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You are My apple sin

You are My apple sin

Capitolo 8

"You are My apple sin"

Chi cade in peccato è un uomo;

chi se ne duole è un santo;

chi se ne vanta è un diavolo.

Thomas Fuller,The Holy and the Prophane State

Pov Jeremy

Mi trascinò fino in bagno, dove la musica era attutita e non c'era nessuno.

Chiuse la porta dietro di noi e poi mi lasciò andare, mentre il mio polso ancora bruciava a causa di quel contatto.

Che avrei dovuto fare? Quella sera avrei dovuto voltare pagina, dimenticarlo, ma lui sembrava intenzionato ad impedirmelo ad ogni costo.

-Hai tre minuti.- gli ricordai, cercando di essere il più duro possibile, ma probabilmente non riuscendoci un gran che.

Lui sembrava teso, indeciso, mentre si passava una mano tra i capelli sconvolti e spettinati; probabilmente era uscito per cercarmi in fretta e furia, non si era neppure abbottonato la camicia come al solito: aveva mancato qualche asola, altri bottoni erano stati posti nell'apertura sbagliata, i polsini erano stati lasciati sciolti, mentre il colletto era tutto stropicciato.

Un po' mi venne da ridere. Lui sempre così austero e perfetto nel suo aspetto, in quel momento sembrava un barbone.

-Il tempo scorre.- gli feci presente tirando fuori il cellulare che vibrava.

Tutti messaggi di Dylan che mi stava informando di ciò che mi stavo perdendo e che faceva il conto alla rovescia.

-Ti sei fatto male prima?- chiese e io alzai lo sguardo fulminandolo.

-Se è questo che volevi chiedermi ho sprecato quattro minuti del mio tempo.- dissi rimettendo l'oggetto in tasca, per andarmene, ma lui mi afferrò per un braccio e mi impose di rimanere lì.

-Perché stai ancora con lui?- chiese -L'altra sera ti ha fatto ubriacare e piangere! Da te non vuole altro che il tuo corpo come tutti gli altri; quindi perché?- chiese.

Il mio primo istinto fu quello di scoppiare a ridere e piangere allo stesso tempo.

Che ne sapeva di me? Era bravo a predicare lui, lui non provava nemmeno un briciolo di ciò che provavo io.

-Lasciami.- gli ordinai. Ero stanco di soffrire, semplicemente avrei preso tutto ciò che avrei potuto avere.

-No.- mi si posizionò davanti e mi guardò con quegli occhi color dell'onice e mi sentii morire. Erano così cristallini, chiari, pieni di un sentimento che credevo di riuscir a leggere, ma di cui allo stesso tempo avevo paura. -Rispondimi.-

In quel momento tremai di paura, schiacciato da quello sguardo nero come il petrolio, intenso come il mare in tempesta che mi stava travolgendo.

-Che diavolo vuoi dalla mia vita!- iniziai a urlare, il terrore che parlava per mia istanza -Non posso ricevere più di questo, non posso fare altro che andare a letto con qualcuno che finge di amarmi piuttosto che stare da solo e soffrire per qualcuno che non potrò mai avere!- lo spinsi via, cercai di liberarmi, ma lui mi tenne saldo, mentre per aiutarsi mi sospingeva contro la parete per tenermi ancora più fermo, facendomi percepire il suo corpo contro il mio, il suo profumo che ormai non riuscivo più a sopportare di percepire senza poterlo lambire.

Perché mi stava facendo tutto questo?

-Chi non potrai mai avere?- chiese, mentre un irritante sorriso si dipingeva sul suo viso.

-Lasciami!- urlai di nuovo, cercando di scappare, di fuggire prima che la mia bocca si muovesse guidata dal mio cuore e non dalla mia mente.

-No.- mi baciò una tempia e mi sembrò di morire un'altra volta, mentre le mie gambe iniziavano a farsi molli.

-Dimmelo.- mi incalzò -Sono qui solo per te Jeremy.-

Perché la sua voce era così dolce? Il suo sorriso irresistibile e il mio cuore non accennava a morire?

-Ho detto di lasciarmi!- continuai a lottare, non potevo cedere alle sue parole, alla melodia delle sue corde vocali -Fa semplicemente come tutti gli altri!- lo scongiurai, mentre una lacrima cadeva incontrollata, rigandomi una guancia.

-Sono qui per te.- ripeté -Non per il tuo corpo, non per tua madre, ma sono qui perché è dove voglio e devo essere. Quindi non chiedermi di essere come gli altri, non posso.-

Alle mie orecchie suonò come la più dolce delle dichiarazioni, tanto che lo guardai sconfitto, ritrovandomelo a pochi centimetri dalle mie labbra.

-Ti prego.- lo scongiurai.

-Hai mai ricevuto un bacio vero?- chiese, avvicinandosi di più a me.

-Certo che...- non mi lasciò il tempo di finire, che posò le sue labbra sulle mie.

A quel contatto mi bloccai, diventai come pietra, mentre il mio cuore correva veloce, impazzito e felice come non mai.

Sentii la sua lingua chiedermi dolcemente il permesso di entrare e socchiudendo gli occhi gli diedi il permesso, mentre le mie braccia cadevano come prive di vita lungo il mio corpo e le sue mani che mi stringevano i polsi delicate, come piume.

Mi baciò dolce, donandomi una sensazione mai provata prima.

Era come se quello fosse stato il mio primo bacio e al sol pensiero iniziai a piangere, mentre con una mano andavo ad artigliare la sua camicia chiedendo di più.

A quel punto lui si staccò dolce, baciandomi il lato della bocca, poi le palpebre e io rimasi inerme sotto quei bollenti petali di carne.

-Vieni via con me.- aprii appena gli occhi e lo guardai inebetito, il cervello che era andato in completo blackout.

-Perché?- fu l'unica cosa articolata che riuscii a dire.

Perché mi aveva baciato?

Perché non mi aveva abbandonato, lasciato a me stesso?

Perché era entrato nella mia vita?

-Perché lo volevo.- disse sorridendomi.

-Posso sempre dirlo a mamma.- dissi poco convincente, cercando di allontanarlo, ma lui mi accarezzò il volto e io istintivamente mi sfrusciai contro la sua mano, come un gatto alla ricerca delle coccole del suo padrone, di amore.

-Allora potrei sempre dirle che tu lo hai fatto prima di me.- mi minacciò gioviale, mentre mi baciava di nuovo.

PoV Dominic

Salii in macchina e posai la fronte sul volante, sbattendola due o tre volte contro la sua superficie dura.

Lo avevo baciato, alla fine ero caduto in tentazione e nessuno mi avrebbe liberato dal male, perché non volevo esserlo.

Rassegnato accesi la macchina e svogliatamente mi rimisi a sedere composto, passandomi una mano tra i capelli corvini e poi posandola sulla marcia per uscire dal parcheggio; da solo.

-Dove vai senza di me idiota?- chiese la voce melodiosa di Jeremy, aprendo la porta ed entrando, sedendosi accanto a me e mettendosi la cintura.

Lo guardai allibito, stropicciandomi persino gli occhi credendo di star sognando.

Quando mi aveva lasciato da solo in bagno credevo che mi avesse dato la sua risposta, che avesse scelto Dyalan a me. Quindi, perché era lì?

-Non andiamo a casa?- chiese, guardandomi curioso ed avvicinandosi al mio viso, così tanto da poter sentire il suo respiro accarezzarmi la pelle.

Socchiusi gli occhi e le labbra e le feci incontrare in un piccolo e tenero bacio.

Erano così morbide le sue labbra, sapevano di mela; a volte il destino era davvero divertente con le sue coincidenze.

Ci staccammo dopo qualche secondo, sul viso dell'altro un sorriso dolce, luminoso e vero.

Tornò poi al suo posto e io misi in moto senza dire nulla, richiudendomi nei miei pensieri, ma non prima di aver preso la sua mano e posata sulla leva del cambio sotto la mia.

Avevo bisogno di quel solido contatto, oppure, sarei impazzito.

Rimanemmo in silenzio durante tutto il tragitto a parlare erano solo le ruote che sfrecciavano sull'asfalto bagnato, i nostri respiri, i nostri pensieri impossibili da catturare e le nostre mani che non accennavano a lasciarsi.

Quando parcheggiai rimanemmo per un po' lì seduti.

Lui a guardare fuori dal finestrino e io davanti a me.

-Dovremmo rientrare.- suggerì senza guardarmi o senza sciogliere il nostro contatto.

Mi voltai verso di lui, accarezzai il suo profilo, notando solo in quel momento che mi stava osservando attraverso il riflesso del vetro.

Sorrisi dolce, col cuore che batteva pigro, ma felice.

Avrei voluto rimanere per sempre intrappolato in quell'abitacolo, congelato in quel preciso istante.

-O forse restare.- lui si voltò verso di me e mi guardò con quegli occhi incredibilmente verdi, che non avrei mai smesso di osservare, di lodare.

Mi guardò curioso, cercando probabilmente di leggere per la prima volta il mio volto che avevo lasciato senza difese.

Ormai non c'era più bisogno di innalzare barriere o tentare di celare i miei sentimenti, come potere dopo quei baci che volevo ripetere ancora e ancora, senza sosta, fino a che l'ossigeno non mi sarebbe mancata; fin tanto che non avrei sentito i polmoni bruciare e urlare alla ricerca di quell'elemento senza i quali non potevano vivere.

-Ti penti?- mi chiese distogliendo appena lo sguardo, mentre la pioggia, fino a quel momento fine, iniziò a cadere violentemente spandendo il suo rumore pesante all'interno della macchina.

Osservai per qualche secondo il vetro della macchina venir costellato da quelle gocce trasparenti che rendevano impossibile vedere oltre di esse.

-E' stato uno sbaglio, sì.- risposi sinceramente -Ma non me ne pento.-

Strinsi di più le nostre mani intrecciate, tornando a guardarlo intensamente.

-Non è la stessa cosa?- sorrise triste lasciando la mia mano per slacciare così la cintura e andarsene.

Mi avvicinai a lui e gli presi il viso tra le mani, costringendolo così a guardarmi.

-No, non la è.- posai la mia fronte sulla sua e presi un profondo respiro. Probabilmente avrei dovuto dirgli chiaramente ciò che provavo, ciò che sentivo dentro; altrimenti non avrebbe mai capito i miei gesti, mai compresi.

-Mi pento di non essere stato abbastanza forte da non resistere più a lungo. Ho cercato in vano di far tacere il mio cuore, di non udirlo urlare il tuo nome; ti ho persino lasciato andare tra le braccia di un verme e per cosa? Per una cosa che non posso e forse non voglio controllare.- posai i miei occhi su di lui, che mi stava guardando e ascoltando con grande attenzione, mentre le sue mani andavano a posarsi sulle mie.

-Io... io voglio il meglio per te Jeremy, desidero che tu possa incontrare un ragazzo della tua età che ti ami per ciò che sei e non solo per il tuo corpo. Quindi, nonostante ciò che è accaduto questa sera, ti amerò da lontano, ti terrò stretto e sarai per sempre il mio tesoro più prezioso, ma non posso amarti come voglio.-

Alla fine rimanevo sempre un gran codardo. Perché dovevo continuare a fuggire?

A volte mi chiedevo se non ero io a rendere l'amore tra me e lui impossibile.

-Credi che dopo tutto ciò che hai detto o fatto questa sera io ti lascerò scappare?- mi chiese avvicinandosi al mio viso.

Sorrisi. -No, credo proprio di no; anzi, mi aspetteranno dure settimane vero?- lui annuì, ghignando, in risposta.

-Non ti lascerò nemmeno sposare mia madre.- mi avvertì soffiando sulle mie labbra, quegli occhi verdi che brillavano di determinazione, malizia e per qualche strano motivo anche divertimento.

-Farai di tutto per farmi cadere in tentazione.- la mia non era una domanda, ma una certezza. -Dopotutto, sei la mia mela del peccato.- .

Lui sorrise nel bacio, che ben presto da dolce divenne bollente, appassionato, così tanto da farmi indietreggiare, mentre lui saliva sul sedile con le ginocchia per sovrastarmi.

-My...- lo chiamai con quel soprannome, che mi aleggiava nella testa da un po'. Un nome che era solo mio, che era pretenzioso e possessivo.

-Come?- chiese, con occhi brillanti e confusi.

-My**.- ripetei accarezzando quelle due lettere dolcemente come se fosse un fiore -Non farò niente di più che baciarti.- lo avvertii.

Lui gonfiò le guance leggermente e poi mi morse il labbro inferiore.

-Scordatelo, devo farti cedere. E' una sfida ora.- ridacchiai, mentre lo allontanavo da me.

-Ho resistito dei mesi. Posso resistere altrettanti.- lui si umettò le labbra e aprì la portiera della macchina.

-Non se il tuo peccato vive sotto il tuo stesso tetto sette giorni su sette.- sorrise quasi innocente correndo sotto la pioggia, ridendo e lasciandomi indietro.

Scossi la testa e mi protesi per chiudere la portiera che aveva lasciato aperta, quando la mia mano toccò qualcosa sul sedile.

Arrossii immediatamente.

Quando si era tolto i boxer?

** Il titolo della storia si può leggere in due modi: "tu sei la mela del mio peccato" oppure " My, tu sei la mela del peccato" proprio a causa del soprannome che Dominic da Jeremy. Un "My" estremamente possessivo e dolce.

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