Capitolo 5
Il respiro mi si spezzò, il cuore perse un battito e mi sentii come pietrificato. Non poteva essere lui e comunque... Che diavolo mi stava prendendo?
"Ehi? Il gatto ti ha mangiato la lingua?"
Scherzò sorridendomi. Cazzo, quel sorriso. Il mio cuore prese a martellare più forte nel petto.
"Io..."
Provai appena, ma nulla, le parole mi morirono in gola, non fui nemmeno sicuro che avesse sentito quell' 'Io'.
"Forse è meglio se ci sediamo e bevi qualcosa."
Propose.
"Il caldo deve averti fatto male."
Suppose, ma non era il caldo, era lui. Annuii soltanto, seguendolo.
Prendemmo una bottiglietta di succo di mela, o meglio, lui la prese per me e mi portò in un posto più appartato, convinto che caldo e massa di gente non fossero la giusta combinazione per una persona con un apparente calo di pressione.
"Tieni."
Mi porse la bottiglietta. L'accettai ed iniziai a bere, non distogliendo gli occhi da lui neanche per un secondo. Era davvero bellissimo. Mi strozzai con la bevanda ed iniziai a tossire, mentre lui mi sorrise divertito.
"Tutto okay?"
Mi diede qualche pacca sulla schiena. Quella fu la mia prima figura di merda con lui.
"Sei muto per caso?"
Mi chiese ed io scossi la testa, richiudendo la bottiglietta.
"Allora perché non parli?"
Già, perché non parlavo? Mi feci coraggio e...
"Non... Non mi piace parlare."
Dissi solo. Beh, era un primo passo, no?
"Perché no?"
Chiese.
"Lo trovo inutile, la gente non mi capirebbe."
Espressi, riacquistando un minimo di fiducia in me, senza guardarlo.
"Condivido."
Disse.
"Non tutti hanno un quoziente intellettivo abbastanza sviluppato per comprendere anche solo cose che hai nostri occhi possono sembrare banali, ma per loro risultano così strane e complesse."
Lo guardai sbalordito... Era esattamente ciò che pensavo io.
"Spesso mi vergogno nel definirmi 'essere umano', loro mi fanno vergognare... Non riescono a cogliere anche le cose più ovvie."
Non potevo crederci...
"Sono solo un branco di individui sottosviluppati, la cui capacità di pensare è sprecata."
Avevo trovato qualcuno con il mio stesso modo di pensare e parlare.
"Mi trovi perfettamente d'accordo con te."
Distolsi lo sguardo.
"Alle volte viene spontaneo domandarti da dove sei uscito fuori."
Commentai.
"Da piccolo credevo di essere un alieno."
Confessai, scuotendo appena la testa.
"Forse lo siamo."
Ribatté con un'alzata di spalle. Sorrisi.
"Già, forse..."
Dissi solo. Si alzò.
"Ti va di fare un giro con me? Mi annoio."
Mi chiese ed io annuii.
Non smisi un attimo di guardarlo, sembrava così surreale.
"Non mi piace essere fissato."
Avvampai, distogliendo immediatamente lo sguardo.
"Io non..."
Iniziai, ma lui mi interruppe.
"È frustrante sapere di essere così intelligenti, ma non abbastanza da leggere la mente umana... E poi non dovrebbe essere così difficile, no? I pensieri sono sempre gli stessi, ciò è frustrante."
Commentò con un pizzico di irritazione nel tono. Incredibile.
"Lo penso anch'io."
Sorrise.
"Credo che io e te diventeremo grandi amici."
'O magari qualcosa di più...', scossi la testa per cancellare quel genere di pensieri.
"Sei gay?"
Mi chiese all'improvviso e per poco non inciampai, glielo volevo chiedere io.
"Non proprio..."
Dissi solo.
"In che senso?"
Mi guardò. Ansia.
"Nel senso che... Ecco... Non ho preferenze, se qualcuno è in grado di prendermi, non importa che sia maschio o femmina, va bene comunque."
Provai a spiegarmi meglio.
"È lo stesso per me."
Lo guardai.
"Davvero?"
Lui annuì. Mi venne spontaneo sorridere ancora, ma smisi immediatamente.
"Infatti detesto gli omofobi, sono ancora più sottosviluppati e codardi..."
Iniziò.
"L'essere umano ha così paura di ciò che non conosce, di ciò che è diverso da lui, invece a me affascina tutto ciò che è differente dalla mia persona e dal mio pensiero."
Mi sembrò di sentir ancora parlare me.
"È quello che dico sempre anch'io."
Il moro si voltò verso di me e fece un sorrisetto.
"Mi piaci già."
'Sapessi tu a me...'.
Passammo molto tempo seduti lì a parlare e dovete credermi che era come se... Come se stessi parlando con me stesso.
"Quanti anni hai?"
Mi chiese.
"Diciotto, tu?"
Chiesi di rimando.
"Diciannove."
Ripose. Beh, si vedeva che era un po' più grande di me.
"Frequenti il liceo Sant'Agata, vero?"
Mi guardò confuso.
"Ti ho visto due volte lì."
Dissi, distogliendo lo sguardo e sperando di non essere arrossito.
"Ecco dove ti avevo già visto."
Sorrisi interiormente. Allora si ricordava di me?
"Non ti ho mai visto prima di quelle volte, sei nuovo, vero?"
Lui annuì.
"Mi sono trasferito da poco."
Come immaginavo.
"Da dove?"
Avevo ipotizzato venisse da fuori, Londra ad esempio, aveva il tipico aspetto da ragazzo londinese e anche l'accento sembrava quello, infatti...
"Londra."
Mi sentii un veggente.
"Come mai qui a Modena?"
Alzò le spalle.
"Decisione dei miei."
Rispose ed io annuii.
"E sei felice di questa scelta?"
Alzò ancora le spalle.
"Mi è indifferente."
Rispose semplicemente. Venimmo interrotti dallo squillo del mio cellulare, così lo afferrai, era mia sorella. La maledissi mentalmente.
"Dimmi."
Risposi.
"Dove sei?"
Mi chiese.
"Hai finito con il tuo amore?"
Chiesi con tono scocciato, facendo ridacchiare il ragazzo accanto a me.
"Gne gne, sì, comunque."
Rispose con fare da bambina. 'La solita.' pensai.
"Torniamo a casa?"
Mi chiese ancora. Guardai il ragazzo vicino a me.
"Ehm... Ecco... Io..."
Balbettai. Non volevo separarmi da lui.
"Se devi andare vai, ci vediamo un'altra volta."
Mi propose. Mi morsi il labbro per trattenere un sorriso ed annuii.
"Okay, dove sei tu?"
Chiesi a mia sorella.
"Davanti a dove abbiamo fatto colazione."
Mi informò.
"Arrivo."
Le dissi, per poi chiudere la telefonata. Il moro si alzò, seguito da me.
"Dammi il tuo numero, così poi ci organizziamo."
Annuii, dettandoglielo.
"Perfetto."
Disse, riponendolo in tasca.
"Alla prossima allora."
Iniziò ad allontanarsi. Pensai al fatto che non avevo visto come mi avesse memorizzato e solo in quel momento mi venne in mente che non ci eravamo nemmeno presentati.
"Aspetta!"
Esclamai, costringendolo a voltarsi.
"Mi chiamo Federico comunque."
Dissi, abbassando lo sguardo.
"Bel nome."
Lo rialzai, incontrando ancora quegli occhi.
"Tu?"
Chiesi.
"Noah."
Io amavo da morire quel nome.
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