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_ Let them whistle _



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8 ore dopo il crollo


Non aveva pianto.

Namjoon era rimasto in silenzio ad osservare la mano insanguinata alle spalle della ragazza e la sua mente si era svuotata di ogni pensiero.

Troppo scioccato per versare lacrime di tristezza, era crollato in uno stato catatonico per un tempo indefinito e Gaia, comprendendo il suo stato d'animo, aveva rispettato il suo cordoglio.

Il giovane non poteva credere di aver perso una persona a cui teneva in quel modo così atroce e anche il solo pensiero del corpo martoriato della sua guardia del corpo lo traumatizzava.

Glielo aveva regalato lui l'orologio che portava al polso.

Era stato un regalo di Natale dell'anno precedente, con il quale Namjoon aveva voluto ringraziare l'uomo per averlo protetto sempre con estrema diligenza e professionalità.

Quel giorno Seojun gli aveva rivolto il primo ed ultimo sorriso della loro relazione professionale e il ragazzo si era sentito estremamente realizzato, ripromettendosi che avrebbe fatto di tutto per far sentire l'uomo a suo agio in sua presenza.

Ma non c'era mai riuscito e ora, sfortunatamente, non ne avrebbe più avuto occasione.

La sua mente vagò verso la moglie dell'uomo e ai suoi due bellissimi bambini, che aveva scorto più volte nelle foto del suo cellulare, e si sentì ancora più perso.

"È colpa mia se Seojun è morto. Se solo avessi aspettato qualche settimana prima di correre a comprare l'attrezzatura, adesso sarei a casa con i ragazzi e Seojun sarebbe vivo."  Pensò, ricacciando indietro le lacrime.

Si ripromise che, se mai fosse uscito vivo da quella situazione, sarebbe andato a trovare la famiglia dell'uomo e avrebbe fatto di tutto per assicurarsi che vivessero una vita serena e sicura.

Spostò lo sguardo dall'arto del suo protettore e lo spostò sulla ragazza stesa accanto a lui che, nel frattempo, stava cercando di muovere la gamba sinistra e assestare le sue ferite.

La vide sussultare quando, portata la mano al viso, aveva sfiorato lo zigomo infiammato.

"Temo possa essere rotto" le disse attirando la sua attenzione.

La ragazza lo guardò come fosse un alieno, probabilmente non aspettandosi che reagisse così in fretta dopo aver scoperto della morte di Seojun.

"Immagino io sia uno spettacolo da vedere" rispose lei con voce roca.

Namjoon le puntò la piccola torcia sul viso e notò come i grandi occhi azzurri della ragazza brillassero nonostante il grigiume della polvere che le imbrattava il volto.

"Immagino tu abbia visto giorni migliori" constatò, osservando il rossore della guancia.

"Wow. Tu sì che sai come complimentare una ragazza." Scherzò lei, scostando il viso.

Un altro interminabile silenzio cadde tra di loro come un macigno e per qualche minuto gli unici suoni che riempirono lo spazio furono i loro respiri e qualche suono metallico molto distante.

"Pensi usciremo vivi da qui?" chiese all'improvviso lei, voltandosi nuovamente a guardarlo.

"Possiamo permetterci di pensare il contrario?" rispose Namjoon.

"Suppongo di no."

"Come sta la tua gamba? Sentì molto dolore?" le chiese preoccupato, cambiando discorso.

"Sento dolore se mi muovo, ma non riesco a capire se è ancora tutta attaccata al mio corpo. Credo di sì però, oppure sarei già morta dissanguata." Constatò la ragazza, toccandosi la coscia della gamba infortunata.

"Il tuo braccio invece? Non riesci ed estrarlo?" continuò poi, guardandolo.

Namjoon cercò nuovamente di tirare l'altro verso di sé ma il dolore lancinante si ripresentò e lo fece mugolare straziato.

"Non tirare! Sei matto? Potresti rendere la struttura intorno a noi più instabile. Prova a vedere se riesci a spostare quei piccoli detriti intorno al tuo gomito, sembrano abbastanza leggeri e non connessi al resto della struttura." Gli propose lei, osservando il punto in cui il suo braccio era seppellito.

Namjoon allungò la mano sinistra e, tirando con forza, cercò di spostare i piccoli massi intorno al suo braccio.

Quando il primo cadde con un tonfo accanto alle sue gambe, entrambi rimasero immobili, ascoltando eventuali rumori prodotti dalle macerie intorno a loro.

Rincuorati dall'assenza di suoni sinistri, il giovane ricominciò a lavorare.

"Riesco a muovere le dita, quindi suppongo che non ci sia un grande danno a nervi o muscolatura." Speculò, mentre un altro masso cadeva a terra.

Il rapper continuò a lavorare per minuti interminabili e, quando videro spuntare il polso del giovane dalle macerie, entrambi tirarono un sospiro di sollievo.

Namjoon storse la bocca ed emise qualche gemito di dolore mentre spostava l'arto ferito in grembo, ma il suo viso mostrava chiari segni di sollievo, dati dal fatto che il braccio sembrava integro e solo molto contuso.

"Vuoi che proviamo a liberare la tua gamba?" chiese alla ragazza, dopo aver assestato la situazione del proprio arto.

Gaia scosse la testa, consapevole che il suo arto inferiore fosse molto più compromesso del braccio del giovane.

"Non credo sarebbe una grande idea. Non riesco nemmeno a capire se è ancora attaccata, quindi penso che sia meglio lasciarla stare."

Namjoon annuì comprensivo e tornò a guardare verso il buco da dove aveva estratto il braccio.

Non si vedeva nulla, se non un ammasso di cavi penzolanti e altre macerie impolverate.

"Quanto tempo è passato dal crollo?" chiese poi.

La ragazza accese il telefono e guardò lo schermo.

"Circa dieci ore suppongo, non ricordo di preciso che ore fossero quando c'è stato il terremoto." Disse.

"Quanto ci vorrà prima che ci trovino?" chiese più a sé stesso che a lei.

"Suppongo che dipenda da quanto siamo in profondità e quali sono le attrezzature a loro disposizione. Immagino ci vorranno molte ore, forse giorni."

"Non sopravviveremo." Si disperò Namjoon.

Gaia lo guardò con occhi decisi.

"Ehi! Non pensarci nemmeno, hai capito?! Se perdiamo le speranze è finita! Stiamo abbastanza bene e questa sacca d'aria è abbastanza grande da poter durare molte ore. Dobbiamo solo mantenere la calma e ascoltare per vedere se ci sono dei movimenti sopra di noi." Lo redarguì afferrandogli la mano sana.

Il ragazzo la osservò mentre si asciugava una lacrima sulla guancia illesa e comprese che, nonostante la ragazza fosse spaventata quanto lui, stava cercando di rimanere positiva.

Quindi, respirando profondamente, si sdraiò nuovamente e fissò il soffitto della loro tomba di macerie.


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14 ore dopo il crollo


"Non mi hai ancora detto il tuo nome" sussurrò Gaia, guardando di sottecchi il giovane sdraiato accanto a lei.

Nelle ore successive a quella discussione sulla sopravvivenza, avevano cercato di riposarsi a turno, stando attenti a non perdersi nemmeno un suono proveniente dal mondo fuori dalle macerie.

I loro pisolini duravano circa trenta minuti l'uno ed erano poco ristoratori, ma non potevano permettersi di perdere entrambi coscienza, quindi si alternavano tenendo il conto con il telefono della ragazza.

La cui batteria era scesa del dieci percento.

Una lunga discesa verso l'inevitabile spegnimento.

Un sinonimo della loro sopravvivenza, pensò distratto Namjoon, mentre apriva gli occhi impastati dalla polvere.

"Mi chiamo Namjoon" rispose guardando il soffitto.

"Gaia" disse lei.

"Eh?"

"Il mio nome, Gaia."

"Che nome strano."

"Ha parlato."

"Ti hanno mai detto che sei acida?" chiese ironico, soffocando un sorriso.

"Ti hanno mai detto che sei maleducato?" rispose lei con lo stesso tono.

Un altro silenzio riempì il loro rifugio.

Era così denso e soffocante che, se avessero sforzato l'udito, avrebbero potuto sentire i loro cuori battere in maniera frenetica.

"Sono contento di non essere solo, Gaia" disse poi lui, spezzando il momento.

"Anche io, Namjoon" rispose lei, stringendogli la mano.

Si guardarono negli occhi, entrambi sforzando i muscoli del collo per avere una chiara visuale dell'altro e, nuovamente, l'aria intorno a loro si riempi di paura e parole non dette.

"Ho una sete fottuta!" esclamò poi lei all'improvviso, facendo sobbalzare il giovare rapper al suo fianco.

"Non dirlo a me" rispose lui, sospirando sconfitto.

"Non è che nella tua borsa hai una bottiglietta d'acqua, vero?" chiese poi lei, adocchiando quel pezzo di stoffa ai loro piedi.

"Ehm... no."

"Già... cosa mi aspettavo.... Sei un uomo." Mormorò tra sé e sé la giovane, guardando il soffitto.

Namjoon, infastidito da quel commento sussurrato, disse: "Cosa vorresti dire, scusa?"

"Che voi uomini non pensate mai a cosa potrebbe servirvi quando uscite di casa. Voi vi mettete il vostro portafoglio in tasca e siete a posto! Dannata me che stamattina sono uscita senza borsa, cosa stavo pensando!?" sbottò lei portandosi una mano tra i capelli impiastrati di calce.

"Beh scusa se questa mattina ho utilizzato la borsa per altri scopi, invece che accumulare materiale per sopravvivere ad un terremoto." Rispose il ragazzo, rivolgendole un'occhiataccia.

Gaia si rese conto solo in quel momento di quanto fosse stata scortese e cattiva nell'affermazione precedente e subito si pentì del proprio comportamento, abbassando lo sguardo.

Non capitava spesso che il suo umore influenzasse le sue azioni, ma quando era fortemente stressata o stanca, la sua bocca tendeva a bypassare il cervello, sproloquiando senza ragione.

Per questo motivo, con lo sguardo rivolto altrove per l'imbarazzo, si scusò con Namjoon.

"Perdonami, non mi sarei dovuta arrabbiare con te. Sono solo molto preoccupata e questo non aiuta i miei nervi. Ho parlato senza pensare e ti ho attaccato senza motivo. Non è di certo colpa tua se siamo bloccati qui sotto e non è giusto che io sfoghi le mie frustrazioni su di te."

Il ragazzo la osservò per qualche istante, notando come un leggero rossore si fosse impossessato della guancia sana della giovane, donandole un colorito più vivo e normale.

"Forse dovremmo guardare cos'ho in questa borsa. Sono mesi che non la svuoto completamente e magari troviamo qualcosa che può esserci d'aiuto a sopravvivere o a segnalare la nostra presenza." Commentò poi il giovane, cercando di cambiare discorso.

Gaia si sentì rincuorata dalla gentilezza che Namjoon le aveva rivolto, accettando le sue scuse in maniera silenziosa e delicata.

Poi lo guardò mentre si allungava con il braccio sano verso la borsa, mentre i muscoli della spalla e del tricipite si flettevano in maniera armoniosa.

Era la prima volta che la ragazza lo osservava veramente e solo in quel momento si rese conto di quanto il ragazzo fosse molto più grosso e lungo di lei.

Non che ci volesse molto, dato che Dio l'aveva punita con uno scarso metro e sessanta di altezza, ma Namjoon, con i suoi muscoli definiti e le sue gambe snelle e possenti, sembrava un gigante in confronto a lei.

Si trovò a fissargli la mascella scolpita, mentre il ragazzo rovistava nella sua borsa verde militare, e pensò che non avesse mai visto qualcuno sembrare un bambino e uomo maturo allo stesso tempo.

I tratti del giovane erano quasi efebici, con la pelle perfetta che brillava anche sotto lo strato di calce bianca che gli impiastrava il viso, in netto contrasto con il suo sguardo attento e concentrato, che gli donava un'aria da uomo navigato.

Anche nella luce fioca della torcia Namjoon risultava essere uno degli individui più peculiari che la giovane italiana avesse mai visto e questo la affascinava ed attirava tremendamente.

"In questa sacca ho un migliaio di cianfrusaglie assolutamente inutili" mormorò all'improvviso il giovane, facendo sussultare la ragazza, che cadde dal suo mondo dei sogni in maniera piuttosto rovinosa.

Lo vide estrarre dalla borsa una massa indefinita di cavi neri e bianchi, che poggio sul pavimento, per poi prendere la torcia e illuminare il resto del contenuto di quel pezzo di stoffa verde.

"Ah-ah! Lo sapevo che ce n'erano ancora un paio!" esclamò poi vittorioso, mostrando a Gaia due barrette energetiche e un pacchetto di caramelle Haribo.

Gli occhi della ragazza si illuminarono a dismisura e prese in mano una delle barrette con delicatezza, come se avesse visto il Santo Graal e pensasse di aver avuto un miraggio.

"Ho anche un'altra sorpresa per te!" sorrise il ragazzo, guardandola sorridente.

Poi estrasse nuovamente la mano dalla borsa e tra le sue dita stringeva una piccola bottiglietta di succo di frutta che quasi la fece piangere.

"Giuro che non insulterò mai più le capacità organizzative degli uomini" sussurrò lei, guardando la bottiglietta incredula.

Namjoon, per la prima volta da quella mattina, ridacchiò con voce riarsa e le passò il succo con le dita sbucciate.

Rivolgendo lo sguardo al pezzo di stoffa ormai svuotato tra le sue mani, si mise per l'ultima volta ad ispezionare il suo contenuto.

Fu proprio mentre stava per dichiarare che la borsa era ormai vuota, che le sue dita sfiorarono i contorni di qualcosa di piccolo e duro al tatto.

Spronato dalla sensazione, puntò nuovamente la torcia all'interno dell'oggetto ed ispezionò con minuzia lo spazio.

Nell'angolo di destra vi era un piccolo squarcio nella stoffa e, sforzando gli occhi, riuscì ad intravedere qualcosa di metallico che rifletteva la luce della torcia.

"Il mio fischietto!" pensò sconcertato.

Aveva cercato quella dannata collana per mesi, svuotando tutti i cassetti di gioielleria del suo armadio, ma non l'aveva mai trovata.

Era stato un regalo di Jimin per il suo ventiquattresimo compleanno due anni prima ma, dopo averla indossata un paio di volte, l'aveva persa e si era rassegnato a dover dire al suo amico che non la trovava più.

Il giovane ballerino era scoppiato a ridere alla notizia, dicendo che il suo Joon-huyng non sarebbe mai cambiato e dandogli un paio di pacche sulla spalla sorridendo.

Namjoon, con il tempo, se n'era fatto una ragione ed aveva dato la colpa alla sua sbadataggine.

Invece la collana era sempre rimasta con lui, rimanendo incastrata nella fodera di quella vecchia borsa che gli aveva regalato sua madre alle medie e che portava sempre con sé quando viaggiava.

Delicatamente lo estrasse dallo squarcio e poi lo sollevò alla luce della torcia, dando così la possibilità di vederlo anche a Gaia.

"M-ma quello è...?" disse la ragazza, osservando il piccolo oggetto metallico.

"Un fischietto" concluse Namjoon ancora incredulo.

"Scusami ma quanta roba hai in quella borsa? Adesso tirerai fuori anche un attaccapanni come Mary Poppins?" gli chiese ironica la ragazza, nascondendo una risata con il palmo della mano.

Il giovane rapper si voltò a guardarla perplesso: "Mary Poppins?" disse con tono dubbioso.

A quella domanda Gaia spalancò gli occhi incredula.

"Non hai mai visto Mary Poppins?" esclamò sconcertata.

"Ehm... Non so cosa sia Mary Poppins." Rispose Namjoon grattandosi la nuca in imbarazzo.

La ragazza gli afferrò il polso sano e poi lo guardò dritto negli occhi.

"Promettimi... anzi no! Giurami. Giurami che, se mai usciremo vivi da qui, guarderai quel film! Giuralo Namjoon!"

Il rapper spalancò gli occhi, quasi intimorito dall'intensità con cui quella piccola ragazza lo stava fissando.

"Te lo giuro pazza! Adesso, per favore, possiamo pensare ad un modo per farci notare dal mondo esterno?"


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Buonsergio!

Quest'oggi siamo pieni di aggiornamenti ahahhaha

Ho finito stamattina di scrivere il capitolo con calma, ma, siccome non era certa delle boiate che avevo scritto, mi sono presa un paio d'ore oggi pomeriggio per rileggere e sistemare un paio di passaggi.

Spero che questo capitolo vi piaccia, purtroppo siamo ancora bloccati sotto le macerie e forse lo saremo ancora per un paio di capitoli.

Al momento Namjoon e Gaia sembrano aver reagito piuttosto bene alla situazione, ma non diamo per scontato nulla!

Gli stati di shock a volte sono molto prolungati  e le persone sotto stress hanno una forza disumana.

Dovremo aspettare di vedere cosa succede nel tempo per capire quali sono gli strascichi di un evento traumatico come questo.

Detto questo vi faccio ciao ciao con la manina e vi auguro una buona giornata!

C.

P.s. Cercherò di aggiornare al più presto!

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