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Capitolo 9

Erano almeno venti minuti che camminavamo e nessuno dei due aveva spiccicato parola, apparte il saluto iniziale è quella frase che mi aveva mandato in arresto cardiaco. Io guardavo in tutte le direzioni, mentre il suo sguardo bruciava su di me.
"Fede, tutto okay?"
Come diceva bene il mio nome. Annuii soltanto.
"Sei molto silenzioso oggi."
Constatò. Forse perché avevo preso più consapevolezza dell'effetto che lui aveva su di me.
"Ho sbagliato qualcosa io?"
Di scatto mi voltai verso di lui.
"No, assolutamente."
Mi affrettai a dire. Lo vidi sorridere.
"Finalmente mi guardi, mi mancavano i tuoi occhi su di me."
Avvampai all'istante. Sarei anche potuto morire in quel preciso momento.
"Ecco, io..."
Non sapevo cosa dire, mi venne spontaneo abbassare lo sguardo.
"Torni a balbettare adesso?"
Mi chiese.
"Io non..."
Lasciai in sospeso anche quella frase. Sentii i suoi passi avvicinarsi e quando alzai lo sguardo, me lo ritrovai davanti. Deglutii.
"Sei adorabile."
Arrossii ancora.
"Smettila..."
Borbottai.
"Ti dà fastidio che ti dico parole dolci?"
Distolsi ancora lo sguardo.
"Detesto essere messo in imbarazzo."
Lo sentii sorridere.
"Sei carino quando sei in imbarazzo."
Sentii i suoi passi spostarsi dietro di me, le sue mani posarsi sui miei fianchi, cosa che mi fece sussultare appena.
"Sembri così vulnerabile, fragile, indifeso..."
Sussurrò al mio orecchio... Era esattamente come mi sentivo. Il cuore prese a martellare nel petto, ero sicuro che se mi avesse lasciato sarei potuto cadere. Sfiorò il mio orecchio e il mio collo con le labbra, cosa che mi fece venire la pelle d'oca lungo tutto il corpo. Lo sentii sorridere sulla mia pelle.
"Mi piace l'effetto che ti faccio."
Sussurrò ancora. Mugugnai.
"A me no... Non mi piace essere controllato."
Lo informai.
"Nemmeno da me?"
Chiusi gli occhi.
"Nemmeno..."
Lo sentii soffiare in un punto che mi fece rabbrividire.
"Non ti fidi?"
Chiese.
"Hai troppa influenza su di me... Potrei diventare una marionetta nelle tue mani..."
Ammisi.
"Chi ti dice che non possa diventarlo anch'io nelle tue?"
Quelle parole mi spiazzarono, quindi lui si sentiva come mi sentivo io? Mi voltai per guardarlo e lui mi lasciò, fortunatamente, contro ogni mia aspettativa, non caddi.
"Sei serio?"
Chiesi ancora stupefatto.
"Mai stato più serio."
E si vedeva. Mi venne spontaneo sorridere, mi sentii dannatamente felice e più sollevato, ma anche così dannatamente in imbarazzo per aver sorriso a quelle sue parole, cosa che però fece sorridere anche lui.

"Non ci credo che da piccolo sei caduto da una rampa di scale e non ti sei fatto niente."
Disse scettico, trattenendo una risata. Probabilmente stava immaginando un piccolo me che rotolava giù dalle scale.
"Ti giuro, solo qualche livido e il segno della sbarra del portone sul viso."
Non ce la fece più, scoppiò a ridere e io mi sentii morire. Era un suono così bello, cazzo.
"Ti immagino troppo."
Cercò di controllarsi.
"Il bello è che mi sono rialzato, guardato intorno e ho detto 'mamma io vado a giocare fuori' in gergo infantile e sono uscito, come se niente fosse."
Scoppiò nuovamente.
"Immagino che lei ti sia corsa dietro."
Ipotizzò in un momento di lucidità.
"Sì, dopo dieci minuti di shock."
Lo informai, facendolo ridere ancora.
"Povero piccolo, sarei venuto a controllarti io e ti avrei riempito di coccole."
Disse una volta ripresosi dalle troppe risa, passandomi una mano nei capelli, massaggiando un po' la cute, cosa che mi rilassò all'istante. Il suo tocco era delicato, dolce, anche se freddo e quasi non lo sentii.
"Mi scompigli i capelli così."
Dissi cercando di fargli credere che mi desse fastidio, cosa assolutamente falsa.
"Non mi sembra ti importi molto."
Appunto.

Dopo aver preso dei cornetti e dei succhi di frutta, mi portò in un posto appartato, di un parco, per una specie di mini picnic. Ci mettemmo sotto ad un albero, io con la schiena contro il tronco e lui di fronte a me.
"È strano."
Se ne uscì.
"Cosa?"
Chiesi, senza nemmeno guardarlo, concentrato a mangiare.
"Alto un metro e ottanta, con i muscoli, virile, eppure sei così adorabile."
Mi bloccai ed avvampai, per poi incontrare il suo sguardo. Mi stava osservando, con le labbra schiuse, concentrato. Distolsi lo sguardo e cambiai argomento.
"Buoni questi cornetti."
Sorrise, abbassando lo sguardo e scuotendo appena la testa, prendendo a mangiare il proprio. Una volta che li finimmo, io personalmente tentai di pulirmi alla meglio, quando mangiavo mi sporcavo sempre, neanche un bambino.
"Vuoi una mano?"
Si offrì. Che figura.
"No, no, ce la faccio."
Dissi sicuro. Sicurezza che vacillò quando ogni volta che ero sicuro d'essermi pulito bene, lui puntualmente mi diceva che non era così. Sbuffai sonoramente.
"Ci rinuncio."
Lanciai il fazzoletto fra gli altri mille.
"Posso?"
Chiese, quasi impaziente ed io annuii. Lo vidi avvicinarsi, gattonando verso di me. Io immobile, lui a due centimetri dal mio viso, si decise a posare le sue labbra all'angolo del mio arco di cupido, succhiando e leccando un po', cosa che mando mille scariche per tutto il mio corpo. Il suo tocco era come una ventata fresca, delicata, quasi surreale, ma che suscitava in me una miriade di emozioni. Dopo poco si staccò ed io non riuscii a trattenere il mio disappunto. Lo manifestai mugugnando contrariato e portando una mano sulla sua maglia per trattenerlo vicino, cosa che lo fece sorridere e fece venire a me voglia di sprofondare.
"S-scusa..."
Balbettai... Di nuovo.
"Non scusarti, è bello sapere che hai apprezzato, temevo di fare la figura dello stupido."
Scossi la testa immediatamente.
"Non hai per niente fatto la figura dello stupido."
Lo difesi prontamente da se stesso.
"Allora potrei anche rifarlo, magari la prossima volta."
Arrossii per la centesima volta solo quella mattina.
"Certo... Ecco, sì... Se vuoi... Insomma..."
Balbettai ancora. Mi prese il viso fra le mani e lo strapazzò.
"Sei così tenero."
Borbottai.
"Lo sei ancora."
Alzai gli occhi al cielo, facendolo ridacchiare. Com'è che riusciva a farmi sentire così bene?

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