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Moonlight & Hope

You are My apple sin

Capitolo 4

Moonlight & Hope


Celami in te, dove cose più dolci son celate,

fra le radici delle rose e delle spezie.

Algernon Charles Swinburne

PoV Jeremy


Ero sempre nervoso prima di un saggio di danza, per questo fino all'ultimo rimanevo dietro le quinte a scaldarmi più degli altri alla sbarra e riprovando più e più volte i passi.
Lo stomaco mi doleva leggermente, sentivo la nausea crescere ogni secondo di più, mentre mi specchiavo e cercavo ogni più piccolo movimento imperfetto, mentre la mia mente mi giocava brutti scherzi e mi faceva dimenticare ciò che dovevo fare.
Passo avanti. Testa all'indietro. Striscio, braccio in alto e poi non ricordavo più nulla. Cosa c'era dopo?
E così finivo sempre con l'innervosirmi e non importava quante volte chiudessi gli occhi, contassi fino a dieci e prendessi un profondo e lungo respiro. Non riuscivo a calmarmi, mai!
-Ti stai ancora scaldando? Guarda che tra poco si inizia e non vedo l'ora di vederti cadere. - la voce scherzosa di Dylan mi rilassò un poco, facendomi sorridere.
-Non ti darò mai questa soddisfazione. – gli feci la linguaccia e mi avvicinai alla sbarra per scaldare l'ultima volta i muscoli delle gambe, mentre dallo specchio osservavo quel sorriso caldo, magnifico, che mi scioglieva ogni volta.
Era il mio migliore amico, Dylan, ma anche il mio primo amore.
I suoi occhi erano di un freddo e al contempo caldo color azzurro, i suoi capelli erano di un biondo color del grano, la sua pelle mulatta color del caramello. Il suo fisico poi! Era uno dei più belli su cui avessi posato gli occhi, al pari con quello del mio rompiscatole, saccente, non-puoi-fare-nulla Dominic.
Ovviamente Dylan, però era molto più bello e simpatico.
Con lui non c'ero mai andato a letto, ma mi sarebbe piaciuto; tuttavia, sapevo che era assolutamente ed innegabilmente etero e che quindi io non avrei mai avuto alcuna speranza di entrargli nel suo cuore. Mi dovevo accontentare della così detta, temuta e odiata "friend zone".
-Dovresti smetterla di essere nervoso ogni volta. Sarai perfetto Jem. – mi sorrise avvicinandosi e abbracciandomi da dietro. MI irrigidii appena, voltandomi di un quarto e poggiando così completamente la mia guancia contro la sua. Era calda, morbida e confortevole; ero così vicino alla sua bocca che avrei potuto baciarlo, ma mi trattenni. Non volevo rovinare la nostra amicizia che durava dalla scuole medie.
-Sono ben lontano dall'essere perfetto. Se lo fossi non scorderei i passi ogni volta. Se poi lo faccio anche sul palco? – gli chiesi, mentre la sua mano andava a posarsi sulla mia coscia e l'accarezzava.
Non stavo capendo più niente. Che stava succedendo?
-Lo hai mai fatto prima? - chiese caldo al mio orecchio, baciandolo e inserendoci appena la punta della sua lingua. Chiusi gli occhi e trattenni un piccolo gemito tra le labbra.
-C... cosa? – chiesi non capendo se si stesse riferendo al ballo o al sesso. Probabilmente al primo, visto che lui sapeva bene quali fossero le mie attività extrascolastiche. Non gliene avevo mai fatto un mistero e lui non mi aveva mai giudicato per ciò o per il fatto che fossi gay.
Forse era proprio per quello che mi piaceva. Perché aveva saputo accettarmi fin da subito e non mi aveva mai chiesto nulla di più che amicizia.
-Hai mai dimenticato i passi? – chiarì, ridacchiando al mio orecchio e togliendo la mano dalla mia coscia fino a farla risalire e posare sulla mia che avevo poggiata al ventre.
-N... no. Dylan, che sta succedendo? – diedi alito ai miei pensieri. L'ignoranza mi stava uccidendo.
-Mi sono innamorato. – rispose lui, stringendomi ancora di più a sé e il mio cuore sussultò appena, smettendo di battere per una frazione di secondo, e poi iniziò a martellare frenetico, tanto che mi sembrava di averlo il gola.
-Buon per te. E' una ragazza carina? Quella dell'ultima volta era una vera stronza. – In realtà per me lo erano tutte, ma questo non lo dissi.
-E' più che carina. E' così bella da farmi perdere la testa, però... - mi fece voltare e appoggiare col bacino contro la sbarra di legno, che mi fece inarcare la schiena, mentre le sue mani si stringevano su di essa ai lati del mio corpo rinchiudendomi in una piccola prigione confortante e in cui avrei passato volentieri il resto dei miei giorni.
-Però? – incalzai io con voce soffocata per l'emozione. Se avesse risposto qualcos'altro da ciò che era nella mia testa sarei morto, affogato per sempre dalla delusione e dallo sconforto.
-E' un ragazzo e ce l'ho proprio tra le mie braccia ora. - Non potei trattenermi e lo bacia. Portai le mie mani sul suo volto, e unii le nostre bocche, feci danzare le nostre lingue mentre lui mi divaricava le gambe con un ginocchio e mi sfiorava lì sotto, facendomi tremare.
Per fortuna quella era una stanzetta privata dell'edificio, tutti erano occupati con gli ultimi preparativi e si erano dimenticati di me.
-Sei libero questa sera dopo il saggio? – chiese sulle mie labbra, una volta che ci staccammo, gli occhi azzurri che mi guardavano intensamente.
-Sì, assolutamente sì! – sorrisi, allacciando le mie braccia intorno al suo collo; felice come un bambino a Natale. Forse era esattamente quella l'emozione che si provava quel giorno di festa quando ancora si credeva a Babbo Natale e non aspettavi altro che svegliarti la mattina, scendere dal ancora in pigiama e senza essersi lavati i denti fino a correre sotto l'albero.
Sfortunatamente a me la favola di quell'uomo in rosso con la barba bianca a me non l'aveva mai raccontata nessuno, ragion per cui, in quel momento, potevo solo supporre che Dylan quel giorno fosse stato il mio Santa Claus.
-Ti amo, Jeremy. – mi rivelò, accarezzandomi con le dita una tempia e io mi sciolsi, baciandolo ancora.
-Anch'io. – rivelai, facendomi rosso d'imbarazzo in volto.
Lo sentii stringermi fino a soffocarmi, mentre posava il viso sulla mia spalla nascondendolo e tirando un sospiro di pensiero.
-Dio, credevo non sarebbe mai stato possibile. – si sfogò piano, ma felice. –Ora sarai solo mio vero? – mi chiese conferma, rialzando il capo e guardandomi con aspettativa.
-Solo tuo. Sei il mio ragazzo, no? - gli sorrisi e lo baciai ancora. Non potevo fare a meno delle sue labbra, le volevo, come molto altro.
Ci baciammo per altri innumerevoli minuti, dimenticandoci di tutto ciò che non fossimo noi. A riportarci alla realtà fu l'inizio della musica che iniziò a propagarsi ovunque. Segno che tra pochi minuti sarebbe iniziato lo spettacolo.
-Devo andare. - io mugolai in segno di dissenso. Non volevo separarmi da lui, non in quel momento.
La nausea era passata e volevo baciarlo ancora e ancora. Avrebbero dovuto portarmi sul palco a forza per staccarmi.
Lui ridacchiò –Non ti lascio volare via, mio bellissimo cigno. Ci vediamo dopo. – mi consolò staccandosi da me.
Io feci una smorfia. –Dopo è troppo tempo. – mi lamentai.
-Sarò tra il pubblico, Jem. Non avrò occhi che per te. - mi giurò, prendendomi una mano e baciandone il dorso, inchinandosi come se fosse un principe, il mio principe.
-Mi raccomando, inciampa. – ghignò, poi, dirigendosi verso la porta e io in risposta gli mostrai il mio bel culetto e arrossii quando lui si umettò le labbra predatore uscendo.
Ero al settimo cielo! Dylan si era innamorato di me! Il sogno di sette anni si era tramutato in un miracolo diventando realtà.
Sorrisi al mio riflesso nello specchio, mi passai la mano tra i capelli cercando di rimetterli a posto.
Finalmente avevo trovato qualcuno che mi amava, come Dominic mi aveva augurato. Avrei dovuto regalargli qualcosa, magari un orologio o consentirgli di toccare la mia Xbox.
Dominic, sarebbe stato contento di saperlo? Probabilmente sì.
Sentii un piccolo fastidio al petto. Perché quella consapevolezza mi irritava?
Poi perché pensare a lui? Che andasse al diavolo.

PoV Dominic

Ero arrivato appena in tempo alla fine.

Non sapevo se a Jeremy avesse fatto piacere avermi lì tra il pubblico, ma io desideravo davvero vederlo ballare.

A casa non lo vedevo che la mattina e la sera all'ora di cena e per andare a dormire; cosa facesse nella restante parte della giornata per me era un mistero. Un enorme buco nero.

Avevo provato ad immaginare una sua tipica giornata dopo che usciva da scuola, ma l'unica cosa che mi veniva in mentre era lui con qualche altro ragazzo a casa a fare sesso.

Non era ironico che non sapessi nemmeno a che ora andasse a scuola di danza?

Avevo appena finito di parlare con la sua insegnante e io ero ancora più curioso e orgoglio di lui.

Lo aveva definito un vero talento naturale, il primo studente da dieci anni a quella parte a frequentare quella scuola e che aveva un futuro assicurato in quell'ambiente.

Da quel che avevo capito molti imputavano la sua bravura al suo sangue; dopotutto, sua madre era una famosa e illustre fotografa, mentre il defunto padre era stato uno degli attori più apprezzati quando era in vita.

Tuttavia, io non credevo fosse solo una questione di genetica.

Ero sicuro che nonostante la predisposizione naturale di Jeremy, lui si fosse impegnato da sempre in quella passione, che ci avesse messo davvero il cuore.

Era anche per questo che quella sera ero lì. Per vedere come membro della sua famiglia quanta passione e dedizione in tutti quegli anni ci avesse impiegato per arrivare ad essere la punta di diamante di quel luogo; perché, dubitavo che sua madre fosse anche solo capitata per sbaglio nella sala ghermita di genitori, ospiti e scout.

Iniziai a prepararmi psicologicamente mentre percorrevo il corridoio che mi era stato indicato dall'insegnante.

Mi aveva rivelato che lui era sempre nervoso prima di un'esibizione e che passava fino all'ultimo minuto a riscaldarsi e a provare i passi.

Era da lui. Sapevo quanto in realtà fosse dolce e fragile quel ragazzo, oltre che "leggermente" lunatico.

Me lo immaginavo Jeremy con indosso una calzamaglia nera aderente, che fasciava il suo piccolo, esile ed elastico corpo, una fascia grigia in vita e un paio di scarpette da ballo nere provare i suoi passi ancora e ancora, mai soddisfatto, a volte dimenticandosi perfino i passi.

A dire il vero nella mia immaginazione mi soffermavo più che altro sul suo corpo e sulla sua buffa espressione crucciata, che mi faceva sorridere.

Arrivato esattamente dove mi avevano indicato vidi uscire un ragazzo biondo dalla sala in cui doveva trovarsi il castano. Probabilmente un amico o un altro ballerino, non volevo pensare ad altre ipotesi.

Più mi avvicinavo e più lo vedevo chiaramente, mentre prendeva il cellulare e componeva un numero e camminava lungo la strada che avevo appena percorso.

-Pronto, sì sono io.- ridacchiò con voce sicura, mettendo una mano nella tasca dei Jeans strappati che indossava insieme a una larga felpa. -La bambolina è caduta nella rete. Certo che non te lo lascio portare a letto, idiota.-.

Mi bastò udire quelle poche parole, perché il sangue mi gelasse per un momento nelle vene e poi iniziasse a ribollire.

Chi aveva chiamato "bambolina"?

Avrei voluto pestarlo lì e in quel momento, ma esitai. Non ero sicuro che stesse parlando di Jeremy, anche se uno strano presentimento mi diceva che non mi sbagliavo.

Affrettai il passo e arrivai davanti alla porta, avrei voluto spalancarla, ma ancora una volta cercai di calmarmi.

Non dovevo assolutamente farmi offuscare dalle mie emozioni altrimenti avrei solo peggiorato la situazione e quel debole rapporto che avevo costruito in quelle settimane sarebbe finito e probabilmente non avrei più nemmeno potuto recuperarlo.

Presi un profondo respiro e poi entrai senza bussare. Senza ombra di dubbio fu un enorme errore.

Non si accorse della mia presenza e di questo gliene fui grato, altrimenti avrebbe potuto scorgere il mio vero volto, quello senza maschera e che si era innamorato perdutamente.

A differenza dell'immagine che mi ero creato in mente Jeremy non indossava affatto una calzamaglia, ma solamente dei larghi pantaloni di tuta nera; i suoi piedi erano scalzi e la parte superiore del suo corpo era stata lasciata scoperta, mostrando così il suo petto ben definito, che ai suoi movimenti catturava sia luci che ombre, che rendevano il suo corpo ancora più sensuale, pittoresco, tanto da togliere il fiato.

I suoi capelli erano sconvolti, la sua espressione concentrata, i suoi occhi parlavano tanto quanto il suo corpo, seguendo la musica che era nella sua mente.

Le gocce di sudore che nascevano dalla sua fronte e che scorrevano su di lui accarezzandolo, sembravano far parte della scenografia che lui stesso stava creando.

Mentre lui ballava era come se tutto ciò che lo circondava si fosse adombrato e lui fosse l'unica luce nel buio. Diventava luna, la mia luna.

Lo fissai statico, completamente impossibilitato a muovermi per interi minuti, con la mano ancora sulla maniglia della porta, il cuore che stava battendo all'impazzata e la bocca leggermente aperta, ma credevo che, se Jeremy si fosse voltato, ciò che mi avrebbe tradito sarebbero stati gli occhi.

Ero sicuro che in quel momento le mie iridi scure stessero facendo trapelare tutto il profondo e sbagliato amore che stavo provando per lui.

Lo amavo, era irrazionale, un errore che sarebbe stato il mio peccato più grave e la mia rovina.

Mi poggiai allo stipite della porta, rassegnandomi e continuando a guardarlo.

Lasciai che l'unica luce del mondo mi risucchiasse l'anima.

Non so per quanto tempo rimasi in quella posizione, forse cinque minuti, dieci o anche venti, ma alla fine, si accorse di me e io faticosamente indossai di nuovo la mia maschera, pregando che non avesse visto cosa i miei occhi stavano urlando insieme al martellare insistente del mio cuore.

Sorrisi e applaudii, avvicinandomi a lui che si avvicinò a mia volta e mi sorprese abbracciandomi.

-Quanta felicità. Devo preoccuparmi?- chiesi usando un tono scherzoso, quando in realtà ero davvero preoccupato per lui, mentre la realtà mi si addossava improvvisa e violenta, rimembrandomi la telefonata origliata di quel ragazzo poco prima.

-Mi sono fidanzato Dominic!- trillò felice, sorridendomi smagliante, felice come non lo era mai stato.

Ed eccole lì le mie paure venire a galla, la mia gelosia bussare alla porta e la mia rabbia tentare di sfondarla.

Dovevo dirgli la verità? No, lo avrei ferito, forse ucciso.

-Sono felice per te.- gli diedi un bacio sulla fronte e lo strinsi ancora più forte.

-La smetterò di farmi del male.- mi citò, poi si staccò e iniziò a piroettare felice, trascinandomi con sé.

Stava toccando il cielo con un dito, potevo vederlo in quegli occhi brillanti e verdi, che urlavano felicità.

-Puoi farmi solo un piacere?- dovevo cercare di proteggerlo, di avvertirlo in qualche modo.

Lui mi guardò confuso e curioso.

-Questa volta, puoi andarci piano dal lato fisico?- che chiesi, accarezzandogli la guancia e baciandolo di nuovo sulla fronte. -Non andarci subito a letto, fatti amare per come sei dentro.- lo implorai.

In quel momento bussarono alla porta e chiamarono Jeremy.

Tra poco sarebbe iniziato lo spettacolo e così se ne andò senza rispondermi, ma avevo potuto scorgere l'irritazione, l'incredulità e un certo conflitto nel suo sguardo.

PoV Jeremy

Lo spettacolo alla fine era andato senza intoppi.

Mi ero ricordato ogni passo, avevo recitato la mia muta parte alla perfezione, sicuro come mai prima, nonostante la consapevolezza che due paia di occhi mi stessero osservando: quelli di Dylan e Jeremy.

Era strano sapere che qualcuno tra il pubblico era lì solo per te; mi aveva dato una strana sensazione di calore, forse di amore?

Una volta che mi fui cambiato e rivestito Dominic era davanti al mio camerino e sembrava mi stesse aspettando.

Lo osservai per qualche minuto, come non avevo potuto fare prima: aveva le mani all'interno dei pantaloni neri ed eleganti, fermati con una cintura di pelle dello stesso colore; quella sera non indossava una camicia, ma una maglietta bianca con stampato sopra un qualche strano disegno che sembrava non avere senso, ma che fasciava alla perfezioni il suo fisico statuario e al di sopra una giacca lasciata comodamente aperta. Sotto il braccio aveva un piccolo bouquet di fiori blu e piccoli, di cui non conoscevo il nome, abbellito da un lieve velo di sposa.

Appena mi vide tirò via il piede dalla parete e mi si avvicinò sorridendo. Dov'era finita tutta la rabbia che avrei dovuto provare?

-Sei stato magnifico.- si complimentò, porgendomi i fiori e baciandomi sulla fronte come ormai era sempre sua consuetudine fare ogni qual volta che facevo qualcosa che apprezzava, per cui voleva fossi premiato; anche se, a dire il vero, molte volte mi sembrava solo un pretesto per baciarmi, toccarmi, ma di questo non potevo esserne sicuro.

Lo presi e ne annusai il profumo e poi lo guardai cercando di capire come funzionasse la misteriosa mente di quello che doveva assolutamente essere un alieno.

-Non c'è bisogno che tu me lo dica.- dissi altezzoso, stringendo il bouquet al petto. Non ricevevo fiori spesso, avrei voluto buttarli via per fargli male, per dispetto, ma mi piacevano; avevano un buon profumo.

Inoltre non so il perché, ma il fatto che non fossero le solite sciatte rose rosse era qualcosa che apprezzavo. Perché regalare rose rosse quando vi erano mille altri fiori che potevano essere molto più belli e con un altro significato più profondo, particolare? Ormai le belle spine dai petali scarlatti avevano perso il loro significato ai miei occhi.

-Ma voglio farlo. Ti va di andare a mangiare fuori per festeggiare? Possiamo andare anche a un McDonald's; è da anni che non ci metto piede.- ammise sorridendo e guardandomi felice; quegli occhi neri che brillavano come un cielo stellato a cui avrei voluto rubare e allo stesso tempo donare una stella. Perché era tutto così confuso quando si trattava di lui?

Stavo per accettare, quando all'improvviso l'immagine di un'altra persona mi si parò d'innanzi: Dylan. Gli avevo promesso che saremmo usciti e non solo, sapevo che sarebbe avvenuto anche altro.

-Questa sera non posso ho...- non riuscii a finire la frase che il mio migliore amico, oltre che nuovo fidanzato mi si avvicinò, prendendomi per mano.

-Un appuntamento con me.- disse sorridendo al moro, completando così la mia frase.

Guardai Dominic, quei suoi occhi e mi accorsi che la loro intensità e la loro luce erano cambiate. Cos'era quell'emozione che era appena passata fuggente e così intensa nei suoi occhi?

Mi incuriosii, ma non potei chiedere.

-Lei deve essere il tutore di Jeremy. Io sono Dylan, il suo ragazzo.- si presentò e l'ultima parte della sua presentazione mi fece arrossire appena e sentire felice come non mai. Grazie a quelle ultime tre parole avevo persino dimenticato a cosa stessi pensando qualche attimo prima.

-Dominic.- si presentò a sua volta il mio tutore, stringendo la mano che il biondo gli aveva porto; forse, troppo violentemente.

-Senti questa sera posso uscire?- gli chiesi. Perché tutto ad un tratto mi importava la sua approvazione?

Lui mi guardò e mi sorrise, ma era un sorriso tirato, falso o forse ero solo io che me lo immaginavo tale. In fondo, perché avrebbe dovuto esserlo? Io per lui non ero altro che il moccioso della sua promessa sposa, no?

-Basta che torni per l'una.- mi concesse, lasciando la mano di Dylan e avvicinandosi a me per darmi di nuovo un bacio sulla fronte.

-Però pensa a ciò che ti ho detto.- mi sussurrò all'orecchio, prima di scostarsi e lasciarci da soli, andandosene, confondendosi con la confusione che albergava nel corridoio mentre tutti sistemavano i vari scatoloni, raccoglievano i costumi e tutte le altre cose che lo occupavano.

Fissai per qualche minuto il punto in cui Dominic era scomparso. Non sapevo il motivo, ma mi sembrava che qualcosa non andasse, che forse avrei fatto meglio a tornare da lui.

-Jem.- mi chiamò Dylan, e probabilmente non per la prima volta, risvegliandomi dal mio stato di trans.

-Sì?- chiesi voltandomi a guardarlo e sorridendogli, sistemandomi dietro l'orecchio una ciocca di capelli castani.

Lui si avvicinò al mio viso e mi baciò. -Andiamo, bisogna festeggiare il trionfo della mia stellina.- i prese il mazzo di fiori che avevo tra le mani e si avvicinò al primo bidone che trovò, buttandocelo dentro.

-Che stai facendo!- mi arrabbiai, cercando di andarmelo a riprendere, ma lui mi bloccò e mi porse il suo dono: un bouquet di rose rosse.

-Sono io il tuo ragazzo, quindi solo io posso regalarti dei fiori.- mi informò sorridendomi, mentre io lo prendevo tra le mani.

Rosse come il sangue, perfette come l'etere, profumate come un bacio, delicate e morbide come l'acqua, pungenti come i sentimenti.

Rose rosse, il fiore che non avrei mai voluto ricevere.

Pov Domenic

Una volta arrivato in macchina mi chiusi dentro, rimanendo seduto, la fronte poggiata al volante. Che avevo fatto? Perché gli avevo permesso di andarsene con quell'altro?

Avrei dovuto proteggerlo, invece lo avevo mandato tra le braccia del lupo!

Massaggiai circolarmente le palpebre, cercando di darmi un contegno. Sapevo di aver fatto la cosa più giusta, non potevo impedire a Jeremy di uscire col suo ragazzo soprattutto. Sarei sembrato meschino e inoltre avrei solo rischiato di allontanarlo, di rovinare quel rapporto che avevamo costruito in quelle settimane e che sembrava aver trovato un precario equilibrio.

Non avevo avuto scelta, la mia unica possibilità era sperare che lui ascoltasse il mio consiglio. Se così non fosse stato ci avrei pensato più tardi.

Potevo solo sperare, sperare...

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