4- Judge
"Nessun mostro potrà mai diventare un giudice. Quello del giudice è un ruolo destinato solo a chi è giusto e perfetto"
In quella stanza angusta e lugubre Dina rise piano, pensando al ricordo di suo padre.
«Hai ragione. E io sono di gran lunga migliore di te...»
Poi indicò uno dei tanti cadaveri all'interno di quella stanza enorme e totalmente rossa, che permetteva di concentrare l'attenzione sulla veste ancora immacolata della bionda.
«E di te!» - ne indicò un altro, mentre sul suo viso andava disegnandosi un mezzo sorriso.
Si voltò puntando il suo dito in ogni direzione, così veloce da renderlo quasi invisibile.
«E di te, e di te, e di te, e di te, e di te, E DI TE!»
Scoppiò in una risata sguaiata, mentre i suoi occhi completamente neri potevano vedere, con una facilità impressionante e una quantità mostruosa di dettagli, ogni organo riversato sul suolo, ogni traccia di sangue impuro, ogni essere malvagio che aveva osato occupare quel mondo - ancora da perfezionare... - e respirare la stessa aria degli angeli.
'E ora, invece, guardali!
Hanno ingannato con la loro astuzia e ora stanno soffocando nel loro stesso male!'
Rise ancora fino allo sfinimento, auto-abbracciandosi e portando la testa all'indietro, capovolgendo la sua visuale fino a perdere l'equilibrio e trovarsi stesa sul pavimento imbrattato di rosso, rosso che non l'aveva mai minimamente sporcata.
'Questo sangue non mi contaminerà.
Io... Io sono la salvatrice di questo mondo, l'unica e la sola.
Io sto facendo del bene, non c'è nulla di sbagliato in tutto ciò.
Non c'è nulla di sbagliato se io dico che non lo è.
Sono un giudice e se dico che questo è il modo giusto per salvare il mondo dalle tenebre, allora sarà tale...'
E, con le sue stesse braccia che la avvolgevano, la veste bianca e quel sorriso sul volto, non sembrava altro che una paziente di un manicomio con una camicia di forza.
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°-°×_×_×_×°-°
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Dopo aver chiuso dietro di sé la porta della sua stanza, Astrid si mise a ballare sfrenatamente cercando, con scarsi risultati, di fare piano.
›Non... Non posso crederci!
Ho incontrato un'altra pazza-sclerata come me!
Ridacchiò, decidendo finalmente di darsi una calmata e stendersi sul letto.
›Avrò qualcuno che rasserenerà le mie giornate per tutto il tempo che starò qui.
Già... Per tutto il tempo...
Si sdraiò su di un fianco tirando fuori il cellulare e controllando rapidamente le notifiche.
-Nessun nuovo messaggio.-
Si ritrovò a sospirare, mentre lo buttava dalla parte opposta del letto, che scricchiolò leggermente sotto il peso di piuma dell'aggeggio elettronico.
›Ma sì, in fondo ho solamente attraversato il mare per arrivare dove sono ora, entrare in questo sottospecie di College in cui tutti parlano troppo in fretta perché io possa capirli nella loro lingua, per di più nel bel mezzo dell'anno scolastico che è quasi finito e che io sono costretta a ripetere per mancanza di valutazioni, dato che ora come ora mi è impossibile riprendere il programma!
Si buttò sul cuscino, annoiata.
›E, sentiamo, secondo questi imbecilli, io cosa dovrei fare mentre tutti gli altri studiano?
Dovrei perdere l'anno scolastico così?
Sospirò, mentre i suoi occhi chiari diventavano lucidi.
›Solo perché loro non possono occuparsi di me...?
Si rese conto di sentire un bisogno, un bisogno di fare qualcosa. Ma cosa?
Forse aveva bisogno di andarsene da lì, quello non era un posto per lei, lontano da tutto ciò che aveva di importante.
Non era felice lì, non era ciò che voleva.
Forse aveva bisogno di scappare...
O, forse, aveva solo bisogno di restare.
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Jack si limitò a osservare la scenetta per qualche attimo ancora, aspettando con un grande sorriso il momento giusto per intervenire.
La piccola Sally strisciò nella sua stanza buia singhiozzando e iniziando a chiamare, con voce flebile, il suo unico amico.
«Jack... Jack, rispondimi, ti prego...»
Mentre la bambina dai grandi occhi verdi continuava a piagnucolare, il clown monocromatico sogghignava, nascosto nelle tenebre.
Gli piaceva.
Oh, come gli piaceva!
Gli piaceva così tanto quando tutti reclamavano la sua attenzione, quando tutti lo cercavano, lo desideravano come fosse l'unico in grado di aggiustare tutti i loro problemi.
Gli piaceva così tanto farsi pregare.
Quasi gli scappò una risatina, che soffocò mordendosi la lingua.
In fondo, basta solo offrire una stupida caramellina e un abbraccio, che il gioco è fatto!
«Jack, Jack... Non mi abbandonare, ti prego...»
Dopo aver udito altre lamentele per qualche altro secondo, Jack pensò di averne abbastanza. Si fece strada nell'ombra, per poi abbassarsi fino all'altezza di Sally.
«Che c'è, mia piccola e dolce Lily?» chiese gentilmente la figura in bianco e nero, inclinando la testa, come se non conoscesse il motivo della disperazione della piccola.
Sally gli venne subito incontro abbracciandolo e scoppiando nuovamente in un pianto sommesso, stravolta. Jack prese ad accarezzarle la testa con i suoi lunghi artigli oscuri, sproporzionati, con fare dolce, mentre, in realtà, pensava solo al momento in cui avrebbe lacerato la tenera carne di quell'ingenua bambina, a quando avrebbe assaporato il suo sangue zuccherato, a quando avrebbe sentito le sue vere urla, perché non sarebbe più stata in grado di trattenerle.
Mai più.
Oh, in quel momento l'avrebbe stretta a sé talmente forte da farle saltare tutti gli organi!
«Non avere più paura, mia dolce principessa...»
Sally non sentì più il suo calore, cadde in ginocchio sul freddo pavimento e si accorse con sgomento di star stringendo il nulla.
Un'ombra sul soffitto poco sopra di lei stava diventando tridimensionale, si allungava verso di lei. In poco tempo Jack penzolava dal soffitto, a testa in giù, come un acrobata; proprio alle sue spalle, vicino al suo viso.
Lui si rigirò per qualche attimo una caramella tra le mani, per poi lasciarla cadere silenziosamente.
...abbi terrore...
«...Jackie ti proteggerà per sempre e non ti abbandonerà mai.»
La figura in bianco e nero, che sembrava un'unica cosa insieme al buio, coprì gli occhi ghiacciati e stanchi di Sally con le sue grandi mani affilate.
Ridacchiò piano.
«Dimmi, ti fidi del tuo principe monocromatico?» chiese, piegandosi in modo innaturale per raggiungere il suolo e capovolgersi nuovamente, mentre la bambina dai lunghi capelli castani si accingeva a rispondere.
Sally annuì toccando con le sue manine quelle del clown.
«C-Certo, tu sei il mio migliore amico! Non m'importa niente del tuo aspetto, non è vero che sei orribile. N... Non m'importa se i tuoi colori non ci sono più, se a volte non vieni da me quando ho bisogno di te, quando lo zio Johnny...» - ebbe un'esitazione, poi continuò. «Non m'importa se ti nascondi nel buio come i mostri, perché non lo sei. Jack, sei il mio migliore ed unico amico, lo sarai sempre...»
Sally sorrise, mentre le mani artigliate di Jack si bagnavano delle sue lacrime.
«Ti voglio tanto bene, Jack!»
La figura scura - perché in penombra - del clown era rimasta immobile ad ascoltare. Jack, che in un primo momento era rimasto quasi un misto tra interdetto e apatico, ricambiò il sorriso.
Non con lo stesso sorriso della piccola castana.
Quello era un sorriso diabolico, malato e disturbante, tanto esteso da potergli deturpare il volto.
Un sorriso silenzioso, invisibile agli occhi di Sally.
Ho la sua completa fiducia, Isaac...!
«Ti ho lasciato una caramella alla fragola, principessa» mormorò Jack, prima di abbandonare la stanza e scomparire nella notte cupa.
Proprio come mi fidavo io di te, Isaac! Eheheh
Sally rimase in ginocchio a fissare il pavimento con sguardo perso, finché non si riscosse e si voltò per prendere il regalino zuccherato che le aveva lasciato il clown senza colori.
Dopo aver scartato e assaporato la dolcezza immensa di quella squisitezza, Sally notò un'altra delle solite scritte sulla carta ancora appiccicosa e zuccherosa.
"Il karma verrà presto a pareggiare il suo debito".
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