_ Why me? _
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"Lo sapevi che lo scrittore Primo Levi è morto suicida?"
"Chi?" domandò Hoseok, voltandosi con sguardo perplesso verso il suo leader.
"Primo Levi. Uno scrittore italiano di origine ebraica. Venne deportato ad Auschwitz nel 1943, dove rimase fino alla fine della guerra."
Il ballerino seduto accanto al letto sembrò ponderare per alcuni attimi le informazioni appena ricevute, e poi inclinò la testa a destra.
"E per quale motivo si è suicidato?"
Namjoon sospirò leggermente, per poi appoggiare sulle gambe l'Ipad che teneva stretto tra le dita.
"In realtà c'è un grosso dibattito sulla sua morte... Molti studiosi non credono nemmeno che sia morto suicida, ma leggendo la sua storia e i suoi libri, io pensò che si portasse dietro un peso enorme. E i pesi enormi, si sa, alla fine ti schiacciano." commentò spostando lo sguardo sulle sue dita, ricordando come il giorno prima, in quel corridoio dalla luce bluastra, avessero tremato come foglie al vento.
I suoi pesi enormi si erano presentati all'improvviso e avevano impedito al suo corpo di funzionare normalmente, spaventandolo a morte.
Hoseok non commentò, aspettando che il suo leader continuasse il racconto.
"Sto leggendo una delle sue opere. Si intitola 'I sommersi e i salvati' ed è l'ultima opera che scrisse prima di morire. Il libro parla principalmente della volontà del regime nazista di cancellare ogni traccia delle atrocità compiute nei lager e della tendenza del pubblico a sminuire quanto accaduto e a rifiutare l'idea della loro esistenza. Orribile, vero? Così tante vite perse e distrutte, eppure ci sono persone che non vogliono riconoscere la verità."
Il ballerino si limitò ad annuire.
"Però in tutte le cose orrende che sono scritte in questo libro, c'è una domanda che mi assilla da giorni. Nel terzo capitolo, Levi pone un quesito che lo ha tormentato per tutta la sua vita e che riassume in due parole tutta la tragedia dei sopravvissuti a quell'orrore. È una domanda di semplice costruzione grammaticale, ma che ha un impatto emotivo pazzesco. 'Perché io?'. Due parole, nessun verbo, eppure lo strazio che si portano dietro straborda dal loro significato."
Hoseok rimase in silenzio per qualche secondo, ponderando tutto ciò che aveva ascoltato.
Jin gli aveva riferito lo stato confusionale e depressivo in cui aveva trovato Namjoon la sera precedente, ma non si aspettava che questa cosa si sarebbe ripercossa sul suo leader anche dopo il termine degli effetti del sedativo.
Eppure, eccolo qui. Lo stoico Kim Namjoon, leader loquace dei Bangtan, consumato da una tristezza silenziosa che lo stava cambiando profondamente.
"È così che ti senti? Quelle due parole ti fanno quell'effetto?" domandò quindi il ballerino.
Namjoon scosse leggermente la testa e poi sollevò lo sguardo verso il suo compagno, mostrando gli occhi scuri pieni di lacrime.
"Non lo so Hoseok. Ieri sera, prima di andare a vedere Gaia, pensavo che avrei ricominciato a vivere come prima, non appena il mio corpo fosse guarito. Pensavo che mi sarei portato dietro un po' di tristezza e di paura per quello che ho vissuto, ma ora, dopo che il mio corpo ha reagito in quel modo così violento, penso che il bagaglio che mi trascinerò sulle spalle sarà molto più grande del previsto." Spiegò con un leggero tremolio nella voce.
Spezzato.
Questo era il termine adatto per descrivere il Namjoon che Hoseok stava osservando.
Un termine crudo, violento ed estremo, ma che raccontava perfettamente quell'angoscia che traspariva dalle iridi acquose del suo leader.
Cosa si dice ad una persona che ha rischiato la vita in un evento traumatico?
Andrà tutto bene?
Ce la farai?
Sii positivo?
Cosa ci si può aspettare dalla mente traumatizzata di un sopravvissuto?
Certo, Namjoon era forte ed era capace di fare un'analisi critica delle situazioni che si trovava ad affrontare, ma la paura di quei ricordi sarebbe stata difficile da razionalizzare ed accettare.
La paura, si sa, distrugge ogni pensiero razionale.
Anche Hoseok, nel suo piccolo, sapeva che il rapper avrebbe avuto difficoltà a voltare pagina e che, probabilmente, non ci sarebbe mai riuscito.
Come aiutare una persona traumatizzata a superare ciò di cui ha paura?
All'improvviso, un pensiero gli colpì la mente.
"Tu hai paura che finirai come questo scrittore italiano di cui mi hai parlato?" gli chiese con voce incerta, osservando Namjoon tremare leggermente in risposta.
Il silenzio che calò tra di loro negli istanti successivi, congelò al ballerino il sangue nelle vene.
Namjoon aveva meditato sul suicidio.
Quel pensiero terrificante si fece spazio nella sua anima, bloccando il respiro nei suoi polmoni.
Namjoon, intrappolato nel suo letto di ospedale, evitò lo sguardo del suo compagno, deglutendo a vuoto.
Quel peso sul petto che lo accompagnava da quando si era svegliato in quell'ospedale si fece notare, schiacciandogli lo sterno con cattiveria e facendogli incurvare leggermente la schiena in avanti.
"E se non ce la facessi Hobi?" domandò quasi sottovoce "E se i sensi di colpa nei confronti di Gaia, Seojun e tutte le altre vittime mi schiacciassero senza pietà?"
Hoseok non seppe cosa rispondere e rimase in silenzio, mentre una mano, congelata dalla paura, si mosse verso quella sana di Namjoon, che ora stringeva con forza le lenzuola.
Il leader la scostò bruscamente, mentre lacrime di rabbia iniziarono a scendere sul viso leggermente arrossato.
"Perché io? Perché hanno deciso che la mia vita valesse più di qualsiasi altra persona sotto quelle macerie? PERCHÉ IO RESPIRO MENTRE TUTTI GLI ALTRI SONO TRE METRI SOTTO TERRA?" urlò il ragazzo disperato, per poi iniziare a respirare in maniera accelerata.
Come il pomeriggio precedente, i suoi polmoni bruciarono senza pietà e il cuore prese a galoppare con forza, riempiendo le orecchie del rapper di un rumore ritmico e rimbombante.
Una fitta si sparse per tutto il suo petto, costringendolo a portare una mano allo sterno, nel vano tentativo di contenere il dolore.
Il suono straziante che gli scappò dalla bocca, fece tremare gli organi interni del ballerino seduto accanto a lui.
Hoseok si lanciò sul campanello di chiamata delle infermiere e in meno di un minuto la donna dal caschetto ramato comparve sulla porta.
Le bastò un'occhiata al paziente per capire che, ancora una volta, il ragazzo era stato colpito da un forte attacco di panico.
Per cui, con risoluzione, preparò una siringa di sedativo e la somministro al giovane, per poi assisterlo durante la perdita di coscienza.
"Ti porto un tè caldo, Hoseok?" chiese al ragazzo seduto accanto al letto.
Il ballerino aveva ancora gli occhi spalancati e tremava leggermente, mentre osservava, con sguardo vacuo, il volto ormai rilassato del suo leader.
La donna annuì con sguardo dispiaciuto, per poi sparire al di là della porta bianca.
Quando tornò con una tazza tra le mani, il ragazzo aveva ancora gli occhi puntati su Namjoon, ma sembrava più cosciente della realtà intorno a lui.
Il giovane accettò con un cenno del capo il tè fumante e poi si voltò nuovamente verso il suo compagno addormentato.
"Che cosa è successo? N-noi... Noi stavamo parlando... e poi l-lui..." cercò di spiegare mentre gesticolava perplesso.
"Attacco di panico." si intromise l'infermiera "Probabilmente indotto da un argomento che lo stressava."
Poi, vedendo il viso perplesso di Hoseok, continuò.
"Dovrete andarci piano con lui. La mente umana non è fatta per rielaborare i traumi violenti. Il suo primo istinto è quello di bloccarli e reprimerli, così da non stressare il corpo. Purtroppo, o per fortuna, i ricordi rimangono sempre immagazzinati da qualche parte della mente e la tormentano in continuazione. Sogni, incubi, ricordi e allucinazioni, sono tutti sintomi di un trauma non superato e Namjoon avrà bisogno di molto, molto tempo per accettare quello che ha passato." Spiegò la donna con gentilezza, mentre posava una mano sulla spalla del giovane, nel tentativo di consolarlo.
"Come possiamo aiutarlo?"
"Standogli vicino. Sostenendolo nei suoi momenti bui ed ascoltandolo quando vorrà parlarne. Non pressatelo a fare cose per cui non si sente pronto. Quando sarà il momento, sarà lui a chiedere aiuto."
Hoseok si perse qualche istante tra i suoi pensieri, valutando quanto duri sarebbero stati i mesi a venire.
"E se noi avessimo delle perplessità a riguardo, cosa dovremmo fare? Ci sono dei manuali che spiegano come affrontare una situazione simile?"
La donna scosse leggermente la testa; un sorriso amaro a graziarle il volto stanco.
"Non troverai un vademecum che ti spieghi come affrontare un trauma psicologico, perché ogni persona è diversa e si comporta in maniera unica. Però potete rivolgervi ad una psicologa. Le terapie di gruppo sono perfette per queste situazioni. Magari potreste iniziare voi sei ad andarci, così da confrontarvi con un esperto su quello che state vivendo, e poi, con il tempo, sarà magari possibile convincere anche Namjoon a partecipare."
Il ballerino ponderò brevemente le parole della donna e poi spostò lo sguardò su di lei.
"Mi aiuterebbe a trovare qualcuno che ci possa aiutare?" domandò di punto in bianco.
La donna rimase qualche secondo perplessa, non aspettandosi che il ragazzo fosse così risoluto.
"Devono volersi molto bene." Pensò con dolcezza, osservando gli occhi preoccupati del giovane accanto a lei.
Poi prese la sua decisione.
"Mi posso informare tramite la psicologa di questo reparto. È una cara amica e mi fido di lei. Sono certa che vi potrà aiutare."
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Ciao
Capitolo a sorpresa nato dalla mia fantastica notte insonne, passata a rimuginare sulle sventure del genere umano.
Scherzo.
Ho passato la notte insonne ma mi sono limitata a leggere "I sommersi e i salvati".
Se non l'avete mai letto ve lo consiglio.
E' scritto in maniera meravigliosa ed è di una profondità pazzesca.
Alcune riflessioni di Levi fanno venire i brividi da tanto sono belle e mi hanno ispirato a scrivere questo capitolo sulla situazione di Namjoon.
Il nostro leader sta affrontando la cosidetta "Sindrome del sopravvissuto", che è molto frequente nei casi di pazienti affetti da stress post traumatico.
Nei prossimi capitoli ci sarà modo di fare altri approfondimenti, ma volevo dedicare questa piccola parentesi al nostro rapper, per spiegare meglio i suoi sentimenti.
Spero vi piaccia!
Commentate se vi va (sono sempre super felice di leggere il vostro punto di vista).
VVB,
C.
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