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_ Frozen in a coma _



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Quattro settimane dopo il suo salvataggio, Namjoon mosse i primi passi giù dal letto.

Alla rimozione del gesso, sotto lo sguardo emozionato dei Bangtan, il loro leader versò qualche lacrima di commozione, mentre, con una piccola sega, l'ortopedico riportava alla luce la sua gamba.

Jin aveva ridacchiando commentando la coscia, decisamente smagrita, del rapper e gli altri lo avevano seguito a ruota, riportando un po' di serenità nel loro gruppo.

"Sembra la zampa di un pettirosso" pensò contrito il giovane, mentre osservava dall'alto la sua gamba ormai priva di muscolatura.

Delle famose cosce di cui parlava spesso Jungkook era rimasto un ricordo lontano, ma la gamba sinistra ora sembrava veramente quella di uno scheletro.

"Dovrò lavorare il doppio del solito se voglio riprendere tutte le mie capacità motorie" mormorò tra sé e sé, mentre Taehyung, alla sua sinistra, lo sosteneva nei suoi primi passi.

"Ce la farai hyung... ci vorrà un po' di tempo ma sono certo che ci riuscirai."

Namjoon si limitò ad annuire con aria assorta, ma rimase in silenzio.

Una sfilza di ortopedici e fisioterapisti si erano presentati alla porta della sua camera negli ultimi quattro giorni, consigliandogli piani di trattamento di cui lui capiva poco o niente.

Nessuno di loro però, aveva avuto tempo o voglia di rispondere alle sue domande o perplessità.

Ci aveva pensato quindi Sejin, il loro manager, a risolvere il problema; contattando suo fratello, che lavorava come fisioterapista in una clinica privata in Germania.

L'uomo aveva esaminato la cartella clinica di Namjoon e aveva dato un parere sulla vicenda, indirizzandoli verso le cure di un suo compagno di leva che lavorava a Seoul.

Il dottor Choi Yoon Seok si era presentato la mattina del terzo giorno, indossando una polo bianca e dei pantaloni kaki, mentre sul suo viso compariva un sorriso di circostanza.

Aveva presentato a Namjoon il piano di terapia, spiegandogli ogni passaggio del trattamento e rispondendo a tutte le domande del ragazzo.

Si parlava di mesi, forse anche un anno per la ripresa completa della gamba, mentre la prognosi del braccio era decisamente più complessa.

Quella notte Namjoon aveva pianto nel silenzio della sua stanza d'ospedale, mentre Jin, con viso contrito, rimaneva ad osservare il suo leader soffrire.

Aveva passato anni di duro lavoro ad affinare le sue capacità di ballerino e i suoi muscoli erano il risultato di notti insonni e cerotti antidolorifici, ma era bastato un attimo della sua vita per cancellare tutti i suoi sforzi.

Ora, nonostante tutto, avrebbe dovuto trovare il coraggio di risollevarsi da quella situazione disastrosa e ricominciare da capo tutto il suo allenamento.

Ma a livello psicologico, tutta questa situazione, era difficile da accettare e furono proprio questi pensieri nefasti a fargli perdere l'equilibrio nel passo successivo.

Un grugnito di dolore gli sfuggi dalle labbra, mentre il ginocchio gli lanciava un segnale di pericolo tramite il sistema nervoso, sottoforma di fitta.

Il corpo dondolò instabile e crollò tra le braccia attente di Jungkook, che si trovava davanti al suo leader, pronto ad ogni eventualità.

"Cazzo!" esclamò frustrato mentre si aggrappava ai bicipiti del maknae.

"Calma hyung. È la prima volta che ti alzi... non possiamo aspettarci molto." commentò Jimin, seduto sul letto.

Namjoon si limitò ad esalare un sospiro e poi ritornò seduto sul letto con l'aiuto del più piccolo.

"Non so quando sarò in grado ti tornare a lavorare come facevo prima ragazzi..." disse tristemente, sistemando il lenzuolo accanto a sé.

"Ci vorrà il tempo che ci vorrà hyung... Le fan capiranno." Commentò Taehyung avvicinandosi.

"Ma non è giusto nei vostri confronti. Dovrete rivedere tutte le coreografie e dovremo ritardare l'uscita del nuovo album."

Fu Jimin, il viso contratto in un'espressione seria, a rispondergli.

"L'unico torto che ci stai facendo hyung, è quello di pensare che tu, per noi, sia meno importante della nostra carriera. Non ci interessa continuare a lavorare. Ci interessa che tu stia meglio e che tu ti riprenda da questa cosa terribile che ti è successa; sia fisicamente che mentalmente." Disse con tono duro e facendo deglutire Namjoon.

"Mentalmente sto bene."

"Io ne dubito, figliolo" commentò la voce assonnata di Don Emilio sulla porta.

Aveva i capelli completamente disordinati, sintomo di un'altra notte passata al capezzale di Gaia, che ancora dormiva imperterrita.

Nelle ultime settimane l'uomo era comparso parecchie volte, tanto che i bodyguard lo riconoscevano e lo facevano entrare senza più annunciarlo.

Namjoon aveva intrattenuto con il prete numerose conversazioni su argomenti interessanti e aveva passato pomeriggi interi a condividere le sue idee con quell'uomo peculiare.

"La mente umana è fragile, Namjoon. Per quanto tu possa stare bene in questo momento, il tuo cervello si trova ancora in una fase di stupore e un giorno, sfortunatamente, la realtà verrà a bussare alle tue porte. Quindi, ti prego, non sottovalutare la gravità di quello che hai passato." Continuò il prete, entrando nella stanza ed accennando un saluto ai suoi compagni.

Tutti i Bangtan, chi prima e chi dopo, erano venuti in contatto con l'uomo e ognuno di loro aveva instaurato con lui una piccola relazione.

Yoongi e Hoseok si erano anche lanciati nelle conversazioni tra lui e il loro leader, portando nuovi spunti e punti di vista negli argomenti trattati e guadagnandosi la stima di quell'uomo occidentale che li aveva creduti superficiali.

"Ma adesso sto bene." Rispose il rapper con sguardo duro, provocando il sospirò dei suoi compagni e un sorriso leggero del prete.

"Vedo che ti hanno tolto il gesso alla gamba."

"Come sta Gaia?" rispose il rapper, cambiando discorso.

Lo sguardo di Don Emilio si scurì leggermente e poi lo spostò verso la finestra, evitando gli occhi preoccupati del ragazzo.

"Sono giusto venuto a parlarti di questo. Il suo medico ha deciso che oggi cominceranno le pratiche di risveglio, dato che lo stato del corpo sembra essere migliorato notevolmente. Le stanno diminuendo la dose dei farmaci proprio adesso. Tra circa un'ora e mezza dovrebbero vedere i primi risultati." Spiegò con voce leggera.

Gli occhi del rapper si illuminarono alla notizia e Jimin sorrise felice, vedendo il morale del suo hyung risollevarsi.

"Posso venire ad assistere?" chiese il ragazzo con speranza.

Don Emilio annuì leggermente e un piccolo sorriso si dipinse sulle sue labbra sottili.

"Si. Ma dovrai rimanere fuori dal vetro della terapia intensiva, perché all'interno ci saranno il medico e le infermiere."

Il cuore di Namjoon fece una piccola capriola nel petto, perché, per la prima volta in settimane di incertezza, un piccolo raggio di luce si fece strada in quella disperazione e tristezza che lo aveva accompagnato.

"Jimin, vai a chiedere una carrozzina per favore." Chiese al ragazzo alla sua sinistra, che, con uno scatto, sparì al di là della porta.

"Namjoon" lo richiamò il prete "Questo è un segnale incoraggiante, ma non ti aspettare che Gaia si risvegli oggi. Ci vorrà del tempo."

Namjoon annuì seriamente.

"Lo so, non mi devo illudere."


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Il bip meccanico che rilevava i battiti cardiaci di Gaia era udibile anche al di fuori di quel vetro spesso che li divideva dalla ragazza.

Il ritmo era regolare e preciso come un orologio, aumentando così la sensazione di tensione nell'aria ed accompagnandosi armoniosamente con le luci bluastre che illuminavano il corridoio dove si trovavano Namjoon e Don Emilio.

I maknae ne avevano approfittato per andare a casa a riposare e quindi avevano salutato il loro leader sulla porta della terapia intensiva, sorridendogli mestamente.

Era chiaro a tutti che quel momento per il giovane Kim sarebbe stato decisivo.

Il corpo di Gaia, ora davanti ai suoi occhi, giaceva su un letto circondato da macchinari con schermi colorati, mentre il movimento ritmico del respiratore che la teneva in vita, si intravedeva alla destra della testiera.

Un tubo trasparente di colore azzurro le girava intorno alla testa e si fermava sulla bocca coperta da un cerotto bianco, mentre la fronte era avvolta da una fascia bianca piena di elettrodi.

Solo la guancia bianca volta verso il vetro era visibile e mostrava i segni lievi di ematomi una volta enormi.

L'altra parte visibile del corpicino era la gamba che aveva rischiato l'amputazione.

Sospesa a mezzaria da una fascia bianca penzolante dal soffitto, presentava un tutore esterno metallico, da cui sembravano partire piccoli chiodi sottili che si infilavano nella pelle candida dell'arto.

Fu proprio osservando quel aggeggio, che Namjoon si lasciò scappare un grugnito addolorato.

"Lo chiamano fissatore esterno"spiegò Don Emilio, voltandosi a guardarlo  "E' una specie di tutore che tiene insieme le fratture dell'arto... il gesso non bastava a tenerlo insieme. La gamba era completamente distrutta e non sanno ancora se riuscirà a recuperare completamente l'articolazione del ginocchio." 

Il rapper deglutì a vuoto, mentre una mano invisibile gli strinse il cuore in una morsa.

Gaia sembrava così fragile e piccola in quel letto bianco così grande e lui avrebbe voluto correre da lei, per stringerle la mano sottile tra le proprie.

Avrebbe voluto essere al suo fianco per tutto il tempo, perché era grazie a lei, se lui era ancora vivo e vegeto accanto ai suoi cari.

"Ah il giovane rapper!" esclamò un'infermiera appena entrata nel corridoio "E' venuto a trovare la sua amica?".

La donna aveva trattato le ferite di Namjoon nelle ultime settimane e il suo sorriso, cordiale e sempre allegro, lo aveva rasserenato nelle giornate peggiori.

Per non parlare di quel suo caschetto di capelli ramati sempre pettinato alla perfezione.

Jimin era rimasto affascinato dai capelli della donna la prima volta che l'aveva incontrata e i due si erano scambiati numerosi suggerimenti sulla cura delle pettinature.

A quel pensiero buffo, Namjoon scosse la testa divertito.

"Come sta? Si sveglierà?" le chiese, mentre la guardava avvicinarsi con una cartellina tra le mani.

La donna sorrise con gentilezza e poi scosse la testa.

"È troppo presto per fare previsioni. Oggi tenteremo di portarla ad un livello semicosciente per qualche minuto e osserveremo la reazione del cervello alla situazione. Dopo questo esperimento valuteremo quando sottoporla a nuovi tentativi, ma il procedimento sarà abbastanza lungo." Spiegò, osservando gli occhi del ragazzo velarsi di dolore e colpa.

"Ma una cosa posso dirvela." Continuò attirando l'attenzione di entrambi gli uomini. "Non ho mai visto nessuno, nelle condizioni in cui è arrivata, lottare così tanto per rimanere in vita. L'hanno rianimata due volte prima che si stabilizzasse e il suo trauma cranico era un vero e proprio disastro. Eppure, guardatela... il suo cuore batte come il ruggito di un leone e la saturazione dei polmoni aumenta di giorno in giorno. È una campionessa la nostra Gaia, dobbiamo solo darle la fiducia che merita."

"Sono d'accordo con lei infermiera. La ragazza ci da grandi speranze." Concluse il dottor Min, comparendo alle spalle della donna.

"Ah dottore, siamo pronti a procedere?" gli chiese la rossa, voltandosi.

L'uomo annuì e, in poco tempo, sparirono dietro una porta bianca, per poi ricomparire, con camici integrali e mascherine, all'interno della stanza di Gaia.

Incominciarono a parlare tra di loro, indicando i vari macchinari intorno alla ragazza e valutando i dati scritti sulla cartella clinica della giovane, mentre il bip incessante del suo cuore rimbombava tra le pareti del reparto.

Presto furono raggiunti da un altro medico e da altri due infermieri, che si avvicinarono al letto e controllarono le flebo della giovane.

Namjoon, senza rendersene conto, trattenne il respiro quando, lentamente, il rumore dell'elettrocardiogramma si fece più frequente e più forte.

Vide i dottori iniziare a muoversi più velocemente intorno al letto, schiacciando tasti sugli schermi ed osservando il corpo di Gaia reagire alla situazione.

Per alcuni minuti la situazione rimase stabile, mentre i presenti si scambiarono cenni col capo e commentarono la situazione.

Poi uno di loro si piegò sul suo viso della giovane e controllò con una torcia i riflessi delle pupille, per poi scuotere la testa verso l'altro.

All'improvviso, la schiena della ragazza si inarcò con forza, e tutto il corpo iniziò a tremare con violenza, mentre le infermiere tentarono di tenerla ferma.

Namjoon sentì la necessità di alzarsi e correre all'interno della stanza, ma il suo corpo, troppo compromesso, gli rispose con fitte di dolore e lo bloccò sulla sedia a rotelle.

Allungò le mani disperato e le poggiò sul vetro, mentre Don Emilio, alle sue spalle si poggiava una mano sulla bocca e sussurrava parole sommesse.

Il cuore del rapper iniziò a battere con forza e lacrime corpose gli scorsero sul viso, lasciando sulla pelle i segni dello spavento che le stava causando.

"È colpa mia! Se l'avessi stretta a me con più forza quando è crollato il soffitto, magari ora starebbe bene." Sussurrò la sua testa, facendogli perdere contatto con la realtà intorno a lui.

Nel frattempo, all'interno della stanza, i medici avevano reinserito l'ago della flebo contenente una sostanza bluastra nel braccio della ragazza e il corpicino della giovane aveva cominciato a tremare sempre meno, fino ad arrivare nuovamente ad una situazione di stasi.

A quel punto però, Namjoon respirava a fatica e una delle mani aggrappate al vetro si era spostata ad afferrare il cuore che scalciava nella cassa toracica, nel tentativo vano di impedirgli di saltarle fuori dal proprio corpo.

Ogni inspirazione bruciava nei polmoni come lava bollente, mentre ogni espirazione, tremante, portava con sé un dolore dell'anima più grande di qualsiasi ferita fisica.

La testa iniziò ad alleggerirsi piano piano e il volto già pallido, si schiarì ancora di più.

Don Emilio, nonostante lo shock della situazione, si inginocchiò davanti al ragazzo e cercò di tranquillizzando spostandogli con forza il viso verso il basso, facendogli perdere la vista della giovane.

"Ehi Namjoon! Guarda me." Lo supplicò, mentre osservava gli occhi del rapper riempirsi nuovamente di lacrime.

Il ragazzo respirò nuovamente in maniera affannosa e le mani, ora strette ai poggiabraccio della sedia, tremarono leggermente.

La porta della stanza si spalancò alle loro spalle e, in meno di un secondo, l'infermiera dai capelli ramati si inginocchiò davanti a Namjoon.

"Ha bisogno di un sedativo, sta avendo un attacco di panico."

"Non aveva un attacco di panico da anni" pensò razionalmente il cervello confuso del rapper.

Pochi secondi dopo però, una leggera puntura al braccio destro lo costrinse a spostare lo sguardo verso l'alto.

Uno dei medici aveva in mano una siringa e lo osservava concentrato.

Poi, lentamente, il nero invase i suoi occhi e il mondo intorno a lui venne risucchiato nel vuoto.


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Buonaseraaa!

Sono tornata.

Questo capitolo è stato emozionalmente molto difficoltoso.

Spero vi piaccia perchè ho riversato alcune delle mie emozioni più forti tra queste parole.

Commentate se vi va!

VVB,

C.

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