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Always

L'estate.

Ah, l'estate, la stagione preferita di praticamente qualsiasi bambino. Del resto, la scuola finisce, il sole splende fino a tarda sera e le giornate sono interamente consacrate al gioco.

Insomma, il paradiso per dei piccoli marmocchi che, persino a letto, ad altro non pensano se non a tutte le cose che potranno fare il giorno dopo.

E Link non faceva certo eccezione. Nossignori, quel bimbetto di appena nove anni amava l'estate, e soprattutto amava il luogo in cui la passava.

Appena la scuola chiudeva le sue porte per i seguenti tre mesi, infatti, il biondo e la sua famiglia facevano i bagagli e salutavano la città, che d'estate altro non diventava che un enorme forno, e andavano nella casa in montagna che avevano da sin quando sua sorella Zelda -di ben cinque anni più grande di lui- riuscisse a ricordare.

Quella casetta a due piani, situata in un piccolo e grazioso villaggio tutto mucche e fiori, era costantemente nella mente del bambino.

Durante l'anno scalpitava nell'attesa del momento in cui avrebbe potuto raggiungerla, e quando giungeva il tanto atteso momento era sempre il primo a saltare in macchina, incitando gli altri a darsi una mossa. Se avesse saputo guidare, probabilmente sarebbe partito da solo.

Ma la sua eccitazione non era dovuta solo alle vacanze, alle giornate lunghe da passare giocando e alla casa in montagna. Infatti, c'era un altro motivo per cui il piccolo Link non vedeva l'ora di raggiungere il piccolo paesino di Vappesca. E quel motivo era una ragazzina della sua età.

Lui e Mipha si conoscevano sin da quando erano degli infanti, visto che lei viveva in quel villaggio, e da quando avevano imparato a camminare giocavano insieme ai giochi più disparati, dal rincorrersi al nascondere il cappello al padre della bambina nei posti più strani -la parte più divertente di quest'ultimo era il sentire tutte le parolacce che il poveretto proferiva una volta scoperto lo scherzo, e spesso riuscire ad impararne di nuove, anche se non osavano dirle-.

La famiglia di Mipha possedeva un piccolo hotel, che ogni anno attirava una modesta affluenza di turisti perlopiù stranieri, e di sera non era raro vedere i genitori di Link chiacchierare con quelli della bambina nella veranda dell'hotel, mentre i due amici giocavano e Zelda, colta da un raro desiderio di fare la babysitter, teneva d'occhio Sidon, il fratellino di Mipha.

Quella sera era una di quelle occasioni.

Gli adulti si erano seduti sulle ormai abituali sedie di plastica scolorite, con in mano un bicchiere contenente un non specificato liquido alcolico, e la sorella maggiore di Link stava tenendo d'occhio il piccolo Sidon, che tenacemente tentava di gattonare verso la stradina di fianco all'hotel, e che ogni volta veniva diligentemente riportato al punto di partenza dalla bionda.

I due bambini avevano perciò pensato che quello era il momento perfetto per sgattaiolare via e giocare un altro po', evidentemente non ancora stanchi nonostante avessero passato il pomeriggio a fare su e giù per i ripidi campi dove brucavano serenamente le mucche.

Quindi si allontanarono dal piccolo edificio verso la foresta che era alla periferia del villaggio. Era composta appena da qualche alberello, ma per bambini di quell'età era come un'enorme giungla tutta da esplorare.

Arrivati lì si guardarono un po' intorno, e all'improvviso Link si girò verso la sua compagna di giochi, con gli occhi azzurri accesi di una nuova luce vivace.

«Ho avuto un'idea. Giochiamo a fare le scimmie! Dovremo arrampicarci su...»

Girò qualche volta su sé stesso, indeciso.

«...quell'albero!»

Decise, indicando quello più alto che poteva vedere.

Mipha non sembrava esattamente entusiasta dell'idea, ma vedendo il suo amico così eccitato di fronte alla prospettiva di scalare quel tronco, decise di assecondarlo.

Sperava solo di non cadere, vista la sua poca esperienza in attività del genere.

Una volta raggiunta la "parete" da scalare, Link si sfregò le mani, e cominciò lentamente a risalire l'albero, aggrappandosi alle piccole sporgenze della corteccia, cercando di non guardare di sotto. Per quanto si sentisse coraggioso, guardare giù gli avrebbe probabilmente fatto un po' di paura, e non voleva rischiare.

Arrivato abbastanza in alto, notò un ramo bello grosso, che di sicuro sarebbe riuscito a sostenere il suo peso.

«Mip, ho deciso! Ci fermiamo qui, e dopo si scende. Ok?»

Si rivolse alla bimba dalla treccia rossa, mentre con lo sguardo stava già cercando la via migliore per scendere.

"Certo che sono proprio in alto..." pensò, mentre un po' di paura cominciava a farsi largo in lui. Ma scosse la testa, come a voler scacciare una mosca fastidiosa, e cominciò la sua discesa.

Sia lui che Mipha trattennero il respiro quando, a metà strada, il suo piede scivolò nel vuoto, non trovando un appiglio dove poggiarsi. Ma quasi subito dopo riuscì a trovare un nuovo appoggio, e riuscì a terminare la scalata senza particolari problemi.

Rivolse un sorrisone a 64 denti alla bambina dall'altra parte dell'albero, come ad incoraggiarla ad arrampicarsi. In tutta risposta, Mipha gli lanciò uno sguardo concentrato, con una determinazione che su quel volto sempre sorridente e dolce raramente si vedeva.

La bimba cominciò lentamente ad arrampicarsi. Era un po' esitante, e non era certo veloce come Link -che aveva anche più esperienza nell'arrampicarsi- però riuscì ad arrivare nel punto prestabilito dal suo amico.

Si era seduta un attimo sul ramo, per riprendere fiato e le forze, mentre dal basso il biondo continuava ad osservarla.

Ora doveva solo scendere.

Fece per alzarsi, ma forse si era rilassata un po' troppo, perché invece di appoggiare il piede sul ramo, lo pose sul vuoto.

Mipha non fece neanche in tempo ad urlare, prima che tutto il suo corpo seguisse il piede, e cominciasse a cadere.

Link invece a quanto pare sì, perché appena vide l'amica oscillare urlò il suo nome, come se volesse avvertirla del pericolo a cui stava andando incontro.

Ma proprio quando il biondo stava già immaginando le cose peggiori che sarebbero potute succedere alla bambina, lei riuscì ad afferrare miracolosamente il ramo con una mano, poco prima di precipitare a terra.

Fece una faccia stupita, come se anche lei fosse sorpresa del gesto appena fatto, e cominciò a stringere il ramo con entrambe le mani, fino a farsi sbiancare le nocche dalla forza che stava usando.

Allora, e solo allora, urlò.

Link le si avvicinò, agitato e terrorizzato. Cosa poteva fare?
La foresta era troppo lontana dall'hotel, i loro genitori non potevano averli sentiti, e se fosse andato a chiamarli ci avrebbe messo troppo tempo, e Mipha sarebbe caduta prima del loro arrivo.

Doveva trovare un'altra soluzione.

Dopo l'urlo di paura iniziale, la bambina era rimasta zitta, come se anche il solo parlare potesse farle perdere la presa.

Persino da lì sotto, Link vedeva le lacrime che le scorrevano sulle guance, illuminate dalla luce della luna.

«Mip» la chiamò, a bassa voce. Sapeva che, se le avesse parlato con calma, si sarebbe tranquillizzata, almeno un po'. Aveva un piano, e doveva dirglielo. Doveva farle capire che non l'avrebbe lasciata cadere.

«Mip, ti fidi di me?»

Se fosse stata lì sotto, vicina a lui, era sicuro che gli avrebbe dato una sberla sulla spalla, per poi replicare un "ovvio, genio", perché era una domanda che le aveva già fatto molte volte -spesso prima di compiere una qualche pazzia- e a cui lei aveva sempre risposto con ironia, come a sottolineare che non era neanche una cosa da chiedere, perché lei fiducia in Link ne aveva sempre.

In quel momento, invece, Mipha si limitò ad un flebile "sì" a malapena udibile, che però a Link bastò.

«Allora» disse, guardando l'amica con cipiglio determinato «buttati»

Lei trasalì.
«Cosa?!» La bambina lo guardò negli occhi, terrorizzata «Mi devo buttare?!»

Link annuì, sempre con quell'espressione decisa in volto «Tu ti butti, e io ti afferro. Così non ti fai male, al massimo quello che si fa male sono io che attutisco la caduta» le spiegò, cercando di dirlo in modo ironico, per farla calmare un po'.

Mipha però non si rilassò. Lo guardò a lungo, continuando a piangere.
Poi disse qualcosa, a malapena un sussurro, che però il bambino sentì come se lei lo avesse urlato.

«Link...ho paura»

Lui la guardò. Mipha, la sua amica Mipha, che non era mai negativa, che era sempre positiva in tutto, che gli dava sempre la carica e lo consolava quando si faceva male, aveva paura.

Ed era colpa sua. Per colpa della sua stupida idea, era lì, appesa ad un ramo, con le guance bagnate di lacrime e gli occhi pieni di paura, e per colpa sua sarebbe potuta cadere, facendosi anche seriamente male.

Si odiava per quello. Forse era proprio perché l'aveva trascinata lui in quella situazione che non voleva buttarsi. E ora avrebbe voluto aiutarla davvero, dirle qualcosa che l'avrebbe fatta stare bene, che le avrebbe fatto capire quanto fosse dispiaciuto e quanto sperava che lo perdonasse e si fidasse ancora di lui.

Però, l'unica cosa che riuscì a dire fu "Lo so".

Gli sembrò una frase -anzi, due parole- così inutile, che avrebbe voluto rimangiarsela subito, eppure Mipha parve capire cosa c'era dietro quelle parole.

La bambina rimase in silenzio per qualche secondo, le braccia ormai stanche che tremavano per lo sforzo di mantenersi ancora al ramo, e poi aveva posato lo sguardo sul biondo, ora con gli occhi colmi di fiducia.

«Mi prenderai, vero?»

Gli chiese, forse come ulteriore conferma, e di tutte le risposte che Link avrebbe potuto dare, anche un semplice "Ovvio", ne scelse una d'istinto.

«Sempre»

E a quella singola parola, Mipha lasciò la presa.

Si lasciò andare, sicura che lì sotto, ad aspettarla, ci sarebbe stato Link.

E così fu.

Il bambino la prese al volo, ma lo slancio gli fece perdere l'equilibrio, e finirono per rotolare insieme sull'erba, con il biondo che continuava a stringere Mipha.

Quando si fermarono, rimasero qualche secondo così, abbracciati, e quando si staccarono si guardarono negli occhi e, all'unisono, chiesero «Stai bene?»

E poi, per quella parola pronunciata in contemporanea e per il sollievo di essere lì sani e salvi, scoppiarono a ridere.

E continuarono a ridere per interi minuti, abbracciandosi e poi ridendo ancora.

Perché erano di nuovo insieme.

Angolo di una che shippa roba che non shippa nessuno   
And here we are, con la prima one-shot che pubblico dopo un sacco di tempo, haha.

Questa one-shot è stata ispirata da un prompt che ho trovato su Pinterest (è una miniera d'oro, questi prompt sono semplicemente troppo adorabili).

Non sono propriamente soddisfatta da questa cosa, però dai, non è quella peggiore che io abbia scritto.
Il bello è che i bambini non mi piacciono, non li capisco, eppure mi ostino a scrivere cose con i protagonisti bambini.

Sono un clown.

Comunque boh, spero che la one-shot vi sia piaciuta, aspetto i vostri pareri.

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