di impedire alla propria mente di continuare a pensare. Stava iniziando a fargli male la testa e tutte le parole che gironzolavano nella sua anima sembravano pregarlo di piangere e di sfogarsi, perché non ce la facevano più a rimanere lì dentro. Gli chiedevano di essere liberate tramite le lacrime, perché evidentemente con una canzone non era stato abbastanza.

Abbastanza. Questa parola premeva nella sua testa, nella sua mente, scritta in grassetto. Era una parola così triste, secondo lui, perché significava che c'era qualcosa che mancava, qualcosa che lui non poteva dare a nessuno, soprattutto non a Hyunjin, l'unica persona alla quale voleva dare tutto. Ma non era abbastanza, non aveva abbastanza qualità per poter permettersi di donargli qualcosa. Era inutile, una nullità. Non riusciva a farsi capire, figuriamoci se fosse riuscito ad amare Hyunjin e a renderlo felice.

Eppure, pensava un'altra parte quella sua mente, quella più tranquilla e lucida, Seungmin lo aveva reso almeno un po' felice. Gli era stato accanto, prendendosi cura di lui; lo aveva ascoltato fino a tarda notte parlare di tutto ciò che gli passava per la mente senza farlo sentire di troppo; gli aveva preso i suoi dolci preferiti perché gli andava e desiderava vedere uno dei suoi sorrisoni; lo aveva accompagnato a comprare qualcosa anche quando non aveva voglia di uscire, senza pensarci due volte. Seungmin aveva fatto tutte queste cose e anche di più, e ogni piccolezza aveva causato un sorriso sul volto di Hyunjin. Se quello non era abbastanza per renderlo felice, allora cos'altro poteva fare?

«Sappi che sei uno stronzo».

Seungmin sgranò gli occhi nel sentire quelle parole e si voltò di scatto verso Hyunjin, che stava osservando Seoul con un'espressione seria dipinta sul viso. «P-Perché?» domandò cercando di non fare caso al rumore assordante che producevano le crepe formatosi sul proprio cuore. Aveva sempre fatto di tutto per renderlo felice, quindi perché adesso si sentiva dire che era uno stronzo? Cosa aveva sbagliato? Forse c'entrava la loro uscita. «Se ti riferisci al gelato, mi dispiace. Se vuoi possiamo andarci adesso».

Hyunjin sospirò e scosse il capo. «No, non penso sia una buona idea ormai» continuò, senza sapere che ogni parola era un pugno al cuore del povero Seungmin, che non sapeva quanto ancora avrebbe potuto resistere a tutti quei colpi. «E poi non mi riferivo a quello».

Seungmin deglutì: peggio ancora, significava che aveva fatto qualcosa senza accorgersene che aveva ferito profondamente Hyunjin e già si odiava, senza nemmeno sapere cosa fosse realmente successo. «E allora a cosa?»

«Mi hai fatto promettere di non abbandonarti e poi sei stato tu a scappare per primo» disse Hyunjin guardandolo dritto negli occhi, questa volta con un piccolo sorriso a fior di labbra. «È stato sleale, Kim».

Seungmin giurò di aver sentito il proprio cuore tirare un sospiro di sollievo. «Oh, mi dispiace» mormorò e distolse lo sguardo da quello profondo del ragazzo che aveva di fronte: lo metteva in soggezione e lo faceva sentire ancora più patetico di quanto già non fosse. Continuava a sperare che ci fosse qualcos'altro, che Hyunjin non fosse venuto lì solamente per rimproverarlo riguardo la loro uscita.

«Perché sei scappato nonostante ti avessi promesso che non ti avrei abbandonato?» gli domandò Hyunjin.

Seungmin perse un battito e sentì il fiato bloccarsi all'altezza del petto, lo stomaco vuoto e la testa riempirsi di ancora più dubbi. Non riusciva a capire quale filo logico stesse seguendo Hyunjin, il motivo di tutte quelle domande che andavano sempre a punzecchiare la parte più fragile del minore, quella in cui vi erano i suoi sentimenti. Voleva urlargli di smetterla di parlare, ma una parte di se stesso voleva continuare la conversazione per scoprire dove avrebbe portato, anche a costo di distruggersi in mille pezzi.

«Te l'ho detto: avevo voglia di rimanere solo».

Hyunjin lo guardò male, anche se non poteva essere preso sul serio con quel broncio a increspargli le labbra. «Perché continui a mentirmi, mh?»

Seungmin deglutì: era seriamente tentato di tornare nel dormitorio, preparare una valigia e prendere il primo biglietto che gli capitava sotto gli occhi, per poi scappare in un posto che non conosceva e non vedere più nessuno. Tuttavia decise di rimanere, perché era ancora accesa la piccola speranza che Hyunjin avesse capito i sentimenti che provava nei suoi confronti e, soprattutto, ricambiasse. «Non sto mentendo».

Hyunjin ridacchiò e alzò le spalle. «Come dici tu» replicò e si voltò, tornando a prestare attenzione a Seoul che, sotto di loro, continuava a vivere tranquillamente. Sorrise quando i suoi occhi si posarono sul fiume Han, uno dei suoi posti preferiti nel quale passeggiare. «È bellissima, vero?»

«Fin troppo» rispose Seungmin, anche se non si stava riferendo a Seoul: i suoi occhi erano posati sul profilo rilassato e tranquillo di Hyunjin e osservavano minuziosamente i dettagli che ormai sapeva a memoria, ma dei quali non si sarebbe mai stancato. Avrebbe voluto avere il coraggio per dirgli: «Tu sei più bello», ma rimase in silenzio a godersi quella vista.

A interrompere quella calma fu, ancora una volta, Hyunjin. «Anche tu sei bellissimo» disse semplicemente.

Seungmin per un attimo pensò di aver capito male, ma quando gli occhi di Hyunjin, sereni, incontrarono i suoi, capì che quelle parole erano state pronunciate davvero. Non seppe spiegarsi ciò che stava accadendo all'interno del proprio corpo: si sentiva vuoto e pieno allo stesso momento e non era sicuro che fosse una cosa molto normale. «C-Cosa?» fu l'unica cosa che uscì dalle sue labbra, anche se in testa aveva miliardi di parole migliori da poter usare.

Hyunjin sorrise e gli si avvicinò, fermandosi a pochi centimetri da lui. Abbassò lo sguardo sulla mano di Seungmin ancora avvinghiata alla ringhiera, e poi la strinse con la propria. «Ho detto che sei bellissimo» ripeté con ancora più sicurezza, alzando gli occhi sul viso rosso di Seungmin, e gli accarezzò una guancia con dolcezza. «Sei la creatura più pura e bella che io abbia mai visto e sono così felice di averti incontrato» continuò e le sue dita si fermarono sopra le labbra del minore. «Non potrei mai abbandonarti, Seungmin, perché ti amo anche io».

Seungmin non riuscì a trattenere le lacrime, che iniziarono a cadergli dagli occhi. «Davvero?» domandò in un sussurro e quando Hyunjin annuì con l'ennesimo sorriso, il suo cuore perse innumerevoli battiti. Improvvisamente però si sentì mille volte più insicuro e abbassò il capo. «Non devi mentirmi solo perché non vuoi farmi stare male. Lo capirei se non ti piacessi, non sono bello come te» mormorò.

Hyunjin gli prese le guance fra le mani e lo costrinse ad alzare la testa per appoggiare la fronte contro la sua: i loro respiri si mischiarono ed entrambi pensarono di essere in Paradiso. «Infatti non mi piaci, Minnie. Io ti amo ed è molto diverso» rispose e sorrise nel vedere le guance di Seungmin imporporarsi. «E se ti chiedi il motivo... Be', ce ne sono troppi da poterli elencare in una sola giornata, forse anni non basterebbero, ma proverò a fartelo capire». Fece una piccola pausa e chiuse gli occhi per concentrarsi. «Quando sono con te mi sento come sulle montagne russe: ogni carezza e ogni sguardo fanno ballare la macarena ai miei organi interni, che impazziscono completamente. Allo stesso tempo, però, mi sembra di essere sdraiato in mezzo a un prato enorme, il sole tiepido che colpisce il mio viso, circondato da tanti fiori profumati. E ancora mi sembra di essere a casa, quando fuori piove e ti metti a guardare la pioggia dalla finestra con una cioccolata calda in mano e una coperta addosso». Hyunjin riaprì gli occhi. «Adesso hai capito?»

Seungmin sorrise e appoggiò le mani sopra quelle di Hyunjin, ancora strette alle sue guance, riprendendo a piangere. «Ti amo così tanto, Jinnie» mormorò e, con lo stesso coraggio che aveva tirato fuori nello studio di registrazione, fece scontrare le loro labbra in un bacio che fu subito ricambiato.

Baciare Hyunjin era come tuffarsi nell'acqua congelata e sentire la pelle venire percorsa da brividi continui; era come ballare sotto la pioggia percependo la libertà scorrere nelle vene; era come sdraiarsi sul letto dopo una giornata faticosa e come cantare a squarciagola una canzone allegra. Era tutte queste cose e anche di più e Seungmin capì subito che quella sarebbe stata la sua unica dipendenza per il resto della vita.

Quando i due si staccarono, Hyunjin lasciò un tenero bacio nel naso di Seungmin. «Un giorno riuscirò a farti capire quanto sei bello ai miei occhi» mormorò e appoggiò nuovamente le proprie labbra su quelle del minore, che pensava di potersi mettere a piangere per la terza volta nel giro di pochi minuti.

E quella sera, quando Hyunjin e Seungmin tornarono nel dormitorio mano nella mano, i loro amici iniziarono a gridare un: «Siamo i nuovi Cupido!», facendo subito imbarazzare la giovane coppia. Tuttavia, sia Hyunjin che Seungmin si trovarono d'accordo su una cosa: senza di loro, senza gli Stray Kids, niente di tutto questo sarebbe successo. Erano stati i loro amici a spronarli, a portarli a credere nei loro sentimenti, e poco gli importava se Minho e Jeongin avessero appena vinto dei soldi su una scommessa fatta proprio su loro due.

fine

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro