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10- Delirium

"Spesso si incontra il proprio destino nella via che si era presa per evitarlo."

...non è forse così?

Guardando la scena, pensò che fosse un bel teatrino.

Il Suo teatrino.

Dove tutto andava come Lui voleva che andasse.

Nessuno poteva fare niente per evitarlo.

E, intendiamoci, proprio nessuno!

Né l'elfetto strambo, né il demone narcisista che si dava fin troppe arie, né il clown manipolatore, né la ragazzine sacrificali, né la giustiziera spericolata, né lo sfigurato dal bel sorrisino, né la vendicatrice mancata, né... be', tutti gli altri, sì.

I suoi pensieri si intrecciarono in qualcosa che nella lingua umana suonerebbe come...

'La vera bellezza del tutto non è vedere le marionette fare quello che gli si dice, oh no. Sarebbe noioso e ripetitivo... Non è questo il divertimento. È osservare come "non" stanno al proprio posto. Perché, diciamolo, chi mai si abbandonerebbe al proprio "destino" senza tentare? Tutti si fionderebbero a combatterlo cercando di invertire i ruoli. Probabilmente. È ovvio ci siano delle eccezioni.'

Le Sue bambole speciali.

-Φ¤Φ-

Dopo aver fissato il nulla per un tempo indefinito, persa nella sua mente, Dina strillò e lanciò la spada per terra senza pensarci. L'impatto di questa col suolo provocò un suono sordo e la sua mente venne invasa da mille eco.

Subito dopo Jane, come improvvisamente scossa, si fece avanti. Sembrava le ci fosse voluto molto per farlo e la sua espressione risoluta sotto la maschera tradiva un certa insicurezza.

Stai attenta, Jane

«Dina. Dina, ti devo parlare.»

Dina la guardò con un'ombra di stizza - d'altronde la mora aveva appena interrotto il fluire dei suoi pensieri -, ma la incoraggiò a sputare il rospo con un cenno del capo.

«Non siamo da sole in questo "posto".»

Dina parve pensarci; poi si illuminò cambiando improvvisamente atteggiamento.

«Uhm. Hai ragione. Sì, lo so, sono piuttosto aggressivi, ma tu hai me!» L'angelo ammiccò facendo volteggiare la spada.

«A qualunque cosa tu ti stia riferendo, non parlo di questo.»

«Ah no?»

«C'è una bambina. Voglio dire... c'era. È successo qualche ora fa, credo. Non so che fine abbia fatto.»

«Come? Dove?»

«Era poco distante da noi. Qualche metro più in là. Mi ha guardata.»

Dina la guardò scettica coi suoi occhi neri inarcando un sopracciglio. Sembrava non sapesse se prenderla sul ridere o seriamente.

Jane continuò, apparentemente titubante: «Vedi... prima quando mi sono addormentata l'ho sognata. Ha detto che c'è qualcuno... qualcuno che vuole prendermi. E che c'è qualcosa di importante che devo ricordare prima che sia troppo tardi. E... e questo ha a che fare con Jeff... Dina... secondo te, cosa vuol dire?»

«Secondo me, vuol dire solo che stai dando di matto, amica.»

«Uhm?»

Dina la guardò comprensiva mettendole una mano sulla spalla.

'Questo vuol dire che la stanno cercando... non può andare così. Non deve ricordare. Lei non deve sapere niente di questa storia, sarebbe un suicidio...!
Sally... ma cosa le salta in mente? È totalmente pazza? No, in fondo è solo una bambina, non capisce. Devo convincerla a non fare il loro gioco prima che condizioni la mente di Jane.
Sempre che non l'abbia già fatto...'

«Quel giorno ti ho giurato di portarlo all'Inferno. Ricordi? Ce la faremo, Jane. Questo sogno sta a significare che sei così ossessionata dalla vendetta da arrivare a sognare di lui, evidentemente. Solo questo. Non c'è niente da ricordare.»

«E la bambina allora?»

«Tu hai gli occhi verdi. E i capelli castani. Come lei. È un ricordo di te da piccola, per forza.» (*)

«Dina... come fai a sapere che lei ha gli occhi verdi e i capelli castani?»

Il cuore di Dina perse un battito, forse anche più di uno.

Una bugia, una bugia qualunque. Poteva, doveva tirare fuori una bugia qualsiasi.

'È davvero giusto mentirle?'

Jane, fai attenzione a Dina. Lei ti mente

Era per il suo bene.

'Mentire è un male. Non posso continuare a farlo.'

L'aveva fatto altre volte.

'Mentire è un male.'

Era solo ed esclusivamente per il bene di Jane.
Il fine giustifica i mezzi.
Era per un bene maggiore.

'Va davvero bene fare male per un bene maggiore? Sì... sì che va bene. Che cosa mi stava venendo in mente? L'unica cosa che va bene per davvero viene stabilita dal giudice. E io sono il Giudice Assoluto. E io dico che fare male per un bene maggiore va bene ed è giusto.'

Quindi lo fece.

«Ecco... l'ho vista anch'io. Credevo mi avresti preso per pazza, per cui non te ne ho parlato. Sei arrabbiata con me?»

Jane stette a guardarla per qualche secondo.

'Ti prego, credimi.'

Lei mente. Ne hai avuta la dimostrazione.
Mente, ma per una buona causa. Quindi fallo anche tu, mentile anche tu, Jane.
È importante che tu mi ascolti

«Ti credo.»

«Questo vuol dire che hai pensato che io potessi mentirti?»

Jane non le rispose subito.

«No. Volevo solo che ti fosse chiaro.»

-Φ¤Φ-

Helen non odiava sua sorella. Era costretto, per necessità, ad adottare con lei quel tipo di comportamento. Quel modo di agire e di parlare che non gli apparteneva, che non aveva niente a che vedere con lui.

O, meglio, era stato costretto.

Non lo sarebbe più stato.

Il tutto stava degenerando, e quella che era stata la sua copertura, la sua maschera, non bastava più. Non poteva più bastare.

Avrebbe protetto sua sorella, non gli importavano i mezzi o le conseguenze.

Mise in moto il motore sfrecciando per le strade e mettendo, invece, un freno ai suoi pensieri: era diretto in un luogo che conosceva fin troppo bene, un luogo in cui pensava non avrebbe più fatto ritorno.

«Se non arriverò in tempo, mi sbatteranno la porta in faccia... e potrò dire addio a un domani "sereno"» bisbigliò tra sé, con nervosismo. Ormai ci aveva fatto l'abitudine a parlare da solo, e pensava non ci fosse nulla di male, in fondo.

Premette il pedale dell'acceleratore e la scintilla nei suoi occhi azzurri lo elettrizzò.

-Φ¤Φ-

Astrid aveva un comportamento sempre più strano in quell'ultimo periodo. Rimaneva sempre chiusa nella sua stanza senza rivolgere la parola a nessuno, neppure a Gloria. Quest'ultima, essendo preoccupata per lei, aveva cercato quasi ogni giorno di avere contatti con lei bussando alla sua porta o provando a entrare. Gli insegnanti e tutti gli altri sembravano non volerne semplicemente sapere niente, nonostante li avesse informati più di una volta di quella situazione confidando nell'aiuto di un adulto.

Nulla di tutto quello era stato di alcuna utilità.

'Qualunque cosa accada in questo College è una loro responsabilità. Come possono non interessarsi ad Astrid?! Come possono permettersi una cosa simile?!

Una volta aveva pensato anche di mettersi davanti alla porta a urlare fino a quando la bionda non fosse uscita.

Anche quella sera, in quel momento, seduta sul pavimento con la schiena appoggiata alla porta e lo sguardo agitato, era tentata di farlo.

Quindi, con voce calma, tentò di ponderare le parole, tremolante. Mentre le parlava, pensava a come fossero legate solo qualche settimana prima e a come la bionda si fosse allontanata da lei di colpo, letteralmente.

Ogni volta che si avvicinava a quella stanza era intimorita. No, era più che semplicemente intimorita: la vicinanza con la porta la metteva in uno stato d'ansia e paura, e faceva riaffiorare i ricordi della sera in cui oltre quella porta aveva trovato lo spaventoso e macabro clown.

'Sono passate solo poche settimane da quando è successo... e da quel momento lei è cambiata da così a così. Come fa una persona a cambiare così all'improvviso? Com'è possibile? Se fosse stato per quello che ho detto...? No, non è possibile, non è per quello. E allora cosa?

Quell' "incontro" lo aveva subito categorizzato come un incubo e, quindi, come una cosa irreale.

'Eppure...

'So che è dietro la porta un'altra volta.
So che mi sta parlando.
Non mi interessa quello che dice.
Non sto ascoltando le sue parole.

Laughing Jack stava osservando - come faceva sempre - quella scena sinceramente divertito e incuriosito. Era così divertente ascoltare i loro pensieri e vedere le loro diverse reazioni!

La "ribelle" nega di nuovo l'esistenza di tutto, ancorandosi alla sua realtà.
Invece, la mia dolce ciliegia è così immersa nella mia realtà, nella realtà reale a cui le ho dato accesso, nel mio entusiasmante circo... Ah~, so che si divertirà, si divertirà per forza. Chi non si diverte?

Il clown, nient'altro che un'ombra nera e slanciata sulla parete, poteva vedere perfettamente le macchie di sangue in risalto sulla moquette chiara. All'inizio erano piccole goccioline, ma ora Astrid stava esagerando.

"Quando vorrai chiamarmi, versa un po' del tuo sangue"

Così le aveva detto, quel giorno. Ovviamente lui avrebbe potuto rispondere al richiamo.

Doveva sentirsi sola e abbandonata, probabilmente. Voleva osservare ancora per un altro po'. Avrebbe cominciato a supplicarlo di venire lì? Si sarebbe messa a piangere? Cosa avrebbe fatto? Quale sarebbe stata la sua reazione se lui avesse aspettato ancora?

Per ogni volta che faceva quel giochetto, c'era sempre una reazione diversa.

Cominciò a ridere per l'esaltazione - fintanto che non lasciava che loro lo vedessero o sentissero non era di certo un problema~ -.

Quanto gli piaceva farsi pregare.

Ti stai lentamente dissanguando giorno dopo giorno... stai facendo tutto questo per me? Che dolce.

Dalla sua bocca uscì un altro risolino mentre si dondolava lentamente nel buio.

Brava, dolce ciliegia. Richiama l'elfo malefico per me. Attiralo col tuo sangue innocente che stai riversando di tua sola iniziativa! È questo ciò di cui ha bisogno ed è questo che gli sto proponendo!

Il suo sorriso si allargò a dismisura mentre continuava ad ascoltare avidamente i loro pensieri in rapida successione continuare a intrecciarsi. Chiunque altro avrebbe perso la calma e avrebbe iniziato a dare i numeri per il ritmo eccessivo delle loro parole tutte in contrapposizione tra di loro.

'Jack... non mi abbandonare...

Lo stesso sorriso si affievolì appena.

«Jack... perché mi stai lasciando da sola? Avevi detto che saresti tornato...!»

«Jack...? Come hai detto...? Astrid, che stai...?»

La sua espressione rimase invariata e lui non si mosse per qualche secondo.

Astrid aveva avuto la stessa reazione della bambina. Questo non gli piacque affatto.

Oppure era qualcos'altro? Cosa aveva fatto sì che quel sorriso si accorciasse? Era solo l'insoddisfazione?

Io non sono Jill. Lei non è me. Noi siamo diversi. Queste parole non hanno alcun effetto su di me. Capisci, Isaac?~
Eh eh~

Fece schioccare le lunghe dita artigliate e, in quel momento, Astrid poté vederlo.

Poté vedere quello sguardo gelido fisso come un chiodo su di lei; la osservava dall'alto, quel viso bianco girato a tre quarti, in penombra. Con quel naso a cono che le aveva sempre ricordato un gelato appena più sopra della sua bocca semiaperta, da cui intravedeva la serie di denti bianchi e affilati. Il suo corpo snodato e innaturale era dritto in piedi e il suo capo quasi toccava il soffitto, tanto che era alto rispetto a una persona, così come le sue unghie nere e macabre quasi raschiavano la moquette.

Tutto di quell'essere esprimeva un freddo glaciale, quel freddo che fa tremare.


(*): Secondo la sua storia, Jane, prima di bruciare viva per mano di Jeff e nascondere il suo viso dietro a una maschera, aveva i capelli castani e gli occhi verdi.

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