17 | Segreto condiviso
Diana
Quando le sue labbra si sono staccate dalle mie, attraverso i suoi occhi blu cobalto, sono riuscita ad entrare in comunicazione con lui senza il bisogno delle parole. Mi stava supplicando di non fermarmi, di procedere fino a sentire i nostri corpi diventare uno solo, ma la sua razionalità ha prevalso su ogni sentimento.
Si è staccato da me, facendomi provare un freddo glaciale che mi è penetrato fin dentro le ossa, riesco ancora ad avvertirlo. Un bacio che ci aveva appena resi prigionieri di noi stessi e delle nostre sensazioni, illuminando l'oscurità che da tempo ci avvolgeva. A lui per una ragione, a me per un'altra.
Non aveva più parlato, si era limitato ad entrare in macchina e aspettare che io facessi lo stesso. Per la prima volta non me la sono sentita di controbattere. Quello che era appena accaduto aveva per sempre turbato ogni mia tranquillità e, proprio come aveva detto Ethan solo pochi istanti prima, "avevo già combinato abbastanza danni".
Durante il tragitto, per arrivare a casa mia, siamo stati avvolti da una nube di silenzio asfissiante, ricco di sentimenti contrastanti che si facevano la guerra tra di loro. Stringeva con forza il volante tra le dita, così forte da far diventare le sue nocche bianche. Il suo volto era ricoperto da un velo di rabbia, ma non ho saputo decifrare se fosse dovuto al nostro errore o al fatto di non poter persistere nell'errore stesso.
Appena la macchina si era arrestata vicino a casa mia, sono fuggita via. Non avevo voglia di affrontare il suo stato d'animo altalenante, tantomeno realizzare tutto quello che stavo distruggendo nella mia vita per un'unica persona.
Forse mi aspettavo che mi seguisse, che provasse a fermarmi o, più semplicemente, che mi rassicurasse. Ma Ethan Miles non è in grado di aiutare gli altri, è concentrato solamente su sé stesso.
Una volta in casa ho provato a rifugiarmi tra le lenzuola, ho persino pregato Morfeo di venirmi a prendere, ma non ha funzionato. Il rumore dei miei pensieri era troppo chiassoso per restare a letto e aspettare che il sonno mi raggiungesse.
Ora, sono seduta in cucina con una vaschetta intera di gelato al cioccolato sul tavolo. Affondo il cucchiaio nella crema, con l'altra mano tengo stretto un ginocchio contro il petto, mentre l'altra gamba è ben piantata al suolo.
Il movimento nervoso del mio piede segue il ticchettio dell'orologio in cucina che segna le tre di notte. Ad ogni "tik" il mio cuore sprofonda sempre di più nell'abisso dei miei sensi di colpa. Un turbamento che non è facile da accettare quando si è consapevoli di aver sbagliato.
Sento ancora la pressione delle sue labbra sulle mie, il suo sapore ad addolcirmi la bocca e il suo profumo agrumato appiccicato alla mia pelle come un marchio indelebile. Tutto l'astio che ho provato verso di lui in queste settimane era solamente un'attrazione che non volevo ammettere, a cui ho cercato di sfuggire con ogni fibra del mio corpo. Ora mi è chiaro.
Mi è stato chiaro fin dal primo contatto che le nostre bocche hanno avuto, come se mi avesse ricostruito tutte le parti distrutte della mia anima. Non ho alcun diritto di sentirmi così con lui, non mi appartiene e mai potrà appartenermi.
Il cuore non è solamente un muscolo che pompa sangue nelle nostre vene, mantenendoci in vita, come ci insegnano a scuola. Il cuore ha dei sentimenti tutti suoi, è in grado di scegliere una persona e far reagire il tuo corpo solo dinanzi ad essa, imprigionandoti in un turbinio di emozioni a cui non puoi sottrarti.
Avrei voluto provare tutto questo con la persona giusta, con una persona di cui la mia migliore amica non è innamorata. Kim mi è sempre stata accanto, in ogni situazione, ed io l'ho ripagata tirandole una pugnalata alla schiena, proprio come fanno i codardi.
Come avrebbe potuto perdonarmi? Con quale coraggio sarebbe riuscita a guardarmi senza provare disgusto?
Poi, c'è l'altra faccia della medaglia. Quella in cui ritrae Alec, i suoi occhi neri come la pece e le sue frasi dette a metà.
"Ci sono molte cose che non sai, alcune ti riguardano persino", mi aveva detto.
Posso avvertire i brividi che tornano a percorrermi il corpo solo a sentire il suono della sua voce nella mente.
Non ho idea a cosa si riferisse esattamente, ma qualcosa, dentro di me, mi suggerisce che riguarda anche Ethan, Josh e questo Aaron che aveva nominato Alec. Voleva ricordare a Ethan della prossima settimana, ma riguardo a cosa era ancora un mistero.
Lo avrei scoperto, a qualsiasi costo.
«Piccola Dì, cosa ci fai sveglia a quest'ora?» I miei occhi seguono la voce di zio Finn che, inconsapevolmente, mi ha salvata dalla mia autodistruzione, «e cosa ti ha fatto quel povero gelato?»
Mi stringo nelle spalle, liberando il cucchiaio dalla mia presa salda che stava torturando la crema al cioccolato, ormai quasi liquida.
«Non riesco a dormire»
Zio Finn raggiunge il frigo per riempirsi un bicchiere d'acqua, per poi sedersi sulla sedia accanto alla mia.
«Che succede?» gli occhi dolci brillano di un verde intenso contro la luce artificiale del lampadario, aspettando con pazienza che gli esponga tutti i dubbi che mi tormentano.
«Ho commesso un errore imperdonabile, zio» confesso con un filo di voce.
Dirlo ad alta voce fa più male del previsto, un po' come se rendesse i miei pensieri più concreti, solidi. Inclino il capo in avanti, in modo da coprirmi il viso con i capelli e non lasciare trapelare i sentimenti che mi scombussolano.
«Tutti sbagliamo, la cosa importante è rimediare e non commettere più lo stesso errore»
«Questa volta Kim non mi perdonerà»
«Siete cresciute insieme, vi ho visto litigare così tante volte da non poterle nemmeno contare sulle dita» dice con una sicurezza che, quasi, convince anche me, «ma avete sempre chiarito»
«No, zio... non puoi capire» mormoro appena.
«Niente è irrimediabile» mi sposta le ciocche di capelli dal viso, «a parte il tuo tatuaggio, quello è davvero irreparabile» dice con tono divertito e mi da un piccolo buffetto sul naso, facendomi sorgere un sorriso sincero.
È la prima volta che ci scherza su, senza farmi la morale e senza farsi prendere dal nervoso. A pensarci bene è strano che sia ancora sveglio, visto che la sua sveglia suona all'alba ed è sempre fuori per lavoro. Sollevo lo sguardo su di lui, trasmettendogli tutta la gratitudine per quelle parole che, in parte, mi hanno alleggerito dai sensi di colpa.
Zio Finn increspa le labbra sottili in un sorriso che gli raggiunge gli occhi, illuminandoli maggiormente. Dopo avermi osservato a lungo ed in silenzio si è reso conto di non poter fare di più. Quindi, si alza dalla sedia e si allontana per tornare in camera.
«Zio Finn?»
«Sì?» si gira nella mia direzione, ormai ad un passo dalla porta.
Mi mordo il labbro inferiore, indecisa se porre o meno la domanda che mi pizzica la lingua. Il suo buon umore in piena notte mi suggerisce che qualcosa nella sua vita sia cambiato; è il momento giusto, ora o mai più.
«Mi chiedevo quanto ancora dovrò restare in punizione» butto fuori, tutto d'un fiato.
Non è una questione di vita o di morte, avrei potuto continuare ad uscire dalla finestra, ma l'idea di poter entrare dalla porta d'ingresso come qualsiasi persona normale mi invoglia a continuare.
«Non è servita a molto la punizione, tenendo conto che ogni sera sei sgattaiolata via dalla finestra» risponde svelto, mentre gli si formano delle piccole rughe intorno agli occhi a causa del sorriso enorme.
«Ma tu...»
«Ho avuto anche io la tua età, sai?»
Una risata imbarazzata mi sfugge dalle labbra, obbligandomi ad abbassare lo sguardo sulla vaschetta di gelato, diventata ormai liquida.
«Buonanotte, piccola Dì» mi saluta e nella sua voce non c'è traccia di delusione o rabbia, ma solamente un pizzico di divertimento che gli provocano le mie bravate.
«Buonanotte, zio»
A testimoniare come ho dormito è il mio riflesso nello specchio: le occhiaie mi segnano gli occhi, la sclera è leggermente arrossata, i capelli scompigliati in un groviglio di pensieri e il viso pallido fa da ciliegina sulla torta. Passo le dita tra i capelli lunghi che mi ricadono sulla schiena, provando a districarli, ma sono così ingarbugliati che alla fine decido a legarli in una coda alta. Pessimo errore, ne avrei pagato le conseguenze una volta a casa. Non ho tempo di darmi una sistemata, Lillie mi sta aspettando in spiaggia.
Riesco ad essere in ritardo anche quando mi sveglio all'alba...
Mi stacco dallo specchio che è presente all'entrata, afferro lo skate che ho appoggiato alla parete solo pochi attimi prima ed esco di casa. Non ho fretta di raggiungere il punto d'incontro, parlare con Lillie di quello che sta accadendo nella mia vita mi da un senso di vertigini, come se fossi appesa su un filo di ferro e potessi cadere nel vuoto da un momento all'altro.
Non è giusto metterla in mezzo, costringerla a mantenere un segreto che già sta divorando me. Ethan non mi rende le cose facili, mi ha messa nella posizione di doverle per forza raccontare tutto.
L'unica cosa positiva di questa mattina è l'idea di vedere l'oceano. Il profumo di salsedine mi infonde tranquillità e il rumore delle onde mi donano una pace interiore. Quando raggiungo la spiaggia, mi sfilo le scarpe e affondo i piedi nella sabbia morbida. Già dal primo contatto ho la sensazione di star meglio.
«Diana!» la voce squillante di James, il fratellino minore di Lillie, mi colpisce in pieno, insieme alle sue piccole manine che mi circondano le gambe in un tenero abbraccio.
I genitori di Lillie hanno divorziato quando andavamo alle medie, senza alcun tipo di astio e rancore, anzi, sono riusciti a mantenere uno splendido rapporto per la figlia.
Il loro legame è così solido e unito che spesso la madre di Lillie si prende cura del secondogenito dell'ex marito. Per questo motivo Lillie non ha mai sofferto il loro distaccamento, non ha mai percepito l'assenza di uno dei due, ma solo l'amore puro dei genitori. Lillie è troppo fragile, se uno dei due si fosse comportato male ne avrebbe sofferto, fino a spezzarsi.
Mi accovaccio, in modo da essere alla stessa altezza di un bambino di cinque anni e gli afferro dolcemente le guance piene.
«Il mio bambino preferito» dico con voce allegra, mentre le sue braccia mi circondano il collo per stringermi ancora una volta in un abbraccio.
Lillie si ferma ad un passo da noi, appoggiando le mani sulle ginocchia e cercando di calmare il respiro irregolare. Sembra che abbia corso una maratona.
«Scusami» borbotta, racimolando un po' di ossigeno, «ma non ho avuto altra scelta che portarlo con me»
Sollevo lo sguardo verso di lei, sorridendole.
«Non è un problema, adoro questa piccola peste» dico in modo sincero, facendo saettare le dita sulla sua pancia, in modo da provocargli il solletico. La sua risata infantile alleggia intorno a noi, mi arriva al cuore e mi fa nascere un sorriso che non riesco a trattenere.
«Su, James» lo richiama dolcemente Lillie, «vai a cercare le conchiglie sulla spiaggia»
Il piccolino si stacca da me per correre in modo buffo verso le onde. Mi sollevo quasi subito, per poi seguire a piccoli passi James, già intento a scovare le conchiglie tra i granelli di sabbia.
Mi lascio cadere sulla sabbia e sento la mia amica fare lo stesso, mentre i miei occhi non si scollano dal bambino. A quell'età non si ha idea di quanto si è fortunati, si ha solamente voglia di crescere, pensando di poter fare qualsiasi cosa. In realtà la spensieratezza che si ha da bambini è impagabile e crescendo viene spazzata via, senza la possibilità di ritorno.
«Vorrei tornare a quell'età» sussurro, più a me stessa che a lei.
Sento gli occhi verdi smeraldo di Lillie pungermi il viso. La sbircio con la coda dell'occhio ed intravedo, nella sua espressione, la serietà del discorso che dobbiamo affrontare.
«La verità è che l'essere umano non è mai contento. A cinquant'anni ci ritroveremo a dire la stessa cosa sulla nostra età» replica con saggezza, una matura consapevolezza che non dovrebbe avere una ragazza della nostra età, ma Lillie è sempre stata un passo avanti a tutti i nostri coetanei.
«Lillie... sto combinando un casino» confesso, lasciando fuoriuscire tutte le sensazioni che mi sovrastano.
Mi dispiace doverla mettere in mezzo, ma sono contenta di poterne finalmente parlare con qualcuno. Mantenere un segreto ti rilascia una sensazione peggiore di commettere l'errore stesso.
«Quello l'ho capito» una risata nervosa le sfugge dalle labbra ed io non posso far a meno di girarmi nella sua direzione per incrociare i suoi occhi.
I capelli lunghi e mossi le incorniciano il viso dolce e i suoi occhi trasmettono tutta la purezza e la bontà che la contraddistingue. Mai una parola negativa nei confronti degli altri, mai un gesto di invidia o gelosia, mai una risposta arrogante o ricca di cattiveria.
«Lo sai che non ti giudicherò mai, con me puoi parlare» mi sprona, allungando la sua mano sul mio braccio, in un gesto che mi comunica tutta la sua solidarietà.
«Ho conosciuto Ethan appena sono atterrata a San Diego, al ritorno del mio viaggio in Italia» inizio il racconto, dopo aver preso un respiro profondo per infondermi coraggio, «Non conoscevo il suo nome e non sapevo fosse lo stesso ragazzo dei racconti di Kim. L'ho incontrato qualche volta, ma ci siamo sempre scambiati sguardi di fuoco e parole taglienti»
Sposto lo sguardo all'acqua dell'oceano. La sua profondità è notevole, a volte mi ritrovo a paragonarla al cuore umano. Anch'esso, spesso, è profondo e impenetrabile. Mi inumidisco le labbra secche con la saliva, mentre i raggi del sole mi accarezzano la pelle e si scontrano con l'oceano, creando dei piccoli diamanti luminosi verso l'orizzonte.
«Quando hai capito che si trattava della stessa persona?»
«Alla festa in spiaggia, quando vi ho raggiunto Kim ha iniziato ad urlare il suo nome, indicandolo» sputo fuori, evitando di raccontarle come pochi istanti prima il suo corpo aveva bloccato il mio, facendomi percorrere sentieri nel mio cuore di cui nemmeno io ero a conoscenza.
«Poi, cos'è successo?» mi domanda con una delicatezza e discrezione che solo lei conosce.
«Poi...» mi fermo un attimo.
Sono a conoscenza che nello stesso momento cui avrei espresso i miei pensieri ad alta voce, questi sarebbero diventati reali.
«Dimmi, Dì. Sono qui per te» riesco a percepire ogni singola parte di bene che prova Lillie nei miei confronti. Mi vergogno così tanto da non riuscire a guardarla in faccia, preferisco mantenere lo sguardo fisso sull'oceano.
«Mi ha stravolto ogni cosa, Lillie. Non te lo so spiegare, ma da quando lui è entrato nella mia vita, mi sento viva. E quando hai la sensazione di avere delle mani intorno alla gola ogni fottuto giorno, la paura di soffocare ti stordisce e non ti da la possibilità di poterti salvare» le parole mi escono dalla bocca a raffica, non riesco a fermarle, «lui non è arrivato in punta di piedi; Ethan ha fatto un gran casino, si è fatto sentire e mi ha attirata a sé con il suo ghigno strafottente, i suoi occhi profondi e il suo fare arrogante»
«Porca puttana» le sfugge, mentre si porta le mani ai capelli con fare nervoso, «è più grave di quanto pensassi»
«No» scuoto con decisione il capo, mentre un sorriso amaro si impossessa della mia bocca «questa non è la parte peggiore, perché qui ancora riuscivo a mantenere le distanze»
«Cioè?» dalla sua voce si scorge la paura di porre la domanda. La capisco. Essere a conoscenza di tutto la mette in una brutta situazione.
«Alla festa Ethan ha avuto una discussione con Alec, un ragazzo che ho conosciuto alla festa a casa di Kim» le spiego con calma, «Ho avuto un attacco di panico, quando ci sono degli episodi di violenza, dopo la morte dei miei genitori, mi succede»
«Mi dispiace, Dì, non ero lì... mi ero allontanata da poco per cercare Kim» sento il movimento della sabbia al mio fianco, un chiaro segno che si sta avvicinando a me, «quando io e Kim ci siamo rese conto che stava succedendo qualcosa, voi due non c'eravate già più. Josh ci ha spiegato che ha chiesto a Ethan di portarti a casa»
La sua guancia si appoggia sulla mia spalla ed io appoggio la mia sulla sua testa. Premo gli incisivi sul mio labbro inferiore, finché non sento male e sono costretta a mollare la presa.
«Probabilmente se ci fossi stata tu, non avrei commesso l'errore migliore della mia vita. Ed è egoista da parte mia, ma lo rifarei altre mille volte»
«A cosa ti riferisci?» è allarmata, mi basta osservare come gioca nervosamente con le pellicine delle sue unghie.
«Avevo esagerato parecchio con l'alcool» la mia mente si assenta per tornare a quel momento, lo avrei rivissuto migliaia di volte, «in un attimo tutto è precipitato. Ci siamo baciati. Un bacio che mi ha trasmesso sensazioni che non sapevo di poter provare»
Lillie si solleva di scatto, allontanandosi dal mio corpo e parandosi davanti a me.
«Diana Penelope Lewis» tuona, la voce le trema e mi punta l'indice contro, «Non puoi distruggere un'amicizia che dura da anni per uno stupido ragazzo!»
Le mie mani affondano nella sabbia, quasi a ricercare una connessione con il mare. Abbasso lo sguardo e trattengo il respiro, me ne rendo conto solamente quando i polmoni iniziano a bruciarmi per richiedere l'accesso immediato dell'ossigeno.
«Non ho alcuna intenzione di farlo» sussurro appena, come se la mia voce fosse strozzata, «Non gli permetterò più di avvicinarsi»
«Promettimelo Diana, promettimi che gli starai lontana» mi supplica la voce dolce di Lillie, accovacciandosi di fronte a me e appoggiandomi le mani sulle ginocchia.
Le sue unghie sono smaltate di un rosso ciliegia, mi concentro sull'intensità di quel colore per restare aggrappata al presente.
«Te lo prometto» dico senza esitazione.
Il cellulare emette un lieve suono, avvertendomi che mi è appena arrivata una notifica.
Sono grata alla persona che mi ha appena scritto, chiunque sia ad interrompere questa conversazione non ha idea del sollievo che mi ha donato. Sarei stata capace di dare corda persino a Leon, pur di cambiare argomento.
Mi strofino le mani velocemente, facendo cadere qualche granello di sabbia sui miei vestiti, per poi allungarle nella mia borsa e cercare il cellulare. Lillie si allontana con delicatezza per concedermi un momento da sola. Un po' ne approfitta anche lei per riflettere su tutta la mia confessione, un po' per andare a controllare il suo fratellino che si è allontanato troppo. Sblocco lo schermo luminoso in modo meccanico e trovo un messaggio da parte di un numero sconosciuto.
Possiamo fingere che non sia
successo, ma percepisco
ancora le tue labbra.
Dannazione.
Il mio cuore profonda in un'abisso di emozioni che non riesco più a controllare, ma che mi regalano attimi in cui la voglia di vivere mi invade ogni cellula del corpo.
Chi sei?
Scrivo il messaggio con le dita che mi tremano. So chi c'è dietro, ma una parte di me continua a sperare che non sia lui. Se Ethan è arrivato al punto di mandarmi un messaggio del genere, vuol dire che non ha alcuna intenzione di starmi lontano. Ed io ho bisogno che lui lo faccia per mantener fede alla promessa appena fatta a Lillie.
Per quanto mi ostini a credere di essere forte, davanti a lui sono fragile come il guscio di un uovo. Mi sarei frantumata pur di non cadere in tentazione, ma alla fine sarei annegata nella tentazione di poter avvertire la felicità ancora una volta. Il suono di un nuovo messaggio mi riporta alla realtà.
Baci così tanti ragazzi durante
la stessa serata da non
riuscire a ricordarti di me?
Ethan...
Corretto
Come hai avuto il mio numero?
Non penso che questa sia la
domanda giusta.
Devi starmi lontano.
Vedremo.
«Diana, guarda che bella questa conchiglia» urla con voce allegra James, mentre corre nella mia direzione. Blocco velocemente lo schermo, facendolo diventare nero. Ma non basta un semplice gesto per eliminare le parole che mi hanno scombussolato lo stomaco e fatto tremare il cuore.
Lo sguardo di Lillie, immobile a qualche mentre da me, è indagatore. Non ha bisogno di pormi altre domande, le guance che mi bruciano a causa del calore che avverto sono già una risposta.
• Angolo Hopeless •
Ciao a tutti! 🫶🏻
Anche questa volta sono riuscita ad essere puntuale con la pubblicazione!
Cosa ne pensate della confessione di Diana?
Il nostro Ethan metterà nuovamente a dura prova la povera Diana?
Fatemi sapere nei commenti cosa ne pensate e se il capitolo vi è piaciuto, lasciate una stellina per far crescere la storia di Ethan e Diana ⭐️
Come sempre, vi ringrazio per essere arrivati fin qui ❤️
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